ANATOLIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi ANATOLIA dell'anno: 1958 - 1973

ANATOLIA (v. vol. i, p. 343)

P. E. Pecorella

Le conoscenze sulle culture anatoliche d'età preistorica e storica, in questi ultitni dieci anni, sono aumentate in modo sensibile e, per quanto riguarda gli albori della civiltà in questa parte dell'Asia, si può ben dire che da una pressochè totale ignoranza, temperata dalla coscienza di alcune anomalie, si è giunti ad una situazione che si può definire soddisfacente; soddisfacente, ed è ovvio, solo come punto di partenza, perché oggi si stanno gettando le basi per le ricerche future che dovranno essere, se vorranno essere utili, sistematiche e di lunga durata. Da questo punto di vista si deve tenere presente che l'attuale generazione di archeologi turchi è ben preparata e assai attiva, e che le missioni, sia quelle straniere che quelle promosse dalla benemerita Società Storica Turca o dalle università, si vanno infittendo d'anno in anno, mentre contemporaneamente si continuano ad esplorare i siti che già vantano una illustre tradizione di scavi, quali Boǧazköy Kültepe, Gordion, ecc. Si vengono erigendo anche nuovi musei locali oltre al miglioramento di quelli ricchissimi di Ankara e di Istanbul.

Per quanto riguarda il periodo preistorico anteriore al Neolitico, numerosi sono i trovamenti di superficie e le esplorazioni di grotte, ripari ed insediamenti all'aperto operate da studiosi quali Şenyürek (sfortunatamente perito in un incidente aereo) nella zona di Adĭyaman (oggetto già di una ricognizione di E. Pittard), nel Hatay turco (grotta di Maǧracik, con una cultura levalloioso-mousteriana), di K. Kökten nella grotta di Karain, a Küçükçekmece (materiale mousteriano, oltre ad un orizzonte neolitico-calcolitico), nell'area di Maras (materiale del Paleolitico Inferiore e Superiore), sul Mar Nero a Tilkikaya (materiale del Paleolitico Medio e Superiore), a Yüceler (materiale del Paleolitico Inferiore-Superiore), nella grotta di Inönü (strumenti mesolitici oltre ad incisioni su roccia); di E. Bostanci a BelbaŞi e Beldibi in Panfflia. Sono in corso delle esplorazioni intese a ricercare gli inizî della produzione di cibo (R. Braidwood e H. Cambel a Cayönütepesi, dove in un abitato preceramico con case con fondazioni in pietra, in parte elaborate con ortostati e contrafforti, si sono rinvenute tracce di lavorazione del rame; e di R. Solecki nella grotta di Kürtün Ini, ad O del Suǧla Göl, dove sono state trovate in un livello neolitico delle semplici raffigurazioni di animali su roccia). Livelli preneolitici e protoneolitici sono stati trovati anche a Bozova a N-O di Urfa dalla spedizione diretta da B. Howe e ad AŞĭklĭ a S-E di Aksaray (qùi l'industria litica potrebbe essere anteriore a quella di Çatal Hüyük) nonché a Suberde dove J. Bordaz ritiene d'aver rintracciato un insediamento il cui secondo livello potrebbe essere coevo a quello aceramico di Hacĭlar; sull'Avla Daǧ, a S-S-O di Ürgüp è stata trovata, sui terrazzi del Damsa Çay, un'industria litica che risale probabilmente al Neolitico; a Ilĭcapĭnar, a S di Cihanbeyli, il Mellaart ha trovato un'industria neolitica connessa a quella su ossidiana di Mersin ed a quelle di Çukurkent, ad oriente del lago di BeyŞehir, e di Çatal Hüyük. A trenta chilometri ad E di Gaziantep, nel monticolo di Turlu, J. Parrot ha rinvenuto ceramiche stratificate connesse sia con quella settentrionale di ᾿Ubaid, sia con quella di Halaf, in una situazione analoga a quella della necropoli di Yunus, di KarkemiŞ. Per il Paleolitico Superiore, inoltre, vanno ricordate le scoperte dell'arte mobiliare con motivi decorativi geometrici e naturalistici della costa anatolica meridionale, nella zona di Antalya (grotte di Karain, di Oküzlüin e riparo sotto roccia di Beldibi). Il ritrovamento di pitture, di incisioni su roccia e di arte mobiliare nel Paleolitico Superiore d'A. è molto importante per i legami che si possono scorgere con le analoghe manifestazioni artistiche del medesimo periodo dell'Europa occidentale. Si noti la mancanza di ossidiana nell'industria litica di queste località che è difficilmente spiegabile se non pensando ad una mancanza di contatti con l'altipiano dove questo materiale è abbondante. Per quanto riguarda l'arte preistorica, sarebbero cinque le regioni di maggiore concentrazione finora scoperte: la regione a S di Burdur, la regione a S-O di Antalya, la regione del Tauro, la regione di Adĭaman e quella infine di Hakkâri. Secondo E. Anati vi sarebbero, dal punto di vista cronologico quattro gruppi: 1) un gruppo paleolitico ed epipaleolitico con contatti con la Giordania ed il Negev, 2) un gruppo protoneolitico con tradizioni epipaleolitiche che trova confronti col mesolitico europeo, 3) un gruppo probabilmente neolitico che trova confronti con le pitture murali di (Çatal Hüyük, 4) un gruppo postneolitico di durata non ben definibile. Per quanto riguarda il Mesolitico, la cultura di BelbaŞi (microliti) è stata considerata, anche se in via provvisoria, come l'equivalente settentrionale del Kebarano di Siria, Libano e Palestina. L'industria litica di Beldibi è stata definita come una possibile estensione, in forme più semplici, del Natufiano della Palestina. Sempre a Beldibi, oltre a Kĭzĭlkaya e nelle grotte di Karain e di Çarkin in Panfilia, nel livello neolitico finale (B) si trova un tipo primitivo di ceramica levigata, con forme alquanto semplici, che potrebbe essere un prototipo di quella di Kĭžlkaya del Neolitico. Va ricordato, come mette in rilievo il Mellaart, che la Panfilia ed in genere la zona sud-occidentale dell'Anatolia, è sempre stata una regione arretrata culturalmente rispetto all'altopiano, dove del resto le scoperte di questi ultimi anni sono state le più scientificamente sensazionali.

Nel 1958 è stato possibile sfatare la credenza, divenuta quasi un dogma scientifico, circa l'esistenza di una "barriera neolitica" (la catena del Tauro) che avrebbe impedito alle popolazioni di questo periodo di penetrare nell'altopiano e di insediarvisi. In realtà avrebbe dovuto rendere prudenti, nell'accettare questa ipotesi, il fatto che l'ossidiana rinvenuta sotto forma di manufatti, a mezzogiorno del Tauro, è di provenienza, almeno in parte, anatolica. Comunque le scoperte effettuate dal Mellaart ad Hacĭlar prima e quindi a Çatal Hüyük e dal Frenck a Can Hasan, hanno dimostrato che l'Anatolia, lungi dall'essere un centro periferico ed attardato rispetto alla Mesopotamia, all'Egitto ed all'Iran, si sta rivelando un punto di irradiazione culturale, tanto che è stata proposta l'ipotesi secondo cui anche in Asia Minore si sarebbe avuto un tipo primitivo di agricoltura con coltivazione di piante quali il grano e l'orzo. Le culture del Calcolitico e dell'Età del Bronzo Antico sono ora meglio conosciute grazie a scavi nuovi ed al proseguimento di imprese già da tempo iniziate; nella zona orientale della Turchia H. Z. KoŞay ha scavato a Karaz, Pulur e Güzelova, S. M. Puglisi a Malatya e B. Alkĭm a Gedikli; in queste due ultime località, oltre alle culture indigene, si vedono quali furono i contatti con la Mesopotamia settentrionale e la Siria. Nella zona O, invece, si viene chiarendo la situazione per opera di scoperte accidentali (Yataǧan, vicino a Muǧla) e di scavi regolari (Pendik, presso Istanbul, Iasos in Caria, Höyücek e Bornova nella zona di Smirne, Ovabayĭndĭr nella Lidia, Müskebi nella penisola di Alicarnasso, e più nell'interno KarataŞ Semayük in Licia). Anche nell'altopiano, a parte i livelli profondi raggiunti a Boǧazköy, a Gordion ed a Kültepe, nuove ricerche sono state condotte a KarayavŞan, ad E-S-E di Polatlĭ, da R. Temizer a Menyeköy, vicino a Kula, ed a TitriŞköy vicino a Samosata.

L'orizzonte che vide prosperare le colonie commerciali assire di Cappadocia viene sempre meglio in luce in virtù degli scavi di T. e N. Özgüç a Kültepe, ma a questa località di importanza capitale se ne sta aggiungendo un'altra, Karahüyük presso Konya, scavata da S. Alp, mentre Tilmen Hüyük presso Zincirli (U. B. Alkĭm) ed Acemhöyük a N di Aksaray (N. Özgüç), allacciano rapporti con l'Alalakh del VII livello e col karum di Kültepe. La cultura hittita diviene sempre meglio nota a Boǧazköy; qui gli estesi scavi sia nell'acropoli che nella città bassa hanno permesso di ricostruire la storia dell'abitato dal periodo preistorico sino a quello romano, mettendo in luce i livelli prehittiti, quelli del Regno Antico, dell'Impero e quelli frigi. Ad Alaca Hüyük H. Z. KoŞay continua le ricerche ed ha pubblicato i risultati degli scavi condotti tra il 1940 ed il 1948, dedicati principalmente ai livelli d'età storica. A Malatya la missione italiana ha riportato in luce la successione dei livelli con particolare riguardo al periodo neohittita ed hittita imperiale, rendendo giustizia a questo luogo che dovrebbe essere il punto di volta della via che da oriente conduceva nell'interno dell'altopiano. Un'altra missione italiana ha iniziato i suoi lavori a Topaklĭ, presso Kayseri, guidata da P. Meriggi e L. Polacco. I livelli d'età frigia e quelli persiani sono ovviamente il punto focale dello scavo di Gordion. Dopo numerose campagne abbiamo ora un quadro dettagliato della storia della città. Altri resti d'età frigia provengono da Dinar (Apameia), da Hergan Kale (Armorium), da Karapĭnar, tra Konya ed UlukiŞla, da Mihaliççik, a circa 100 chilometri ad O di Ankara.

Diamo qui di seguito un breve cenno sulle località in cui si sono avute scoperte di un certo rilievo in questi ultimi anni. Per le altre si troveranno le indicazioni nella bibliografia. Va tenuto comunque presente che buona parte delle notizie sono desunte da resoconti provvisori spesso scarsamente illustrati e che, per avere un quadro più ricco, bisognerà attendere che siano resi noti maggiori dati.

Acemhöyük, a 15 km a settentrione di Aksaray, identificata con Burushanda, nota dai testi come sede di una colonia commerciale assira, è oggetto di scavi da parte di una missione turca (N. Özgüç), dal 1962. Nel monticolo, che ha un diametro di 600-700 m, sono stati rintracciati cinque livelli principali; nel V, il più antico, è stata rinvenuta la cosiddetta Intermediate Ware di AliŞar; il IV livello è coevo al IV del karum di Kültepe e qui la ceramica continua ad avere tipi a mano ed a ruota, come nel precedente livello, con una piccola percentuale di ceramica cosiddetta di AliŞar III; il III livello vede la nascita di un grande centro abitato (prima metà del II millennio) coevo al livello II del karum di Kültepe; un incendio di vaste proporzioni distrugge la città ma non interrompe la continuità culturale; nel II livello vi sono abitazioni di notevole ampiezza e vi si trovano sigilli a cilindro paleo-babilonesi ed altri di produzione locale; questo livello è contemporaneo al I b del karum di Kültepe.

Dall'acropoli del monticolo, chiamato Sarĭkaya, provengono numerosi sigilli e numerosi pezzi in avorio che risalgono al periodo delle colonie assire. Parte degli avorî sono giunti per vie traverse al Metropolitan Museum di New York (cfr. Bull. Metr. Mus. of Art, n. 31, 1936, pp. 221 ss.; 1937, pp. 88 ss.). Tali materiali provengono dalle rovine di un grande edificio, distrutto da un incendio (livello III) che, a differenza della generalità delle altre strutture architettoniche del sito, ha delle fondazioni costituite da grosse pietre. Questo palazzo è quindi coevo al II livello del karum di Kültepe e cioè risale al XIX-XVIII secolo. In generale, per quanto riguarda la ceramica dei varî livelli, si può notare una sostanziale parentela col gruppo di quelle del karum, per quanto vi siano spiccate caratteristiche locali. Da ricordare, tra i trovamenti più importanti, una cista con una scena dipinta che raffigura un cacciatore con una lancia alle prese con un leone, ed una cretula su cui si scorge una dea seduta su di uno stambecco con innanzi un devoto; inoltre alcuni frammenti di vasi di ossidiana, alquanto rari (livello II dell'acropoli) ed un gruppo in piombo con la rappresentazione di una triade divina (padre, madre e fanciulla) simile al gruppo del Louvre proveniente da Kültepe (livello IV).

Del livello I, in superficie, resta poco o niente; non vi sono tracce di occupazione durante il periodo hittita o quello frigio; in sostanza la località venne abbandonata prima della costituzione del Regno Antico hittita.

Alaca Hüyük (v. vol. i, p. 189). Una serie di campagne qui condotte da H. Z. Kosay tra il 1963 ed il 1965 ha permesso alcune precisazioni; inoltre la pubblicazione dello scavo del periodo compreso tra il 1940 ed il 1948 ha chiarito sia la successione stratigrafica del sito, che risulta così composta: livello I e I a: periodo frigio; livello II, III a, b, IV: periodo hittita; livelli V-VIII: periodo dell'Età del Bronzo Antico; livelli IX-XII: periodo calcolitico. I resti bizantini ed ottomani non sono compresi nel calcolo dei livelli. Il Calcolitico di Alaca Hüyük è analogo a quello di Büyük Güllücek (che è a 15 km più a N), con probabili importazioni da Karaz e da Pulur (area di Erzurum). L'Età del Bronzo Antico, qui, corrisponde all'Età del Rame di AliŞar; sono già presenti manufatti bronzei. A questa fase appartengono le famose tombe reali. Col IV livello inizia il periodo dell'Antico Regno hittita che qui è rappresentato da un villaggio densamente abitato che si imposta sulle ceneri dell'abitato dell'Età del Bronzo Antico. Il III livello risale al XVI sec. ed in questa fase viene eretto, in parte, il cosiddetto Tempio-Palazzo, a N della Porta delle Sfingi, con al centro un grande cortile. Il II livello vede la costruzione della Porta delle Sfingi; in questo periodo la città ha un diametro di 250 m; le mura hanno la parte esterna a scarpata; ad occidente si trova una seconda porta con una postierula. Le abitazioni private sono disposte nella zona occidentale e sono raggruppate e suddivise da una serie abbastanza regolare di vie. Nei due livelli più alti, durante il periodo frigio, si riadoperano alcuni edifici hittiti nonché le mura. Si nota una tendenza a costruire ambienti più piccoli, il che può indicare un aumento della popolazione.

Dai nuovi saggi si è scoperto che il IV livello finī per un incendio di vasta portata. Dal livello III b, sotto alla Porta delle Sfingi, è venuto in luce un pezzo assai singolare, cioè la parte inferiore di una statua colossale in calcare a tutto tondo; si tratta della raffigurazione di un uomo con la veste lunga fino a terra, la mano destra probabilmente levata, ed il braccio sinistro piegato al di sotto della veste; al centro, forse, teneva uno scettro. La statua era stata scolpita in due parti; quella che ci rimane è alta m 2,10. Tale scoperta testimonia quindi l'esistenza di prodotti artistici di notevole impegno, già all'inizio dell'impero hittita, cosa che del resto poteva prevedersi considerando opere quali il rilievo della Porta del Re e della Porta dei Leoni di Boğazköy.

Boǧzköy (v. khattusha, vol. iv, p. 349). Nella cittadella è stato concentrato in prevalenza il lavoro di questi ultimi anni. Si è scoperto in tal modo che dell'insediamento più antico (livello V d-f) restano solamente alcuni brani di muri e pozzi di scarico del periodo calcolitico. Il livello V a-f (2100-2000 a. C.), che termina con un incendio, ha in V c un bell'edificio con almeno sette vani. Il periodo coevo alle colonie assire in A. vede la costruzione delle più antiche difese dell'acropoli: si tratta di un muro con zoccolo in pietra, un elevato in mattoni crudi rinforzato con legname e delle torri sporgenti dal filo delle mura. Questa sarebbe la città che venne infine distrutta da Anitta (livello IV d) coeva in parte al livello 4 della città bassa ed al livello I b del karum di Kültepe. Vi è una gran quantità di ceramica fabbricata a mano ed al tornio, coeva a quella dei livelli I b e II del karum (livello 8 a, b delle pendici occidentali di Bùyùkkale). Ceramica di trapasso dall'Età del Bronzo Antico al Bronzo Medio si trova invece nel livello 8 c-d. Nel livello 9 compare in scarsa quantità la ceramica cosiddetta cappadocia (si confronti il livello 5 della città bassa e quello V di Büyükkale) ed altra affine a quella di Alaca, Karaoǧlar, Polatlĭ e Beycesultan, più che a quella di AliŞar e di Kültepe: tale livello dovrebbe corrispondere al livello IV del karum di Kültepe. La città bassa, durante il periodo del karum, occupa un'area limitata ed ha una sua propria fortificazione arretrata di 40 o 60 m rispetto al Poterne Mauer che si ricollega al muro della cittadella e che costituisce il confine tra la città alta e quella bassa, eretto probabilmente insieme alla sezione meridionale del muro della acropoli durante il periodo imperiale. Il livello 4 della città bassa venne probabilmente incendiato ad opera di Anitta. Da qui provengono tavolette in cuneiforme e sigilli cilindrici di tipo paleobabilonese. Questo livello sarebbe coevo al livello I b del karum e ad AliŞar (periodo di Shamshi Adad I d'Assiria). L'abitato della colonia assira di Boǧazlöy ha le vie orientate; le case sorgono separate le une dalle altre ed hanno una corte interna. Il livello 3 segna l'abbandono del sito, fino alla rioccupazione che avvenne durante l'Antico Regno. La costruzione delle nuove mura di Büyükkale risale forse al XVI sec. (Hantilis); sono spesse 9 m e sono erette a concamerazioni riempite a sacco (Kastenmauer). Sono queste le difese dell'acropoli che, con numerose ricostruzioni e riadattamenti, restano in uso fino al 1200. La rioccupazione di Khattusha avviene non molto tempo dopo la distruzione di Anitta; i tipi architettonici sono diversi da quelli precedenti. Fino ad ora non sono state trovate tavolette inscritte o sigilli che permettano di datare con precisione il nuovo insediamento della città bassa (livello 3). Qui abbiamo due periodi principali di occupazione, uno del XV-XIV sec., ed uno del XIII sec. a. C. Sull'acropoli sono stati individuati 6 livelli appartenenti al periodo del Regno Antico; tra i più notevoli trovamenti sono alcuni rilievi con scene di battaglia assai diversi da quelli più tardi del XIV e XIII secolo. La parte bassa della cittadella era occupata da costruzioni di natura modesta. In quest'epoca il muro meridionale della rocca era quello difensivo della città (livello IV c); la porta meridionale risale a questo periodo (livello IV b).

Al periodo imperiale va ascritta la sistemazione monumentale dell'acropoli; l'edificio A è datato al XIV sec. e quello G al XIII; l'edificio E, sul lato settentrionale, è risultato composto di un grande ingresso, di una sala e di una serie di stanze più piccole sui due lati (questo edificio è quello in cui venne rinvenuto nel 1907 l'archivio); F e D, probabilmente, sono le sostruzioni di sale a colonne come è il caso di B; K, nella parte meridionale, è composto da una fila di piccoli vani e da un archivio: si univa alle mura e ne faceva parte integrante. Nell'area occidentale c'è la corte esterna cui si accedeva dal pròpylon (Torbau); la corte è bordata da una serie di porticati. Nella parte orientale, al centro, si elevava il cortile a pilastri (L) che, data la roccia affiorante, è mal definibile. Durante il tardo periodo imperiale, alla rampa che conduceva alla cittadella venne data una sistemazione monumentale, pavimentandola con lastre di pietra rossastra (livello III b). Contemporaneamente si rimodellano le mura; nell'angolo S-O viene eretta una torre, e la porta viene ricostruita in modo da permettere il passaggio tra la città alta e quella bassa. Assai importante è lo scavo delle pendici di Büyükkale, dove sono stati trovati i resti di due edifici successivi (Haus am Hang e Altbau); si tratta di due scuole di scribi; nelle rovine sono stati recuperati testi di Shuppiluliumash I e di Mursilis II (Altbau), e di Tudhalias IV e Shuppiluliumash II (Haus am Hang); l'intervallo tra i due edifici corrisponde forse al trasferimento della capitale a Dattassa ad opera di Muwattallis (1320-1290 circa).

Durante il periodo frigio abbiamo 4 fasi di rinforzo e di ricostruzione delle difese di Büyükkale (vi è un circuito completo con due porte e torri aggettanti) che recingono un abitato eretto non molto dopo la distruzione di quello hittita. Nella zona meridionale le mura si basano su quelle hittite inferiori, mentre un completo rimodellamento si verifica nella zona occidentale. A S-O il muro si eleva al di sopra di un terrazzamento la cui faccia è ricoperta di pietrame. Durante il tardo periodo frigio, nella zona a N-O viene praticata, in parte al riparo delle mura, una rampa a gradini che conduceva ad un pozzo protetto da un torrione. Sull'acropoli, a partire dall'VIII sec. si ha una intensa occupazione, forse interrotta dalle scorrerie dei Galati (l'abitato galata si trova presso Ambarlikaya) che dura in sostanza fiho al periodo ellenistico. Anche la parte bassa di Khattusha era abitata durante il periodo frigio e possedeva un sistema di fortificazioni. Nelle vicinanze del Tempio I vi è un santuario appartenente alla fase mediana di questo periodo: si tratta di un vano in cui sopra una banchina lungo il muro di fondo si erge una base in pietra, probabilmente destinata ad una statua di culto; sono stati rinvenuti molti oggetti votivi tra cui un tripode in ceramica simile al materiale frigio dell'area di Gordion. L'occupazione di Büyükkale continua anche durante il periodo romano: esisteva una fortificazione alquanto semplice sui lati S ed O (in parte) con una porta a S. Nei due livelli superiori sono state trovate monete dell'epoca che va da Adriano a Gallieno.

Ad Yazĭlĭkaya sono stati eseguiti degli scavi nel 1966: si è scoperta una salita, pavimentata con lastre, che conduceva lungo il lato meridionale del Tempio B. All'interno dell'area racchiusa tra le rocce è venuta alla luce una piccola camera a settentrione del rilievo n. 83. Da quanto risulta, l'occupazione di Yazĭlĭkaia risale al periodo prehittita con un orizzonte calcolitico (AliŞar 19-15) e per quello che riguarda il santuario si può dire che era già in uso all'inizio dell'impero.

A Ballĭkaya, a N di Yazĭlĭkaya, alcune recenti ricerche hanno portato alla luce due livelli, di cui uno con fondazioni di abitazioni entro cui era ceramica "bicroma" di AliŞar 19-15 e frammenti incisi del tipo di Büyük Güllücek.

Per quanto riguarda la necropoli ad Osmankayasĭ (tre gruppi di sepolture di cui uno più antico, uno antico del XV sec. ed uno più recente del XIV), si può dire che in base alla cronologia corta (Balkan) può andare dal livello I b del karum di Kültepe alla fase più antica dell'impero cioè dagli ultimi decenni del XVIII sec. al XIV, o può anche cominciare con l'inizio del XVIII od anche più tardi, anche se non oltre l'inizio del Regno Antico.

Can Hasan. A 15 km a N-E di Karaman, individuato e scavato da D. H. French, è un sito scelto ad arte per chiarire la correlazione stratigrafica tra le sequenze preistoriche delle aree di Konya, di Karaman e della Cilicia (e di conseguenza dello Amuq e della Mesopotamia). L'insediamento appartiene al Calcolitico Medio: le strutture architettoniche sono in mattoni crudi con una intelaiatura di legname; i vani presentano all'interno grossi contrafforti. Le pareti sono intonacate e dipinte a motivi continui geometrici in colore rosso. La ceramica dipinta in rosso sul fondo crema presenta alcune relazioni con quella di Catal Hüyük occidentale; vi sono delle importazioni del tipo di Mersin XXIII-XX; si trovano anche delle figurine di tipo però diverso da quello di Hacĭlar e di Çatal Hüyük: vi sono delle teste dipinte, notevoli per le loro dimensioni, e delle statuette femminili sedute. Durante il Calcolitico Tardo appaiano piccole figurine maschili e femminili stilizzate. Can Hasan non viene più abitato dopo il Calcolitico salvo, sporadicamente, durante l'Età del Ferro e il periodo romano.

Çatal Hüyük. Lo scavo effettuato qui da J. Mellaart, nella pianura di Konya ha radicalmente mutato tutte le idee che si avevano sulla preistoria anatolica: l'insediamento è di ben 13 ettari e l'esplorazione ha permesso di ricostruire l'abitato nelle sue linee essenziali anche se ne è stato scavato solamente mezzo ettaro. Sono stati messi in luce dodici livelli di abitazione che coprono un periodo compreso, a detta dello scavatore, tra il 6500 a. C. circa ed il 5650. Si tratta di uno sviluppo culturale ininterrotto. Dal punto di vista architettonico abbiamo abitazioni piuttosto uniformi con un vano rettangolare cui spesso si aggiunge una stanza adibita a ripostiglio. I muri sono in mattoni crudi senza fondazioni in pietra, data la scarsità di questo materiale nella zona. Particolare di questo insediamento è il tipo di ingresso delle abitazioni, effettuato attraverso il tetto, che doveva essere piano. Data la peculiarità dell'architettura, l'abitato non aveva mura di difesa, essendo sufficienti quelle esterne delle case che costituivano di per sè un riparo adeguato. Le principali attività erano rappresentate dall'agricoltura e dall'allevamento. La materia prima degli scambi commerciali era l'ossidiana che si trovava a breve distanza da Çatal Hüyük; dalla Siria si importava la selce e dalle coste del Mediterraneo le conchiglie. Le case sono raggruppate insieme intorno a dei cortili o a delle viuzze.

La tecnica di produzione di oggetti litici, quali coltelli, cuspidi di giavellotto ecc., aveva raggiunto un livello notevole; va ricordato un bellissimo pugnale da cerimonia di selce scheggiata a pressione e con un manico di osso raffigurante un serpente attorcigliato, proveniente da una tomba maschile. La ceramica, prodotta senza l'ausilio del tornio, è di buona qualità, con levigatura alla stecca, e di forme semplici. Si sono ritrovati anche recipienti di varie forme in legno e, a quanto pare, molte forme ceramiche sono riprese da prototipi di altro materiale.

Le tombe si trovano in generale sotto alle banchine entro i vani di abitazione, e spesso il cranio è distaccato dal resto dello scheletro; potrebbe essere un segno del culto degli antenati e di seppellimenti secondari; insieme al defunto venivano deposte delle collane di pietre o di conchiglie. Estremamente interessante è stato il ritrovamento, nei livelli III e IV, di alcuni affreschi, i primi che si conoscano, rappresentanti una caccia al cervo, un enorme toro selvatico circondato da alcuni uomini, gruppi di cacciatori, di persone che danzano, acrobati e musici, nonché, nel livello precedente, due figure femminili vestite di bianco, due "ritratti" dei quali uno di prospetto, ecc.

Dal V livello in poi la ceramica comincia a tralasciare i colori scuri; compaiono quella color camoscio, quella con macchie ed infine quella con un tipo primitivo di decorazione dipinta (che potrebbe essere il prototipo della ceramica del Calcolitico Antico).

Nelle tombe sono stati trovati anche specchi di ossidiana, cestini con terra rossa e spatole per applicarla, teste di mazza, armi litiche di vario tipo, sigilli con motivi geometrici e tutti dissimili tra loro, tessuti, vasi di legno.

In nove livelli sono stati scoperti alcuni ambienti che possono essere definiti come santuari o sacelli; il loro numero ascende complessivamente a quaranta. Si tratta di ambienti analoghi a quelli delle abitazioni private ma vi è assai maggior cura nei dettagli e nella decorazione. Qui vi sono affreschi di notevoli proporzioni tra cui uno con una serie di avvoltoi con ali spiegate che pare si nutrano di cadaveri privi della testa, dei leopardi in rilievo e delle serie di corna di buoi selvatici, talvolta completati plasticamente. Estremamente ricca è la serie di statuette in calcare, in pietra grigio-verdastra, in marmo bianco od in argilla che illustrano per lo più la divinità madre, ora assisa su un trono tra due leopardi oppure seduta su un felino, ovvero il gruppo della madre col figlio (sul medesimo pezzo sono scolpite anche due figure strettamente allacciate). I tratti di queste sculture di piccole proporzioni sono a mezza via tra la stilizzazione ed il naturalismo.

Düver. A circa 10 km ad occidente di Hacĭlar, in Pisidia. Vi si trova una cittadella fortificata occupata dal periodo arcaico a quello romano. Sulle rocce della sommità vi sono rilievi tardi tra cui uno che raffigura Erade. In questa località sono state rinvenute numerose terrecotte architettoniche, tra cui quelle con la raffigurazione di un cavaliere vestito alla foggia anatolica (con pantaloni colorati vivacemente) che insegue un grifone, oltre ad antefisse con palmette e meandri o solo palmette. Questo materiale è interessante perché può essere o prodotto sotto una forte influenza greca orientale della prima metà, o della metà del VI sec. (Mellink), oppure appartiene ad età più tarda (Akerström). Queste terrecotte sono state esportate per diverse vie e ora si trovano in numerosi musei europei quali quelli di Stoccolma, Birmingham, Berlino, oltre che in quello di Istanbul.

Gedikli. A 35 km da Tilmen Hüyük. Lo scavo, iniziato nel 1964, è opera della missione turca che lavora a Tilmen Hüyük, guidata da B. Alkĭm. L'esplorazione del monticolo ha rivelato quattro livelli principali secondo questo schema: livello I: Età del Ferro; livello II: abitato del II millennio; livello III: Età del Bronzo Antico con sei fasi; livello IV: Calcolitico Tardo con tre fasi. Probabilmente il livello III i corrisponde ad Amuq G, il IIIj ad Amuq F, il III k ad Amuq E, oltre che al Calcolitico Tardo di Tarso. Nel livello III f si nota un tipo di ceramica di ᾿Ubaid prodotta localmente. A quanto risulta la tradizione ceramica si svolge ininterrotta dal Calcolitico all'Età del Bronzo Antico (cioè dal 3000 al 2000 a. C. circa); si notano nel livello III un tipo di vasellame a superficie arancione che trova delle corrispondenze nell'Età del Bronzo Antico II dell'Amuq e della Cilicia; la sua decorazione ottenuta con la levigatura alla stecca o con delle bande rilevate ricorda la ceramica di Khirbet Kerak.

Alcuni tratti di una solida fortificazione sono stati rilevati del livello III b. Ai piedi del monticolo, nella parte S-E, è stata scavata una necropoli, dove si ha una commistione di inumazioni e di incinerazioni; tra i corredi funebri vi sono molti dèpata simili a quelli dell'Età del Bronzo Antico III di Tarso. Secondo lo Alkĭm la maggior parte delle tombe ad incinerazione appartiene all'Età del Bronzo Antico III, ma comunque la necropoli continuò ad essere usata dal XXIV al XX sec. a. C., e sarebbe quindi la più antica di tutta l'area anatolica e siriana (si veda però anche Ilica).

Sul fianco orientale del monticolo, invece, è stata rinvenuta una necropoli con semplici inumazioni della prima metà o della metà del II millennio, simile a quella di Alalakh, nonché una tomba a camera con dròmos in pietra (7 × 0,80 × 1,00 m), con copertura monolitica; la camera (m 3,00 × 1,50 × 1,50 altezza) si trova a sette metri al di sotto dell'imbocco del dròmos; tra il corredo vi è ceramica che trova confronti con quella dell'Età del Bronzo Antico II di Tarso e con quella di Zincirli. Questa tomba viene ascritta quindi al XXIV-XXIII secolo. Al Bronzo Antico risale invece una tomba a cassa di tecnica megalitica, come quella della precedente.

Gordion (vol. iii, p. 978). In questa importantissima località gli scavi della missione americana hanno messo in luce i seguenti livelli, a parte quanto è risultato, in una serie di saggi, delle culture che appartengono all'ambito hittita e prehittita:

livello I: di scarsa consistenza, appartiene al periodo successivo all'abbandono dell'abitato nel 189 circa a. c.; si sono trovati resti di focolari e di recinti per il bestiame;

livello II, corrispondente al villaggio di agricoltori ascrivibile ai Galati, fatti venire da Nicomede I di Bitinia nel 277 a. c.; nonostante il tono di povertà generale sono stati rinvenuti piccoli tesori costituiti da monete tra cui quelle battute da Alessandro, Lisimaco, Demetrio, Antioco, Nicomede di Bitinia, ecc.;

livello III, poco consistente (due astragali con i nomi di Achille ed Ettore);

livello IV, corrisponde alla città: greco-frigia del tardo IV sec. e dell'inizio del III; contiene case private;

livello V, corrisponde alla città persiana della seconda metà del V sec. e del IV;

livello VI, corrisponde alla città frigia dell'VIII secolo. Tratteremo qui un poco più diffusamente dei due periodi principali del sito.

Città frigia: la porta civica si trova a S-E ed è obliqua rispetto alle mura: a quanto risulta la deviazione dall'asse che sarebbe normale è dovuta alla riutilizzazione per la camera della porta, di una porta d'età precedente (la cosiddetta Polychrome House), la quale aveva l'asse ortogonale rispetto alle mura che avevano, in questa fase più antica, uno spessore di 9,50 m: un lungo ingresso porta ad una camera che presenta porte verso l'esterno e verso l'interno; il tipo, per quanto mostri delle diversità, è quello classico. Gli angoli delle mura, alla porta, si presentano massicci, con una forte pendenza verso la sonimità. Il pòros bianco giallastro impiegato era rivestito con un intonaco probabilmente lisciato. Ai due lati della porta, all'interno, si osservano due grandi vani che hanno subito numerosi riadattamenti: quello settentrionale venne convertito, in un certo periodo, in un ambiente chiuso, con una divisione in tre ali e con una galleria che correva sui due lati e sulla parete di fondo; una successiva rielaborazione ripristinò le caratteristiche originarie. Oltrepassata la zona di ingresso ci si trova di fronte ad un muro che delimita un altro piazzale o cortile ai cui lati si ergono due coppie di costruzioni; queste hanno la forma usuale delle strutture di epoca frigia a Gordion, vale a dire quella di un mègaron, quasi sempre isolato. Anche in questa zona numerosi furono i rimaneggiamenti, specie nella parte settentrionale. Un muro, più spesso del precedente, cinge la piazza a N (qui probabilmente andavano collocati gli ortostati scolpiti di cui si sono trovate alcune lastre frammentarie, tra cui una con una raffigurazione non finita di un cavallo), ed è qui che, oltrepassato il pròpylon, si entra nella zona della città in cui sorge il complesso di edifici cui è stato dato il nome di "palazzo reale". Anche qui l'ambiente principale è un mègaron che misura 30,50 × 18 metri. Il vano più interno ha una larghezza di m 15,05 ed una lunghezza di m 18,85; all'interno una galleria ampia 3,50 m correva su tre lati. Immediatamente a settentrione vi è un altro edificio, di minori dimensioni (il megaron 4); qui sono stati rinvenuti frammenti di avorî decorati ed elementi di scarto della lavorazione e ciò dimostra che a Gordion si producevano e non si importavano materiali di tal genere. Ad occidente questa piazza è limitata da un edificio con asse S-E N-O cioè inverso da quello delle strutture citate precedentemente. A ridosso del primo edificio descritto o mègaron 3 e da questa parte dell'abitato si eleva una serie di vani o meglio un'unica struttura (lunga più di 90 m), suddivisa in sette ampi vani i quali bordano probabilmente una via sulla quale si affacciano dall'altra parte altri edifici con caratteristiche analoghe. Si tratta di ambienti, come al solito, tripartiti con balconata sui tre lati interni, ed a forma di megaron; all'interno si svolgevano attività di carattere manuale quali la produzione di farina, ecc. Questo complesso non ha alcuna comunicazione con l'area palaziale ed è improbabile quindi che si tratti dei "servizi" del palazzo; più verosimilmente siamo di fronte a laboratorî della casa reale che, con probabilità, provvedevano al vettovagliamento delle forze armate. All'interno i materiali sono analoghi a quelli rinvenuti entro il tumulo P, nella tomba del fanciullo che deve essere stato seppellito poco prima dell'attacco dei Cimmeri.

Il livello frigio si è dimostrato ricco e, a parte le testimonianze offerteci dalla necropoli reale e dalle tombe di persone di rango minore, si ricava un'impressione di alto benessere. Notevole è la produzione di oggetti artistici quali avorî, bronzi, piccole sculture, ecc. Questo abitato termina con un incendio, probabilmente appiccato dai Cimmeri.

Città persiana: l'impianto di questa città ricalca in modo impressionante quello della precedente città frigia. Si tratta evidentemente di un deliberato atto politico dato che l'intero abitato distrutto dalle fiamme venne colmato e ricoperto con uno strato di argilla tratto dalla piana; tale strato varia da m 2,50 a 4. La linea delle mura (spesse m 2,50) viene portata verso l'esterno e la fortificazione precedente viene obliterata ed inglobata entro il terrapieno che è limitato da un muro di terrazzamento, il quale regge la spinta del terreno grazie alla sua robustezza e ad artifici ricavati dall'inserimento di acconce travature entro il riempimento. La porta assume un aspetto normale rispetto all'andamento delle mura anche se lo schema resta il medesimo; permangono le due corti ai lati interni dell'ingresso. Una novità è costituita da una serie di vani appoggiati alle mura, nella zona a mezzogiorno della porta. Oltrepassato l'ingresso, invece, la fedeltà all'impianto precedente è più che palmare: abbiamo nuovamente un cortile o piazza interna con quattro edifici a forma di mègaron, sui due lati, un pròpylon che permette di superare un muro di recinzione ed infine ci si trova dinanzi ad un altro spiazzo ai lati del quale si ergono due mègara isolati (M, N) a sinistra, e un edificio con asse N-O S-E (NET); a N due altre strutture (O, Q) paiono delimitare lo spazio. Separata da un muro continuo che si diparte da quello del primo cortile e che si dirige verso N, si trova ad O una serie di edifici del tipo già descritto, scavati ancora in modo non definitivo, ma che ricalcano, sia pure nella sostanza e non nella forma, quello che era il Terrace Building d'epoca frigia. Gli edifici di questo periodo, per lo più a forma di megaron, assommano finora a 23, tra cui un tempio (?) con cella e prònaos ed edifici con pitture del 500 circa a. C. Uno sguardo alle piante dei due abitati è sufficiente a mostrare la sostanziale unicità dell'impianto, nonostante alcune modifiche, specie per quello che riguarda la porta civica e le mura. Tuttavia, a quanto sosostiene lo scavatore, questo abitato arcaico, o persiano che dir si voglia, non può comunque essere fatto risalire ad un periodo di poco posteriore all'incendio cimmerio. A quanto consta, anche se i dati non appoggiano palesemente la sua opinione, vi sono alcuni elementi che tendono a confortarla: questi sono l'enorme massa di terreno riportato sulle rovine della città frigia (oltre mezzo milione di metri cubi), la necessità di riorganizzarsi dopo l'attacco nemico (testimoniato da un tentativo di riedificazione presto abbandonato), e i differenti tipi di tecniche strutturarie impiegate nella costruzione dei nuovi edifici (uso di blocchi squadrati di calcare duro, alabastro e andesite, materiali ignoti in epoca frigia, nonché l'uso di coprire gli edifici con tegole e terrecotte architettoniche, mentre anteriormente, a quanto finora risulta, si adoperavano solo frasche e argilla). Tutto ciò non potrebbe quindi che indicare che la radicale ricostruzione del sito ebbe luogo in epoca persiana e non nel VII secolo. Da notare comunque che tra i materiali vi sono pezzi ceramici che ricalcano esattamente esemplari frigi del VII sec. a. C., il che starebbe ad indicare un forte elemento di continuità nella tradizione locale.

Per quanto riguarda i livelli precedenti a quelli frigi è stato interessante il saggio effettuato all'interno dell'Edificio Nord. Qui è stato notato come il trapasso dagli strati più profondi, in cui compare ceramica hittita, a quelli più alti, in cui quest'ultima è in scarsa quantità, sia lento e graduale, senza bruschi cambiamenti; anzi all'inizio la ceramica frigia è a mano mentre a poco a poco viene prodotta al tornio, come se i nuovi venuti avessero pacificamente appreso dai locali questa nuova tecnica. Al di sotto sono stati raggiunti i livelli corrispondenti all'impero hittita, all'Antico Regno e all'Età del Bronzo antico, in tutto per un totale di 18 livelli. Le conclusioni che sono state tratte da questo saggio sono che non è possibile, per il momento, datare la ceramica frigia più antica e quindi l'arrivo di questo nuovo popolo, tanto più che in un centro provinciale come era Gordion durante l'impero hittita, non si ebbe alcun sensibile contraccolpo della caduta del governo di Khattusha.

Per quanto riguarda la necropoli, a parte le tombe hittite che sono costituite da seppellimenti entro pìthoi, in casse lignee, in ciste in pietra (1400-1200 a. C.) si può ricavare dallo scavo dei numerosi tumuli che il rito incineratorio risale al VII e fors'anco all'VIII sec. a. C.; le tombe a camera invece risalgono generalmente al VII sec. a. C. Si è riscontrato che non infrequenti, entro i corredi tombali (e valga per tutti quello della tomba principesca di cui al vol. iii, s. v. Gordion) sono le importazioni dalla sfera greca orientale, ma non prima della metà del VII sec. a. C.

Assai importante è stato lo scavo del piccolo monticolo antistante a Gordion (Küçük Hüyük): si tratta di un'altura artificiale che risale al periodo lidio (tardo VII-inizio VI sec. a. C.), che ospita un bastione di mattoni crudi alto 14 m e spesso 3,50, con torri quadrangolari, sporgenti ogni 16 m. Potrebbe essere questa la sede del governo dopo che i Cimmeri ebbero distrutto l'abitato principale.

Hacilar (v. vol. iii, p. 1078). Situata nell'A. occidentale, a meridione del lago di Burdur, individuata attraverso una lunga serie di ricognizioni di superficie, effettuate da J. Mellaart, è balzata alla ribalta, oltre che per i livelli neolitici, con ceramica, anche per quelli aceramici; si tratta del primo esempio in A. di questo tipo di cultura, che dovrebbe precedere il livello B di Beldibi (che, secondo il Mellaart, è una filiazione delle culture dell'altopiano). Ad Hacilar sono stati scavati sette livelli di abitazione, le cui case erano erette in mattoni crudi su fondazioni in pietra. I vani all'interno sono ricoperti di uno stucco d'argilla dipinto, sia sul pavimento che sui muri, in rosso o in color crema. I materiali litici comprendono strumenti di ossidiana (importata); i forni e i resti di paglia fanno intravvedere l'esistenza di una qualche forma di agricoltura, anche se l'attività più importante doveva essere rappresentata dalla caccia. Assai interessante è il rinvenimento di crani umani posti per ritto sui pavimenti delle abitazioni, senza tracce del resto dello scheletro. I confronti che si possono fare sono ovviamente quelli con Gerico preceramico B, anche se in quest'ultima località i tratti culturali sono assai più elaborati. Secondo un'analisi effettuata per mezzo del C 14 il V livello aceramico di Hacilar sarebbe ascrivibile al 6740 ± 180 a. C.

Horoztepe. Insediamento del Calcolitico o dell'Età del Bronzo Antico (o Età del Rame) nei pressi di Erbaa. Questo sito è importante per aver rivelato, grazie agli scavi di T. Özgüç del 1957, e a una serie di ritrovamenti fortuiti, una ricca serie di oggetti metallici (statuette, tra le quali una molto naturalistica di una donna ignuda che allatta un bambino ed un'altra di un toro, vasi, "dischi solari" o stendardi, sistri, elementi di arredi quali mobili, ecc.) che hanno stretti confronti con quelli, ben noti, delle tombe principesche di Alaca Hüyük e di Hasanoǧlan (vicinanze di Ankara). Nelle necropoli da cui proviene questo materiale le tombe sono a fossa, ed in un caso del tipo di quelle succitate di Alaca. Secondo Özgüç i materiali di Alaca provengono da botteghe attive nella regione di Tokat e di Amasya, mentre lo Akurgal li ascrive all'arte delle popolazioni preesistenti all'arrivo degli Hittiti. Da ricordare che Horoztepe rientrerebbe nella zona popolata dalle tribù dei Kaska, mai completamente assoggettate all'autorità hittita.

Iasos (v. vol. iv, p. 69). Sul golfo omonimo, a non eccessiva distanza da Milasa. Ad opera della missione italiana diretta da D. Levi, ad occidente della penisola, in terraferma, è stata scavata una necropoli, appartenente all'Età del Bronzo Antico, che fino ad oggi ha restituito più di novanta tombe ad inumazione, talvolta multiple. È questo il primo segno della presenza in Caria di genti preistoriche, di non facile individuazione a causa della natura della regione, nella quale non si verifica il fenomeno dei monticoli o hüyük, tanto frequenti nelle zone dell'interno e là dove esistono delle pianure, sia pur brevi. Le tombe, a cassa (rettangolare o circolare), coperte da lastre di pietra, contengono il cadavere in posizione contratta ed un piccolo corredo che comprende vasi di ceramica, anelli d'argento, un pugnaletto in rame e talvolta recipienti di marmo. Questi (si tratta di bicchieri troncoconici con prese verticali forate, e di ciotole emisferiche), denunciano in maniera evidente la loro origine cicladica. Questo elemento propone quindi in modo concreto il problema della connessione tra la cultura protocicladica (Paro, Nasso, Amorgo) e la cultura anatolica. Poiché i materiali fittili (si notino tra l'altro il vasellame decorato a motivi geometrici in color bianco sul fondo scuro, e quello che ricorda la mottled ware di Creta) trovano confronti sia con l'entroterra anatolico (KarataŞ, Yortan) che con Creta ed in generale col mondo egeo, il problema posto dallo scavo della necropoli iasia si pone in maniera evidente. Le ricerche delle ultime campagne tendono a localizzare l'abitato da cui dipendeva questo cimitero, dovendosi rinunciare alla speranza di rinvenire resti preistorici nella penisola, che pure è stata fittamente abitata dal periodo arcaico fino a quello bizantino.

Ilica. Località presso AyaŞ. Vi si trova una necropoli, scavata da W. Orthmann nel 1963. Le tombe, che sono a cremazione, sono contrassegnate da grandi pietre poste per ritto: le ceneri venivano deposte entro pìthoi. Il numero delle tombe oltrepassa il centinaio. Secondo lo scavatore si tratta di una necropoli in uso durante il XVII sec. a. C. Il fortilizio, posto sopra uno spuntone di roccia, ha rivelato cinque livelli, di cui il I con edifici ellenistici e romani, il II con alcune abitazioni d'epoca frigia, il III con scarse rovine di un più antico insediamento frigio, il IV con i resti dell'abitato hittita antico (da cui dipendeva la necropoli), e il V con piccole case del Bronzo Antico.

A quanto risulta in questa regione l'Età del Bronzo Antico è in una posizione intermedia tra quella della regione di Ankara (EtiyokuŞu, Karaolan) e quella della pianura di Eskisehir.

Karahüyük. Presso Konya, scavo condotto da S. Alp. È stato individuato in questo sito un grosso centro del II millennio. I livelli I-IV appartengono all'Età del Bronzo Medio cioè all'Antico Regno hittita, mentre il V è ascritto al periodo di transizione tra l'Età del Bronzo Antico ed il Bronzo Medio (Età del Rame); in totale sono 27 livelli fino al suolo vergine, e dal VI in poi si tratta di livelli dell'Età del Bronzo Antico. La sequenza stratigrafica di Karahüyük potrà essere la prima per la regione di Konya e sarà utile perché vi sono materiali importati da qui a Tarso e nella pianura di Eimalĭ ad occidente.

Tra le strutture di carattere monumentale va. ricordata nel livello VII parte di quello che potrebbe essere un tempio, e nel livello II un palazzo incendiato. Dal III livello (inizio del II millennio) al I livello, l'abitato è difeso da un grande muro di fortificazione eretto a doppia camera con torri sporgenti e con dei vani addossati nella parte interna. L'ingresso è monumentale e protetto da due torrioni. Vi sarebbero delle analogie con il livello XVI di Mersin, con Ahlatlibel e con Egina. Più verso l'esterno esisteva una seconda cinta muraria, spessa m 1,50 con contrafforti e torri aggettanti; l'area racchiusa superava di molto quella dell'abitato. Tra i materiali si devono citare dei focolari con corna simili a quelli di Kusura e di Beycesultan, probabilmente arredi di santuarî, dei vasi decorati con visi umani simili a quelli noti da Troia II, e una ingentissima e preziosa quantità di impronte di sigilli che troverebbero confronti in Siria, in Mesopotamia, a Creta, nell'Egeo, in Grecia e nei Balcani; effettivamente si tratta della più ricca collezione di cretule di questo periodo finora rinvenuta nell'A. centrale, a parte la messe raccolta a Kültepe e che ha carattere tutt'affatto diverso. Secondo l'Alp la cultura di Karahüyük per tutta l'Età del Bronzo Medio è unitaria e priva di fratture.

KarataŞ Semayük. Basso monticolo della pianura di Elmalĭ, e in corso di scavo da parte di M. J. Mellink con una missione statunitense. Il sito venne abbandonato dopo un incendio poco prima della fine dell'Età del Bronzo Antico. Ai piedi del monticolo si trova la necropoli, che consiste in inumazioni (197 finora), entro pìthoi, di cadaveri deposti in posizione contratta; nel caso di seppellimenti multipli i resti precedenti venivano deposti alla base del pithos. Il corredo può consistere in ceramica; in spilli di bronzo o rame; idoli di marmo analoghi tipologicamente a quelli di Kusura e di Lebedo si trovano spezzati ad arte entro le tombe di infanti. Lo scavo di questa necropoli serve ad inquadrare con maggior precisione le necropoli di Yortan e di Burdur. Il cimitero appartiene, come il piccolo insediamento sul monticolo, all'Età del Bronzo Antico II-III. Qui, nell'Età del Bronzo Antico II, si ha una casa fortificata che, dopo numerosi rifacimenti, diventa un piccolo fortilizio. Nell'Età del Bronzo Antico III vi sono delle abitazioni di tipo più semplice, anche nelle aree a N, a N-O e ad E del monticolo, composte secondo lo schema del megaron, vale a dire con un vano principale provvisto di un focolare, con ante sporgenti sul retro e con un portico aperto sulla fronte. Ogni casa sorge isolata. La ceramica appartiene all'ambito di quella di Troia II e III, ma con caratteristiche locali. Tra le abitazioni non è infrequente trovare dei seppellimenti, e ciò dimostra che alla fine del III millennio non veniva osservato strettamente il principio per cui la necropoli doveva trovarsi fuori dell'abitato.

Alcune tombe dell'Età del Bronzo Medio al centro del monticolo testimoniano una occupazione successiva, senza però che sia stato possibile individuare delle abitazioni.

Culturalmente KarataŞ Semayük, con l'area di Elmalĭ, è connessa alle località costiere della Licia: a questo proposito è interessante ricordare che una incisione su uno dei pìthoi della necropoli è quasi simile al segno numero 24 del disco di Festo.

Karaz. Località presso Erzurum scavata dal KoŞay nel 1942 e nel 1944. Da questo sito, abitato durante il Bronzo Antico, (o Età del Rame secondo la vecchia terminologia), è venuto alla luce un particolare tipo di ceramica grigia o nerastra esternamente e rossa sul bordo e nell'interno che trova confronti a Pulur, a Trialeti e a Geoy Tepe, e mostra delle affinità anche con quella di Khirbet Kerak. Estremamente caratteristici sono dei focolari mobili o bracieri, composti da una base circolare cava sul cui bordo si elevano tre elementi a guisa di corna, spesso decorati a rilievo con motivi geometrici tipici di questa cultura. Il villaggio venne distrutto nel 2300 circa.

Koçumbeli. Presso Yalincak (a settentrione di Ahlatlĭbel); dal 1962 vi scava una missione guidata da B. Tezcan, intesa a chiarire i problemi dell'Età del Bronzo Antico dell'A. centrale, già proposti dallo scavo di Ahlatĭbel. Sono stati riconosciuti 4 livelli, tutti appartenenti alla medesima cultura; il materiale metallico è del tutto assente, ma i tipi ceramici, tra cui sono vasi di ceramica nera, rossa o marrone levigati a stecca, decorati con incisioni o con scanalature, denunciano l'imitazione di prototipi metallici.

Kültepe (v. vol. iv, p. 420). Lo scavo di questa importantissima località dell'A. centrale è tutt'ora in corso a cura di T. e N. Özgüç. Ogni campagna procura un ingente bottino di materiali, con particolare riguardo alle tavolette inscritte in caratteri cuneiformi rinvenute nel Karum, ovverossia nel quartiere fuori della città vera e propria, sede della colonia commerciale assira, e in cui vivevano per altro anche mercanti indigeni.

Sul monticolo lo scavo dei livelli più profondi ha portato in luce degli strati che appartengono all'Età del Bronzo Antico e che assommano ad otto metri di spessore. L'Età del Bronzo Antico I presenta una cultura alquanto semplice, senza importanti contatti con aree esterne. Le abitazioni sono in mattoni crudi con fondamenta in pietra; la ceramica, rossa o scura, è levigata alla stecca e fabbricata a mano. Si nota la presenza di idoli piatti a forma di disco con una protuberanza allungata. L'Età del Bronzo Antico II è praticamente una continuazione del periodo precedente; gli edifici però divengono più ampio e la ceramica è quella tipica della Copper Age con delle varianti dipinte. Si trova del vasellame importato dalla Siria e in tal modo è possibile stabilire dei collegamenti con l'Età del Bronzo Antico II della Cilicia e con l'area siriana. Nell'Età del Bronzo Antico III gli edifici diventano gradatamente monumentali; nella ceramica vi è un aumento della cosiddetta proto- Intermediate Ware, mentre continuano le importazioni dalla Siria (Età del Bronzo Antico III c). Nell'Età del Bronzo Antico III b viene eretto quello che potrebbe essere un tempio: si tratta di un grande edificio con un mègaron intonacato di bianco. Le tombe sono di tipo rotondo con una divisione interna. La ceramica ha affinità con l'Età del Bronzo Antico III di Tarso; vi è grande quantità di Intermediate Ware e della cosiddetta ceramica di AliŞar III. Nell'Età del Bronzo Antico III a vi sono grandi edifici intonacati con contrafforti e banchine. Alcune tombe sono rotonde. Gli idoli sono di alabastro del tipo noto col nome di cappadocio, e che compaiono già in III b. Per quanto riguarda la ceramica vi è una grande profusione di Intermediate Ware. Compaiono le "bottiglie" siriane levigate alla stecca. Un incendio pose fine a questa lunga e unitaria serie di livelli che testimoniano una ininterrotta cultura che a poco a poco stende la rete di quelle relazioni che faranno la fortuna di Kültepe durante l'Età del Bronzo Medio. Infatti è nel IV livello (Età del Bronzo Medio I) che viene fondato il Karum, fuori della città, su terreno vergine. In questo momento la ceramica è quella di AliŞar III, oppure grezza a mano o più fine alla ruota, con una ingubbiatura, del tipo "hittita". Quest'ultima aumenta nei livelli successivi sia rispetto alla qualità che alla quantità. Per quanto riguarda i livelli del Karum già gran quantità di materiale è stata pubblicata, ma ancor di più è quello che attende di essere reso di pubblica ragione. Tra le scoperte più interessanti effettuate a Kültepe in questi ultimi anni va menzionato il grande edificio coevo al livello I b del Karum: si tratta di una struttura eretta con grandi blocchi di pietra, ampia 12 × 13,50 m, che consta di una grande sala di ricevimento con torri sporgenti agli angoli, di 7 × 6 m, piene all'interno. L'ingresso si trova ad oriente tra due torri che aggettano 4,50 m. Questo edificio, insieme col palazzo del II livello, il quale finora consta di venti stanze, dimostra l'esistenza in A. di costruzioni monumentali in un periodo ben anteriore a quello di Khattusha. In un edificio, scavato nel 1961-1962, del livello I b, sono stati trovati numerosi recipienti (brocche, vasi) e gioielli d'oro nonché oggetti d'argento. Il livello, ascritto dagli Özgüç ad Anitta, presenta numerose costruzioni pubbliche (con ampia corte centrale e vani oblunghi ai lati) con materiali analoghi a quelli del livello I b del Karum.

Per quanto riguarda il Karum è stato confermato il fatto che il livello I b è coevo ad Hammurabi, e il II ad EriŞum I d'Assiria. Le case, uguali per i mercanti anatolici e per gli Assiri (i quali abitavano prevalentemente verso il centro), sono a pianta rettangolare con 6 o 8 vani disposti intorno ad un cortile centrale. Nel suo insieme il Karum ha una pianta regolare.

Alla fine del livello I b la città e l'insediamento commerciale vengono attaccati ed incendiati da un nemico proveniente dall'esterno. A niente valse la triplice cerchia concentrica di mura, unico esempio nell'A. centrale in questo periodo, che difendeva la cittadella, la città e la colonia.

Sul monticolo i resti del periodo hittita non sono ben attestati, ma la lacuna tra il livello I b e il periodo di Labarna deve essere stato di breve durata.

Nella città vera e propria sono stati portati in luce due livelli probabilmente da ascrivere al periodo frigio, con due edifici in pietra che contrastano per le loro dimensioni con quelle, generalmente insignificanti, degli edifici dell'A. centrale. In questo periodo la città è munita di un muro di cinta, eretto su quello hittita, con tecnica diversa; tale struttura, più volte riparata, viene adoperata fino al periodo romano. La ceramica è decorata in un primo tempo con figure di animali con uno stile simile a quello di AliŞar, mentre in seguito prevale la ceramica dipinta del tipo già trovato a Gordion. Rara la ceramica grigia e quella nera, e queste notazioni fanno precisare meglio le nostre conoscenze sulla ceramica frigia ad E e ad O dello Halys.

Malatya (Arslantepe) (v. vol. iv, p. 792). La missione italiana ad Arslantepe, diretta da S. Puglisi, fin dal 1961 ha ripreso l'esame del monticolo, giungendo a chiarire, nell'area nord-orientale, adiacente alla Porta dei Leoni, scavata dal Delaporte, i seguenti livelli: I, periodo bizantino con un villaggio adagiato sul fianco della collina, di cui è stata portata alla luce una piccola piazza circondata da botteghe e da officine; la ceramica è di tipo grezzo ma caratteristico. Il II livello comprende gli strati della seconda metà del II millennio, durante la quale si ebbe una riedificazione del sito ed un afflusso di una ceramica particolare, alla ruota, coperta da una spessa ingubbiatura arancione o rossastra, decorata con motivi geometrici incisi entro bande risparmiate dall'ingubbio; in questa fase si riutilizza quanto era scampato all'incendio che pose fine alla città neohittita. Il III livello comprende gli strati pertinenti a quest'ultimo periodo, che sono assai profondi e con numerose fasi; dell'ultimo momento, coevo alla Porta dei Leoni, è il cosiddetto Palazzo, un bell'edificio con fondazioni di grossi blocchi ed elevato in mattoni crudi (8 × 12 m), bruciato. Al IV livello, hittita imperiale, appartiene la porta d'ingresso della cittadella, situata circa 5 m più in basso rispetto a quella dei Leoni, provvista di una camera intermedia, in cui il vano occidentale è più ampio, probabilmente per ospitare una statua. Una serie di rampe sovrapposte testimonia l'innalzarsi del livello di calpestio. La porta venne distrutta da un incendio, ma probabilmente dopo che essa non era più in uso, per lo meno come porta principale; infatti verso l'interno un deposito di pesi per telaio mal si addice al carattere monumentale dell'ingresso. Lo stesso incendio investì violentemente un muro in mattoni crudi, spesso 7 m, rinforzato con legname, che riposa su una fondazione in pietra. È probabile che queste opere di difesa vadano collegate con la Porta dei Leoni. Verso oriente, è stato scoperto un tratto del muro di difesa dell'acropoli, con un torrione rotondo ed una galleria con ingresso a calatoio, una rampa semicircolare e quindi un tratto in discesa. La copertura è a falsa vòlta. Non è improbabile che l'ingresso e parte della rampa appartengano ad una riutilizzazione della metà del I millennio, dato che il materiale è unitario e chiaramente più tardo; ciononostante le osservazioni stratigrafiche ascrivono l'erezione di questa galleria al periodo nittita imperiale. Il materiale ceramico dei livelli hittiti imperiali e neohittiti dimostra il sostanziale permanere della tradizione, se si eccettuano alcuni tipi caratteristici dei due periodi. Lo scavo dei livelli profondi ha dimostrato l'esistenza di una fase ascrivibile al Bronzo Antico, ma l'esecuzione, durante il periodo hittita imperiale, di poderosi tagli per addossare alla collina delle costruzioni, ha asportato gran parte dei materiali. Questo periodo è noto con maggiori dettagli dallo scavo eseguito su un'altura a poche centinaia di metri ad oriente, Gelinciktepe, da A. Palmieri. Qui esisteva, durante l'Età del Bronzo Antico, un insediamento, forse da mettere in relazione con monumenti megalitici esistenti nelle vicinanze; il materiale ceramico, in prevalenza levigato alla stecca, di color nero e rosso, ha connessioni con le culture dell'A. orientale, della Transcaucasia, nonché della Siria e della Palestina. D'altra parte è presente anche un tipo di vasellame decorato a motivi geometrici incisi ed incrostati che richiama le tradizioni dell'A. centrale e settentrionale; esiste anche un filone di materiale fittile al tornio, che trova diretti confronti con la Simple Ware dell'Amuq H.

Pulur. A 16 km ad occidente di Erzurum, è un monticolo scavato nel 1960 da H. Z. KoŞay. Sono stati messi in luce quattro strati sovrapposti riferibili alla cultura del Bronzo Antico (secondo altra terminologia al Calcolitico Tardo), largamente diffusa nell'Anatolia orientale, e già ben nota da Karaz. Mentre lo strato inferiore non ha rivelato strutture, i tre soprastanti hanno restituito resti di abitazioni in mattoni crudi su fondazioni in pietra, fornite di focolari e in un caso di fossette di scarico. La ceramica caratterizzata dal contrasto tra il color grigio scuro o nero della superficie esterna e quello rossastro del bordo e della superficie interna, comprende numerosi tipi tra cui pìthoi, olle, ciotole, "fruttiere", colatoi, ecc. Da notare nel vasellame le cosiddette "prese di Nahcevan" (emisferiche e perforate). La decorazione, apposta sulle spalle o nell'interno a seconda dei casi, consiste in una varietà di schemi geometrici ottenuti a rilievo, a solcature, a graffito o ad incisione a secco. Molto sviluppata la industria su osso; quella litica è quasi del tutto limitata alla ossidiana. Questo tipo di cultura, in cui tra l'altro è attestata la pratica dell'agricoltura, è diffusa nell'A. orientale e nella Persia occidentale, all'incirca nell'area compresa tra Malatya e il lago di Urmia. Secondo KoŞay l'inizio di detta cultura è coevo al livello K di Geoy Tepe (2600 a. C. circa). Tre tombe a cassa (XII sec. circa) con cadavere contratto, hanno resti di animali sacrificati, armi bronzee, gioielli e ceramica; le cuspidi di freccia trovano confronti con quelle di Trialeti e del Talish (Bronzo Tardo del Caucaso).

Suberde. Nei pressi di BeyŞehir, esplorata dal 1964 da J. Bordaz della New York University. Al di sotto di un livello che va dall'VIII sec. a. C. al periodo islamico si snodano due livelli che possono elucidare gli inizi della produzione di cibo e il processo di evoluzione verso un insediamento stabile nell'A. di S-O. L'abitato sarebbe da ascrivere al Neolitico Antico (7000-6000 a. C. circa). Un esame del C 14 ha dato il 6570 ± 140 per il livello III in cui le abitazioni hanno muri privi di intonaco ma sono provviste di banchine e di granai circolari. L'industria litica è per il 90% di ossidiana con prevalenza di cuspidi scheggiate a pressione su una sola faccia. Manca completamente la ceramica, ma vi sono alcune statuette di animali ed antropomorfiche. A quanto pare non vi sarebbero ancora, in questo momento, animali domestici, né sono stati rinvenuti resti di cereali o di piante coltivate in genere.

Suberde sarebbe anteriore a Çatal Hüyük VI a (5900 a. C. circa) e forse anche ai livelli VI b-X (5900-6500 a. C.). Il livello II di Suberde potrebbe essere coevo al periodo aceramico di Hacĭlar, che il Mellaart suppone, in via di ipotesi, coevo al livello X di Çatal Hüyük.

Tilmen Hüyük. A 10 km ad O di Islahiye, nella provincia di Gaziantep, scavato ad opera di B. Alkĭm dal 1958 in poi. Qui è stato portato alla luce un palazzo coevo al livello VII di Alalakh e che va dal XVIII sec. al XIII, subendo numerose ricostruzioni e trasformazioni. La pianta di base, rettangolare (63 × 78 m), appartiene al livello II c; questo forse probabilmente venne distrutto da Hattusilis I durante la sua campagna contro Aleppo. Nell'area palaziale sono stati scavati numerosi edifici tra cui una struttura che probabilmente è una cappella (XVII-XVI sec.), una porta monumentale (?) di 20 × 28 m, delle cucine (?),un muro di difesa (XVIII sec.) con fondazioni in pietra ed elevato in mattoni crudi; all'esterno vi sono delle riseghe come nell'acropoli del Regno Antico hittita di AliŞar e a Troia VI. Vi è un altro muro a difesa dell'abitato, con due porte, che risale probabilmente alla fine del II millennio o all'inizio del I.

Entro la corte esterna è stato effettuato un saggio da cui si sono avuti 8 livelli (III a-h), che comprendono il periodo del Bronzo Antico II: 2,3 e III: 1,2, nonché quello compreso tra la prima metà del XIX sec. e la prima metà del XVIII.

È stata scavata inoltre una tomba (M 3) coeva al livello III c, eretta con pietre squadrate (2,40 × 2,40 × 1,20). È interessante notare che il materiale trova stretti confronti con quello dell'ipogeo di Till Barsip: si tratta di ceramica alla ruota, monocroma e levigata alla stecca. Vi era anche un idolo che potrebbe essere il prototipo di quelli siriani piatti della prima metà del II millennio, e che somiglia agli esemplari di Tepe Gawra e di Tell Brak.

Yalincak. A 8 km a S-O di Ankara, località investigata da B. Tezcan in questi ultimi anni: si tratta di un insediamento che risale al periodo frigio (2 livelli), occupato anche durante il periodo ellenistico e quello romano. La cittadella fortificata, posta sopra alle rocce, racchiude un santuario con capitelli ionici, un altare con rilievi e un rilievo votivo con la raffigurazione di Giove e l'aquila. Il sito è importante anche perché da qui proviene il rilievo con un leone d'età frigia, ora al museo di Ankara.

Yesemek. Antica cava di basalto, a 24 km a S-S-E di Zincirli, dove B. Alkĭm ha scoperto, abbandonati e non finiti, lungo i pendii, 135 sfingi, 25 rilievi (tra cui alcuni di scene con carri, di leoni alati, ecc. e 22 con la raffigurazione di due divinità delle montagne viste di faccia) e 20 leoni destinati ad ornare le ante di porte, nonché due statue a tutto tondo, in parte del II millennio ed in parte del I.

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