DANDOLO, Andrea

Enciclopedia Italiana (1931)

DANDOLO, Andrea

Roberto CESSI

Quarto doge della famiglia, figlio di Fantino, discendente dal cugino del grande Enrico. Giovanissimo, era asceso alle maggiori cariche, e già nel 1331 era procuratore di S. Marco, nel 1333 podestà di Trieste, nel 1336 provveditore in campo, e il 4 gennaio 1343, veniva, contrariamente alle tradizioni veneziane, assunto all'alta dignità ducale. La sua figura ricorda, in qualche linea, quella del maggior suo predecessore, al quale egli stesso si compiacque, dimenticando gli altri, abbinarsi. Politico, legislatore, storiografo; uomo d'azione e uomo di studio; anch'egli ebbe la ventura di assistere almeno a una delle fasi del dramma orientale, e combatterlo con le armi, quando, fra le esitanze interne di chi voleva la guerra, ma non accordava i necessarî mezzi, egli si decise per la lotta ad oltranza contro Genova. Vi fu chi gliene fece colpa e censurò i fatti compiuti con la sua politica militare, rimproverandogli di avere trascinato a guerra Venezia, o almeno di averla prolungata oltre il dovere. Questo rimprovero è forse ingiusto anche se la politica di Andrea peccò di qualche eccesso. Egli ebbe presente, innanzi tutto, l'interesse della sua patria e seppe resistere alle passioni di gruppi plutocratici, che, pochi anni dopo la sua morte, non ebbero più alcun freno ed esplosero in un insano tentativo, di cui scontò la pena il successore Marin Faliero.

Come legislatore, Andrea pose mano al riordinamento della legislazione veneziana, prima tentata nella compilazione di Summula, che un codice cassinese ci conserva, poi attuata con l'aggiunta del sesto libro ai patrî statuti. Come storiografo, è doppiamente benemerito e perché raccolse in un unico corpo (Liber Albus e Liber Blancus, dell'Archivio veneto) i principali documenti superstiti della antica storia veneziana e perché dettò, fino al 1280, in due recensioni, le vicende della vita veneziana. Alla cronaca breve (il cui testo originale è quello del cod. lat. X, 296 della Marciana) fece seguire quella più ampia con carattere universale, di cui il migliore esemplare è quello del cod. marc. Zanetti 400. La critica esagerò il valore storico di quest'opera. In verità, uno studio accurato ha potuto stabilire quali siano le fonti del D., ed ha potuto chiarire come l'asserita credibilità della testimonianza dello scrittore veneziano dove non soccorrano fonti sicure (che sono poi quelle stesse che a noi sono pervenute), sia, specialmente nel periodo più antico, più oscuro e più tormentato, assai scarsa. La deficienza delle fonti non è compensata da altre qualità, più propriamente intrinseche, dello storico, anche se per lungo tempo e fino ai nostri giorni la cronaca del Dandolo ha fatto testo nella storiografia veneziana.

Bibl.: Kretschmayr, Gsch. v. Venedig, Gotha 1906, I, passim; Simonsfeld, A.D. e le sue opere stor., in Archivio veneto, XIV, p. 49 segg.; Tafel e Thomas, in Abhand. Akad. d. Wiss. München, VIII, p. 9 segg.

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