Pallàdio, Andrea di Pietro della Gondola detto

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Architetto (Padova 1508 - Vicenza 1580). Lavorò prima a Padova, come tagliatore di pietra, nella bottega di B. Cavazza da Sossano (1521), e poi (dal 1524) a Vicenza, nella bottega in Pedemuro dell'architetto e scultore G. di Giacomo da Porlezza e dello scultore G. Pittoni. Nel 1537 era ancora tagliatore di pietra nella costruzione della villa di Cricoli di proprietà di G. G. Trissino, che divenne il suo protettore e che forse gli dette il nome classico di Palladio (nei documenti anteriori al 1540 appare solamente come Andrea di Pietro). La villa Godi di Lonedo, forse progettata già nel 1537, inaugura la sua carriera di architetto, riconosciuta tuttavia pubblicamente solo a partire dal 1540; le sue ricerche sistematiche sull'architettura, però, ebbero inizio prima, come rivelano i suoi disegni (conservati per la maggior parte a Londra, presso il Royal institute of british architects, a Vicenza, presso il Museo Civico, e nella Biblioteca Vaticana) ricchi di studî, oltre che sull'architettura classica, anche su G. M. Falconetto, I. Sansovino, M. Sanmicheli e S. Serlio. Nel 1541 si recò a Roma insieme a Trissino, e questo fu il primo di una serie di viaggi in Italia e all'estero centrati sullo studio dell'antico. Teorico dell'architettura, è tuttavia tra gli architetti che hanno lasciato un maggior numero di opere realizzate, arricchite di commenti e disegni nel secondo dei suoi Quattro libri dell'architettura. Dopo il viaggio romano, cominciò a costruire a Bagnolo la villa Pisani (1542-45); nel 1545 aveva finito i disegni, iniziati tre anni prima, per il restauro urbano e il rivestimento del palazzo della Ragione, romanamente detto Basilica, a Vicenza (i lavori gli furono affidati dal 1549). Nel 1546-47 era di nuovo a Roma con Trissino. Più tardi (1548) intraprese i lavori di villa Angarano a Bassano del Grappa (ora distrutta) e cominciò a costruire, a Vicenza, palazzo Chiericati (1550) e palazzo Iseppo da Porto (1552). Nel 1554 pubblicò a Roma, presso V. Lucrino, Le antichità di Roma. Mentre lavorava al palazzo Thiene a Vicenza (1550) e alla casa Antonini a Udine (1556) contribuì, con l'elaborazione delle tavole, all'edizione di Vitruvio del 1556. Nel 1558 iniziò la villa Malcontenta per la famiglia Foscari. Costruì, inoltre, villa Poiana a Poiana Maggiore (1548-55) e, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, villa Badoer a Fratta Polesine, villa Barbaro a Maser (impreziosita dal Tempietto realizzato nel 1580), villa Pisani a Montagnana, villa Cornaro a Piombino Dese; a Venezia, il refettorio per i Benedettini di S. Giorgio (1559-67) e il convento della Carità (1561: ne rimangono parte dei fronti sul secondo cortile, il cosiddetto tablinum e la scala a chiocciola). Sono del 1564-65 il progetto per la chiesa di S. Giorgio di Venezia (nel 1566 vi fu la posa della prima pietra, ma i lavori si protrassero dopo la morte di P.) e la villa Emo a Fanzolo. Nel 1566 costruì palazzo Valmarana a Vicenza, villa Zeno a Cessalto e villa Cornaro, recandosi poi in Piemonte a studiarvi l'architettura regionale, e quindi in Francia, a Nîmes. Nel 1567 cominciò la Rotonda a Vicenza, mentre villa Sarego è del 1568-69. Nel 1570, morto Sansovino, gli fu conferita la carica di "proto" della Serenissima; nello stesso anno, inoltre, pubblicò a Venezia I quattro libri dell'architettura e costruì villa Piovene a Lonedo, villa Caldogno, palazzo Porto Barbaran. Nel 1571 costruì a Vicenza la loggia del Capitanio e palazzo Porto, poi Breganze; nel 1574 pubblicò i commentarî di Giulio Cesare illustrati con tavole, e stese un progetto per la facciata della chiesa di S. Petronio a Bologna; nel 1575 progettò la ricostruzione del Palazzo Comunale di Brescia; nel 1577 si accinse ai lavori della chiesa del Redentore a Venezia e, nel 1580, a quelli per l'originale tipologia del Teatro Olimpico di Vicenza, città dove morì il 19 agosto di quell'anno. ▭ La fortuna critica di P. nel panorama dell'architettura del Cinquecento è stata oggetto di approfonditi e controversi studî. Definito da alcuni studiosi "l'ultimo umanista" o "uno degli oracoli dell'architettura classicista", con L. B. Alberti e D. Bramante, per altri fu addirittura un precursore del Barocco. Ciò su cui si è soffermata maggiormente la critica è la natura del suo classicismo: la cultura di P., infatti, pur essendosi formata su trattatisti come Serlio e sull'osservazione diretta dell'arte e dell'architettura antiche a Roma e nelle città italiane, è pur sempre una cultura nata e maturata nel Veneto. Si tratta, del resto, di un'area culturale in cui, dopo le opere dei Lombardo o di Codussi, originalmente fuse con le tradizioni bizantina e gotica, le innovative esperienze rinascimentali e tutta la lezione classicista vengono accolte con limitate censure volte a salvaguardare la tradizione figurativa veneziana, e ciò nonostante l'opera di Sansovino e Sanmicheli. Stimolato dal recupero delle scoperte dei maestri rinascimentali e dalle ambizioni filo-romane della committenza che gli affida la realizzazione delle ville nell'entroterra vicentino (Foscari, Pisani, Barbaro, Badoer, Cornaro), condizionato dalla particolare natura di una città come Venezia, attenta ad affermare la propria autonomia non solo formale dalla Roma dei papi, P. elabora una ricerca architettonica che raggiunge conclusioni affascinanti quanto originali. Mostrando una profonda e intima conoscenza del linguaggio architettonico all'antica, egli riesce a creare spazî definiti da episodî conclusi in sé, verificabili ognuno alla propria scala ma anche a quella dell'insieme. Valga, come esempio, la combinazione di colonne, architrave ed arco nel cosiddetto motivo palladiano che, pur ispirato alla finestra "serliana" (l'apertura ad arco affiancata da due aperture rettangolari trabeate), assume quel senso trionfale che l'uso di un ordine incastonato in un altro aveva nella simbologia architettonica classica. In P. tutti i membri architettonici vengono a strutturarsi (al contrario di quanto avveniva nel primo Rinascimento) proprio nella loro individualità tecnologica e formale, risultando funzionali, per questo, all'espressività dell'architettura illuminista e della migliore produzione dell'Ottocento. Questa peculiarità compositiva gli permette, per es., di lasciare nel palazzo Porto-Breganze di Vicenza, nonostante l'opera sia incompiuta, un documento insostituibile a cui P. conferisce dignità formale: l'ordine gigante. Un ordine architettonico prende infatti, qui, la dimensione di tutta la facciata del palazzo, ma non attraverso il sovradimensionamento della colonna, bensì attraverso quello della base dell'ordine che arriva all'altezza di tutto il primo piano, e di quello del pulvino, che permette di aprire nello spessore della massa muraria corrispondente due bocche di luce. Se qui P. stravolge le dimensioni "canoniche" dell'ordine, altre volte, pur usando gli elementi nel loro disegno classico, ne modifica l'ordine di montaggio. L'uso disinvolto ma rigoroso di elementi del codice classico (cupole, timpani, colonne, ecc.), particolarmente nell'architettura civile, sembra alludere a quei processi di serializzazione, di standardizzazione della prassi progettuale, più facilmente adattabili a una produzione architettonica di vasta portata ma, comunque, in cerca di connotati stilistico-formali capaci di trasfigurare l'anonimo locus di destinazione delle varie opere (le ville nell'entroterra vicentino). Il lessico palladiano, che connota indifferentemente sia l'architettura religiosa che quella civile, comporta una sorta di "laicizzazione del sacro" o di "sacralizzazione del mondano" che si misura nell'uso di quegli elementi decontestualizzati, e che si misurerà maggiormente nella ripresa costante dei temi palladiani nei secoli seguenti. Mentre nelle regioni mediterranee sembra avere successo l'architettura michelangiolesca, quella di P. risulta maggiormente apprezzata in quei paesi protestanti del Nord, schierati con la ribellione di Lutero o di Calvino, dove, più che in Italia, Francia o Spagna, prende slancio il capitalismo. Il carattere "razionale" e "astratto" di P., di un architetto che in termini di "proporzionalità bidimensionale" riesce a comunicare i suoi principî mediante la sola linea, il solo "segno", sembra rispondere infatti meglio, al di là di esoterismi concettuali o di forme manierate, a interessi analoghi a quelli della sua committenza veneta. Interessi che si manifestano, già a partire dal sec. 17° ma ancor più nel 18°, tra gli squires inglesi e fra i piantatori americani, dove la serializzazione dei tipi edilizî si avvicinerà, sensibilmente, a quel tentativo di assimilare anche la produzione architettonica ai processi di serializzazione industriale. ▭ L'interesse sempre vivo per P. è confermato da iniziative periodiche (corsi estivi di storia dell'architettura, mostre, ecc.) promosse dal Centro internazionale di studi Andrea Palladio (fondato nel 1958 a Vicenza) a cui si deve, dal 1959, la pubblicazione di un Bollettino annuale che, dal 1989, ha preso il titolo di Annali di architettura. Un Corpus palladianum (8 voll., 1968-73) e, dal 1988, un Novum Corpus Palladianum (2 voll. al 1993) completano le iniziative scientifiche del centro vicentino. ▭ Tav.

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