Palladio, Andrea

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Palladio, Andrea

Fabrizio Di Marco

L’architetto delle ville venete

L’architetto rinascimentale Andrea Palladio, con i suoi progetti per ville, palazzi e chiese, ha influenzato la storia dell’architettura nel mondo occidentale fino all’Ottocento. Base della sua architettura sono lo studio e la nuova interpretazione dei canoni classici, adattati alle esigenze di vita della nobiltà veneta del Cinquecento

Gli esordi: da tagliapietre ad architetto

Andrea di Pietro della Gondola nacque a Padova nel 1508. Trasferitosi a Vicenza, a 16 anni entrò nella corporazione dei tagliapietre, mestiere che svolse fino al 1538, quando nel corso dei lavori di ristrutturazione della villa del celebre letterato Gian Giorgio Trissino questi lo notò per la sua bravura e divenne suo estimatore e protettore.

Fu proprio il Trissino ad attribuirgli l’appellativo di Palladio, nel senso di «colui che è sacro a Pallade Atena», divinità greca protettrice delle arti (la romana Minerva), a fargli conoscere l’opera di Vitruvio e ad accompagnarlo nei fondamentali viaggi a Roma (1541-49), dove Andrea ebbe modo di studiare e disegnare sia i monumenti antichi, sia le recenti architetture dei maestri rinascimentali, da Donato Bramante a Michelangelo Buonarroti. Con queste basi, pratiche e culturali, Palladio era pronto per intraprendere a Vicenza la carriera di architetto.

Vicenza: città palladiana

La lezione dell’antica Roma e del nuovo classicismo romano-veneziano fu utilizzata da Palladio nei tanti edifici realizzati a Vicenza, città ‘palladiana’ per eccellenza. Già nell’intervento sul Palazzo della Ragione (detto Basilica), incarico ricevuto nel 1545, egli propose il tipico motivo (per questo definito palladiano) tratto da ordini classici abilmente riutilizzati in chiave moderna: un doppio porticato scandito da aperture arcuate alternate ad aperture rettangolari.

I palazzi, dal Thiene (1542-50) al Chiericati (1551-57), sono caratterizzati da principi di comodità e razionalità nell’organizzazione degli interni, con soluzioni differenti per quanto riguarda le facciate, dove preferì l’ordine gigante (ordine architettonico che copre tutta l’altezza della facciata), usato per esempio in Palazzo Valmarana (1566) e nella Loggia del Capitanio (1571), situata di fronte alla Basilica. Palladio lasciò a Vicenza anche l’ultima opera, il Teatro Olimpico, la cui costruzione fu iniziata nel 1580, anno della sua morte.

Le ville

Gli edifici che hanno reso Palladio celebre in tutto il mondo sono sicuramente le numerose ville di campagna, progettate per i nobili vicentini e veneziani. Queste ville avevano essenzialmente la funzione di residenza per la villeggiatura ma a volte erano anche al centro di aziende agricole, come nel caso di Villa Barbaro (1556-59). Lo schema degli interni prevede un vasto salone centrale con ambienti laterali simmetrici, mentre l’esterno presenta elementi derivanti dalla classicità, primo tra tutti il pronao gigante sulla facciata principale, come nelle ville Badoer (1555) e Foscari, detta La Malcontenta (1558-60).

Nella celebre Villa Almerico, detta La Rotonda, iniziata nel 1566 e capolavoro della maturità artistica di Palladio, troviamo perfezionato lo schema geometrico ricorrente: la sala centrale, di forma rotonda e coperta da cupola, è inserita in un corpo di fabbrica cubico che riflette la simmetria all’esterno mediante le quattro facciate identiche, tutte trattate come pronai di templi classici.

Venezia: le chiese

Soltanto alla fine della carriera Palladio ebbe modo di lavorare a Venezia e unicamente con architetture sacre, tra le quali spiccano le chiese di S. Giorgio Maggiore (1566-75) e del Redentore (1577-92). La sua fama era ormai all’apice, anche grazie alla pubblicazione, nel 1570, dei Quattro libri dell’architettura, opera che riassume e illustra con disegni chiarissimi i suoi principi progettuali. Nelle facciate delle chiese viene sviluppato ancora il tema del pronao a quattro colonne di ordine gigante, nella parte centrale, sovrapposto a un ordine minore, più basso, che comprende l’intera larghezza dell’edificio. Anche gli interni di queste chiese riprendono caratteristiche spaziali e costruttive della classicità romana, specialmente dei grandi ambienti voltati delle terme e delle basiliche. Seguendo anche l’esempio delle chiese mantovane di Leon Battista Alberti, Palladio riuscì a immettere in edifici sacri elementi dell’architettura pagana e, come le ville, le facciate di queste chiese saranno riproposte fino all’Ottocento in Europa e negli Stati Uniti d’America.

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