ANGELINA da Montegiove, beata

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANGELINA da Montegiove (A. da Marsciano, A. da Corbara), beata

Ada Alessandrini

Nacque da famiglia feudale, ricca e potente, nel castello di Monte Giove, a poche miglia da Orvieto, con molta probabilità intorno agli anni 1357-60. I suoi dati biografici sono molto controversi, specialmente per quanto riguarda la data dinascita e la genealogia familiare.

A proposito della discendenza e dei titoli dei suoi genitori, giova sottolineare il fatto che le notizie date da Ludovico Jacobilli nella sua biografia su A., edita a Foligno nel 1627, vennero già rettificate nella ristampa, uscita nel 1740 a cura del protonotario apostolico Francesco Medina, dedicata al vescovo di Orvieto, Giuseppe dei conti di Marsciano, discendente dalla stessa famiglia della beata. Ma la questione più complessa riguarda la data di nascita, a proposito della quale sembra ormai certo che le notizie tradizionali, tramandate dagli agiografi, vadano rettificate. Seguendo il Wadding (Ann. Min., IX, p. 1), la Encicl. Catt., come già il Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., dichiara che A. nacque nel 1377, in non lieve contrasto con il 1357, che leggesi nella Encicl. Ital. La voce biografica riguardante A. fu redatta nella Encicl. Ital. da Cesare Simoni, che aveva pubblicato nel 1925 una monografia storico-genealogica sul castello di Monte Giove, feudo della famiglia patema della "beata Contessa" e suo luogo dinascita. Il Simoni argomenta le sue affermazioni, basandole sopra documenti d'archivio, in parte già citati ed analizzati dal Medina, fra i quali presentano interesse particolare i tre testamenti del padre, della nonna patema e della madre di A., redatti rispettivamente nel 1357, 1360, 1363. Da questi documenti risulta che:

1) nel 1357, Giacomo di Binolo, conte di Monte Giove e di Marsciano, istituiva suoi eredi universali i tre figli maschi (Notto, Nicolò e Mariano), mentre neppure nominava, le due figliole femmine (Francesca e A.);

2) nel 1360, Fiandina di Corbara, dei conti di Montemarte, nonna patema di A., nominava pure suoi eredi universali soltanto i tre nipoti maschi ("filios olim Iacobi Binoli de comitibus de Marsciano": da ciò risulta che Giacomo era già morto nel '60);

3) nel 1363, la moglie di Giacomo, Alessandra (forse una Salimbeni di Siena: cfr. Simoni, Il Castello, pp.36 s.), lasciava suoi eredi universali i figli Nicola, Mariano, Francesca e A. ("nobilis domina Alexandra uxor olini nobilis viri Iacobi Binoli comitis de Monte Iovis ex comitibus de Marsciano... Nicolaum, Marianum, Franciscam et Angelinam filias olim supradicti Iacobi et dictae d. Alexandrae sibi haeredes universales instituit": da ciò risulta anzitutto che A. era sicuramente figlia di Giacomo; inoltre che nel 1363, oltre Giacomo, forse era già morto anche il suo primogenito Notto). È evidente quindi che la nascita di A. non può essere posta oltre il 1360 al massimo, pur ammettendo che l'ultuna figliola del conte Giacomo sia nata qualche mese dopo la di lui morte; è anche probabile che le due figlie femmine (Francesca e A.) non fossero ancor nate nel '57, quando il padre redasse il suo testamento, altrimenti egli le avrebbe in qualche modo ricordate.

Queste conclusioni (che sembrano inoppugnabili) ci portano tuttavia a rettificare non poche notizie del Wadding, riprese dagli agiografi di A. e specialmente dallo Jacobilli, che scrisse di lei una specie di apologetica biografia romanzata. Tuttavia queste Legendae celebrative meritano di esser prese in considerazione, perché sotto molti aspetti riflettono, spesso quasi inavvertitamente, l'autentica personalità della beata e l'ambiente in cui si venne affermando la sua vocazione francescana.

Narra dunque la tradizione che A. sarebbe nata intorno al 1377 a Monte Giove, dal conte Giacomo, feudatario di quel CasteUo, discendente o imparentato con i conti di Marsciano, della Corbara e di Montemarte. La leggenda vuole, secondo i canoni caratteristici dell'agiografia, presentare A. in atteggiamenti di pietà e di misticismo sin da bambina: così può rientrare in questo canone interpretativo anche la notizia della sua resistenza alle nozze con il conte di Civitella, Giovanni de Termis, a lei promesso dai genitori e accettato, finalmente, come marito in casto connubio. Né si sa quanto attendibile sia anche la notizia di una residenza della coppia a Civitella del Tronto, ove si sarebbe addirittura tentata una forma di governo ispirata a principi evangelici. Dopo due anni Giovanni morì e A., erede delle sue sostanze, si fece terziaria francescana, donò gran parte dei suoi beni ai poveri e si circondò di un largo stuolo di giovani donne, in massima parte discendenti da nobili fanúglie, da lei persuase a mantenersi in stato di verginità. Questa sua predicazione, pericolosa per le istituzioni feudali, suscitava sdegno ed allarme fra i baroni d'Abruzzo, che consideravano i matrimoni delle loro figlie e sorelle (spesso anche delle proprie madri) come strumenti validissimi di alleanze diplomatiche: osservava lo Jacobilli (Vita, p.20) che la spregiudicata predicazione di A. contro "la miseria dello stato maritale" le procurava "odio immortale, non di gente popolare e vile, ma dei principali Signori del Regno".

Così fu denunciata, come sobillatrice sospetta di stregoneria, al re Ladislao, che le intimò di presentarsi a Napoli al suo cospetto. Miracolosamente A. riuscì a renderlo persuaso della sua innocenza e poté scampare al rogo; ma ben presto, per istigazione dei baroni suoi implacabili nenúci, venne bandita dal Regno. In quelle dolorose circostanze A. fu confortata dall'appoggio e dalla solidarietà dei suoi parenti, riconciliati con lei e desiderosi di sostenere la sua ardente vocazione religiosa.

Dopo le peripezie subite alla corte di Napoli, A. volle recarsi ad Assisi per pregare e meditare sulla tomba di s. Francesco. Vi giunse, in solenne pellegrinaggio con le sue compagne, secondo Jacobilli (Vita, p. 36), il 31 luglio 1395: là ebbe la prima ispirazione di fondare veri e propri monasteri femminili di terziarie, professanti i tre voti della Regola francescana (castità, povertà ed obbedienza). Il primo convento di terziarie regolari fondato da A., fu quello di S. Anna a Foligno: fu istituito, secondo lo Jacobilli (Vita, p. 43), nel 1395; secondo il Wadding (Ann. Min., IX, p.129), nel 1397; secondo il Simoni (Il Castello, p. 49), nel 1385. Ma sembrano più attendibili le date degli agiografi: infatti, qualora si convenga che A. abbia fondato il monastero di S. Anna dopo il processo subìto da parte di re Ladislao, non bisogna dimenticare che Ladislao di Durazzo (nato l'ii febbraio 1377) salì al trono di Napoli bambino e restò sotto la reggenza della madre fino al 1393, quando fu dichiarato maggiorenne: nel 1385 aveva 8 anni e si trovava in Ungheria con il padre Carlo III.

Il convento di S. Anna era chiamato comunemente "monastero delle contesse", perché ospitava suore provenienti quasi tutte da nobile casato. Tali conventi si moltiplicarono rapidamente in varie parti d'Italia: lo Jacobilli ne nomina undici, fra cui S. Quirico ad Assisi, S. Chiara a Rieti, S. Elisabetta all'Aquila, S. Margherita ad Ascoli, S. Maria ad Ancona, S. Agnese (detto poi S. Bernardino) a Viterbo; a Firenze fu riformato da A. il convento di S. Onofrio, già fondato da s. Angela da Foligno, con la quale a volte A. venne confusa, forse per la omonimia, forse perché anch'essa fu vedova e poi terziaria, per quanto fiorisse circa un secolo prima.

I monasteri delle terziarie regolari erano tutti collegati fra loro e amministrati dalle suore praticamente in maniera autonoma, in base a precise costituzioni e a privilegi impetrati dai pontefici Bonifacio IX, Martino V ed Eugenio IV per l'intraprendente iniziativa di A.: le "ministre" di ciascun convento, insieme con le "discrete", si riunivano ogni tre anni per celebrare il Capitolo ed eleggevano la "ministra generale", la quale, accompagnata dalle consorelle più esperte e capaci, visitava periodicamente le varie comunità, per potere, con conoscenza di causa, mantenere la disciplina e selezionare le dirigenti locali. A., come ministra generale, si spostava spesso dall'uno all'altro convento; però risiedeva nel convento di S. Anna a Foligno, come risulta dalla sua sottoscrizione a due strumenti rogati dal notaio fulginate Luca Lilli negli anni 1429 e 1433: "Actum Fulginei in monasterio S. Annae, alias vocato Comitissarum in societate Crucis, venerabilis domina Angelina Jacobi de Monte Iovis, habitatrix Fulginei et ministra dicti monasterii" (Simoni, Il Castello, p. 49, nota 2).

A Foligno A. morì: non il 14 luglio del 1435, come afferma il Wadding (Ann. Min., X, p. 229), né il 25 dic. del 1459, come corregge il Martyr. Francisc., ma poco prima del 4 luglio 1439 (Bull.Frandsc., I[1929], p. 105, nota 3); morì non a 58 anni, come dichiara lo Jacobilli (Vita, p. 61), ma alla età di circa 80 anni.

Fu sepolta nella chiesa di S. Francesco; nell'oratorio del monastero di S. Anna si conserva la sua ccua, affrescata in epoca di poco a lei posteriore, con un suo ritratto (riprod. in Endcl. Ital., III, p. 296).Le sue spoglie furono subito venerate; il suo fimerale fu celebrato con grande concorso di popolo, con la partecipazione dei vescovo, di tutto il clero e dei massimi magistrati fulginati.

Numerose furono le seguaci della beata A., la cui direzione spettava in teoria ai frati osservanti; ma in pratica le suore tendevano ad autogovernarsi. Da questa situazione sorsero conflitti e risentimenti, specialmente dopo che il vicario dell'Ordine, Ludovico da Vicenza, riuscì nel 1461 ad ottenere da Pio II l'abrogazione dei privilegi concessi ad A.: l'avocazione del Capitolo e la nomina della ministra generale (Arch. Franc. Hist., XIV, p. 30).

II culto di A., popolarmente diffuso subito dopo la morte di lei, fu confermato soltanto nel 1825 da papa Leone XII: la sua festa si celebra il 15 luglio.

Fonti e Bibl.: Bullariun Franciscanum, VII, Romae 1904, p. 706. n. 1826; n. s., I, ad Claras Aquas 1929, pp. 105 s, nn. 218 s., 201, n. 431, 222 s., n. 466; II, ibid. 1939, p. 516, n. 971; Compendium chronicarum Fratrum Minorum, in Archivum Francisc. Hist., III (1910), p. 708; L. Wadding, Annales Minorum, IX, ad Claras Aquas 1932, pp. 1-3, 120-33; X, ibid. 1932, pp. 279 ss.; XI, ibid. 1932, pp. 123 ss.; L. Jacobilli, Vita della B. Angelina da Corbara, contessa di Civitella, institutrice delle monache claustrali del Terz'Ordine di S. Francesco..., Foligno 1627 (2 ediz., Montefiascone 1740); A. Du Monstier, Martyrologium Franciscanum, Paris 1653, pp. 6-7, 630 s.;Nicolò Francesco da Prato, Leggenda della b. Angelina da Marsciano, a cura di A. Cristofani, Foligno 1882; S. Siepi-A. Rossi, La chiesa ed il monastero di S. Antonio di Padova in Perugia, in Miscell. Francescana, V (1890), pp. 58-60; A. van den Wingaert, De sanctis et beatis Tertii Ordinis iuxta codicem Fr. Mariani Florentini, in Archivum Francisc. Hist., XIV (1921), pp. 29-31;F. G. Holweck, A Biographical Dict. of the Saints, London 1924, p. 76; G. Simoni, Il Castello di Monte Giove "de Montanea", Roma 1925, pp. 29-64 (con bibl. critica a pp. 46 s.); A. Fantozzi-B. Bughetti, Il Terz'Ordine francescano in Perugia dal sec. XIII al sec. XIX,  in Archivum Francisc. Hist., XXXIII (1940), pp. 53-113, 319-65; Dict. d'Hist. et do Géogr. Ecclés., III, col. 53; Enciclopedia Ital., III, pp. 295 s.; Enciclopedia Cattolica, I, col. 1242.

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