CALAFATI, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CALAFATI, Angelo

Sergio Cella

Nacque il 12 aprile del 1765a Lesina (odierna Hvar) sull'isola omonima, dall'avvocato Antonio e da Antonia De Lupi. Compiuti nella città di Padova gli studi giuridici, vi si laureò il 22 maggio del 1789e qualche anno dopo si stabilì a Venezia, dedicandosi all'avvocatura e fungendo da nunzio della comunità di Lesina. Alla caduta della Serenissima egli faceva parte del partito democratico e fu inviato assieme al conte G. L. Garagnin di Traù in Dalmazia per procurarne la "democratizzazione e fraternizzazione". Questa missione, del maggio-giugno 1797, fallì per il contegno della popolazione, che non permise ai due commissari neppure di sbarcare a Zara, mentre i loro beni e i loro congiunti subivano danni e persecuzioni.

Domiciliatosi poco dopo a Capodistria, il C. divenne il capo riconosciuto del locale partito francofilo, cosicché nel 1799, insieme con il protomedico Leone Urbani, del quale aveva sposato la figlia Marianna, incorse nei sospetti della polizia austriaca. Dopo il bando del suo intimo amico G. B. Bratti, il barone di Carnea Steffaneo volle affidare al C. qualche incarico ufficiale, per distoglierlo dall'attività antigovernativa; egli fu infatti aggregato al Consiglio dei nobili di Capodistria (gennaio 1802) e poi eletto sindaco della comunità, carica in cui nell'aprile 1803 venne riconfermato per un triennio.

Egli svolse il suo incarico con zelo, promosse la convenzione fra la città e gli scolopi per assicurare il funzionamento del Collegio dei nobili, fece parte d'una commissione d'inchiesta sulla gestione amministrativa del consigliere de Roth, dispose la demolizione della parte settentrionale delle antiche mura. Avendo urtato parecchi interessi e suscitato malumori, fu invitato ufficialmente a giustificarsi, ma egli preferì lasciare Capodistria e recarsi a Trieste.

Alla fine del 1805, avvicinandosi i Francesi, il partito francofilo capodistriano, su suggerimento del C., inviò al gen. Massena in Udine una delegazione per invitarlo a occupare l'Istria. L'occupazione ebbe luogo in novembre, seguita da gravose pretese di contribuzioni finanziarie. Venne costituito dalle autorità militari un primo governo provvisorio di sei membri ed il 9 dicembre un secondo governo costituito da elementi più fidati ed esperti, che ebbe a preside il C., posto pure a capo del tribunale civile e penale di Capodistria. Quando il viceré Eugenio ordinò i territori veneti, costituì a Capodistria il Magistrato civile, affidandolo al C. che, in tale veste, nominò i sei delegati di governo dei circondari istriani.

Volitivo e ambizioso, assertore del principio nazionale e antiaustriaco, egli svolse una opera vasta e multiforme. Lanciò proclami per l'incorporazione della provincia nel Regno d'Italia, sedò il malcontento derivante dal cambio forzoso della moneta, incoraggiò l'attività tipografica di G. Sardi, editore del Foglio periodico istriano, fece aprire nuove strade e risanare i terreni paludosi che circondavano Capodistria, non esitando ad imporre di sua iniziativa nuove imposte.

Creato nel 1806 il dipartimento dell'Istria, il C. ne divenne prefetto, adoperandosi per il miglioramento delle condizioni economiche e culturali. Egli vigilò all'introduzione del codice civile napoleonico e dei registri dello stato civile, come della leva militare e all'organizzazione della guardia nazionale. Negli anni seguenti il C., che nei suoi giri d'ispezione s'era reso conto delle più urgenti necessità, provvide al riordinamento amministrativo, all'istituzione di molte scuole elementari, all'incremento della produzione del sale, a far costruire la prima strada provinciale fra Trieste e Pola passante per Pinguente, Pisino, Gimino e Dignano, al potenziamento del servizio postale, a misure igieniche, alla lotta contro il brigantaggio; nel 1809 riunì per la prima volta il Consiglio generale del dipartimento.

Durante l'offensiva austriaca dell'aprile 1809 il C. fu tenuto prigioniero in Capodistria per alcuni giorni, ritornando al suo posto in maggio; si rifugiò quindi a Udine fra il giugno e il luglio e, finalmente ristabilito in ottobre l'ordine, prese severe misure contro quanti avevano dimostrato simpatia per gli Austriaci. Si occupò ancora di lavori pubblici (vie e difese di Capodistria, acquedotto, prosciugamento di paludi); stimato dal governo, fu insignito dell'ordine della Corona di ferro.

Nel 1810, dopo la costituzione delle Province illiriche, il C. accettò a malincuore il distacco dell'Istria dal Regno italico. Egli fece parte, nel maggio, della deputazione recatasi da Napoleone per felicitarsi delle sue nozze; nell'incendio avvenuto il 1º luglio nel salone dell'ambasciata d'Austria a Parigi perdette la moglie e la giovane figlia, rimanendo egli stesso ustionato ai piedi in modo da rimanere storpio. Mentre era in cura a Parigi, con decreto del 7 sett. 1810, fu nominato intendente dell'Istria e due mesi dopo insignito della Legion d'onore. Solo dopo ripetute istanze, nell'aprile del 1813 egli poté rientrare a Trieste dove era stato sostituito dall'Arnault, e s'adoperò per combattere il malcontento politico e per ammodernare le città di Trieste e Gorizia. Nel luglio sostenne la necessità di accrescere le forze militari sulla costa e di suscitare nuovi entusiasmi filonapoleonici, ma già ai primi di settembre, avanzando il Nugent, il C. dovette seguire il Fouché a Gorizia e poi a Venezia, dove l'amministrazione illirica virtualmente si sciolse.

Dopo qualche mese trascorso a Milano, caduto Napoleone, il C. poté ritornare a Capodistria col beneplacito dell'imperatore Francesco I; nel 1815, durante i "cento giorni", venne confinato per precauzione a Karlovac: in Croazia; rimase negli anni seguenti a Capodistria, sempre sorvegliato dalla polizia. Morì il 3 luglio 1822.

Fonti e Bibl.: G. Mainati, Croniche ossia memorie storiche sacro-profane di Trieste, Venezia 1818, VII, pp. 90,104 s;; C. Botta, Storia d'Italia dal 1789 al 1814, Parigi 1832, II, p. 430; A. de Marmont, Mém., Paris 1859, III, p. 426; G. Pusterla, I rettori d'Egida, Giustinopoli, Capo d'Istria, Capodistria 1891, pp. 71 s., 104 s.; D. Venturini Il prefetto A. C. e i domenicani di Capodistria, in Pagine istriane, V(1907), pp. 249-256; [F. Salata], Ildiritto dell'Italia su Trieste e l'Istria, documenti, Torino 1915, pp. 98-120 passim; S.Mitis, Alcuni documenti dell'Archivio capitanale di Pisino, Parenzo 1924, p. 79; D. Venturini, A. C. prefetto napoleonico, in La Lettura, marzo 1925, pp. 234 s.; A. Tamaro, La loggia massonica di Capodistria, 1806-13, in Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e st. patria, XXXIX-XL (1928-29), pp. 98, 142 ss.; G. Stefani, Trieste e l'Austria dopo la Restaurazione, in Archeografo triestino, s. 4, III-IV(1942), pp. 200-208; A. De Benvenuti, Storia di Zara dal 1409 al 1797, Milano 1944, p. 186; R. M. Cossar, L'avvocato A. C., in Archeografo triestino, s. 4, XVIII-XIX (1952-1953), pp. 39-80; G. Saba, Alcuni documenti riguardanti A. C., ibid., 1953-54, pp. 439-445; G. Quarantotti, Trieste e l'Istria nell'età napoleonica, Firenze 1954, pp. 102-09, 130-33, 144-48, 152, 159, 165, 168-77, 183 ss., 194-202, 208 s., 248 s., 259, 277, 288 s., 292, 305-308, 310, 342 s.; G. Poli, Un singolare ritratto del signor A. C. sindaco deputato della comunità di Capodistria dal 1802 al 1805, in Pagine istriane, XV(1965), pp. 85-92.

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