CONTARDI, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONTARDI, Angelo

Gian Piero Marchese

Nacque a Codogno (Milano) il 26 luglio 1877 da Pompeo, notaio, e da Giulia Ferrari. Dall'età di sei anni abitò a Milano; nel 1901 conseguì presso l'università di Pavia la laurea in chimica pura con pieni voti con una tesi sulla costituzione di un nuovo acido aromatico, il dinitro-o-clorobenzoico, e di suoi derivati. Già da allora il C. lasciava intravedere le sue notevoli attitudini alla ricerca, che tanto proficuamente si manifestarono in seguito. Nel 1902 conseguì anche il diploma in farmacia presso la stessa università. Appena laureato venne nominato assistente, prima all'Istituto superiore tecnico di Milano (denominato in seguito Politecnico), poi, nel 1902, alla cattedra di chimica organica della scuola superiore di agricoltura, tenuta da Guglielmo Körner a Milano.

In quella scuola da oltre trent'anni s'era sviluppata una delle più proficue collaborazioni scientifiche nella chimica organica verificatesi in Italia, collaborazione che portò tale disciplina a progressi di rilievo ed ebbe pertanto ampia risonanza anche in sede internazionale. Usando i mezzi allora disponibili per penetrare l'intima struttura delle molecole organiche, e quindi senza disporre degli strumenti chimico-fisici divenuti in seguito utilizzabili per rilevare ed attribuire le vibrazionì strutturali delle molecole, fu condotto con rigore logico un imponente lavoro sperimentale sul benzene e sul toluene. In una serie di quindici pubblicazioni, il Körner con gli assistenti G. Comeliani e P. Corbetta dimostrava, senza lasciar dubbi, la completa equivalenza chimica delle sei posizioni di sostituzione dei benzene, capostipite dell'immensa famiglia degli aromatici. Risultava così verificata e perfezionata l'intuizione di F. A. Kekulé (1865) sulla particolare struttura del benzene, scientificamente precisata nel 1867 dal Körner col suo celebre teorema: "Ammessa l'uguaglianza dei sei posti di idrogeno del benzene, introducendo un terzo sostituente in un derivato benzenico in cui gli altri due siano identici fra loro, sono possibili due isomeri se nel composto originario i posti occupati sono quelli in 1 e 2; tre se essi sono in 1 e 3; uno solo se in 1 e 4". Le successive indagini spettrografiche davano ulteriore conferma e spiegazione di tale teorema.

L'opera del C. si innestava nel 1902, integrandosi perfettamente, nel colossale piano logico di completamento e di revisione, sostanzialmente sperimentale, necessario per estendere la validità della teoria alle numerose famiglie di aromatici. Lo sviluppo pratico di tale ponderosa sperimentazione veniva affidato rapidamente dal maestro all'assistente.

Il C. contribuiva anche alla costituzione della stupenda collezione di grossi cristalli di prodotti organici purissimi del Körner, dichiarata in seguito monumento nazionale. Esaminati sotto il profilo cristallografico da E. Artini, tali campioni contribuirono, oltre che ad estendere al campo organico la validità delle leggi della cristallografia, da non molto tempo scoperte nel campo inorganico-mineralogico, anche e soprattutto a dimostrare e chiarire casi di polimorfismo di prodotti organici. Tali studi proseguirono fino al 1916. Va ricordato anche un anno accademico di lavoro trascorso dal C. presso l'università di Bologna, nei laboratori di G. Ciamician (1906-1907).

La collaborazione del C. col Körner continuò sino al 1917, quando quegli ebbe l'incarico dell'insegnamento di chimica industriale presso l'università di Pavia. Mancando ancora il corrispondente istituto, il C. provvide a creare nell'ex chiesa, e convento della Certosina, con gli esigui fondi ottenuti, il laboratorio, attrezzandolo anche con materiale personale. Nel 1921 tornò a Milano a supplire il Körner ammalato, per sostituirlo in seguito ufficialmente, prima come incaricato e poi definitivamente come ordinario, nel 1925-26. Prima di tale successione egli aveva ricoperto per un anno accademico (1924-1925) la cattedra di chimica industriale della scuola di ingegneria di Padova.

Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, il C. iniziò a studiare gli arsenobenzeni, allora chemioterapici essenziali per curare numerose malattie. Scoperti da P. Ehrlich nel 1910, e cessatane, causa lo stato di guerra, l'importazione dalla Germania, unica produttrice, si rendeva necessario colmare la carenza particolare degli arsenobenzeni, come pure quella dei chemioterapici in generale. Tale compito fu assunto dall'Istituto sieroterapico milanese il cui direttore, S. Belfanti, affidò la consulenza chimica al Contardi. Partendo dalle ammine aromatiche, utilizzando la reazione di Bart, il C. scopriva, col collaboratore U. Cazzani, che, diazotando la 3-cloro-4-nitro-anilina (oppure la 3,4-dinitroanilina) e subito dopo trattando il diazocomposto formatosi con arsenico di sodio, si otteneva l'acido p-idrossi-m-nitro-fenilarsonico. Da questo, con riduzione già nota, era possibile passare al 4,4'-diidrossi-3,3'-diamino-arsenobenzene, il 606 di Ehrlich. Il tutto con ottime rese. La condensazione successiva con formaldeide-solfossilato di sodio, necessaria per arrivare al 914 di Ehrlich, a causa di impreviste difficoltà si rivelò ardua da realizzare, anche perché il farmaco che faceva testo nella pratica dermosifilopatica (posto in commercio dalla Meister-Lucius) non era costituito dal prodotto unitario di Ehrlich, ma da mono- e bisostituito ed altre sostanze, cosicché il tenore in arsenico era ridotto intomo al 20% (contro un valore teorico del 32% circa). In un anno di assiduo lavoro il C. superò ogni ostacolo, riuscendo inoltre a preparare un nuovo arsenobenzene che, come sale di sodio, dava soluzioni iniettabili per via intramuscolare e stabili per tempi lunghissimi.

Era così scoperta una nuova classe di arsenobenzeni che dava alla medicina italiana il privilegio di disporre di un potente mezzo di cura, migliore di quelli fino allora monopolio dell'industria straniera. L'industria farmaceutica italiana poté avvantaggiarsene concretamente. Tali studi, date le ragioni di segretezza dei momento, non furono pubblicati.

I numerosi successi conseguiti dal C. nelle diverse ricerche condotte sino al 1910, oltre a fruttargli nello stesso anno la libera docenza in chimica generale, avevano attirato l'attenzione dell'industria chimicadi allora, cosicché egli iniziò una lunga ed ininterrotta collaborazione con diverse industrie.

Nel 1912 il C., incaricato di indagare sulle cause di esplosionì avvenute presso il dinamitificio di Avigliana, identificò nelle impurezze della glicerina sottoposta a nitrazione la causa principale delle esplosioni. Oltre a ciò, mise a punto i saggi analitici per rilevarne la presenza e poté fissarne il tasso massimo tollerabile. I particolari di tali scoperte rimasero segreti, mentre gli accorgimenti ai quali attenersi, sia pure con metodi analitici moderni, sono tuttora rigorosamente seguiti.

Ancora del 1912 sono la progettazione di un grande impianto di clorato di potassio (ditta Rotondi), la realizzazione di un impianto per la produzione di bitume impermeabilizzante, la messa a punto con l'ing. Mascarini di un processo di produzione di resistenze elettriche a base di solfuri metallici (brevetto ceduto alla A.E.G. di Berlino) ed infine, per le Distillerie italiane, la messa a punto di un metodo per identificare l'alcool rigenerato (per frode) dall'alcool denaturato.

Il C. inoltre progettò e sovraintese alla realizzazione di numerosi laboratori chimici universitari ed industriali. Fra i più importanti sono da ricordare in special modo quelli della scuola superiore di chimica industriale di Pavia, dell'istituto di chimica organica dell'istituto superiore agrario di Milano, del Centro chimico militare di Roma, dell'istituto G. Ronzoni di Milano, della sezione chemioterapica e della sezione di ormonoterapia dell'istituto sieroterapico milanese. Pur iniziando il più delle volte con poche risorse e disponendo solo di locali di fortuna, egli riuscì sempre, dedicandosi senza risparmio di tempo e di energie personali, a portare i suoi laboratori a notevoli livelli di efficienza. Da essi spesso si allontanò perché, privo di ogni malizia o furberia e sdegnoso di ogni lotta per interessi materiali che con la scienza nulla avevano da spartire, preferiva dedicarsi a nuovi studi che l'appassionavano e l'appagavano.

Terminata la prima guerra mondiale, attratto dalla biochimica, grazie alla collaborazione ed amicizia con S. Belfanti, il C. finì col dare grandi contributi alla chimica biologica. Il Belfanti, nell'estrarre l'insulina dal pancreas, aveva osservato in certe frazioni la presenza di una sostanza a forte potere emolitico, da lui identificata insieme col C. in lisolecitina. Questa sostanza era già stata ottenuta da C. Delezenne ed E. Fourneau per azione enzimatica del veleno di cobra sulla lecitina. Il Belfanti e i suoi collaboratori studiavano l'azione delle lecitinasi dei veleni degli insetti e del pancreas, mentre il C. ed A. Ercoli chiarivano i differenti meccanismi di decomposizione enzimatica della lecitina, caratterizzando tre diversi tipi di lecitinasi (A, B, C) e postulandone un quarto (scoperto molto più tardi da studiosi statunitensi).

Successivamente il C. ed Ercoli scoprirono, contemporaneamente ad E. Bamann, l'esistenza simultanea di diverse fosfatasi isodiname in organi animali. Tali ricerche trovarono consensi, testimonianze dei quali restano le pubblicazioni, su invito degli editori, su periodici e testi di enzimologia tedeschi ed inglesi. Con la prof. C. Ravazzoni, il C. studiò anche la scissione enzimatica degli acidi nucleici, le fosfatasi, del latte, l'avvelenamento da fluoruri delle piante. Non gli sfuggì infine, seppure verso la fine della sua carriera, l'evoluzione dalla macrochimica (preparativa e analitica) verso la microchimica in ogni suo aspetto, evoluzione dettata dalla necessità di operare su esigue quantità di sostanze disponibili e di abbreviare i tempi operativi. Conditio sine quanon era la semimicroanalisi, cui si dedicò il C. in collaborazione con S. Erighian.

Sin dal 1908 il C. aveva iniziato le ricerche sul principale composto fosforato delle piante, la fitina, cui S. Posternak aveva erroneamente attribuito la formula di sale di calcio e di magnesio dell'acido deidro-ossimetilendifosforico, mentre E. Winterstein aveva pensato che si trattasse di un estere esafosforico dell'inosite (dell'inositolo, secondo la nomenclatura attuale).

Per le ricerche progettate dal C. occorrevano considerevoli quantità di prodotto. Dato che il metodo di estrazione allora noto era defatigante e dava basse rese, egli superò l'ostacolo escogitando un procedimento semplice ed economico di estrazione della fitina dalla pula di riso; dalla fitina passava poi all'inositolo per idrolisi. La preparazione di oltre 500 g di inositolo purissimo costituì un vero successo teorico- scientifico di cui il C. andava giustamente orgoglioso. Dall'inositolo sintetizzò l'acido inositolesafosforico, dimostrando così la reale costituzione del composto fosforato delle piante. Le conferme non mancarono da parte di altri autori, cosicché si spense ogni polemica. Anche il Posternak riconobbe esatta la formula del Contardi.

A completamento del quadro strutturale dell'inositolo e dei suoi esteri fosforici, il C. fece eseguire ricerche sulla fosforilazione della glicerina, degli idrati di carbonio e della formaldeide, mentre nel 1924, volgendo gli studi all'etere monometilico dell'inositolo o quebracite (ricavata dal lattice dell'Heveabrasiliensis), ne preparò l'acido quebracit-pentafosforico e dimostrò che questo acido nei semi dell'Hevea ha la funzione che l'inositolesafosforico ha in altri vegetali.

Il procedimento di estrazione dell'inositolesafosfato di calcio e magnesio fu brevettato all'estero, ma non in Italia, ove non era possibile brevettare procedimenti e prodotti d'interesse farmaceutico. Il C. brevettò in Italia il procedimento di preparazione dell'inositolo. Tali brevetti, ceduti a una società straniera, non fruttarono al C. che la sola copertura delle spese brevettuali, mentre produzioni su larga scala venivano effettuate in Italia col suo metodo, senza che gliene derivasse alcun vantaggio economico. Ciò spinse il C. a non brevettare più i suoi procedimenti.

Nel corso della prima guerra mondiale al C. furono affidati anche diversi compiti riguardanti la chimica di guerra, di cui era ritenuto esperto per i suoi vecchi lavori sulle arsine d'impiego bellico e per l'esperienza biochimica maturata nel corso della collaborazione col Belfanti. Fra i compiti affidatigli sono da menzionare quelli avuti dal dinamitificio di Avigliana, dal Commissariato armi e munizioni, dal ministero della Marina, dalla Società prodotti esplodenti, dalla direzione del servizio materiale chimico di guerra (Laboratorio centrale delle gabelle). La sua profonda conoscenza della nitrazione dei composti aromatici trovò ampia applicazione nell'imponente produzione industriale bellica. Per il Dinamitificio Nobel il C. si occupò della produzione di acetone; presso la ditta Sirio di Milano progettò e installò nuovi e originali impianti di purificazione per distillazione della glicerina per renderla atta alla nitrazione, incrementando così notevolmente la produzione italiana di glicerina con elevato grado di purezza.

Trovò infine un nuovo e semplice processo di preparazione della difenilammina, per cui tale intermedio diventò il prodotto di partenza per produrre la difenilamminacloroarsina, anch'essa secondo un metodo originale Contardi. Non mancarono anche incarichi affidatigli da governi stranieri. rrifine il C. fu per qualche tempo, dopo la prima guerra mondiale, direttore tecnico del Centro chimico militare.

Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, fino al 1925, il C. si occupò di diversi argomenti di chimica industriale, fra i quali la produzione industriale di ossalato di sodio da formiato di sodio, di carboni attivi e, in collaborazione con gli ingegneri Longhi e Basan, la preparazione di acetilene per azione dell'arco elettrico in seno a idrocarburi liquidi ed oli pesanti.

Avuta la direzione del Centro chimico militare, vi svolse un lavoro intensissimo, i cui risultati non poterono essere pubblicati. Lasciata la direzione centrale, conservando solo la direzione della sezione staccata di Milano, ebbe la direzione dell'istituto di perfezionamento in chimica industriale "Giuliana Ronzoni", ove svolse ricerche su diversi argomenti. Fra essi, alcuni teorici (azione dei nitrito di rame sulla tiourea, studi di un ipotetico caso di diorto-isomeria del benzene), altri a fini pratici, prevalentemente chimico-farmaceutici (preparazione dell'ittiolo e della procaina, estrazione della cellulosa dagli steli di mais e di sorgo).

Nel corso della seconda guerra mondiale fu incaricato di studiare la preparazione e le proprietà dell'azotiprite (ß, ß', ß'', - tricloro - trietonolammina). Dopo esser stato iniziato con la collaborazione con E. Dumontel, il lavoro fu interrotto per la morte di questo, ma poi fu ripreso e pubblicato nel fasc. di luglio del 1947 de La Chimica e l'industria. Nel1948 il C. si ritirò dall'insegnamento tenendo la sua ultima lezione sull'inositolo, argomento al quale si era in passato tanto affezionato e al quale aveva dato un contributo indelebile.

Sempre alla ricerca delle semplificazioni e delle demolizioni delle complessità, il C. evitava il linguaggio aulico, preferendo essere capito da tutti. L'alfievo si sentiva a poco a poco assorbito dalla sua esposizione, attratto dalla sua non facile materia e affascinato dalla sensazione di compartecipare alle vicende di laboratorio che avevano costellato il raggiungimento di tanti validissimi e originali traguardi scientifici.

Eccezionale la maestria didattica: non tralasciava di descrivere, entrando nei dettagli delle apparecchiature, il "come" si dovesse operare praticamente, gli errori da evitare, i numerosissimi accorgimenti da adottare per la riuscita delle sperimentazioni, dalle più semplici alle più complesse. Egli si giovava della lunga personale esperienza maturata nel corso di decenni di lavoro e dedizione, che per lunghi periodi non conobbe sosta, così come vuole una buona regola della chimica organica.

Autore di oltre ottanta pubblicazioni, quasi tutte su argomenti di chimica organica concementi nella maggior parte dei casi scoperte e dimostrazioni di assoluta novità e originalità, non scrisse libri perché assorbito continuamente da impegni scientifici, didattici ed industriali. Le pubblicazioni si trovano soprattutto negli Atti della R. Accademia dei Lincei, nella Gazzetta chimica italiana, negli Annali di chimica applicata enel Bollettino dell'Istituto sieroterapico milanese.Morì a Milano il 23 marzo 1951 e fu sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Musocco a Milano.

Fonti e Bibl.: Necr. in Terapia, XXXVI (1951), p. 128; in IlFarmaco, VI (1951), pp. 408-416; in Bollettino d. Ist. sieroter. milanese, XXXI (1951), pp. 430 ss.; in La Chimica e l'industria, XXXIII (1951), pp. 163 s.; cfr. inoltre: A. Coppadoro I chimiciital. e le loro associazioni, Milano 1961, pp. 308 s.

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