SCHIAVIO, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SCHIAVIO, Angelo. –

Nicola Sbetti

Nacque il 15 ottobre 1905 a Bologna, da Angelo e da Teresa Stoppani, commercianti lombardi appena trasferitisi nel capoluogo emiliano.

Ultimo di otto fratelli (con Ercole, Giustina, Raffaele, Marcello, Giuseppina, Venanzia e Giovannino) e sopravvissuto a un enfisema polmonare, Angelo – detto Angiolino, Lino o Anzlén – crebbe con la passione per il calcio. L’improvvisa morte del padre, nel 1918, lo costrinse a responsabilizzarsi presto. Il tempo delle bravate giovanili si esaurì quando il fratello Raffaele, che aveva affiancato la madre alla guida dell’emporio Schiavio-Stoppani, lo mise al lavoro, permettendogli di tornare a giocare a pallone solo dopo aver dimostrato la sua serietà. Sfruttando lo scisma del campionato tra la Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) e la Confederazione calcistica italiana (CCI) nella stagione 1921-22, Schiavio firmò il suo primo cartellino per la Fortitudo, con cui giocò come centrattacco le sue prime partite. Si mise in mostra e per la stagione successiva, ancora minorenne, firmò per la principale squadra della città, il Bologna football club (BFC). In breve tempo ne divenne il cannoniere, il simbolo e il capitano.

Con i rossoblù Schiavio esordì il 24 dicembre 1922 in un’amichevole internazionale contro gli austriaci del Wiener, mentre in campionato il debutto arrivò il 14 gennaio 1923 contro lo Spezia. Difese i colori del Bologna dal 1922 al 1937. Giocò 361 partite ufficiali in cui segnò 249 reti. È il giocatore più prolifico di sempre del BFC; nella storia del campionato italiano solo Silvio Piola, Giuseppe Meazza e Francesco Totti hanno segnato più di lui, ma solo Gunnar Nordahl ha una media goal per partite superiore alla sua. Con i rossoblù vinse quattro campionati nazionali (1924-25; 1928-29; 1935-36 e 1936-37), due Coppe dell’Europa centrale e il torneo dell’esposizione universale di Parigi del 1937. In quest’ultima competizione, dopo quasi un anno di inattività, risultò decisivo con due reti in tre partite.

Legato a una visione ludica del calcio, Schiavio rifiutava di interpretarlo come una professione. Provenendo da una famiglia benestante e lavorando per la ditta di famiglia non aveva la necessità di ricevere i lauti rimborsi-spesa con cui i campioni del suo calibro, suoi colleghi, si guadagnavano da vivere. In questo senso Schiavio si può definire l’ultimo grande dilettante del calcio italiano che, con la Carta di Viareggio del 1926, aveva ormai preso la strada del professionismo de facto. In più occasioni rifiutò le avances di altre squadre, in particolare della Juventus, che gli offrì la possibilità di evitare la leva, e dell’Inter, che, per cercare di convincerlo, gli promise addirittura un negozio nella galleria di Milano di metratura equivalente a quelli che, con la famiglia, possedeva a Bologna. In ogni caso la Schiavio-Stoppani beneficiò notevolmente della sua fama calcistica, grazie alla quale poté stipulare importanti contratti di forniture.

Pur essendo uno dei maggiori talenti offensivi della sua generazione, il rapporto di Schiavio con la Nazionale fu complesso. Inizialmente gli venne preferito il compagno di squadra Giuseppe Della Valle, con lui spostato all’ala, poi si giocò il posto con il funambolico oriundo Julio Libonatti e infine, con l’esplosione di Meazza, venne momentaneamente emarginato, prima di essere richiamato in vista dei Mondiali del 1934. Oltre che dalla concorrenza fu penalizzato dalla sfortuna, poiché in più di un’occasione si infortunò proprio alla vigilia di un incontro o di una convocazione. Incisero anche i suoi impegni lavorativi; non a caso furono le Olimpiadi del 1928, riservate almeno formalmente ai dilettanti, il primo torneo in cui fu grande protagonista. In Nazionale giocò comunque ventuno partite segnando ben quindici reti, vincendo una Coppa del mondo, due Coppe internazionali e un bronzo olimpico. Il suo goal più importante in azzurro fu senza dubbio quello decisivo messo a segno a Roma nella finale del Mondiale 1934 quando, nel corso dei tempi supplementari, seppur stravolto dalla stanchezza con un rabbioso diagonale trafisse il portiere cecoslovacco František Plánička. Quella fu anche la sua ultima partita in azzurro. Convocato in due occasioni successive, dovette rinunciare a entrambe, suo malgrado, per problemi fisici.

Schivo, serio, un po’ burbero, ma dalla grande personalità, Schiavio era ammirato dai compagni di squadra per la sua generosità, il suo altruismo e l’ardore morale che mostrava in campo. Pur avendo giocato per gran parte della carriera in centrattacco, era molto eclettico e poteva occupare al meglio tutte e cinque le posizioni della linea offensiva, in particolare l’ala sinistra. Univa a un notevole scatto una grande forza fisica, specie nel corpo a corpo; aveva un ottimo palleggio e una eccellente capacità di dribbling, ma soprattutto un incredibile intuito, che gli permetteva di smarcarsi al momento giusto e di colpire palloni apparentemente inarrivabili.

Dopo molti ‘tira e molla’ e ripensamenti, il 20 ottobre 1937 arrivò l’annuncio ufficiale del definitivo ritiro. In quell’anno sposò Wilma, dalla cui unione nacquero Stefania, Ercole e Marcella. Durante la guerra mantenne un atteggiamento prudente e neutrale che gli permise, assieme a tutta la sua famiglia, di sopravvivere. Malgrado la totale requisizione della merce da parte dei nazisti in fuga, la ditta di famiglia poté quindi ripartire. Rimase sempre legato al BFC, contribuendo alla sua ripresa postbellica, mettendo a disposizione la sua tenuta di Riolo per i ritiri e svolgendo a più riprese il ruolo di dirigente e di consigliere del presidente Renato Dall’Ara. Come già era accaduto nell’annata 1933-34, non si tirò indietro quando, nel 1945-46, gli fu chiesto di allenare il BFC insieme a Pietro Genovesi dopo l’esonero dell’allenatore Alessandro Popovich. Tra il 1953 e il 1958 fece anche parte delle commissioni tecniche che guidarono la Nazionale italiana maschile di calcio.

Morì all’ospedale Malpighi di Bologna il 17 settembre 1990. Nel 2012 è stato inserito nella hall of fame della FIGC.

Fonti e Bibl.: E. Violanti, L’uomo-gol, Milano 1965, pp. 93 s.; A. Papa - G. Panico, Storia sociale del calcio in Italia, Bologna 2002; C.F. Chiesa, Il secolo azzurro: 1910-2010, Bologna 2010; S. Bedeschi, A. S., Milano 2012 (e-book); C.F. Chiesa, S.: il segreto dell’Angelo, Bologna 2016.

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