ORVIETO, Angiolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORVIETO, Angiolo

Laura Cerasi

ORVIETO, Angiolo. – Nacque a Firenze il 18 giugno 1869, primogenito di Leone, banchiere, e di Amalia Cantoni.

Ampie notizie sulla famiglia si rinvengono nel testo autobiografico redatto dalla moglie Laura Cantoni Orvieto, Storia di Angiolo e Laura (a cura di C. Del Vivo, Firenze 2001). Gli Orvieto, ebrei fiorentini da diverse generazioni (la loro presenza è attestata dalla prima metà del Settecento), erano proprietari di immobili nell’antico centro cittadino dove Leone, insieme con il fratello Abramino, aveva fondato il Banco omonimo. I Cantoni, originari di Pomponesco, in provincia di Mantova, sede d’una cospicua colonia ebraica, erano imparentati con gli Errera di Venezia, famiglia di patrioti impegnati nella Repubblica del 1848-49 e nelle battaglie di indipendenza. Il fratello di Amalia, Alberto, fu scrittore colto e originale, valorizzato da Luigi Pirandello, ed ebbe un ruolo importante nella formazione del nipote.

Fino alla quarta ginnasiale studiò privatamente con David Castelli, professore di lingua ebraica presso l’Istituto di studi superiori, quindi frequentò il liceo Dante, dove in quegli anni insegnavano Raffaello Fornaciari e Alessandro Chiappelli. Nel 1887, dopo la licenza liceale, trascorse alcuni mesi a Berlino per frequentare – sebbene non assiduamente – alcune lezioni di filosofia: qui strinse amicizie intellettuali – con Giovanni Marradi ed Enrico Malan – che, tornato a Firenze, avrebbero contribuito a costituire il primo nucleo del suo entourage. Studente all’Istituto di studi superiori, ov’ebbe come insegnanti Girolamo Vitelli, Pasquale Villari, Augusto Conti, Gaetano Trezza, si laureò in filosofia con Felice Tocco nel 1895, facendo gruppo con altri giovani giunti nel capoluogo per frequentare l’Ateneo fiorentino: il napoletano Giuseppe Saverio Gargàno, l’astigiano Diego Garoglio, l’udinese Giuseppe Andrea Fabris. Con loro avviò le prime imprese associazionistiche, editoriali e culturali.

Nel 1899 sposò la cugina Laura (1876-1953), appartenente anch’essa al ramo dei Cantoni di Pomponesco e con cui ebbe due figli: Leonfrancesco e Annalia.

Laura Cantoni Orvieto affiancò il marito nelle sue attività culturali e divenne una nota scrittrice per bambini, in particolare con l’opera, tuttora ripubblicata, Storia delle storie del mondo (Firenze 1911, e successive edizioni).

Le cospicue risorse della famiglia consentirono a Orvieto di dedicarsi esclusivamente alla sua vocazione poetica. Nel 1893 pubblicò il suo primo volume di versi, La sposa mistica (Roma), apprezzato da Enrico Nencioni (v. Nuovi volumi di versi italiani, in Nuova Antologia, 1° giugno 1893, pp. 381 s.), che poi ripubblicò unito alla nuova raccolta Il velo di Maja (Milano 1898), ove riecheggiavano letture schopenhaueriane e in cui era contenuto un componimento, S. Francesco del deserto che, lodato da Giovanni Pascoli, ebbe ampia circolazione. Dopo un lungo viaggio intorno al mondo intrapreso nel 1897, uscì la raccolta Verso l’Oriente (ibid. 1902; nuova ed., Firenze 1923), dove si rinviene il tema della ricerca delle proprie radici culturali.

In collaborazione con il cognato, il musicista Giacomo Orefice, compose libretti d’opera destinati a un certo successo, come Chopin (1901) e Mosè (1905). Meno fortunato Il pane altrui (1907), che determinò l’abbandono del mondo della lirica.

L’attività poetica proseguì con minore intensità: nel 1912 pubblicò presso Treves Le sette leggende (Milano), raccolta di novelle fiabesche, e solo diversi anni più tardi un nuovo volume di versi, Il vento di Siòn. Canzoniere d’un ebreo fiorentino del Cinquecento (Firenze 1928). Il tema dell’identità ebraica come ispirazione poetica era maturato nel tempo. Tra fine e principio di secolo Orvieto aveva composto sonetti come Il Semita (1895), un abbozzo dedicato a Rut, e più tardi Il roveto (1907), ispirato alla figura del profeta come il libretto d’opera. Nel 1919 compose una serie di sonetti rimasti inediti, Patrie ebraiche, in cui emergeva il dissidio fra il sentimento patriottico, rafforzato dall’impegno per la mobilitazione bellica, e il richiamo per la Palestina. Nel corso degli anni Venti frequentò le lezioni universitarie di Umberto Cassuto, sulla presenza ebraica a Firenze nel Rinascimento, e si avvicinò al movimento sionista, verso cui era orientata la moglie Laura, attraverso l’ebreo triestino-fiorentino Ciro Glass: ne Il vento di Siòn, tramite la finzione narrativa di ambientazione rinascimentale, ma con richiami alle figurazioni della letteratura biblica, elaborava il dissidio interiore connesso alla scoperta delle radici dell’ebraismo. La raccolta fu recensita favorevolmente da Eugenio Montale nella Fiera letteraria (28 ottobre 1928, p. 7: «forse quanto di meglio sia uscito dalla penna del poeta fiorentino»; poi in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Milano 1996, I, pp. 336-339) e ripubblicata unita ai versi composti negli anni delle leggi razziali, I canti dell’escluso (per cura di D. Lattes - E. Turolla, Roma 1961). L’ispirazione ebraica si affermò come il principale motivo della sua produzione poetica, nonostante la pubblicazione di una raccolta di liriche riecheggianti la tradizione toscana, Il Gonfalon selvaggio (Milano 1934).

Il più incisivo retaggio dell’attività di Orvieto fu tuttavia il suo impegno di animatore e organizzatore di imprese e associazioni culturali. Fin dall’inizio, infatti, la promozione di nuove riviste letterarie si accompagnò all’attitudine ad aggregare nuovi gruppi e cenacoli intellettuali. Al ritorno da Berlino formò con gli amici e sodali Gargàno, Garoglio, Fabris, Malan, il circolo di ispirazione carducciana e anticlericale Giordano Bruno. Nel 1889 il gruppo fondò la rivista Vita nuova, finanziata da Orvieto e diretta insieme agli amici.

Il periodico settimanale ebbe breve durata (cessò nel gennaio 1891) ma fu destinato a lasciar traccia, divulgando le prime Myricae di un non ancora noto Giovanni Pascoli, che rimase negli anni corrispondente e collaboratore delle imprese editoriali di Angiolo (v. Pascoli e i suoi amici ai tempi della «Vita nuova», Firenze 1937).

Vita nuova guardava agli autori del decadentismo europeo, come Paul Bourget e Henrik Ibsen, e ottenne la collaborazione di autori affermati, come Edmondo De Amicis, Guido Mazzoni, Enrico Nencioni, Gabriele D’Annunzio, oltre a poter contare sull’apporto constante degli scritti in prosa e critici di Alberto Cantoni.

Nel 1892, cessata l’impresa della Vita nuova, Orvieto si avvicinò al coetaneo Enrico Corradini, compagno di studi universitari e direttore della rivista Germinal, cui collaborò con alcuni suoi scritti e liriche. Per un breve periodo, curarono (Orvieto direttore, Corradini redattore) il supplemento domenicale del principale quotidiano fiorentino, La Nazione letteraria. Tali esperienze si condensarono nel dare origine alla maggiore impresa culturale di Orvieto: la fondazione del settimanale letterario Il Marzocco (1896-1932), concepita e avviata insieme al gruppo originario di amici, e con l’apporto di Corradini.

Pubblicato presso l’editore fiorentino Paggi e sostenuto finanziariamente dalla famiglia Orvieto, Il Marzocco nasceva con l’intento di battersi per un rinnovamento della cultura italiana di segno antipositivista e di ispirazione intensamente dannunziana. Il poeta, in quegli anni residente a Firenze, aveva steso con Gargàno il ‘manifesto’ nel primo numero della rivista. La linea editoriale seguita nelle prime e più significative annate era composita e rifletteva oltre a un ‘dannunzianesimo programmatico, che si traduceva in appassionati interventi a difesa dell’‘italianità’ della tradizione artistica e letteraria, anche le inclinazioni dei principali redattori: un’attenzione alla lirica pascoliana, alla filosofia schopenhaueriana e all’etica tolstojana da parte di Orvieto, un impegno antipositivista da parte di Garoglio, l’interesse per una pedagogia nazionale da parte di Gargàno, e l’accesa battaglia per un ‘risveglio’ artistico e letterario da parte di Corradini, che diresse la rivista dal 1897 al 1899, poi sostituito dal fratello di Angiolo, Adolfo, il quale impresse una svolta normalizzatrice alla linea editoriale. Tuttavia, nei primi anni la rivista fu vivacemente impegnata su diversi fronti: dal richiamo all’importanza della tradizione artistica nazionale, con gli interventi di Ugo Ojetti in veste di critico d’arte, di Diego Angeli come custode dell’ortodossia dannunziana, e di esperti come Vittorio Pica e Corrado Ricci; alla battaglia antipositivista, con interventi di forte impatto come quelli di Mario Morasso, che divulgò i suoi appelli per la ‘reazione’ dei giovani letterati; allo spazio riservato ad autori di importante caratura, come Luigi Pirandello, che fu presente con diverse novelle, o di buon successo come il conte Luciano Zùccoli. Con la garanzia della direzione di Adolfo Orvieto, Angiolo si allontanò dal coinvolgimento nella linea editoriale della rivista, continuando tuttavia a collaborarvi e spingendo la moglie Laura a firmare la rubrica di segnalazioni culturali e mondane Marginalia.

Dall’entourage del Marzocco, ormai ben inserito nell’ambiente culturale e accademico della borghesia fiorentina, e dall’impulso di Orvieto prese vita la Società Leonardo da Vinci, un esclusivo circolo culturale, artistico e letterario, anch’esso presidiato da D’Annunzio, con finalità di intrattenimento; destinate a obiettivi più mirati furono invece altre iniziative associative che dalla ‘Leonardo’ e da Orvieto presero impulso nel corso del primo decennio del secolo: come l’Associazione per la difesa di Firenze antica, per la salvaguardia dell’antico centro cittadino, la Brigata toscana degli amici dei monumenti, per la segnalazione di opere d’arte da valorizzare, e poi sodalizi finalizzati alla promozione e alla salvaguardia degli studi classici, come la Società per la diffusione degli studi classici o la Società italiana per la ricerca dei papiri greci e latini in Egitto, affidata al filologo Girolamo Vitelli e allo scolopio Ermenegildo Pistelli. Inoltre Orvieto favorì il restauro e la rimessa in opera del Teatro romano di Fiesole, che nel 1911 poté ospitare le prime rappresentazioni, e in prossimità della guerra italo-turca promosse la formazione della Società italiana per lo studio della Libia, dove figuravano Pasquale Villari e Leopoldo Franchetti.

L’attività di organizzatore culturale pose Orvieto al centro della vita pubblica fiorentina durante la Grande guerra: dopo aver sostenuto la battaglia interventista, ebbe un ruolo di primo piano nella mobilitazione civile presiedendo l’Ufficio notizie per le famiglie dei richiamati e il fascio delle Opere di assistenza civile. Nel primo dopoguerra sostenne il blocco d’ordine patriottico e antisocialista dell’Unione politica nazionale, venendo eletto in Consiglio comunale e poi nominato soprintendente dell’Istituto di studi superiori. Alle elezioni successive (1924) non venne però ricandidato, ritirandosi nello studio di temi ebraici e nella scrittura poetica. Al volgere del decennio collaborò con l’Unione delle comunità ebraiche italiane, svolgendo con Dante Lattes una missione diplomatica a Londra, apprezzata dal ministro Dino Grandi.

Le persecuzioni razziali colpirono gli Orvieto privandoli di tutte le cariche ricoperte; fra il 1943 e l’estate 1944 trovarono rifugio presso il ricovero di S. Carlo nel Mugello. Nel dopoguerra, Angiolo, reintegrato, si impegnò con Arrigo Levasti e Giorgio La Pira nella fondazione dell’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze.

Morì a Firenze il 4 dicembre 1967.

Fonti e Bibl.: Firenze, Gabinetto Vieusseux, Arch. contemporaneo Alessandro Bonsanti, Fondo Orvieto (costituisce la fonte principale per lo studio di Orvieto e della sua famiglia, cui devono essere aggiunte le pubblicazioni della curatrice, Caterina Del Vivo, fra cui: Introduzione a Fondo Orvieto, serie 1, Corrispondenza generale, Firenze 1994).

Si vedano: A. O., in Il Marzocco, 29 febbraio 1903; Kodak, A. O., ibid., 17 marzo 1907; per un profilo di Orvieto: E. Turolla, in L’Italia che scrive, XII-XIII (1929), 12, pp. 341 s.; per un’intervista-profilo della moglie, v. L. Tonelli, Laura Orvieto, ibid., XVI (1933), 5, p. 129. E inoltre: Il Marzocco. Carteggi e cronache: 1887-1913, (catal.), a cura di C. Del Vivo - M. Assirelli, Firenze 1983; Il Marzocco. Carteggi e cronache fra Ottocento e avanguardie: 1887-1913, Atti del seminario di studi… 1983, a cura di C. Del Vivo, Firenze 1985; L. Cerasi, Gli Ateniesi d’Italia. Associazioni di cultura a Firenze fra Otto e Novecento, Milano 2000, ad ind.; C. Del Vivo, L’approdo alle Scritture. Ispirazione e tradizione ebraica nella poesia di A. O., in La Rassegna della letteratura italiana, 2002, n. 2, pp. 482-498; A. Orvieto, Storia e cronaca della «Leonardo», a cura di N. Maggi e con un saggio di C. Del Vivo, Firenze 2007.

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