ANICIA GIULIANA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ANICIA GIULIANA (᾿Ανικία ᾿Ιουλιάνα, Anicia Iuliana)

C. Bertelli

Figlia di Fl. Anicio Olibrio, sposa di Fl. Areobindo (v.) Dagalaifo (anti imperatore nel 512), nata dopo il 462, morta tra il 527 e il 528.

Discendente di una antica famiglia romana il primo degli Anicii a noi noto è ricordato da Cicerone nelle sue lettere - di cui alcuni membri erano da tempo assurti alla dignità consolare. Il padre si era trasferito a Costantinopoli dopo il sacco di Roma del 455, era console nel 462, quando sposava Placidia, figlia di Valentiniano III e da cui sarebbe nata A. G., e nel 472 era per breve tempo (morì nell'ottobre dello stesso anno) Augusto per l'Occidente. A. G. era stata dapprima promessa dall'imperatore Zenone a Teodorico re degli Ostrogoti (nel 479; v. Malch., Fragm., 16). Nella famiglia era vivissima la tradizione di fedeltà all'insegnamento cristiano, che nella bisnonna omonima di A. G. era stata insignita dalle parole di ammirazione dello stesso S. Agostino. Anche A. G. sentì fortemente l'urgenza dei problemi religiosi, in un momento particolarmente tempestoso per la dottrina cristiana. Tenne così fede ai precetti del concilio di Calcedonia insieme al cugino Pompeo e alla moglie di lui Anastasia, contro il patriarca Timoteo sostenuto dall'imperatore Anastasio; infine nel 512 erano appunto i partigiani del partito ortodosso che proclamavano imperatore suo marito Areobindo. Ma soprattutto la fede di A. G. dovette apparire degna di considerazione ai contemporanei e alle generazioni successive per l'amicizia della principessa con S. Saba: la maggior parte delle notizie a noi pervenute su A. G. deriva infatti da narrazioni della vita di questo santo. Come partigiana degli ortodossi, A. G. fu anche in corrispondenza con il papa Ormisda.

Dispiegò anche una certa attività come fondatrice o restauratrice di edifici sacri. Fondò una chiesa dedicata alla Theotokos a Onorate, nei dintorni di Costantinopoli (v. oltre), restaurò la chiesa chiamata ἡ ἁγία Εὐϕημία ἡ ᾿Ολυβρίου, fondata dalla nonna Eudokia e abbellita dalla madre Placidia. Ingrandì e abbellì la "camera" di S. Polyeuktos, anch'essa fondata da Eudokia.

Della intensa attività spesa in opere pie e in propaganda religiosa da A. G., non ci restano testimonianze archeologiche, mentre il nome di lei è ricordato nella storia dell'arte essenzialmente per un'opera di carattere del tutto profano (si ricordi, però, che scene di argomento "profano", vittorie e battaglie dell'imperatore, erano state da lei ordinate anche in uno degli edifici religiosi dovuti al suo patronato), in cui si trova anche il suo unico ritratto a noi noto: il codice med. gr. I (già 5) della Staatsbibliothek di Vienna, il cosiddetto "Dioscuride" (v.), di argomento medico-botanico. A. G. è rappresentata in una miniatura nel verso del folio 6. La raffigurazione non si presta ad alcuna identificazione fisionomica, non solo per le gravi cadute di colore sul volto, ma anche e soprattutto perché il miniatore, qui come in altre miniature dello stesso codice (v. Cratevas e Dioscuride), si è dimostrato indifferente agli aspetti individuali del personaggio ritratto, preferendo piuttosto creare "un tipo, non un individuo". La rappresentazione è tuttavia, dal punto di vista artistico e più generalmente storico, del più grande interesse.

A. G. è seduta sulla sella curulis e ha nella sinistra un dittico chiuso. Stanti intorno a lei sono: alla sua sinistra la personificazione di Phronesis (v.); alla sua destra quella di Megalopsychia (v.). Quest'ultima ha in grembo una quantità di monete d'oro, cui la principessa attinge per versarle sul libro sostenuto, alla sua destra, da un putto ignudo alato, indicato come ΠΟΘΟC [Τ]ΗC ΦΙΛΟΚΤΙCΤΟΥ: sete, desiderio di colei che è amante delle costruzioni. Ai piedi di A. G. è prostrata, nell'atto della proskynesis, una figura femminile ammantata, dichiarata da un'iscrizione come: [ΕΥ]ΧΑ[Ρ]ΙCΤΙΑ ΤΕΧΝWΝ: la gratitudine delle arti. La composizione è circondata da una complicata cornice d'oro, a treccia, consistente in un cerchio con due quadrati iscritti, l'uno orizzontale, l'altro obliquo. Negli spazi che risultano trovano posto le lettere ΙΟΥΛΙΑΝΑ e otto scenette di putti impegnati in lavori relativi alla costruzione e all'adornamento di un edificio. Tutt'intorno, all'interno della cornice, corre un acrostico in esaltazione di A. G. in cui si celebra la chiesa da lei costruita in Onorate. Poiché non sono citate opere di A. G. più tarde, si ritiene la data della costruzione della chiesa (512) la più vicina anche alla esecuzione della miniatura.

La presenza delle personificazioni, la solennità e l'impenetrabilità della posa di A. G., l'acrostico celebrativo dànno un'impronta altamente simbolica alla scena, la quale viene così interpretata: A. G., ispirata dalla intelligenza (ϕρόνησις), attinge ai tesori della magnanimità (μεγαλοψυχία) per soddisfare la sete di costruire, meritando così la gratitudine delle arti (εὐχαριστία τεχνῶν), da lei vivificate (scene di lavoro). Nello stesso tempo la sella curulis, il dittico dei codicilli, l'abito particolare indicano il rango della principessa, mentre il suo gesto corrisponde a quello, cerimoniale, della sparsio (confronta la raffigurazione di Costanzo III sul Calendario di Filocalo); ma poiché il danaro cade sul libro sostenuto da πόϑος τῆς ϕιλοκτίστου, la sparsio acquista un significato concreto, effettivo, non più soltanto simbolico. Anche il libro retto dal putto è in certo senso un contrapposto e un parallelo al dittico che ha in mano A G.: come il dittico è testimone dei riconoscimenti ricevuti dall'alto, così il libro, su cui ricade l'azione di A. G., è il registro, il documento dei meriti da lei concretamente acquistati con la propria azione terrena, con significato non lontano dalle raffigurazioni di libri nelle mani di santi e di martiri in rappresentazioni dello stesso secolo.

Bibl: A. J. Seyfried, Arbor Aniciae (ms. nel monastero di Zwette, 1612-25); P. Lambecius (Lambeck), Commentarii de aug. bibl. caes. Vindobonensi, II, Vienna 1669, p. 571; D. de Nassel, Catal. codicum mss. graec. bib. caes. Vindobonensis, III, Vienna 1690, tav. H.

La bibl. del codice è vastissima; qui si riferisce soltanto quella essenziale concernente in maniera particolare la raffigurazione di A. G.; per la bibl. precedente al 1906, v. A. v. Premerstein, citato oltre (1906), pp. 105-106, n. 1; E. Diez, Die Miniaturen der Wiener Diosk., Vienna 1903; A. v. Premerstein, in Jahrb. Wiener Sammlung, XXIV, 1903, p. 123 ss.; J. Juttner, in Zeitschr. f. Oesterreichische Gymnasium, LV, 1904, p. 314; A. v. Premerstein, J. K. Wessilej, J. Mantuani, Dioscurides, Codex Aniciae Julianae... phototypice editus, Lipsia 1906; O. Wulff, Altchr. u. byzant. Kunst, Berlino 1914, p. 289 ss.; H. Gerstinger, Die griech. Buchmal., Vienna 1926, p. 20; E. Stein, Gesch. des spätröm. Reiches, Vienna 1928, p. 582 ss.; R. Delbrück, Die Consulardyptichen, Berlino-Lipsia 1929, p. 5; P. Buberl, in Jahrbuch, LI, 1936, p. 127 ss.; A. Grabar, L'Empereur, Parigi 1936, pp. 31-39; S. J. Gasiorowski, Malarstwo Minjaturowa grecko-rzynskie (con riassunto in inglese), Cracovia 1928, pp. 134-151 e XXIV-VI; P. Buberl, Beschreibendes Verzeichnis der illuminierten Handschriften in Oesterr., N. F., IV, i, Vienna 1937, p. 3 ss.; R. Hinks, Myth and Allegory, Londra 1939, p. 105 ss.; Ch. Picard, in Revue Archéol., XXXI, 1946, p. 104; G. de Francovich, in Commentari, II, 1951, p. 11; Reall. für Antike u. Christentum, II, c. 743 ss.; III, c. 643 ss., s. v. Dedicatio; C. R. Morey, Early Christian Art, Princeton 1953, p. 110 s., p. 279, fig. 116; R. Bianchi Bandinelli, Hell. - byz. Miniatures, Olten 1955, pp. 143, 155, 165.