CAYLUS, Anne Claude Philippe conte di

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

CAYLUS, Anne Claude Philippe conte di

E. Lissi

Uno dei maggiori antiquarî-archeologi del XVIII secolo, nato a Parigi nel 1692, morto a Parigi nel 1765.

Nel 1716 visita Smirne, Efeso, Colofone, si ferma due mesi a Costantinopoli e nella Troade e questo viaggio dà un impronta decisiva alla sua formazione. Conosce poi l'Italia, l'Olanda, l'Inghilterra visitando pinacoteche, chiese, conventi. E amico di Jean Pierre Mariette, figlio del celebre incisore e frequenta Watteau, il pittore della Reggenza. Incisore accuratissimo, dopo il 1729 incide le riproduzioni delle cinquecento monete imperiali romane d'oro del "Cabinet du Roi" (Numismata aurea imperatorum Romanorum e cimelio regis christianissimi delineata et aeri incisa), ed essendo stato eletto nel 1731 membro dell'Accademia di pittura e scultura, fa della sua casa un laboratorio d'arte, incoraggiando e proteggendo artisti, tanto che la maggior parte degli artisti nati nel primo terzo del XVIII sec. hanno lavorato per lui o presso di lui. Nel 1742 è nominato accademico dell'Académie des Inscriptions et Belles Lettres, e proprio da quell'anno, in connessione con la sua entrata, lo studio delle antichità farà parte del programma di lavoro della medesima accademia. Fin dal 1700 aveva iniziato a raccogliere oggetti antichi, e per questo entra in contatto con i cardinali Albani, Passionei, Spinelli. Don Filippo, infante di Parma, gli fa omaggio degli scavi di Velleia dichiarandolo "feudatario". Partendo dal principio che per conoscere queste antichità è necessario averne immagini fedeli, incoraggia una pleiade di giovani artisti che si disputa l'onore di fissare sul rame la fisionomia dei vecchi monumenti: Huber Robert va a Paestum, Le Roy va in Grecia. Nasce il gusto delle rovine, le rovine divengono un "genere". Per incrementare gli studî istituisce dei premî annuali: "premio d'espressione", "premio di prospettiva", ecc. Egli è particolarmente attratto dai problemi tecnici legati all'oggetto antico od al monumento: è sua la comparazione dell'antiquario al fisico. Per questo nascono dissertazioni quali Sur la porcelaine d'Ègypte, Sur les armes de bronze trouvées à Gensac, ecc. Considerando che per intendere ogni forma d'arte bisogna possedere la materia da cui essa è prodotta, studia ed esperimenta il processo di mummificazione presso gli Egizi, ed è in grado di dichiarare che Erodoto è più esatto di Diodoro (Des embaumements des Égyptiens), si preoccupa della vera natura dell'ossidiana (Explication d'un passage de Pline dans lequel il est question de la pierre obsidienne) e della preparazione del papiro (Dissertation sur le papyrus). Il suo trionfo in questo genere di ricerche è la famosa scoperta della pittura ad encausto, secondo il passo di Plinio (Nat. hist., xxxv, 122, 149). Delle quattro varietà di cui parla Plinio, il C. ha trovato la prima, la pittura a cera encaustica (e per dimostrare l'autenticità della sua scoperta fa dipingere una Minerva ad encausto, che moltissimi studiosi corrono a vedere) e la quarta, l'encausto sui muri. Non può leggere la descrizione di un'opera senza prendere la matita e rappresentarla: nascono così le pitture della Lesche secondo Pausania, o il carro di Alessandro secondo Diodoro, o la tomba di Mausolo, costruzioni mentali, tra la fantasia e la realtà.

Il C. è stato il primo ad avere idee generali ed ordinate sull'antichità ed è, in questo studio, accanto al Winckelmann ed al Barthélemy il più grande nome del secolo. Prima di lui erano considerate greche tutte le figure nude, romane tutte le panneggiate, egizie quelle rappresentate "in attitudine egizia", etrusche quelle che non potevano essere classificate in nessuna di queste categorie. Il C. abolisce questa grossolana convenzione e fonda le distinzioni sulle particolarità di gusto e di stile che l'oggetto rivela. Anche se è piuttosto vago per la Grecia, confuso per l'Etruria, vede chiaro per Roma e scrive con senno sull'Egitto e sulla Fenicia. Gli si deve la prima vera illustrazione dell'arte di Persepoli, e notevolissime considerazioni sull'arte di Cipro, di Malta, della Sardegna. Quando il Winckelmann espone la tecnica delle arti prima di studiare lo stile delle opere, evidentissima è l'influenza di C., l'esegesi del Winckelmann non avrebbe potuto essere così dettagliata, se altri occhi prima dei suoi non avessero scrutato ogni questione e, proprio sulle conclusioni del francese, il Winckelmann si basa per distinguere i generi e le maniere proprie di ciascuna epoca.

Il Recueil d'antiquités égyptiennes, étrusques, romaines et gauloises uscì a Parigi in sette volumi, dal 1752 al 1767; le sue varie dissertazioni, una quarantina circa, sono tra le Mémoires d'archéologie à l'Académie des Inscriptions.

Bibl.: S. Rocheblave, Essai sur le Comte de Caylus, Parigi 1889; E. Bock, in Thieme Becker, VI, 1912, s. v.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata