CAPRAIA, Anselmo da

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CAPRAIA, Anselmo da

Franco Cardini

Figlio del conte Guido, nacque probabilmente nel penultimo decennio del sec. XIII, giacché lo troviamo ormai in maggiore età nel 1203.

Primogenito di Guido Borgognone doveva essere Sanguigno, che troviamo già nel 1182 giurare col padre fedeltà a Lucca per parte del castello di Montecatini; tra i figli cadetti maschi, il C. era forse il terzogenito perché nella pace tra i conti di Capraia e Firenze del 29 ott. 1204 il fratello Rodolfo pare precederlo per dignità e importanza.

La prima testimonianza certa del C. risale al 1203, quando lo troviamo col padre Guido e col fratello Rodolfo sul campo di battaglia di Buggiano contro Inghirame di Porcari che, ribelle a Lucca, aveva occupato il castello di Montecatini sul quale la famiglia del C. - com'è stato piùsopra accennato - vantava diritti signoriali. È di quello stesso anno la notizia che Anselmo e Rodolfo dovettero giurare fedeltà per quel castello al Comune lucchese, così come ventun anni prima avevano fatto il loro padre e il fratello Sanguigno. L'episodio dello scontro con Inghirame va inserito nelle lotte che in quegli anni dilaniavano la classe dei milites e i milites e pedites nella città e nel contado lucchesi.

Il controllo già oppressivo esercitato da Lucca sui feudatari del suo contado dovette suggerire alla famiglia di Guido Borgognone di spostare altrove i suoi interessi. A sud-est della Valdinievole, attorno alle pendici del Montalbano e nel Valdamo, v'erano le terre dei loro collaterali conti Alberti di Vernio. Alberto figlio del Nontigiova, morendo - forse nel 1203 -, aveva fatto testamento in favore del figlio di secondo letto, il minorenne Alberto natogli dalla contessa Tabernaria, cui lasciava tutti i possessi alla destra dell'Arno nonostante gli interessi e i diritti dei figli di primo letto. A tutori di Tabernaria e del fanciullo Alberto erano stati chiamati i consoli del Comune di Firenze. È, a questo punto che Guido e i suoi figli, certo con la connivenza dei conti diseredati, s'impadronirono di Capraia.

I Fiorentini non potevano ovviamente permettere che quel castello, che controllava il traffico fluviale e terrestre proprio là dove l'Arno lascia i gorghi della Gonfolina per avviarsi al mare, rimanesse nelle mani di feudatari ostili. Quindi risposero prima fortificando, dirimpetto a Capraia e sulla sponda opposta del fiume, il castello che in atto di sfida chiamarono Montelupo; e poi assediando Capraia stessa.

A questo punto il problema di Capraia si inseriva nel più vasto conflitto che vedeva schierati, per il controllo dello scacchiere centro-settentrionale della Toscana (tra Arno e Appennino), Pistoia da un lato e Firenze, Prato, Lucca, Bologna e i conti Guidi dall'altro. Una tregua d'un mese negoziata con la mediazione lucchese si stipulava nella chiesa di San Quirico tra la Pesa e l'Arno, il 3 giugno 1204, sulla base della spartizione delle zone d'influenza: i Fiorentini s'impegnavano a non intervenire sulla destra dell'Arno, salvo il loro diritto di difendere i Pratesi; i Pistoiesi e i signori e uomini di Capraia a non intervenire sulla sinistra. La tregua era però appena scaduta che il 4 luglio seguente, nella cattedrale pistoiese, il conte Guido anche a nome dei figli si impegnava a cedere una torre di Capraia in custodia ai Pistoiesi per la durata della guerra e a condurre insieme con loro operazioni militari, ricevendone in cambio assicurazione di appoggio e promessa di 100 libbre di buoni denari pisani finché fosse restato aperto il conflitto.

I Fiorentini riuscivano però a far scendere in campo, poco dopo, i Bolognesi contro Pistoia, mentre i Guidi traevano per Firenze cavalieri e pedoni da Faenza. L'obiettivo era isolare e circondare Pistoia: a questo fine si doveva strapparle anche l'alleanza dei conti di Capraia. Il 29 ottobre il conte Guido Borgognone, i suoi due figli e gli homines castri et curtis et districtus Caprarie sottomettevano a Firenze il castello, assicurando che tutti i foci avrebbero pagato il focatico di 26 denari, milites esclusi. La torre del castello sarebbe stata custodita dai Fiorentini, e i conti avrebbero fatto guerra con chiunque fosse loro stato indicato da essi, eccezion fatta per l'imperatore e per i Lucchesi, con i quali c'erano rapporti - come sappiamo - di vassallaggio e di alleanza per i castelli di Valdinievole. Fu però non il C., bensì il di lui fratello Rodolfo, ad essere il protagonista, col padre, della pace.

Da allora in poi la vita del C., rispetto a quella avventurosa e attiva degli altri membri del suo casato, pare essersi svolta nel cerchio più ristretto e meno tumultuoso degli aviti possessi tra Pistoia e Lucca. I suoi rapporti dovevano essere stretti soprattutto con la seconda di queste città, la quale - nonostante nel 1209 Ottone IV le avesse intimato di liberare i cattani del contado dal giuramento di fedeltà perseguiva un programma preciso di egemonia sui feudatari circostanti. Nel 1218 il C. e il fratello Rodolfo vendevano al Comune di Lucca la loro porzione del castello di Monsummano, per il quale erano già vassalli della mensa episcopale; nel 1219-20 troviamo tutta la famiglia coinvolta in una causa con la comunità di Montevettolini, dalla quale i da Capraia pretendevano il fodrum di 26 denari senza averne, a detta degli uomini di quel castello, il diritto. Nel marzo del 1233 Anselmo, Rodolfo e Sanguigno si accordavano con Guercio vescovo di Lucca per certe questioni di giuspatronato, e nell'aprile seguente gli giuravano fedeltà per la porzione del castello di Montecatini che tenevano in feudo da lui.

Il peso della gestione e conservazione delle antiche terre familiari dovette progressivamente cadere sulle sue spalle, nella misura in cui il padre e il fratello Rodolfa si volgevano a Pisa e alla Sardegna. Destino analogo al suo seguì il fratello Sanguigno, che anzi si inurbava in Lucca dandovi inizio alla schiatta dei Montecatini.

Il C. era presente con il fratello Rodolfo in Capraia assediata dai ghibellini tra il febbraio-marzo e l'aprile 1249; fu catturato dall'imperatore, condotto a Napoli e accecato. Ma come ad altri maggiorenti guelfi - quali il fiorentino Ranieri Zingani de' Buondelmonti -, gli fu risparmiata la vita.

Dopo questo triste episodio le sue tracce si perdono, anche se autori antichi e recenti non mancano di segnalarne la presenza in anni successivi. Per la verità a tal riguardo è stata fatta una confusione notevole dato il frequente ripetersi del nome Anselmo nei vari rami della famiglia. Confusione regna anche per quanto riguarda la sua discendenza diretta. Gli è stato assegnato un figlio Arrigo, console di Lucca nel 1235 e capostipite dei Montecatini di Ferrara. Gli si sono voluti attribuire come figli anche Bertoldo che nel 1221 figura signore di Usellus in Arborea, e Rodolfo che portava il titolo di conte di Capraia nel 1258 quando questionava con i Bellincioni per il giuspatronato della chiesa di S. Maria a Sammontana, e che nel 1286 si sottoscriveva come spedalingo dell'ospedale di Capraia. Ma in studi più recenti questi due conti sono stati piuttosto assegnati come figli a un Ugo che sarebbe fratello di Anselmo.

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