ANTICRITTOGAMICI

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTICRITTOGAMICI

Giuseppe Tommasi

. Con questo nome si indicano le sostanze chimiche impiegate a combattere le crittogame (v.) parassite delle piante. Le piante possono essere ostacolate nel loro sviluppo sia da cause abiologiche, cioè dall'ambiente fisico-chimico, che da cause biologiche, cioè dai parassiti, i quali comprendono un'orda innumerevole di organismi, crittogame e insetti principalmente, che vivono a spese delle piante stesse. Tali parassiti oltreche impedire il normale sviluppo delle piante, possono determinare in queste, o in alcuni loro organi, cambiamenti tali da diminuirne o annullarne la capacità d'impiego economico, o anche causare addirittura la morte delle piante o distruggere completamente i prodotti vegetali. I danni che si hanno per tale via sono pertanto enormi, e raggiungono nel mondo molti miliardi di lire ogni anno. È naturale quindi che l'uomo fin dai tempi più antichi abbia cercato di difendersi contro questi terribili nemici. E i mezzi di lotta sono andati continuamente mutando e perfezionandosi a misura che le conoscenze sulla natura e la biologia dei diversi parassiti si sono ampliate e approfondite.

Oggi si possiedono mezzi di lotta curativi, con i quali si cerca di distruggere nel modo più rapido e completo i parassiti, e mezzi preventivi che si applicano prima che la causa patogena sia comparsa per impedirne od ostacolarne lo sviluppo o la diffusione. Gli stessi rimedî non servono in generale per combattere i parassiti vegetali e quelli animali, e perciò i rimedî stessi si distinguono in Fitocidi e Zoocidi. I primi comprendono tutti i rimedî contro i parassiti vegetali (Mixomiceti, Schizomiceti o Batteri, Ifomiceti, Fanerogame), e un sotto-gruppo di essi formano i Fungicidi od anticrittogamici che servono per lo sterminio dei Micromiceti.

Sali di rame. - Fra gli anticrittogamici più importanti sono da porre al primo posto i composti di rame, con i quali sono stati senza dubbio conseguiti finora i migliori risultati nella terapia vegetale. Essi manifestano un'energica azione particolarmente preventiva contro le Peronosporacee, che attaccano in special modo la vite, il pomodoro e la patata, e contro le Ustilaginee che danneggiano fortemente le colture cerealicole.

Il più antico loro impiego fu per la disinfezione delle sementi dei cereali; ma dove i sali di rame posseggono la più grande importanza è nella viticoltura, la quale sarebbe oggi forse impossibile se non si fosse trovato in essi il mezzo appropriato ed efficace contro la terribile peronospora.

Dapprima s'impiegavano semplici soluzioni di solfato di rame però queste, anche in forti diluizioni, causavano fenomeni di bruciature sulle parti verdi e d'altra parte avevano il difetto che il deposito di sale che lasciavano sulle foglie veniva troppo velocemente dilavato dalla pioggia. In seguito fu perciò proposto di aggiungere latte di calce alla soluzione di vetriolo, in maniera da precipitare il rame sotto una forma difficilmente solubile, e s'introdusse così l'uso della poltiglia bordolese. Invece della calce s'impiega talvolta la soda, ottenendosi così la miscela di Borgogna, e, più di rado l'ammoniaca che dà l'azzurrina o acqua celeste. Dapprima si usarono miscele molto concentrate; in seguito l'esperienza ha permesso di ridurre considerevolmente le dosi, e dall'8% di solfato di rame si è rapidamente discesi al 3%, poi al 2% e spesso anche all'i %. Quest'ultima cifra è invero un limite estremo che, se può riuscire efficace nei luoghi caldi, va ritenuta in generale come troppo debole, specie per le regioni piovose, e tutte le volte che gli attacchi di peronospora assumono una forma violenta.

Una miscela cuprica, per essere efficace contro la peronospora, deve potere esercitare un'azione immediata contro l'invasione improvvisa o prevista, e un'azione duratura contro le invasioni che potranno verificarsi in un avvenire più lontano. L'azione immediata si attribuisce al rame solubile presente nella miscela e che viene dilavato dalle prime piogge, mentre l'azione lenta, posteriore, sarebbe prodotta dall'azione dissolvente esercitata sui composti insolubili di rame dalle acque meteoriche contenenti acido carbonico, ammoniaca, acido nitrico e nitroso, e, secondo alcuni, anche dagli essudati dell'epidermide della pianta. In verità la solubilizzazione, sebbene assai debole, è però sufficiente, poiché basta portare in soluzione qualche decimilionesimo di rame, per impedire la germinazione delle spore della peronospora.

È fuori dubbio pertanto che le miscele cosiddette acide esercitano un'azione più pronta ed energica di quelle neutre e soprattutto di quelle alcaline. I tre tipi di miscele si ottengono impiegando rispettivamente una quantità di alcali leggerissimamente inferiore, equivalente o superiore a quella necessaria per precipitare tutto il sale di rame. La dose di rame in soluzione dev'essere però sempre minima, per evitare bruciature alle foglie.

La composizione chimica delle poltiglie bordolesi è stata molto studiata. Bell e Taber hanno esaminato la composizione dei precipitati e delle soluzioni risultanti dalla mescolanza di calce e soluzioni di solfato di rame in diverse proporzioni e concentrazioni. Nella seguente tabella si riferiscono alcuni dei risultati ottenuti:

Nelle miscele bordolesi preparate con un eccesso di calce, il precipitato, secondo questi autori, consiste dunque di calce, gesso, e idrato di rame azzurro.

Vermorel e Dantony hanno trovato che le miscele bordolesi acide, qualunque sia il modo di prepararle, contengono, oltre a solfato di rame libero e solfato di calcio, solamente solfati basici di color verde, fra i quali si annovera certo il composto 3CuSO4•5CuO•10H2O, ma non contengono mai idrato di rame.

Per le miscele alcaline gli autori hanno studiato i due tipi di esse, la miscela azzurra e quella verde, che risultano a diverse condizioni di preparazione. Nelle miscele azzurre, che si ottengono versando rapidamente in una soluzione diluita di solfato di rame una dose di latte di calce concentrato in leggiero eccesso, si ha un precipitato azzurro formato in maggior parte dall'idrato rameico normale stabile Cu (OH)2, assieme con piccole quantità di sali basici. Quando invece si versa a poco alla volta nella soluzione di solfato di rame la stessa quantità di latte di calce concentrato, e tanto più lentamente quanto maggiormente concentrato è il latte di calce, si ottiene un precipitato verde che è costituito quasi esclusivamente da prodotti basici (xCuSO4•yCuO•zH2O), ed è in tutto simile al Frecipitato delle miscele bordolesi acide.

Le miscele alcaline contengono, in ambedue i casi, rame allo stato disciolto e sempre in quantità di gran lunga superiore a quella che occorre per impedire la germinazione della peronospora.

Oggi si desidera nelle poltiglie anche un altro requisito di gran valore pratico, cioè che esse siano dotate di proprietà bagnanti, per cui invece che scorrere sugli organi verdi vi si distendano largamente, ricoprendoli di uno strato continuo e si secchino sul posto senza lasciare vuoti. Le miscele ordinarie non bagnanti, al contrario, formano anch'esse, immediatamente dopo l'intensa polverizzazione, una lamina liquida continua e uniforme, ma questa scompare subito, perché il liquido acquista rapidamente lo stato sferoidale, lasciando solamente sulle foglie alcune goccioline liquide separate.

Le prime fissano adunque il rame, sugli organi da proteggere, più uniformemente, diffusamente e in maggior quantità che non le seconde. Sulle foglie e sui grappoli irrorati con miscela bagnante si è trovata infatti una quantità di rame rispettivamente quattro e venti volte maggiore in confronto delle foglie e dei grappoli irrorati con miscela ordinaria.

Il potere bagnante è in rapporto con la viscosità e la tensione superficiale delle soluzioni, ma non dipende esclusivamente da esse. Liquidi a debole tensione superficiale possono anche bagnare molto male, p. es. la miscela di sapone di rame preparata con olio di ricino. Viceversa, taluni liquidi con tensione superficiale vicina a quella dell'acqua bagnano perfettamente i vegetali: cosi si comporta una miscela contenente in 100 litri 20 gr. di gelatina e 1 kg. di acetato neutro ai rame, nella quale entra specialmente in giuoco la viscosità superficiale. L'unico mezzo pratico e sicuro per stabilire il potere bagnante di una miscela anticrittogamica è quello di porsi nelle condizioni della pratica e cioè di polverizzare la poltiglia sugli organi vegetali da trattare.

Le sostanze che vengono impiegate per rendere bagnanti le comuni miscele anticrittogamiche sono specialmente i saponi, le saponine, le sostanze albuminoidi e qualche sale organico di produzione più o meno limitata. In complesso i saponi da soli corrispondono abbastanza allo scopo, ma il potere bagnante non è molto duraturo, mentre risultati migliori si hanno con le saponine, che alcune piante, come le Quillaya, l'Aesculus, la Saponaria e specialmente i Sapindus, accumulano nel legno o nella corteccia dei loro frutti. Le saponine peraltro vengono più o meno alterate nelle loro preziose qualità dall'alcalinità dei liquidi e perciò vanno impiegate con le miscele acide. Fra le sostanze albuminoidi si usano le gelatine per le poltiglie acide e le caseine per quelle basiche. Esse s'impiegano nella proporzione di 25-50 gr. per hl., sono assai efficaci e a buon mercato ed hanno anche il pregio di aumentare nelle miscele la permanenza sui vegetali.

Fra i composti cuprici, oltre al solfato, trova impiego quale anticrittogamico l'ossicloruro di rame, che si ottiene come sottoprodotto nella preparazione elettrolitica del sodio e del potassio, secondo il processo Granier, dagli anodi di rame. Forma una polvere verde chiara che è insolubile in acqua, ma rimane in questa bene sospesa, fornendo una poltiglia che manifesta una buona aderenza sulle foglie, e che possiede ottime qualità fungicide. Il prodotto posto in commercio dalla società elettrica ed elettrochimica del Caffaro, sotto il nome di pasta Caffaro, è anche una poltiglia concentrata a base di ossicloruro di rame, la quale contiene circa il 16% di rame, e per l'uso deve essere stemperata nell'acqua nella proporzione di kg. 1 per hl., elevando la dose a kg. 1,50-2 nel caso d'infezioni violente. Il modo facile e spedito di preparare la miscela, e i risultati favorevoli ottenuti, hanno reso fiduciosi gli agricoltori verso il nuovo rimedio, che molti ricercatori hanno trovato efficace quanto la poltiglia bordolese, di più facile preparazione, meno costoso, adesivo e forse più resistente alle piogge.

I sali di rame oltre che sotto forma di poltiglia sono stati sperimentati in forma polverulenta, ma con risultati poco soddisfacenti e in ogni caso inferiori a quelli che si ottengono con le poltiglie. In realtà, anche quando vengono impiegati in forma di polveri, essi agiscono solo in quanto passano in soluzione per opera della rugiada o altro; in nessun caso i sali di rame agiscono come lo zolfo.

La preparazione in certo modo circostanziata delle miscele cupriche ha spinto da anni l'industria a facilitare il lavoro ai viticultori mediante l'apprestamento di preparati sempre più adatti. Così si possiede attualmente una serie di prodotti di rame già pronti per l'uso, che vengono tuttavia impiegati in massima parte solo dai piccoli viticultori e dai proprietarî di giardini. Poiché detti prodotti sono in generale relativamente cari e di efficacia non sempre accertata e sicura, il grande agricoltore preferisce di preparare da sé le miscele, per lo meno fintanto che queste non saranno sorpassate nell'azione e nel prezzo da un preparato industriale.

Metodi di analisi. - Il valore e l'efficacia degli anticrittogamici a base di rame dipende essenzialmente dal loro contenuto in tale elemento; perciò la loro analisi comprende prima di tutto la determinazione del rame e secondariamente quella delle altre sostanze contenutevi normalmente, o per imperfetta fabbricazione, oppure per esservi state aggiunte a scopo di frode.

Il titolo in rame viene espresso in CuSO4•5H2O% e si determina per via ponderale, sia elettrolitica sia per precipitazione come solfuro, ossido od ossidulo, e anche per via volumetrica.

Il metodo oggi più usato è però quello elettrolitico, il quale alla comodità unisce la maggiore esattezza. Nell'esecuzione non occorrono speciali precauzioni quando si tratta del solfato di rame ordinario: una quantità di soluzione contenente intorno a gr. 0,25 di rame, acidificata opportunamente, viene sottoposta all'elettrolisi, impiegando come catodo una capsula di platino di Classen, o meglio l'elettrodo a rete di Winkler, e facendo passare una corrente di 0,2-0,3 ampères e 3 volts. Per la deposizione completa del rame, operando con catodo fisso e a freddo, si richiedono parecchie ore, nentre con catodo rotante e a 60°-70° C. è sufficiente circa un'ora.

Per i prodotti complessi o molto impuri è necessario, prima di eseguire l'elettrolisi, eliminare gli anioni e i cationi che possono nuocere alla determinazione. Così nelle paste e polveri Caffaro contenenti cloruri e ossicloruri occorre dapprima scacciare del tutto il cloro, per ebollizione con acido solforico concentrato.

I metodi volumetrici sono anche più rapidi, ma non tutti ugualmente raccomandabili e sicuri. Tra essi è ufficialmente seguito in Italia il metodo Zecchini, fondato sulla riduzione del sale di rame per mezzo di una soluzione titolata di tiosolfato sodico e successiva titolazione dell'eccesso di tiosolfato con soluzione di iodio. Si opera in presenza di solfocianato ammonico per eliminare dalla soluzione il sale rameoso che altrimenti turberebbe la reazione.

I metodi per precipitazione presuppongono l'assenza o la eliminazione preventiva degli altri metalli che precipitano nelle stesse condizioni del rame, il quale viene precipitato rispettivamente con idrogeno solforato, con idrato alcalino o con soluzione di glucosio, a seconda che la determinazione viene eseguita sotto forma di solfuro, di ossido o di ossidulo.

Fra le impurità o sofisticazioni più comuni del solfato di rame si riscontra il solfato di ferro, che si riconosce e si dosa facilmente con i metodi qualitativi e quantitativi ordinarî. Talvolta il solfato di rame per difetto di lavorazione può contenere acido solforico libero, che si dosa per titolazione acidimetrica, impiegando come indicatore il rosso Congo.

Zolfo. - Fra i rimedî sovrani, dopo i prodotti cuprici, si ha lo zolfo in polvere, il quale trova molteplici impieghi nella protezione delle piante e, specie nella viticoltura, risponde come un importantissimo fungicida. Esso non solo previene lo sviluppo dell'oidio, ma distrugge il micelio ed i conidi della crittogama, anche quando il parassita, che in certe annate arreca danni molto rilevanti ai vigneti, è nel suo pieno sviluppo. La sua azione è tanto più energica, quanto più la stagione è calda.

Sebbene l'impiego dello zolfo a questo scopo rimonti a più di mezzo secolo, siamo ancora al buio circa la sua reale azione sul fungo. Dal fatto che le spore dell'oidio possono vegetare in soluzioni diluite di acido solforoso, ma si mostrano sensibilissime all'idrogeno solforato, sarebbe da dedurre che a quest'ultimo composto più che all'anidride solforosa, com'è ritenuto da alcuni autori, sia da ascrivere l'azione fungicida dello zolfo. Sennonché queste ipotesi sono combattute dall'opinione di altri ricercatori, i quali credono che lo zolfo agisca per sé stesso, per i suoi vapori, e dai sostenitori dell'azione fisica delle solforazioni sull'oidio, poiché anche polveri inerti mostrano una certa efficacia contro il fungo. Va notato però che lo zolfo agisce in qualche modo anche ad una certa distanza, p. es. sparso sul suolo attorno alla pianta. Che lo zolfo eserciti un'azione chimica si può dedurre dal fatto che, a differenza delle polveri inerti, se non viene usato con le debite precauzioni, produce ustionature sugli organi verdi; il che rafforzerebbe l'ipotesi di quei patologi che sostengono che lo zolfo agisce allo stato di acido solforico: questo, mentre intaccherebbe direttamente il fungillo, verrebbe in pari tempo assorbito in piccolissime quantità dal tessuto fogliare, aumentandone così l'attività funzionale, come mostra il verde clorofillico più intenso che si manifesta in seguito a moderate somministrazioni.

L'azione sugli organi verdi delle piante è accentuata infatti nello zolfo sublimato, il quale contiene sempre quantità sensibili di acidi solforoso e solforico, per cui, ad evitare scottature, si usa talvolta mescolarlo con corpi inerti o capaci di neutralizzarne l'acidità, quali il gesso ed il calcare. Lo zolfo molito, ventilato o no, riesce invece meno caustico ed è inoltre più efficace, perché, per la scabrosità delle sue minutissime particelle, aderisce facilmente e perdura sulle parti vegetali.

Oltre che nella viticoltura lo zolfo in polvere trova anche largo impiego come fungicida nella frutticoltura e nel giardinaggio. Esso non è solamente un fungicida, ma può essere impiegato in molti casi per combattere parassiti animali, come l'altica e i Tetranichus, contro i quali agisce come insettifugo. Per combattere la scabbia delle patate si adopera mescolandolo intimamente al terreno, nel quale subisce una lenta ossidazione essenzialmente microbiologica, determinando così un'acidificazione del suolo, che, se non è eccessiva, è favorevole alla coltura delle patate. L'impiego riesce perciò superfluo od anche dannoso nei terreni già acidi.

Contro i danni prodotti da alcuni funghi e da alcuni animali l'azione dello zolfo viene di molto sorpassata da quella del solfuro di potassio, detto comunemente fegato di zolfo, ed ancor più dai polisolfuri di calcio, compresi sotto il nome di miscela solfocalcica. Poiché questi composti hanno maggiore importanza per la lotta contro parassiti animali, di essi sarà trattato sotto la voce insetticidi.

Metodi di analisi. - Per gli zolfi da usarsi come anticrittogamici ha grande importanza la finezza. Questa si determina per mezzo del solforimetro o solfinimetro di Chancel costituito da una speciale provetta di vetro, robusto lunga circa 25 cm., del diametro interno di 12,68 mm. e portante incisa una scala divisa in 100 parti. Per eseguire la determinazione del saggio s'introducono nel tubo 5 gr. di zolfo, si riempie il tubo stesso di etere puro e anidro e si agita secondo norme stabilite. Il grado di finezza si legge dopo aver lasciato per qualche tempo il solforimetro in posizione verticale e alla temperatura di 17°, 5 C.

Negli zolfi si determinano inoltre l'acqua igroscopica, per essicamento in stufa a 1000 C., e le sostanze minerali e bituminose, pesando dapprima il residuo complessivo, ottenuto per cauta evaporazione dello zolfo, e poi il residuo esclusivamente minerale che si ha per arroventamento. Il contenuto in zolfo viene così calcolato per differenza, mentre per determinazioni più precise esso viene dosato direttamente, mediante estrazione con solfuro di carbonio e, se sono presenti sostanze bituminose, ossidando inoltre lo zolfo estratto ad acido solforico e dosando questo con i metodi ordinarî.

Nelle miscele di zolfo e solfato di rame la finezza e il contenuto in zolfo si determinano come negli zolfi semplici, il rame come nel solfato di rame, e le impurezze si hanno per differenza.

Bibl.: G. Tommasi, Annali R. Stazione Chimico-agraria, Roma 1915, s. 2ª, VII, pp. 146-188; J. M. Bell e W. C. Taber, J. Physical Chem., XI (1907), p. 632; V. Vermorel e E. Dantony in Comp. Rend. Acad. Scient., CLII (1911), p. 972; CLIV (1012), p. 1300; CLVI (1913), p. 1475; CLIX (1914), p. 266; Ministero di Agricoltura, Metodi ufficiali d'analisi, in Annali di agricoltura, Roma 1905, p. 193; V. Villavecchia, Trattato di chimica analitica applicata, 2ª ed., Milano 1921, pp. 194 e 206.

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