DERISET, Antoine

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DERISET (Derizet), Antoine

Denis Lavalle

Figlio di François, "maitre ouvrier en soye", e di Catherine Sibert, nacque a Lione il 18 nov. 1685 (Lavalle, 1981, p. 305; Cozzolino, 1984-85, p. 41); nulla sappiamo della sua formazione di architetto anche se non è certo impossibile che abbia frequentato gli architetti lionesi, particolarmente attivi proprio agli inizi del XVIII secolo. Tuttavia una testimonianza dell'epoca, secondo cui "il aurait travaillé dans la décoration des opéras a Paris" (Correspondance..., 1897, p. 441), fa pensare che si sia stabilito a Parigi molto presto. È certo in ogni modo che seguì i corsi dell'Académie royale d'architecture tenuti da Antoine Desgodets (Lemonnier, 1920, p. 13), perché nel 1720 conseguì il primo premio al concorso organizzato dall'Académie stessa (ibid., p. 206). Ottenne quindi una borsa di studio all'Accademia di Francia a Roma, dove giunse solo nel 1723, all'età di 38 anni e dove l'8 dic. 1757 si sposò con Anna Corona, da cui ebbe tre figli (Lavalle, 1981, p. 267; Cozzolino, 1984-85, p. 67).

Era dunque un uomo di una certa esperienza e cultura quello che fece la sua comparsa nell'ambiente romano, dove riuscì facilmente a farsi notare. Nel 1728 fu ammesso all'Accademia di S. Luca, ottenendo anche l'incarico dell'insegnamento della geometria e della prospettiva (Oechslin, 1969, pp. 48 ss.; Cozzolino, 1984-853 p. 52). Il D. poté così incontrare e consigliare alcuni giovani architetti che ebbero poi carriere di tutto rispetto, come B. Vittone o G. Quarenghi. L'insegnamento però gli fornì soprattutto l'occasione di mettere in luce le sue qualità di teorico.

Apparteneva a una generazione che era stata fortemente influenzata dalle analisi di François Blondel e dei suoi allievi. Anche per il D. l'architettura doveva corrispondere a grandi principi razionali. Questo spiega il suo interesse per lo studio delle relazioni tra armonia musicale e proporzione architettonica, interesse comprovato da molte testimonianze di contemporanei e in particolare di B. Galiani nel suo commento a L'architettura di M. Vitruvio Pollione (Napoli 1758) e di A. Comolli (Bibliografia storico critica dell'architettura..., Roma 1788-1792, p. 332). Il D. doveva aver persino progettato una edizione critica del libro del musicista francese René Ouvrard, pubblicato a Parigi nel 1679 con il titolo Architecture harmonique ou application de la doctrine des proportions de la musique à l'architecture (Lavalle, 1981, p.266). Tale interesse, proprio perché presupponeva ragionamenti logici con evidenti legami con l'antichità classica, ben corrispondeva alle idee che circolavano negli ambienti intellettuali romani verso il 1730.

Si comprende quindi meglio il ruolo non secondario di consigliere e teorico che il D. sembra aver avuto a Roma, dove d'altronde si stabili definitivamente dopo il suo soggiorno all'Accademia di Francia. Questo ruolo, del resto, doveva occupare la maggior parte del suo tempo.

Il D. infatti conta poche realizzazioni al suo attivo. Nel 1728 fu incaricato, come egli stesso afferma (Correspondance, 1897, pp. 427 ss.), di rinnovare la piccola chiesa dei Ss. Andrea e Claudio (S. Claudio). Fu edificata così una nuova facciata che rimanda ad un bel disegno apparso recentemente sul mercato d'arte romano (1983). Relativi alla costruzione sono tre disegni firmati dal D. e conservati nella Biblioteca municipale di Besançon, lavori accurati e rifiniti che testimoniano l'idea finale dell'architetto (Cozzolino, 1984-85, pp. 139-147).

Ancora più importante è la chiesa del S. Nome di Maria vicino alla colonna Traiana, costruita tra il 1735 e il 1741 su progetto del D. (alcuni disegni sono attualmente conservati alla Kunstbibliothek Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz di Berlino: cfr. Jacob, 1975, pp. 156 ss. e per un esame critico Cozzolino, 1984-85, pp. 177-194) e sotto la sua attenta e costante direzione (cfr. Martini-Casanova, 1962). Dal 1749 al 1764, infine, egli diresse la ripresa della decorazione interna della chiesa di S. Luigi dei Francesi (Lavalle, 1981, pp. 271-276). Sono pochissime quindi le testimonianze tangibili dell'arte del D., ma tali da illustrare chiaramente i principi che voleva sviluppare: gioco sottile delle proporzioni, ricerca della monumentalità, gusto evidente per le piante circolari da cui derivare uno spazio coerente e organizzato, tutti elementi studiati a fondo da Oechslin (1969).

Sia nei pochi schizzi velocemente abbozzati per il Concorso clementino del 1725 (organizzato dall'Accademia di S. Luca, dove i disegni tuttora sono conservati, e consacrato a un progetto di santuario comprendente il mausoleo di un dignitario della Chiesa: ibid.; cfr. anche Disegni di architettura..., 1974), sia nell'adozione di una imponente cupola come copertura per la chiesa del S. Nome di Maria, le preoccupazioni del D. sembrano rispondere sempre a una medesima ricerca: quella di un barocco ragionato, nutrito delle lezioni del Blondel e dei grandi esempi delle chiese del Bernini o delle monumentali composizioni dello Juvarra.

È necessario sottolineare di nuovo che dopo gli inizi del sec. XVIII queste preoccupazioni corrispondevano a quelle di molti circoli intellettuali romani. Circoli che avevano appoggiato Carlo Maratta, Camillo Rusconi e Carlo Fontana, che avevano apprezzato Alessandro Galilei e Nicolò Salvi e che, soprattutto, godevano della protezione di Clemente XII Corsini e di suo nipote, il cardinale Neri Corsini. Niente di straordinario, quindi, che il D. fosse assai ben introdotto in questi ambienti: nel 1732, in qualità di giudice del Concorso lateranense, osò sostenere con vigore presso il cardinale Corsini il progetto di Galilei per la facciata di S.Giovanni in Laterano (Prandi, 1944); nel 1738, quando incontrò aspre difficoltà nel fare accettare dal consiglio di fabbrica la scelta di una cupola monumentale per la chiesa del S. Nome di Maria, fu il cardinale Lodovico Pico, collaboratore stretto del Corsini, a sostenere e imporre il suo progetto (Martini-Casanova, 1962, pp. 26-33).

D'altro canto si stabilirono rapporti amichevoli tra il D. e alcuni artisti della cerchia dei Corsini: il pittore N. Ricciolini, gli scultori Giambattista Maini o Filippo Della Valle, alle cui nozze, nel 1733, il D. fece da testimone (Lavalle, 1981, p. 269).

Il felice inserimento dell'architetto a Roma e i principi che sosteneva non potevano che conciliargli i favori della maggior parte delle personalità francesi residenti nello Stato pontificio. Così dal 1729 il D. fu membro della Congregazione di S. Luigi, che aveva la responsabilità degli edifici e possedimenti religiosi francesi nel territorio dello Stato della Chiesa. Poco dopo ottenne la soprintendenza a tutti i lavori che interessavano quegli edifici (Roma, Archivi dei Pii Stabilimenti francesi, Registres des délibérations..., reg. 43, p. 97; cfr. Cozzolino, 1984-85, p. 215).

Per quanto riguarda i suoi rapporti con l'Accademia di Francia, essi non vennero mai meno e molti artisti francesi lavorarono alla decorazione degli edifici costruiti o rinnovati dal D.: M.-A. Slotz al S. Nome di Maria; C.-J. Natoire, A. Pajou e J.-J. Caffieri a S. Luigi dei Francesi. Il D. doveva essere considerato anche un prezioso mentore in grado di introdurre i giovani borsisti nei diversi circoli romani e persino in quelli fiorentini: nel 1746 infatti, guidò a Firenze l'architetto M.-B. Hazon e il pittore G. Voiriot, che annotò il fatto nel suo diario. Sembra proprio che il D. abbia svolto tali Missioni fino alla morte, sopraggiunta a Roma il 6 ott. 1768 (Lavalle, 1981, p. 262; Cozzolino, 1984-85, p. 70), in un periodo quindi che stava diventando sempre più appassionante per l'evoluzione dell'arte in Europa.

Anche se, in definitiva, lasciò poche tracce, questo francese stabilitosi a Roma ebbe per più versi un ruolo da non sottovalutare; durante il pontificato di Clemente XII Corsini fu senza dubbio una personalità di cui tener conto. Questo professore di geometria e prospettiva, nutrito dei grandi esempi della architettura francese della fine del XVII secolo e che apprezzava però le novità di un Salvi o di un Galilei, fece infatti sentire la sua voce nel momento che precedette l'avvento di Piranesi e di Winckelmann.

Fonti e Bibl.: Parigi, coll. priv.: G. Voirot, Journal (ms.); Correspondance des directeurs de l'Académie de France a Rome, VII, Paris 1897, pp. 427 ss., 441; H. Lemonnier, Procès verbaux de l'Acad. royale d'architecture, Paris 1920, IV, pp. 13, 206; A. Prandi, A. D. e il concorso per la facciata di S. Giovanni in Laterano, in Roma, XXII (1944), pp. 23-31; A. Martini-M.L. Casanova, Ss. Nome di Maria, Roma 1962, ad Indicem; W. Oechslin, Contributo alla conoscenza di Antonio D., architetto e teorico dell'architettura, in Quaderni dell'Istituto di storia dell'architettura, XVI (1969), pp. 47-66 (con bibl.); I disegni di architettura dell'Arch. storico dell'Accademia di S.Luca, II, Roma 1974, p. 8, dd. 2131-34; S. Jacob, Italienische Zeichnungen der Kunstbibliothek Berlin, Berlin 1975, ad Indicem; D. Lavalle, Une décoration à Rome au milieu du XVIII siècle: le choeur de l'èglise Saint-Louis-des Français, in Les Fondations nationales dans la Rome pontificale, Rome 1981, pp. 261-276, 305 s. e passim (con bibl.); P. Portoghesi, Roma barocca, Bari 1982, pp. 503 s.; J.-M. Perouse de Montclos, Le Prix de Rome..., Paris 1984, ad Indicem; C. Cozzolino, A. D., architetto, tesi di laurea, Università di Roma "La Sapienza", facoltà di lettere, a. a. 1984-85; S. Colletti-F. De Santis-G. Paganelli, in La colonna Traiana e gli artisti francesi... (catal.), Roma 1988, pp. 148 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, pp. 96 s.

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