WATTEAU, Antoine

Enciclopedia Italiana (1937)

WATTEAU, Antoine

Andrée R. Schneider

Pittore e incisore, nato a Valenciennes il 10 ottobre 1684, morto a Parigi il 16 luglio 1721. Entrò quattordicenne nello studio del pittore Gérin: e nella città semifiamminga poté ammirare opere di Martin de Vos, del Van Dyck ma specialmente una Deposizione del Rubens. Nel 1702 il W. si trasferì a Parigi. Sconosciuto, eseguiva per guadagnarsi da vivere quadretti di genere popolaresco o rustico, di sapore fiammingo e anche olandese, per visione realistica ed esecuzione: Il Savoiardo e la Marmotta (Ermitage) in cui riecheggia lo spirito di Van Ostade, La vera gaiezza (Londra, Galleria Tesmant), Ritorno di Guinguette, ecc. Dipingeva anche per la provincia piccoli quadri devoti. In un breve ritorno a Valenciennes nel 1709, ispirandosi alle guerre della successione di Spagna, che devastarono la sua provincia e a cui il W. assistette, compose otto piccole scene militari, più aneddotiche che drammatiche: Soste del distaccamento (1709), Fatiche della guerra, Scorta d'equipaggi, Campo volante (Ermitage), Marcia di reclute (già coll. Edmond de Rothschild). Vi riecheggia qualche reminiscenza del Callot, specialmente nell'atmosfera fiamminga. Altri elementi contribuirono alla sua formazione: circa il 1704, a Parigi, fu ospite di Cl. Gillot, pittore di soggetti teatrali, d'episodî del Pont-Neuf, di briose scenette mitologiche dove si trastullano Fauni dai piedi caprini. Ricordando il Gillot compose la Festa del Dio Pan (Wildenstein); da quel precursore del sec. XVIII attinse la passione per il teatro e la vivacità del disegno, consono alla vita agitata della Reggenza. Finalmente entrò nello studio di Cl. Audran, "portiere" del Lussemburgo; lo vide lavorare ai grotteschi, divenuti poi uno dei suoi temi prediletti, studiò nelle gallerie del palazzo le scene della vita di Maria de' Medici del Rubens, il cui colore fresco e biondo entrò a far parte del suo mondo pittorico. Certo ammirò gli alti alberi del parco, all'ombra dei quali collocherà poi i suoi dialoghi amorosi. In molteplici bozzetti fissò i visitatori del giardino: dame con ventaglio accanto a una balaustrata; duetti d'amore, riprodotti poi nei suoi quadri. Parigi, più che altro, gli ispirò una visione aristocratica dell'umanità, ben lontana dalle bambocciate iniziali. Frequentava anche il "Cabinet du Roi" per copiarvi i Veneziani, che assieme col Rubens l'attiravano per la vivezza dei colori, e lo si vedeva dal grande finanziere e collezionista P. Crozat, possessore di disegni di scuola veneziana. Finalmente si iscrisse nel 1709 alla R. Accademia per disegnarvi dal modello vivo e venne classificato secondo nel concorso per il gran premio. Il W. non venne in Italia, ma studiò lo spirito italiano nelle opere italiane delle collezioni parigine. Il pino italico stende i suoi rami in alcune delle sue composizioni e nell'Antiope del Louvre ritroviamo un sapore tizianesco. All'influenza veneziana si debbono i pochi nudi femminili: Autunno; Diana (Coll. Groult); Amore disarmato (Chantilly); Giudizio di Paride (Louvre); Toletta (gall. Wallace).

Il teatro dove passava la maggior parte del suo tempo gli fornì soggetti sempre più numerosi, gli suggerì atteggiamenti, sfondi azzurrognoli dove sembra vivere il suo sogno. La Commedia italiana, ch'egli conobbe non direttamente (i comici italiani erano stati espulsi nel 1697), ma attraverso il Gillot, e i teatrini delle fiere di S. Germano e di S. Lorenzo, gli ispirarono il Gilles deI Louvre, íl Mazzantino dell'Ermitage, l'Amore al teatro italiano di Berlino, ecc. Negli attori della Commedia dell'arte il W. incarnò gli eterni sentimenti umani. Celebrò anche i Comici francesi (Potsdam), l'Amore al teatro francese (Museo di Berlino). Nel teatro si esaltava il suo sentimento poetico e il suo desiderio di felicità.

Ma il genio del W. splendette in un'altra serie di opere: le Feste galanti. Con questo titolo fu registrato dallo scrivano dell'Accademia il quadro dipinto dal W. nel 1712, ma presentato solo il 28 agosto 1717 per saggio di ammissione: Embarquement pour Cythère (Louvre e Berlino).

Furono queste scene di genere che gli aprirono le porte dell'Accademia: scene della vita mondana e galante, duetti, giochi sull'altalena, ritrovi di caccia, concerti, danze composte sotto i segni dell'amore e per essere più esatti della galanteria cortese, con evocazioni musicali, in cui predominano la ehitarra e le danze, musica e danza essendo insieme col teatro le passioni della sua vita. Queste scene si svolgono all'ombra di grandi parchi nei quali le statue marmoree mettono una nota umana: Gioie del ballo a Dulwich, Concerto e Colazione nel museo di Berlino, Svaghi campestri a Dresda, Giardini di Saint-Cloud nel Prado, Campi Elisi e Lezione di musica nella galleria Wallace a Londra, Festa veneziana nella galleria d'Edimburgo, Riunione in un parco nel Louvre e nel Museo di Berlino formano una serie di capolavori. L'embarquement pour Cythère rimane il più noto: ispirato alla Commedia delle Tre Cugine del Dancourt, vuole raggiungere con la simultaneità dell'azione il ritmo successivo del teatro, ed è l'opera più poetica del secolo che ha trasformato in poesia la galanteria della Reggenza.

Il W. fu anche decoratore, come lo erano stati il Gillot e l'Audran. Decorò di chinoiseries il castello della Muette e nel 1712 la sala da pranzo di P. Crozat, in cui pose quattro pannelli con le stagioni. Capricci di arabeschi e grotteschi, orientalismo pittorico con cinesi e turchi, minuscole pastorali compongono armonie di un valore e di una suggestione singolare: ma non ne rimane che il ricordo nelle incisioni.

Consunto dalla tisi, il W. si recò nel 1720 a Londra per consultarvi un celebre medico. Colà dipinse, fra altri quadri, quattro pannelli, ora al palazzo di Buckingham; due Feste Campestri, Pourceaugnac inseguito dai farmacisti, Arlecchino e Pierrot. Tornato a Parigi, ammalato e povero, fu ospitato dal mercante di quadri Gersaint per la cui bottega al Pont-Neuf dipinse L'insegna di Gersaint (Potsdam), in cui riproduce direttamente una scena comune, amatori che esaminano quadri, che li acquistano e li fanno imballare. Rinnovò in quell'insegna il genere fiammingo dei negozî di quadri; la dipinse in una tonalità sommessa grigio-argento, tutta contrasti con i colori ardenti dell'Antiope.

Sempre fornito di quaderni, sempre pronto a fare schizzi di quanto vedeva nelle strade, nei parchi, i suoi disegni, incisivi e nervosi, generalmente a tre colori o a sanguigna, sono numerosissimi. Se ne trovano al Louvre, alla Scuola di belle arti, al Museo delle arti decorative, all'Albertina, al British Museum, ecc. Il W. incise anche otto acqueforti (coll. Edmond de Rothschild).

Innamorato del mondo esterno ne evadeva sognando, creando un suo mondo nuovo, fatto di osservazioni dirette ma anche di intime risonanze, in cui echeggia una nota di malinconia. Analizzatore acuto, ma poeta, maestro di finezze, rinnovatore della tavolozza francese arricchita dai suggerimenti rubensiani e veneti, sedusse con la sua arte amatori francesi come il conte di Caylus, il Gersaint, il De Julienne, e amatori stranieri come Federico II di Prussia che raccolse a Potsdam le sue opere, sentendovi la quintessenza del genio francese. Affascinò i suoi discepoli N. Lancret, J.-B. Pater, P.-A. Quilliard, Ph. Mercier, B. de Bar, conferendo la propria aristocratica eleganza alla pittura francese del sec. XVIII.

V. tavv. CXXXI e CXXXII.

Bibl.: J. De Julienne, Abrégé de la vie d'A. W., Parigi 1735; Comte de Caylus, La vie d'A. W., lue à l'Académie Royale, le 3 Février 1748, nel vol. Vies d'artistes au XVIIIe siècle, a cura di A. Fontaine, Parigi 1910; D'Argenville, Abrégé de la vie des plus fameux peintres, ivi 1745-52; E. de Goncourt, Catalogue raisonné de l'oeuvre peint, dessiné et gravé d'A. W., ivi 1875; id., L'Art du XVIIIe siècle, ivi 1860; P. Mantz, W., ivi 1892; G. Séailles, W. (Coll. Les Grands Artistes), ivi 1903; L. Gillet, Un grand maître du XVIIIe siècle: Antoine Watteau, ivi 1921; Ed. Pilon, Watteau et son École, 2ª ed., ivi 1924; E. Dacier, Jean de Julienne et les graveurs de Watteau, ivi 1924; L. Réau, Watteau (Coll. Peintres français du XVIIIe siècle, a cura di L. Dimier), ivi 1928; R. Rey, Les satellites de Watteau, ivi 1931.