DORIA, Antonio Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DORIA, Antonio Alessandro

Vincenzo Fannini

Nacque a Genova il 16 ag. 1851 da Nicola. Dopo aver ottenuto il 15 luglio 1867 il diploma del corso amministrativo commerciale presso l'Istituto tecnico di Genova, abbandonò gli studi per entrare, l'8 novembre dello stesso anno, come volontario nell'amministrazione carceraria, di cui fu nominato applicato nel 1870.

Nel 1875 il D., in quel momento impiegato presso il bagno penale di Portoferraio, pubblicava sulle pagine della Rivista di discipline carcerarie - fondata e diretta dall'allora direttore generale delle carceri italiane M. Beltrani Scalia - un interessante articolo intitolato Penitenziario per gl'incorregibili, in cui si dichiarava fermamente contrario alla separazione totale e perpetua dei detenuti più irrequieti dai loro compagni di regolare condotta, in quanto, a suo avviso, solo facendo tornare nel luogo originario di reclusione i detenuti puniti e ravveduti, essi avrebbero potuto informare i loro compagni sui disagi e le privazioni subite a causa del loro comportamento, frenando in tal modo sul nascere eventuali propositi delittuosi contrastanti con la disciplina carceraria.

Passato dal ruolo di applicato a quello di reggente contabile nel 1877 e a quello di contabile nel 1879, il D. raggiunse nel 1882 la carica di vicedirettore delle carceri e, l'anno seguente, quella di reggente direttore, per essere in seguito nominato, con r. d. 18 luglio 1887, direttore di stabilimenti di pena, carica in cui diede prova di doti di equilibrio e di fermezza e che gli permise di acquisire una conoscenza diretta ed approfondita dei problemi reali della difficile situazione carceraria italiana. Lenta ma costante fu dunque la carriera del D., nominato anche direttore di circolo nell'amministrazione carceraria il 3 febbr. 1896. Nel 1900 ebbe modo di mettersi in evidenza svolgendo un'azione efficace nella repressione di una delle gravi sommosse scoppiate nel travagliato triennio 1898-1900 in numerosi carceri della penisola, ottenendo un encomio solenne per la sua impresa (svolta, come recitava la motivazione, "con pericolo della vita") il 10 febbr. 1900.

Il 28 sett. 1901 il D. veniva nominato ispettore generale delle carceri e, il 5 ottobre dell'anno successivo, direttore generale; egli si preoccupò sin dall'inizio di dare il massimo impulso al servizio d'ispezione degli stabilimenti carcerari, allo scopo di mantenere ben vivo in tutti il senso del dovere, e per essere in grado di conoscere appieno persone e fatti. Queste ispezioni furono inoltre per volontà del D. estese anche alle carceri mandamentali, abbandonate sino ad allora ad un pericoloso stato di quasi totale anarchia.

Assumendo la carica di direttore generale delle carceri, egli non poté fare a meno di notare realisticamente come i riformatori, sebbene passati in pochi anni da sette a dodici, fossero ancora insufficienti a fronte del costante aumento del numero dei minori colpiti da provvedimenti disciplinari. Suo scopo precipuo fu dunque quello di provvedere all'immediato aumento degli istituti detentivi per i minorenni, anche per poter ridurre il ricorso (tutt'altro che vantaggioso economicamente per il governo) agli istituti privati, che presentavano a suo avviso gravi lacune sia per l'impreparazione del personale di custodia sia per l'indeterminatezza delle finalità didattiche e pedagogiche perseguite.

Fin dagli esordi del suo ufficio di direttore generale delle carceri il D. aveva posto tutto il suo interesse nei riguardi della funzionalità educativa e correttiva e non solo punitiva dei riformatori; preoccupante era per lui la carente preparazione del personale di custodia a tutti i livelli, dai sorveglianti di grado più basso ai direttori, tutti a digiuno delle più elementari cognizioni pedagogiche. Urgente e non ulteriormente procrastinabile era dunque la riforma del personale, e ad essa il D. si dedicò, provvedendo affinché esso non solo ricevesse una preparazione specifica idonea, ma anche un adeguato trattamento economico. Per suo merito principale, dunque, il 22 dic. 1904 veniva varato con r. d. n. 716 il "regolamento organico per il personale di sorveglianza dei riformatori governativi", primo punto di partenza sulla via di quella radicale riforma del sistema penitenziario sollecitata da vasti strati dell'opinione pubblica. Il D., che nel frattempo aveva assunto anche la direzione della Rivista di discipline carcerarie, siadoperò per propagandare attraverso il suo giornale gli sforzi compiuti dall'amministrazione carceraria, passata con r. d. 22 marzo 1907 dalle dipendenze del ministero di Grazia e Giustizia a quelle del ministero dell'Interno.

Di lì a poco, con r. d. 14 luglio 1907 n. 606, venne finalmente attuato un completo riordinamento dei riformatori per minorenni. Al centro della riforma, di cui il D. si fece promotore e che da lui prese il nome, era l'intento di sostituire all'indirizzo meramente afflittivo, sino ad allora dominante, criteri preventivi e rieducativi: sino a quel momento - come egli faceva notare in una relazione inoltrata al ministro dell'Interno - le case di correzione erano state in realtà veri e propri penitenziari in cui i minorenni erano sottoposti allo stesso duro regime dei detenuti adulti. Un primo passo concreto sulla via di una riforma più sostanziale fu la sostituzione delle vecchie guardie carcerarie con un corpo ben preparato di educatori, preposto esclusivamente alla custodia dei minori.

Accanto e contemporaneamente a queste iniziative, il D. prestò anche la sua attenzione alla costruzione di nuove strutture architettoniche e alla modernizzazione di alcuni dei vecchi edifici carcerari, tra i nuovi impianti di particolare rilievo, per i criteri di modernità perseguiti e l'economicità delle spese sostenute, è senza dubbio il carcere "modello" romano di "Regina Coeli", edificato interamente con il lavoro dei detenuti; sempre al D. si deve anche l'impianto e lo sviluppo dell'annessa officina tipografica, che offriva possibilità di lavoro tanto per i carcerati che per i liberi cittadini.

Tra i numerosi scritti del D. sulle istituzioni carcerarie del Regno (sue sono le prefazioni, spesso battagliere, ai volumi di statistica delle carceri e dei riformatori, le relazioni ministeriali ai decreti e ai disegni di legge concernenti numerose riforme, le relazioni alla Commissione generale di statistica ed alla Commissione penitenziaria internazionale), un cenno particolare merita quello dedicato alle colonie agricole, concentrate dall'amministrazione carceraria in Sardegna e nell'arcipelago toscano. Nel corposo volume intitolato La colonizzazione interna nelle sue applicazioni col mezzo delle Colonie penali agricole (Roma 1912) il D. difendeva la scelta operata dal governo italiano nella promozione del lavoro all'aperto dei condannati, anche se nella maggior parte dei casi questi istituti finivano col gravare sensibilmente sulle finanze del ministero. In particolare il D. si rivolgeva a quanti, all'interno dell'amministrazione carceraria, criticavano le colonie agricole per la loro insufficiente produttività e per l'elevata spesa della loro sussistenza. Contestava questa impostazione, che non teneva conto dei vantaggi morali offerti da istituzioni di quel tipo.

Altro tema particolarmente caro al D. era quello della legislazione riguardante l'internamento dei minori; a questo argomento dedicò alcuni articoli sulle pagine della Rivista di discipline carcerarie ed un volume, Sulricovero dei minorenni per correzione paterna negli anni1906-1909 (Roma 1912).

Non si trattava di uno sterile resoconto statistico sulla condizione carceraria dei minorenni (sebbene fosse una relazione da presentare alla Commissione di statistica e legislazione), ma era al contrario una pubblicazione ricca di spunti interessanti e, soprattutto, di proposte concrete. Anzitutto il D. sollecitava la creazione di norme definitive che stabilissero in maniera chiara ed inequivocabile i criteri per il ricovero coattivo dei minorenni per correzione paterna; al ricovero, a suo avviso, si doveva giungere solo dopo attente ed accurate indagini, ed esclusivamente nei casi di assoluto bisogno; consigliava la creazione di almeno un riformatorio per ogni regione e richiamava l'attenzione del governo sul cattivo funzionamento degli istituti privati, cui troppo spesso era delegata la custodia dei minori; chiedeva infine che fossero elevati da nove a dodici per i maschi e da nove a quattordici per le femmine i limiti di età per l'ammissione all'assistenza ordinaria, e che entro gli stessi limiti si provvedesse al sostentamento, anche morale, dell'infanzia abbandonata.

Il D. abbandonò la carica di direttore generale delle carceri in seguito alla nomina a membro del Consiglio di Stato, avvenuta il 26 sett. 1912. Prese parte ai lavori della commissione di vigilanza sull'amministrazione della Cassa depositi e prestiti (ministero del Tesoro) e fu presidente della commissione per le controversie circa la revisione dei contratti di casermaggio (ministero dell'Interno). Venne collocato a riposo, con decorrenza dal 1º dic. 1923, su sua richiesta per limiti di età, con il grado ed il titolo onorifico di presidente di sezione del Consiglio di Stato e con conferimento della croce di Gran Cordone mauriziano.

Morì a Roma il 1º marzo 1925.

Oltre agli scritti citati ricordiamo: Sull'applicazione degli Istituti penitenziari secondo il codice penale italiano e sui risultati di essa. Relazione presentata alla Commissione per la Statistica giudiziaria e notarile, Roma 1905, Sviluppoed azione dei patronati per carcerati liberati dal carcere, Torino 1912.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Consiglio di Stato, fascicolo personale; Chi è?, 1908, p. 108; D. Izzo, Da Filippo Franci alla riforma Doria (1667-1907), in Rassegna di studi penitenziarii, VI (1956), p. 312 e passim; G. Neppi Modona, Carcere e società civile, in Storia d'Italia (Einaudi), V, 2, Torino 1973, pp. 1935, 1941 n., 1944 e n., 1946 e n., 1947 n.; Enc. Ital., XIII, p. 166.

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