BENTIVOGLIO, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 8 (1966)

BENTIVOGLIO, Antonio (Antongaleazzo)

Ottavio Banti

Figlio di Giovanni I e di Elisabetta di Castel San Pietro, nacque intorno al 1390; al momento della morte di suo padre era ancora minorenne ed è quindi probabile che proprio per questo abbia potuto rimanere in Bologna. Negli anni successivi, dopo la tirannica dominazione viscontea, Bologna fu soggetta di nuovo al dominio della Chiesa con il severo governo del legato pontificio Baldassarre Cossa (1403-1410). È naturale che ciò tornasse a vantaggio dei figli di Giovanni Bentivoglio, e, in particolare, di Antonio che meglio dimostrava di aver ereditato le qualità paterne. Sta di fatto che già dieci anni dopo la tragica morte del padre l'importanza politica del B. era notevole; ciò apparve evidente quando, nel settembre 1412, fu incaricato dal Comune di concordare i patti di resa col pontefice al cui dominio la città si era ribellata in seguito ad una rivolta promossa dall'Arte dei beccai. È assai probabile che la parte avuta dal B. in quest'occasione sia stata molto più importante di quello che appare dalle cronache; lo si arguisce dal fatto che il 16 nov. 1412 il commissario pontificio, proprio per ricompensarlo del suo operato, gli concesse la riscossione dei proventi della tassa annuale pagata, in genere, da tutti i prestatori di moneta e in particolare dagli ebrei, e che veniva detta perciò "tassa degli ebrei", la quale, oltre a fornirgli un considerevole cespite di guadagno, gli offriva la possibilità di accrescere la sua influenza politica.

Il B. aveva intanto iniziato e proseguito gli studi all'università ove, nell'aprile del 1414, conseguì il dottorato in diritto civile; quindi, senza tuttavia trascurare di interessarsi alla vita politica cittadina, si dedicò con impegno allo studio del diritto e all'esercizio della professione. Certamente egli dimostrò anche in tale campo capacità notevoli, se nel 14 18 fu chiamato ad insegnare diritto civile nello Studio bolognese. Per questo motivo, ma anche per allontanarlo da Bologna ove avrebbe potuto essere politicamente pericoloso, fu invitato a seguire a Costanza, in qualità di giurista, Giovanni XXIII. Ma già nel marzo 1415, a quanto dicono le fonti, cioè evidentemente dopo la fuga di questo da Costanza (20-21 marzo), e prima della sua deposizione (29 maggio), il B. abbandonò il concilio e, assieme al collega Battista Canetoli, tornò in patria dove cominciò subito a preparare una rivolta per liberare la sua città natale dalla dominazione pontificia. Assicuratosi l'aiuto, o meglio la benevola neutralità, di Braccio da Montone, il 6 genn. 1416 organizzò una sommossa popolare che cacciò dalla città gli ufficiali pontifici e ricostituì gli antichi ordinamenti comunali. Quando il 16 gennaio vennero eletti i membri del magistrato dei XVI Riformatori dello Stato di libertà, il B., come era prevedibile, fu chiamato a far parte dell'ufficio. Riuscì a farsi rieleggere anche nel marzo del 1418, quando il numero dei Riformatori fu ridotto a dieci.

La sua influenza in città era ormai diventata larghissima anche per effetto del matrimonio con Francesca Gozzadini (verso il 1420), da cui ebbe due figlie: Isabella e Costanza (Annibale, suo figlio naturale, aveva allora l'età di sette anni);fidando perciò nei suoi numerosi partigiani e nell'aiuto di molti sbanditi che egli aveva fatto richiamare in città, tentò di farsi signore di Bologna con un colpo di mano sul palazzo del Comune (26 genn. 1420). Non gli fu però facile raggiungere lo scopo perché gli si oppose Matteo Canetoli con i suoi partigiani, mentre altri cittadini cercavano di interporsi per sedare il tumulto. Dopo qualche incertezza, infine, vinta ogni resistenza, i bentivoglieschi riuscirono a prevalere e, occupato il palazzo, disposero del governo a loro piacimento.

Tuttavia il B. trovò un accanito oppositore alla sua signoria in papa Martino V, che, deciso a ristabilire il dominio pontificio su Bologna, lo invitò immediatamente a consegnargli lacittà; quindi, per rompere ogni ulteriore resistenza, prima - in occasione della Pasqua del 1420 - lanciò l'interdetto contro Bologna, poi inviò le sue truppe con alla testa Braccio da Montone per sottomettere la città ribelle. In questa situazione il B. si decise a cedere. Iniziate trattative con Braccio, nel luglio del 1420 consegnò Bologna nelle sue mani, dopo aver ottenuto per i Bolognesi il riconoscimento delle loro "libertà" e per sé il feudo di Castelbolognese, del quale fu investito da papa Martino V il 25 agosto seguente. Quattro giorni prima, il 21 ag., il papa aveva nominato il B. rettore "in temporalibus" di Campania e Marittima con l'evidente scopo di allontanarlo dalla Romagna. Il B. tuttavia si guardò bene dal trasferirsi nel suo rettorato, cosicché Martino V, il 28 novembre 1420, si vide costretto a revocare la nomina.

Nel giugno dei 1423 venne tolto al B. anche Castelbolognese dal legato pontificio a Bologna, che sospettava di lui, e il B. dovette affrontare la dura esperienza dell'esilio che lo avrebbe trasformato da dottore in legge in un condottiero. Egli si rifugiò, dapprima, a Firenze, e si mise al soldo dei Fiorentini (partecipò nel luglio del 1424 alla battaglia di Zagonara contro il duca di Milano), poi, per l'amicizia di Rinaldo degli Albizzi e di Cosimo de' Medici, poté riconciliarsi col papa che, certo per meglio controllare le sue mosse e tenerlo lontano da Bologna, nel 1426 lo assunse al suo servizio come condottiero.

Intanto in Bologna i Canetoli avevano facilmente ottenuto la preminenza e in seguito, il 2 ag. 1428, si erano impadroniti del potere cacciando di città i loro avversari e il legato pontificio. Martino V inviò allora contro i ribelli Iacopo, Caldora con un esercito di cui faceva parte, come commissario pontificio, lo stesso B., che però non poté entrare in Bologna quando la città ebbe capitolato, il 25 sett. 1429, essendo ancora colpito da bando. Non poté rimpatriare nemmeno nel 1431 allorché, approfittando di nuovi disordini provocati dai Canetoli, i suoi partigiani poterono occupare per breve tempo San Giovanni in Persiceto. Egli rinunciò allora a fare altri tentativi e, in attesa di occasioni più favorevoli, si rifugiò per qualche tempo in Faenza, ove si sentiva più sicuro.

Negli anni successivi in Bologna i disordini si fecero sempre più gravi per le lotte combattute fra le fazioni, capeggiate dagli Zambeccari e dai Canetoli, i quali infine, esiliati ancora una volta gli avversari, riuscirono con l'aiuto di un esercito visconteo a cacciare anche il legato e a liberarsi dalla soggezione alla Chiesa. Ma venuto meno l'appoggio di Filippo Maria Visconti in seguito all'accordo stipulato fra lui e papa Eugenio IV (1435), i Bolognesi dovettero nuovamente sottomettersi al papa, il quale, per impedire nuove ribellioni e dare pace alla città, bandì i Canetoli e i loro partigiani.

Solo allora il B., che da tempo aveva ripreso a tramare nella speranza di poter penetrare in Bologna con la forza, ottenne dal pontefice il permesso di ritornare in patria. Il suo ritorno (4 dic. 1435), dopo quindici anni di esilio, avvenne fra dimostrazioni di gioia tali che ben dimostrarono quanto vivo fosse ancora nei suoi concittadini il ricordo di lui e di suo padre. Esse però suscitarono i sospetti del governatore pontificio, Daniele vescovo di Concordia, che, timoroso di nuove insurrezioni, il 23 dicembre successivo, dopo averlo amichevolmente invitato in palazzo, lo fece prendere a tradimento e decapitare. Fu sepolto senza onori nella chiesa di S. Cristoforo, ma nel 1443 i suoi resti ebbero degna sepoltura, per opera di suo figlio Annibale, nella chiesa di S. Giacomo, in un artistico sepolcro scolpito da Iacopo della Quercia.

Fonti e Bibl.:Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a c. di C. Guasti, Firenze 1867-1872, ad Indicem;Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, pp. 271, 274, 292, 318, 340 s.; Ioanne Sabbadino degli Arienti, Gynevera de le clare donne, a cura di C. Ricci-A. Bacchi della Lega, Bologna 1888, pp. 121-131; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVIII, 2, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, pp. 103-105, 107-109; Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie edita a fratre Hyeronimus de Bursellis…, ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem; I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1348 al 1799, a cura di U. Dallari, IV, Bologna 1924, pp. 41, 42; Corpus chronicorum Bononiensium, in Rer. Ital. Scrípt., 2 ediz., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, vol. III, ad Indicem; vol. IV, pp. 80, 83-85; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 603 s. 621, 630-636, 641 s., 646 s.; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di G. Di Pino, Milano s. d. [ma 1944], ad Indicem;G. Guidicini, I Riformatori dello Stato di Libertà dal 1394 al 1797, Bologna 1876, pp. 22, 25-28; C. M. Ady, The Bentivoglio of Bologna. A study in despotism, London 1937, ad Indicem; L. Simeoni, Le Signorie, II, Milano 1950, pp. 602-604; P. Partner. The Papal State under Martin V, London 1958, ad Indicem; P. Litta, Famiglie cel. ital., Bentivoglio, tav. III.

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