CAMPI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMPI (Campo), Antonio

Silla Zamboni

Pittore, architetto, scultore, storiografo cremonese, secondo figlio di Galeazzo, fratello di Giulio e Vincenzo, attivo - prevalentemente a Cremona e a Milano - fra il 1546 e il 1587. Non si conosce l'anno di nascita (non attendibile la data 1514 riferita dal Lancetti) che si tende induttivamente a collocare intorno al 1525 (Monteverdi, Puerari). Il C. dovette formarsi nella bottega del più anziano Giulio come affermano le fonti e come suggeriscono le stesse opere del primo periodo. Altrettanto certi sono da ritenere gli studi umanistici. Il dipinto più antico che conosciamo è la Sacra Famiglia con s. Girolamo e un committente nel coro di S. Ilario, datato 1546. Il rapporto con Giulio è confermato dalla comune presenza negli affreschi del palazzo di Torre Pallavicina (1555-57, documenti in Sacchi, 1884, e, già nel 1547, nella chiesa dei SS. Pelagia e Margherita) (Bora). Qualche anno più tardi il C. è chiamato a Milano per eseguire affreschi nella chiesa claustrale di S. Paolo, fondata nel 1549 (l'antica ipotesi che il C. avesse fornito il primo progetto dell'edificio non ha avuto seguito): secondo il Vasari il C. avrebbe lavorato anche in questa occasione a fianco di Giulio. Gli affreschi occupano le pareti del presbiterio della chiesa anteriore e rappresentano episodi della vita di s. Paolo: la Conversione, il Battesimo (di Giulio, secondo il Torre), un Miracolo e la Morte;in quest'ultimo affresco figurano la firma del pittore e la data 1564. Un anno prima - il 21 ott. 1563 - il C. era stato incaricato di allestire gli apparati decorativi (archi trionfali e statue di tutti gli imperatori della casa d'Austria) in occasione del passaggio per Cremona dei principi Rodolfo ed Ernesto d'Asburgo. Nel 1564 il C. è documentato, insieme con i fratelli, negli Annali della Fabbrica del duomo di Milano (IV, Milano 1881, p. 56) fra gli artisti idonei a ricevere la commissione delle ante del nuovo organo di G. Antegnati (l'incarico toccò poi a G. Meda). Datata 1568 è una tela con le Tentazioni di s. Antonio (Olsen). Nel 1569 l'artista risulta operoso a Lodi, ove esegue gli affreschi nel coro della cattedrale, distrutti in occasione dei rifacimenti architettonici del 1764. Parimenti distrutti gli affreschi - eseguiti succedendo a Giulio - della cappella della Madonna (rimangono alcuni frammenti) in S. Maria di Campagna in Piacenza (contratto del 1571). Di quanto prestigio il C. godesse ormai a quel tempo è testimonianza un episodio riportato dallo stesso artista in Cremona fedelissima:imperversando la carestia, i decurioni di Lodi inviarono il C. a Milano per richiedere grano; l'artista riuscì a ottenerne da Danese Filodoni 200 moggia che furono portate a Lodi dal castello di Piacenza.

Il primo tempo della pittura del C. è caratterizzato da un'interpretazione tendenzialmente plastica della maniera di Giulio, non senza vivaci apporti di cultura mantovana e parmense, con risultati spesso affini a quelli dei romanisti nordici. Alle opere già citate sono da aggiungere: la Resurrezione in S. Maria presso S. Celso a Milano, la Sacra Conversazione di Brera, la Sacra Famiglia con s. Lucia del Ringling Museum di Sarasota (restituzione del Bologna, 1953, p. 49 nota; F. Zeri, in Census of Pre-Nineteenth-Cent. Ital. Paintings in North American publicColl.s, Cambridge, Mass., 1972, p. 41, l'attribuisce a Bernardino Campi), le otto grandi tempere con Storie di Giustizia, eseguite per l'antico Collegio dei giudici di Brescia (forse in collaborazione con Giulio: Pouncey e Bora) ed ora divise fra il palazzo della Loggia, la Pinacoteca di Brescia e il Museo nazionale di Budapest (disegni preparatori agli Uffizi, all'Ambrosiana e a Worcester, Mass.).

Ma ben presto "l'eclettismo di Antonio si orienta... sui bresciani, sviluppandone con particolare sensibilità le tendenze luministiche e cromatiche" (Puerari). La Pietà del duomo di Cremona (1566) e ancor di più la Decollazione del Battista in S. Sigismondo (1567: del C. sono anche gli stucchi e gli affreschi nella cupoletta della cappella) segnano l'avvio delle nuove esperienze che - pur fra innegabili cedimenti - determineranno la produzione più vigorosa e anticipatrice del C., indicata dal Longhi come un sicuro precedente della pittura di Caravaggio.

Le principali tappe di questo filone, tendenzialmente naturalistico, si possono considerare: la Visitazione del Museo di Cremona (1567); il S. Girolamo del Prado (eseguito per l'Escuriale; il problema di un possibile viaggio a Madrid, alimentato, da alcuni accenni delle fonti spagnole, non è ancora chiarito); l'Adorazione dei pastori in S. Maria della Croce in Crema (1575); il S. Sebastiano del Museo del Castello di Milano (1575; disegno preparatorio a Edimburgo); e, nelle chiese di Milano, il trittico di S. Marco (Fuga in Egitto, Morte della Vergine, Assunzione; in origine nella cappella Cusani, 1577); l'Adorazione dei magi in S. Maurizio (1579); tre tele in S. Paolo (1580-81: Adorazione dei pastori, Martirio di S. Lorenzo e Decollazione del Battista, modello nella Pinacoteca di Cremona); S. Caterina in carcere e Martirio della santa in S. Angelo (1585).Nella dimensione sempre ricorrente di un acre illusionismo manieristico si devono ricordare gli spettacolari affreschi cremonesi in S. Pietro a Po (1575-79:particolarmente virtuosistico il risultato del Carro di Elia nella volta della sacrestia) e quelli cremonesi di S. Sigismondo con la Cena in casa del Fariseo (1577)e del duomo con il Centurione ai piedi di Cristo. Da ricordare gli affreschi, di tema classico, riferiti al C. in alcune sale della villa Verternate Franchi a Piuro (Sondrio).

Nel 1571 il C. realizzò una mappa di Cremona e del suo territorio e la presentò al Consiglio della città che - riconoscente - volle esentare l'artista da ogni tributo (il testo del privilegio del 23 luglio è trascritto dal C. stesso in Cremona fedelissima, p. XLIX). La mappa, incisa in dimensioni ridotte, fu poi inserita in Cremona fedelissima insieme con la pianta della città di Cremona, disegnata anch'essa dal C. e incisa da D. Lodi nel 1583 (per le varie redazioni della mappa vedi R. Almagià, Monumenta cartographica Italiae, Firenze 1929, p. 37, tav. XXXIX). In parallelo con tali esperienze di cosmografo, il C. affrontò impegni storiografici di gran mole: una storia di Cremona, un libro sulle opere d'arte di Cremona e un libro sugli artisti della stessa città. Gli ultimi due libri rimasero allo stato di frammenti e andarono dispersi come altri trattati manoscritti sull'agricoltura, la pesca, la caccia (visti ancora da Desiderio Arisi agli inizi del Settecento).

La storia di Cremona venne invece compiuta e pubblicata in folio nell'anno 1585 (ma vi fu forse una edizione parziale già nel 1582) con dedica a Filippo II di Spagna e con il titolo Cremona fedelissima città et nobilissima colonia de' Romani... Il libro traccia la storia della città dalle origini ai tempi dell'autore ed è arricchito da un cospicuo numero di incisioni tra cui le due mappe già ricordate: l'opera diretta del C. incisore appare limitata ad alcuni fogli (tra cui il frontespizio e l'Allegoria di Cremona)mentre i ritratti di personaggi illustri - in gran parte ideati da Antonio - furono incisi da Agostino Carracci (che nel 1583 desunse un'incisione del Miracolo di s. Paolo del C.); ma si veda anche Calvesi, 1965. Nel 1575 il C. aveva fornito il disegno per una grande incisione con la Passione di Cristo, eseguita a Venezia (in quattro rami) da I. Valesio.

L'8 ag. 1574, in occasione del passaggio per Cremona di Enrico III, il C. donò al sovrano francese un dipinto su lavagna con Cristo in croce. Il 14 agosto dello stesso anno il C. presentò al Consiglio il modello di una statua in bronzo di Ercole - mitico fondatore di Cremona - che avrebbe dovuto essere eretta nella piazza maggiore, su basamento di marmo ornato di rilievi in bronzo (così dichiara il C. stesso nella dedica di Cremona fedelissima ai consiglieri di Cremona). Nel 1583 il C. fu creato da papa Gregorio XIII cavaliere aurato dell'abito di Cristo (breve del 10 maggio trascritto in Cremona fedelissima)per l'opera prestata come architetto presso la S. Sede. Non abbiamo altre notizie sulla presenza del C. a Roma. Del C. architetto conosciamo palazzo Vidoni in Cremona e palazzo Pallavicini (opera giovanile) a Torre Pallavicina, edifici riferitigli dalle fonti. Il Venturi accetta con cautela un riferimento al C. della facciata di S. Abbondio a Cremona. Il gusto costruttivo del C. sembra declinare con vivacità decorativa i modi di Giulio Romano. Da ricordare anche l'apparato funebre eretto da lui nel 1581 per le esequie del senatore S. Picenardi.

Il C. abitò dapprima nella parrocchia di S. Vittore (Grasselli), poi nella parrocchia di S. Elena nella casa detta della Colonna (indicata dal C. nella mappa del 1583) in cui l'artista accoglieva in visita eruditi e potenti, dal cardinale Sfondrati al governatore di Milano don Carlo d'Avajon; la sua biblioteca - rimasta celebre - comprendeva seimila volumi (inventario presso l'Arch. di Stato di Cremona: Puerari, 1970). La figura del C. pittore cesareo e letterato sembra ripetere, in minore, non pochi tratti di un Tiziano e di un Vasari.

La più tarda opera del C. che conosciamo è la Circoncisione ora in S. Francesco da Paola a Napoli, firmata e datata 1586, in cui il Bologna (1953) ha riconosciuto la pala ricordata dalle fonti nella chiesa di S. Marco a Milano. Negli ultimi anni della sua vita il C. dovette collaborare con Vincenzo nella decorazione delle volte di S. Paolo, ma non è chiaro in quale misura.

Il C. morì nel gennaio del 1587 (secondo D. Arisi mentre stava per fondere in bronzo la statua di Ercole progettata nel 1574) e fu sepolto in SS. Nazaro e Celso. Dalla moglie Lucrezia Ferrari aveva avuto un figlio, Claudio, che sposerà Margherita Biffi, nipote di Bernardino Campi.

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