CAREGARO NEGRIN, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CAREGARO NEGRIN, Antonio

Franco Barbieri

Nacque a Vicenza, il 13 giugno del 1821, da Domenico e dalla seconda moglie, già vedova Quartesan, Maddalena Negrin, cognome aggiunto al proprio dal marito per continuare la ragione sociale di una fortunata impresa edile. Divenuto orfano appena dodicenne, fu avviato dal tutore, il fratello uterino G. M. Quartesan Negrin capomastro, alla pratica edilizia; sentendosi però sfruttato dai parenti, continuò per suo conto, dai vent'anni, lo studio dell'architettura, con un accanimento da autodidatta che gli valse una cronica affezione agli occhi. Frutto dei suoi giovanili entusiasmi furono due inediti oggi perduti: un saggio sul bello architettonico e gli architetti classici antichi e moderni ed un trattato di normativa classicistica del quale il Lazzari, dell'Accademia di Venezia, caldeggiava a suo tempo la pubblicazione. Venticinquenne, il C. subì una crisi profonda, in polemica con il tradizionale culto del Palladio - rinnovato dalla tumulazione (1845) delle presunte spoglie dell'artista nel nuovo cimitero di Vicenza - e contro il programma reazionario espresso (1847) dal nobile austriacante A. Piovene nel suo discorso sulle Vicende dell'architettura in Italia. "Sedotto dalle nuove idee diffuse da moderni illustri scrittori… i quali andavano gridando la crociata al classicismo", secondo le sue affermazioni nel Cenno autobiografico, egli si accosta così decisamente al moralismo di P. Selvatico e all'eclettismo di C. Boito, cui rimarrà sempre legato da reciproca stima. Suo oggetto di indagine diventa "l'architettura… di tutte le epoche e di tutte le nazioni", ma particolarmente del Medioevo, quando si realizza la libera espressione dei popoli; soprattutto, lo attraggono lo "stile dei gloriosi municipi italiani e le forme dell'acerbo Rinascimento". Estende i suoi interessi all'arte del giardinaggio sui modelli inglesi, avendo maestri, oltre al vecchio Jappelli, i più vicini Bagnara e Balzaretti; viaggi in Italia, Francia e Inghilterra ne allargano le già ampie vedute. Coerentemente, il C., patriota fervente, combatté nel 1848 contro gli Austriaci, prima a Vicenza - dove rimase ferito a una gamba - poi a Venezia, tenente del genio responsabile delle fortificazioni di Chioggia e della foce del Brenta. Caduta Venezia, dove gli morì la figlioletta Clorinda (1849), ammalato e in miseria, riparò alla Longa di Schiavon (Sandrigo, Vicenza) nella villa dell'amico I. Cabianca. Dal 1850 tornò a Vicenza, dove, ristabilitosi, lavorò e insegnò fino alla morte, avvenuta il 26 dic. 1898.

Commendatore, cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, fu socio di numerose accademie, del Collegio degli ingegneri architetti di Milano e del Collegio di mutuo soccorso degli ingegneri architetti del Veneto.

Tolti i progetti di monumenti al vescovo Cappellari (1864), a Cavour e a Dante con i grandi italiani (1865), per il colle di San Martino (Desenzano, 1878), per l'ossario piemontese di Montebello, viziati da una scontata retorica, e le inutili proposte per la facciata (1887) del duomo di Milano, l'attività importante del C. parte dalla ristrutturazione di antichi edifici nel centro storico vicentino: ne risultano, dopo gli ancor classicheggianti "portici di Rampo" (1841), prospetti di un timido ma non inelegante "purismo" protorinascimentale, dalle case Bollina (1847) e Dalla Vecchia (1850-1851) alla facciata dell'albergo Due Mori (1854), spiritosa di richiami esotici. Seguono il villino Loschi-Tecchio a Monte Berico (1858) e le case Loschi al Ponte Pusterla (1862) ed in borgo S. Felice (1863), con l'insistita ripresa di motivi "lombardeschi", già introdotti dal Miglioranza (casa Cristofori, 1852). Il rifacimento di villa Clementi a Monte Berico (1879) ed i disegni per un prospetto del teatro Olimpico (1880) segnano un momento di involuzione classicistica. Tra le cose minori da segnalare, per certa raffinata eleganza, le tombe Loschi (1855), Nievo (1875-1876), Biego e Cabianca (1878) nel cimitero vicentino e l'edicola Loschi (1878) nella cattedrale. In provincia, spettano al C. il palazzino Fraccaroli (1853) a Piovene, il casino Bertagnoni a Longare (1854), le case Pasettì (1854) e Anselmi a Montebello, villa Ranzolini a Thiene, lo stabilimento delle fonti demaniali di Recoaro (1873-1875), il grandioso municipio di Arzignano (1878-1882 circa), e interventi, inoltre, nella cappella di villa Pasini-Salasco ad Arcugnano, nelle ville Nievo a Montecchio Precalcino (1847), Gonzati ai "tre scalini" di Dueville (1854), Piovene (prima del 1855) e Piovene-Bonetti (1870 circa) a Piovene, Negri-Rigoni ad Ancignano di Sandrigo (1882), Cantarella a Lonigo (prima del 1884). Nel Padovano, progetta un teatrino per Piove di Sacco e lavora in villa Bia di Monselice, nelle case Foratti e nel casino Santini di Montagnana. Per Padova, propone la sistemazione (1876) di una larga arteria carrabile Macello-S. Sofia, fiancheggiata da piste pedonali e giardini: ardita anticipazione solo di recente (1960) attuata con le necessarie varianti. Nel Veronese, erige a San Bonifacio il municipio (1876) e il pulpito dell'arcipretale; nel Trevisano, la chiesetta di S. Gottardo (Vittorio Veneto), il tempietto Walusghing a Conegliano; nel Trentino (1854-1859), villa Lutti a Campo (Giudicarie), casa Lutti e il teatro Sociale a Riva del Garda; nel Cadore, la parrocchiale di Perarolo (1862). Se, comunque, nelle sue architetture, il C. dispiega un eclettismo in bilico tra Medioevo e Rinascimento, con risultati a volte discutibili, sempre però vigilati da una sobrietà non estranea a suggestioni anglosassoni, nei parchi, abilmente sfruttando lo spazio spesso ristretto, esprime senza riserve il più fascinoso pathos romantico: da villa Negri-De' Salvi ad Albettone (1843 circa), alle ville, Velo-Valmarana alle Seghe di Velo (forse 1843), Fogazzaro-Roi a Montegalda (1846), Chiericati alla Longa (1848-1850 circa), Loschi-Zileri al Biron (1849: in collaborazione col Balzaretti), Godi-Malinverni a Lonedo (1850 circa), Da Porto-Del Conte a Vivaro (1855), Zannini-Cavaliere a Sandrigo (1867 circa), Castellani a Malo (1875 circa), Palfy Dann a Montebello Vicentino (1873), Anselmi a Pedocchio di Brendola, Mocenigo e Vanzo presso Bassano, Breda a Ponte di Brenta (1865) e Venier a Villa del Conte di Camposampiero, nel Padovano, Vivante a Mirano (1865 circa) presso Venezia, Palazzi-Taverna a Preganziol (1850-1862 circa), Revedin-Bolasco a Castelfranco Veneto (1858-1865), Costantini a Vittorio Veneto (1862-1877); per non ricordare che i maggiori. Ad Albettone e Montegalda vengono rielaborati anche gli edifici padronali, a Vivaro si aggiungono due grandi ali: interventi non sempre opportuni. Più felici la cappella e un vasto rurale al Biron (1858). Certo, le cose più valide del C. appartengono al ventennio della sua attività scledense, su commissione dell'amico ed estimatore, l'industriale laniero senatore A. Rossi. A Schio infatti, restaurata nel 1859 la chiesetta di S. Rocco e impostata la squisita scenografia da "melodramma" del giardino Jacquard - tra l'opificio settecentesco del Tron e il neoclassico del 1817 - il C. progetta nel 1872, sul modello delle città-giardino inglesi, un villaggio di circa 152.000 mq dalla città vecchia al corso del Leogra, destinato ad accogliere maestranze e dirigenti del lanificio Rossi, allora il maggior complesso industriale italiano. Rifiutata ogni esperienza sul tipo dei "falansteri", le singole case, per una o due famiglie, divise in quattro classi di importanza, sono circondate da vasti spazi e collegate da una razionale rete viaria, interrotta da piazzali con botteghe e ritrovi. L'assieme, il primo del genere in Italia, si completava con varie opere sociali: restano il teatro Jacquard (già iniziato nell'anno 1869), l'asilo infantile (1872-1881) e la chiesa di S. Antonio (1979-1880), elogiata dal Boito. Nonostante modifiche e distruzioni, la "Nuova Schio" interessa tuttora sia per l'assunzione di una tipologia edilizia scopertamente e funzionale e innovatrice rispetto al conservatorismo locale, sia per la davvero precorritrice concezione urbanistica, valida ad inquadrare la successiva espansione cittadina ed a coordinare fino ad oggi i nodi vitali delle comunicazioni tra Schio, Vicenza, Valdagno (per Magré) e Trento (per Rovereto). A questo proposito vedi l'opera del C., Cenni intorno al nuovo quartiere nella città di Schio coi progetti e disegni dell'arch. cav. A.C.N., Milano 1872e il Carteggio sull'argomento dello stesso C. con il sen. A. Rossi (negli archivi del Lanificio Rossi di Schio). Qui, inoltre, come del resto nei momenti più felici quali le fonti e il parco di Recoaro, il C. anticipa un vero e proprio esperimento di moderna "progettazione totale", fissando le più minute prescrizioni esecutive di ogni particolare, dagli infissi ai banchi scolastici, senza trascurare indicazioni per le essenze arboree e i fiori: il che fa supporre l'organizzazione di un lavoro di équipe.Sempre a Schio, il C. aggiungeva al duomo neoclassico due navate (1877-1879), costruiva palazzetto Pizzolato (1862) e casa Tamburini (1869), ristrutturava casa Dal Pozzolo (1877), disperdendo, purtroppo, qualche preziosa testimonianza antica; nel cimitero, preparava le tombe delle famiglie Rossi e Maraschin. Erigeva poi la parrocchiale della vicina Poleo (1880); a Piovene, le case dei capi-operai e la villa del direttore di sede del Lanificio Rossi; a Santorso, villa Rossi (1866-1869) con il bel parco e costruzioni rurali nel podere-modello del senatore (1884 circa).

Dei figli del C., sposato a Veronica Zanetti, Giovanni firma talvolta, quale collaboratore di redazione, la stesura dei progetti paterni; ad Adele viene attribuito (Appunti arch. A. C. N.) un medaglione nella croce monumentale del cimitero (di Vicenza) in memoria di Enrichetta Fogazzaro, nipote dello scrittore: ma la croce, che sarebbe stata opera del padre, non è reperibile. Il nipote Silvio, figlio di Eugenio, sistemerà nel 1901, su precedenti corpi di fabbrica del 1838 e 1875, villa Piovene alle "Scalette" di Monte Berico, insinuando ormai, su antefatti neocinquecenteschi, i segni di un nuovo gusto, tra il decadentismo ed il liberty.Nella successiva villa Piovene-Salviati di via Nazario Sauro a Vicenza, Silvio piegherà invece (1910-1915 circa) ogni tendenza del liberty a recuperare, in un saporito pastiche, elementi di più sicuro aggancio tradizionale, dal Seicento al Rococò.

Fonti e Bibl.: Fonte principale per la conoscenza del C. rimane, con l'ined. Cenno autobiografico presso la Bibl. Bertoliana di Vicenza (Gonzati 26.4.7), e la Racc. di disegni autografati per edifizi pubbl. e priv. di città e di campagna, I-IV, Vicenza 1882-1886, l'arch. di famiglia del pronipote Giovanni a Vicenza - ricco di materiale non ancora del tutto esplorato - specie la cartella ms. Appunti e ricerche intorno alla vita e all'opera dell'architetto A.C.N. raccolti dal nipote prof. Umberto Caregaro Negrin, unitamente ai numerosissimi scritti dell'autore sui più svariati argomenti, di cui all'elenco completo in S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secc. decimottavo e decimonono, I, Venezia 1905, pp. 447-451. Di particolare significato programmatico le Parole pronunciate dinanzi al monum. di Palladio, Vicenza 1880; Del ristauro della loggia del Capitanio, Vicenza 1881; soprattutto, Sullo stile futuro della archit. italiana. Ricerche di Camillo Boito Considerazioni, Vicenza 1881, assieme a tre interventi Dell'arte dei giardini, Vicenza 1868 e 1893, Torino 1890. Generici e svisati da una incomprensione di fondo, che passa indifferente dai più sperticati elogi alla noncuranza o alla riprovazione, i pochi cenni dei contemp.: B. Bressan, I monumenti d'archit. vicentini (ms. alla Bertoliana di Vicenza, Gonzati 24.10.23); Id., Le fabbriche antiche e moderne della provincia di Vicenza. Appunti per una guida, Vicenza 1897; G. Da Schio, I Memorabili (ms. alla Bertoliana, G. 5.9.5-16); I. Cabianca, Alcuni cenni delle Arti Belle vicentine, in Prima mostra dei prodotti della provincia Vicentina, Vicenza 1855, pp. 125-126; P. Antonibon, Giovanni Busato e i suoi tempi, Vicenza s. d. [1887], p. 18. Insignificanti, a tutt'oggi, anche le sporadiche citazioni sul C. nei repertori generali: vedi, per tutti, E. Lavagnino, L'arte moderna, II, Torino 1956, pp. 504 s.; C. L. V. Meeks, Italian Archit. 1750-1914, New Haven-London 1966, p. 255. Su questioni particolari si tengano presenti per Vicenza: S. Rumor, La villa Clementi a Monte Berico, Vicenza 1902; G. Fantoni, Reminiscenze vicentine negli anni precursori e immediati al 1848, Vicenza 1913, p. 29; S. Rumor, La villa dei Loschi ora Zileri dal Verme al Biron, Vicenza 1914, p. 13; F. Barbieri, Le opere d'arte del duomo di Vicenza, in Il duomo di Vicenza, Vicenza 1956, p. 166; F. Barbieri-R. Cevese-L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1956 (vedi Indice degli artisti);F. Barbieri, Illuministi e neoclassici a Vicenza, Vicenza 1972, p. 191 (per Silvio). Per i parchi e le ville della provincia: I. Cabianca, Dei giardini e della orticoltura nella provincia di Vicenza, in Prima mostra della provincia Vicentina, cit., pp. 49-67, e R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, Milano 1971, ad Indicem.Per Arzignano e la valle dell'Agno: G. De Mori, Arzignano. Valdagno. Recoaro. Dai Castellari alle piccole Dolomiti, Vicenza 1931, p. 46; O. Beltrame, Arzignano nella storia, Vicenza 1937, pp. 119-120; su Recoaro, più specificamente, Inauguraz. del R. Stabilimento di Bagni in Recoaro, s.l.né d. [1873]; A. Crosara, Guida di Recoaro, Schio 1922, pp. 36 s. Per altre località: C. Bologna, Notizie storiche della chiesa arcipretale collegiata di Schio, Schio 1879, pp. XXI-XXII e doc. XXXIX; A. Pomello, Storia di Lonigo con cenni stor. sui comuni del distretto, Lonigo 1886, p. 295; F. M. Mistrorigo, L'arte a Sandrigo, in Sandrigo e il suo nuovo tempio, Sandrigo 1939, p. 65; A. Degli Azzoni Avogadro-M. Botter-G. Mazzotti, Ville della provincia di Treviso, in Le Ville venete, Treviso 1953, pp. 534, 664; L'erez. della nuova parrocchiale di S. Giorgio di Poleo, Vicenza 1957; G. Mazzotti, Ville venete, Roma 1966, pp. 448 s. Sul problema della "Nuova Schio", che appare di stringente attualità nel moderno contesto dei rapporti tra arte e rivoluzione industriale in Italia, possono servire di base: C. Bologna, Inaugurazione del nuovo asilo d'infanzia Rossi, Schio 1872; O. Ronconi, Nel cinquantenario dalla erezione della chiesa di S. Antonio Abate di Schio, Schio 1929; Lanerossi ieri, Milano 1967. Per il necessario allargamento al contesto socio-economico, si tengano poi presenti almeno G. Mantese, Storia di Schio, Schio 1969, specie alle pp. 521-532; L. Avagliano, A. Rossi e le origini dell'Italia industriale, Napoli 1970, pp. 45-50; E. Franzina, Alle origini dell'Italia industriale: ideologia e impresa in A. Rossi, in Classe. Quaderni sulla condiz. e sulla lotta operaia, n. 4 (1971), pp. 179-231; G. Are, Alessandro Rossi, fondatore dell'ideologia industriale in Italia, in Alle origini dell'Italia industriale, Napoli 1974, pp. 287-343.

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