CUBELLO, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CUBELLO, Antonio

Evandro Putzulu

Figlio primogenito di Leonardo, primo marchese di Oristano e conte del Goceano, e di Quirica Deiana, nacque nel 1396 in Oristano. Aveva dunque solo 14 anni quando fu firmata la convenzione di S. Martino (1410), con la quale gli Aragonesi, sedata la rivolta, abolirono il giudicato d'Arborea e crearono il marchesato di Oristano, assegnandolo appunto al padre del C., secondo i patti, egli avrebbe dovuto essere consegnato in ostaggio agli Aragonesi, a garanzia della regolare esecuzione, da parte del padre, degli obblighi impostigli dal trattato. Se non che, essendo malato, il suo posto fu preso dal fratello Salvatore coll'intesa che, non appena guarito, doveva essere consegnato agli Aragonesi; come in effetti avvenne. Compì la sua educazione, iniziata in Sardegna, alla corte del re d'Aragona ove fu compagno ed amico dell'infante, il futuro Alfonso V il Magnanimo. A Barcellona soggiornò a lungo, ben accolto negli ambienti di corte e in quelli della grande aristocrazia feudale catalanoaragonese. procurandosi fama di valente cavaliere; si ricorda tra l'altro la sua brillante partecipazione al torneo cavalleresco indetto nel 1424 dal re Alfonso V in Barcellona. Per desiderio espresso del sovrano, che mirava a stringere rapporti sempre più stretti tra la famiglia del marchese di Oristano e la nazione catalana, sposò Eleonora Folch de Cardona. di illustre famiglia barcellonese.

Alla morte del padre, avvenuta nel 1427. il C. ne ereditò il feudo ed il ruolo nel mondo politico e feudale sardo, un ruolo certamente non facile, perché doveva tener conto, da un lato della radicata diffidenza degli Aragonesi nei confronti degli abitanti dell'isola, così spesso ribelli, e della famiglia dei giudici d'Arborea; doveva rispondere, dall'altro, alle aspettative, se non di indipendenza, almeno di giustizia dei Sardi. Il marchese di Oristano era infatti non solo il più potente signore dell'isola, ma anche il più ricco, per cui era riguardato dallo stesso sovrano aragonese più che come un feudatario vero e proprio, piuttosto come un alleato, il vero sostegno della sovranità aragonese in una regione così turbolenta.

Al momento della sua successione la situazione dell'isola non presentava speciali problemi d'ordine politico o militare: la definizione degli accordi con il visconte di Narbona, realizzata da Alfonso V, aveva riportato la pace nell'isola. Grave era invece lo stato economico, sociale e finnn iario. I provvedimenti presi dal sovrano nel corso del Parlamento generale, celebrato in Cagliari nel 1421, avevano dato completezza e stabilità all'ordinamento amministrativo dei Regno, ma avevano anche messo in tutta evidenza l'estrema miseria dell'isola, spopolata e depauperata da un cinquantennio di guerre, aggravata da frequenti carestie e da pestilenze ed in conseguenza l'incapacità delle sue finanze a sostenere i pesi del proprio bilancio ordinario e tanto meno a soddisfare le pressanti richieste straordinarie che, in misura sempre crescente, dovette avanzare Alfonso V, impegnato in un turbine di guerre in terra e in mare, in Italia, in Africa ed in Spagna.

Come quella del padre, la politica del C. mirò a consolidare la pace interna; egli osservò quindi una leale fedeltà verso la Corona, di cui fu presidio nell'isola e appoggio nelle imprese d'oltremare. Fu pronto e prodigo nel rifornire delle indispensabili vettovaglie l'armata aragonese impegnata nella spedizione contro Tunisi (1432), meritandosi il caldo ringraziamento di Alfonso quando questi si fermò a Cagliari nel viaggio di ritorno dall'Africa. L'anno successivo, in un momento difficile della sua campagna in Sicilia, il re si rivolse al C. pregandolo di tener pronte e addestrate le sue truppe in previsione di uno sbarco in Toscana, e di un ciclo di operazioni dirette contro i Fiorentini ed i Senesi; lo invitava, inoltre, a tenersi pronto a fronteggiare un attacco genovese. In effetti la Repubblica ligure, grande avversaria di Alfonso V, aveva avviato segreti maneggi con Niccolò Doria, signore di Monteleone e di Castelgenovese, che si ribellò infatti nel 1434. In questo frangente il C. appoggiò il vicerè G. de Besora che, con truppe fornitegli da Sassari, da Alghero e da Bosa, marciò contro il ribelle, riuscendo, dopo un assedio durato due anni, a costringerlo alla sottomissione. E quando Alfonso V fu battuto dai Genovesi nella battagha navale di Ponza (1435) e fatto prigioniero con molti cavalieri del suo seguito (tra loro il fratello del C., Salvatore), la lealtà del marchese di Oristano, mostratosi pronto a difendere con tutte le sue forze gli interessi dei re, consentì di superare il difficile momento: Niccolò Doria fu costretto ad abbandonare i castelli di Monteleone e di Bonvechi, che vennero smantellati. L'anno dopo, con diploma del 14 giugno 1437, Alfonso V concesse al C., in segno di gratitudine, il privilegio in virtù del quale il diritto di successione alla contea di Goceano e al marchesato di Oristano fu esteso anche alla linea femminile della famiglia Cubello.

Dopo la resa di Castelgenovese e la definitiva cacciata dei Doria dalla Sardegna, l'isola rimase tranquilla. Un altro male, tuttavia, andava minacciandone la pace interna: il dispotismo degli ufficiali regi. Il grande bisogno di denaro, le continue richieste di aiuti e soprattutto la prolungata assenza di Alfonso V, che, sempre impegnato nei vari teatri di guerra, non poteva seguire con la dovuta attenzione gli affari interni dell'isola, avevano consentito ai rappresentanti del re, da quelli di grado più alto ai minori, di arrogarsi facoltà presto degenerate in abusi di carattere pecuniario e giursdizionale a danno della feudalità sarda.

Il C., insieme con altri feudatari, avvertì il pericolo di uno stato di cose che esasperando il popolo, poteva sfociare in nuove ribellioni; si rivolse pertanto direttamente al sovrano per ottenere il permesso di convocare lo Stamento militare del regno, per esaminare la situazione generale dell'isola e proporre al re gli opportuni rimedi. Alfonso V, con diploma del 22 marzo 1446, autorizzò il C. e Giacomo Carroz conte di Chirra a convocare la riunione stamentaria. Le sessioni dell'assemblea, iniziate due mesi dopo, si conclusero con la presentazione al re di una serie di proposte che furono accompagnate dall'offerta volontaria di un donativo di 12.000 ducati e che miravano principalmente a sradicare gli abusi compiuti dagli ufficiali regi, a sottoporre la loro attività a periodici controlli del potere centrale, a ristabilire alcune prerogative feudali, a svincolare gli abitanti delle campagne da antichi divieti. Più importante era la richiesta di poter convocare, per iniziativa dei feudatari, lo Stamento militare o l'intero Parlamento; Alfonso l'accolse, riservando il potere di convocare le due assemblee al marchese di Oristano. al conte di Chirra ed al conte d'Oliva (sardo il primo, catalano-aragonesi gli altri due).

Il C. morì nel 1457, senza lasciare figli.

Gli successe, come marchese di Oristano e conte di Goceano, il fratello Salvatore. Questi, nato intorno al 1398, era stato inviato assai giovane in Ispagna, ed aveva ricevuto la sua educazione presso la corte dei re Ferdinando I d'Aragona. Aveva, in seguito, servito fedelmente Alfonso V il Magnanimo come uomo d'arme: nel 1423-24, nella guerra contro Giovanni II di Castiglia; quindi in Sicilia, dove era stato inviato con 200 cavalieri sardi per tenere a freno alcuni castellani, della cui lealtà si aveva ragione di dubitare; poi nella spedizione africana del 1432 contro l'isola di Gerba; infine all'assedio di Gaeta e nella battaglia navale di Ponza (1435), nel corso della quale era caduto prigioniero dei Genovesi, insieme al suo re. Liberato, aveva qualche tempo dopo fatto ritomo in Sardegna, e da allora si era occupato essenzialmente dei suoi feudi.

Anni prima, nel 1430, aveva rinunciato ai suoi diritti sull'eredità patema, in favore dei fratello Antonio, per 1.000 fiorini d'oro, con i quali aveva acquistato tutte le ville appartenute nella contrada di Parte Cieri al viceré Ludovico de Pontos. Nel 1436 aveva ottenuto da Alfonso I la conferma dei territori di Mondrolisai e della Barbagia di Ollolai, che aveva ereditato dalla madre. Sempre in quell'anno il re gli aveva donato, msieme con le loro pertinenze, anche una ventina di ville site nelle contrade di Parte Barrigadu e di Parte Cieri. Nel 1439, forse per definire questioni ereditarie della moglie, Caterina de Centelles dei conti d'Oliva, aveva acquistato dal cognato Francesco Gilberto de Centelles la contrada di Costa de Valls, il Marghine e la villa di Macomer col castello. Quando successe al fratello, era dunque uno dei maggiori feudatari dell'isola. Si era anche fatto notare come personalità politica di primo piano nelle riunioni parlamentari del 1446 e del 1452.

Poco ci dicono le fonti sui tredici anni in cui fu marchese di Oristano e conte di Goceano. Morì, senza figli, nella primavera del 1470, lasciando crede il nipote, Leonardo Alagon.

Fonti e Bibl.: Madrid, Arch. hist. nacion., Fondos del ducado de Osuna, legg. 1010, 4069; Codex dipl. Sardiniae, a cura di P. Tola, in Mon. Hist. Patriae, XII, Augustac Taurinorum 1868 nn. 22, 23, 26; J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, Zaragoza 1610, I. XIII, cap. 9; XIV, capp. 13, 14, 16; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, a cura di L. Cibrario, Augustae Taurinorum 1835, pp. 224, 344 s., 347 ss., 351, 362, 364; A. Boscolo, I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, Milano 1953, pp. 18, 49 s., 57, 59 s., 107, 122, 128, 142, 144, 146; A. de Capmany, Memorias hittoricas sobre la marina. comercio y artes de la antigua ciudad de Barcelona, Barcelona 1779-1792, II, Append., pp. 31 s.; G. Manno, Storia di Sardegna, II, Milano 1835, pp. 102-105; P. Martini, Biografia sarda. Cagliari 1837, I, pp. 396 s.; D. Scano, Serio cronologica dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI (1939). p. 86; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini illustri di Sardegna, Torino 1837, I. sub voce.

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