ANTONIO da Cannara

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANTONIO da Cannara (Antonius de Canaro, de Canario, de Cannaro, de Cannario, Antonio Bencioli)

Roberto Abbondanza

È con molta probabilità da identificare con l'"Antonius de Fulgineo", che si laurea in diritto civile a Bologna il 2 sett. 1398. Non era affatto ravennate, come taluno pretende sulla base di un probabile errore di trascrizione nella copia che si possiede dell'opera del Diplovataccio, il quale, in realtà, doveva aver scritto nell'originale "recanatensis"; né piemontese, come è fatto dall'Argelati, né polesano, come ritiene lo Chevalier, ma certamente di origine umbra (Cannara è in provincia di Perugia ed è assai prossima a Foligno). Morì cittadino di Recanati.

Lo troviamo, all'instaurarsi della signoria di Francesco Sforza, stabilito nelle Marche, a Recanati, dove s'era sposato e dove aveva ottenuto la cittadinanza. Fu uno dei personaggi più influenti nella vita politica, amministrativa, giudiziaria di quel Comune nella prima metà del Quattrocento e godette nel contempo di grande prestigio in tutta la regione. I documenti lo mostrano, tra l'altro, insieme ad Angelo da Perugia incaricato nel 1440 da Francsco Sforza di sindacare Antonio da Velletri, auditore della Marca rimosso dall'ufficio. Nel 1442 è oratore del Comune presso lo stesso Sforza; nel 1444 è menzionato tra i principali autori del consiglio espresso per confermare la fedeltà di Recanati al cardinale legato Domenico Capranica; nel 1447 è incaricato insieme al vescovo di svolgere le trattative per la pace tra Osimo e Recanati da una parte e Ancona dall'altra, pace alla quale teneva particolarmente Niccolò V. Morì a Recanati nel 1451 e fu sepolto nella chiesa di San Francesco, dove la sua lapide esiste ancora, benché poco leggibile.

A., che non pare abbia mai insegnato, godette tuttavia di una reputazione assai notevole come giurista. Le sue opere, di carattere spiccatamente pratico, frutto dell'attività di avvocato e di consulente, ebbero una certa fortuna. Del De executione instrumentorum, scritto nel 1433-34, oltre a tre manoscritti (Firenze, Bibl. Marucelliana, Cod. Maruc. C 393; Roma, Bibl. Vaticana, Cod. Vat. Lat.8068, Cod. Vat. Lat.10726), si hanno non meno di 13 edizioni (comprese quelle in opere di carattere collettivo): Pescia 1486, Siena 1487, Pescia 1491, Milano 1493, Milano 1495/1500, Lione 1535, 1544, 1549, Roma 1571, Venezia 1584, Roma 1588, Venezia 1589, 1625. Inedito è il Tractatellus de revocatione interlocutorie, del 1439 (Roma, Bibl. Vaticana Cod. Vat. lat.10726). Seguono il De insinuationibus, scritto nel 1440, edito, a Pescia 1486, Milano 1493, Pavia 1505, Parigi 1512, 1516, Lione 1535, 1544, 1549, Venezia 1584; e il De excusatore, composto nel 1446, pubblicato almeno undici volte: Pescia 1489, Milano 1493, Venezia 1500 (?), Milano 1495-1500, Pavia 1505, Lione 1535, 1544, 1549, Venezia 1563, 1570, 1584. Il trattato De quaestionibus et tormentis (Venezia 1563, Basilea 1563, Venezia 1584), fondato sulla dottrina canonistica oltreché sul diritto romano, è un'opera scarsamente originale, per quanto chiara e ben ordinata sistematicamente. L'autore si ispira specialmente a Innocenzo IV, Bartolo e Baldo. Un consiglio di A. è stampato nei Consilia criminalia (Venezia 1563 e 1582). Altri consigli, inediti, sono nella Biblioteca Vaticana (Cod. Vat. Lat.9265 e 10726, Cod. Urb. Lat.1132, Cod. Ottob. Lat.1727) e nella Biblioteca Classense di Ravenna (Ms. 485, voll. II e VI).

Inedita è rimasta l'opera sua forse più importante, il Tractatus de potestate papae supra concilium generale contra errores Basilienses, scritto dopo il 1440 in polemica con Nicolò de' Tudeschi e dedicato al vescovo di Macerata e di Recanati Niccolò Asti. Si conserva nella Biblioteca Vaticana in triplice copia Codd. Vatt. Latt.4131, 4186, 4905, di cui uno, forse, autografo); nella Biblioteca Palatina di Parma (Parmense 975); e nella Biblioteca Augusta di Perugia (Ms. 248). Non ne è mai esistita una copia a Lucca, come invece segnalò il Blume; quasi certamente perduta è l'altra copia segnalata dallo stesso Blume a Genova.

Fonti e Bibl.: Il Liber secretus iuris Caesarei dell'Università di Bologna, a cura di A. Sorbelli, I, Bologna 1938, p. 124; II, ibid. 1942, p. 15; L. Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, Foligno 1658, p. 47; D. Calcagni, Mem. istor. della città di Recanati, Messina 1711, pp. 67, 224, 311; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, 2, col. 267; II, 2, col. 1965; Sacrorum conciliorum nova... collectio, XXX, Venetiis 1792, col. 1185 s.; F. Blume, Bibliotheca librorum manuscriptorum italica, Gottinga 1839, pp. 4, 67; G. A. Vogel, De ecclesiii Recanatensi et Lauretana... commentarius historicus, I, Recanati 1859, p. 196 s.; A. Gianandrea, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'Archivio fabrianese, in Arch. stor. ital., s. 5, III (1889), p. 178 s.; M. Rosi, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca, secondo le memorie dell'archivio recanatese, Recanati 1895, pp. 26, 53, 139, 217, 220, 347; E. Besta, Le fonti, in Storia del diritto italiano diretta da P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 898; I. Pesarini, Le iscrizioni medievali di Recanati, Recanati 1933, p. 26 s.; Gesamtkatalog der Wiegondruche, nn. 5958-5967; p. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel diritto comune, I, II, Milano 1953-54, passim; G. Catalano-C. Pecorella, Inventario ragionato dei manoscritti giuridici della Biblioteca Palatina di Parma, Milano 1955, pp. 66-67 (estr. da Studi Parmensi, V, 1955).

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