ABBONDI, Antonio detto lo Scarpagnino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ABBONDI, Antonio detto lo Scarpagnino

Giovanni Mariacher

Nato da Pietro tra il 1465 ed il 1470, era di origine milanese (ma non è possibile precisare se nativo proprio di Milano). Compare in Venezia per la prima volta in un documento del 13 ott. 1505, con il quale i "magnifici Provedadori al Sal" gli davano l'incarico di sovrintendere ai lavori del Fondaco dei Tedeschi, già iniziati, su disegno di un Girolamo Tedesco, da Giorgio Spavento e da questo interrotti per altri impegni.

Nel citato documento di nomina (in Paoletti, p. 261, n. 8) è ricordato come "taiapietra": lapicida, aveva in Venezia una bottega, che mantenne con qualche interruzione anche per il resto della sua vita; gli veniva riconosciuta dai Provedadori al Sal la paga, eccezionale, di 50 ducati all'anno, perché valente "absque ulla comparatione".

Assunti i lavori, l'A. li condusse a termine dando al Fondaco l'aspetto che ancor oggi conserva: il 1 ag. 1508 vi veniva celebrata la prima messa, mentre il Fondaco iniziava in pieno la sua attività. Contemporaneamente l'A. partecipò ai lavori, che durarono a lungo, per la chiesa di S. Sebastiano, fornendo pietre (per cui ci son ricevute fino al 1549 a nome suo e di suo figlio Marco) e curando specialmente l'erezione del campanile (collaudato nel 1547).

Nominato nel 1511 proto all'Uffizio del Sai, alla fine di maggio del 1514 - gli venne conservato lo stipendio di 50 ducati - ebbe l'incarico di restaurare e rafforzare il ponte di Rialto, e, poco dopo, vide accettato il suo progetto di ricostruzione delle botteghe di Rialto, distrutte da un furioso incendio il 10 genn. 1514, venendo preferito a fra' Giocondo da Verona.

La preferenza accordata al progetto dell'A., fatto che causò un iroso ed ingiusto giudizio del Vasari (Le Vite...,V, pp. 271 ss.), fu dovuta essenzialmente a motivi di praticità: maggiore rapidità di lavoro, non richiedendo il progetto dell'A. la demolizione di alcuni edifizi circostanti la zona dell'incendio; economia di denaro, tanto più necessaria in quegli anni di guerra.

Accettato il progetto il 26 ag. 1514, si iniziarono, subito dopo, i lavori, che durarono ininterrotti fino al 1523 e condussero alla costruzione delle cosiddette Fabbriche Nuove e del palazzo dei Dieci Savi. In quegli stessi anni l'A., a Verona, curò il restauro del Ponte della Pietra danneggiato dalla piena dell'Adige dell'ottobre 1512 e temporaneamente riattato in legno. Come avvertiva un'epigrafe, oggi scomparsa, i lavori furono diretti dall'A., e gli fu socio Francesco Lurano, che anche altre volte è ricordato come suo collaboratore per le opere in muratura. Sempre in questi anni l'A., probabilmente, ricostruiva, su pianta a croce greca con volta a botte e a vela, la chiesa di S. Giovanni Elemosinario, anch'essa distrutta nel già ricordato incendio del 1514 a Rialto: i lavori eran terminati non molto dopo l'elezione al dogado d'Andrea Gritti (1523). Ma erano anni per l'A. economicamente difficili. Egli che, unico tra i proti di Venezia, si era offerto di curare senza paga le fortificazioni di Legnago, il 26 maggio 1527 si diceva, in una supplica (pubblicata dal Lorenzi, pp. 169-170, n. 262) rivolta al doge e al Consiglio dei Dieci, costretto ad accettare l'offerta d'impiego fattagli dal gran maestro dei cavalieri di S. Giovanni a Rodi. Ma veniva trattenuto a Venezia come "peritissima et sufficiente persona", con nuovi e fruttuosi incarichi.

Nel 1526 l'A. e il suo socio Francesco Lurano compivano i lavori di restauro nella chiesa di S. Andrea della Certosa, a cui avevano inoltre fornito il materiale di costruzione occorrente. Il 6 ott. 1527 l'A. veniva nominato proto della Scuola Grande di S. Rocco, di cui diresse i lavori fino alla morte: gli si deve la facciata sul campo, il grande scalone, la cosiddetta sala dell'Albergo, oltre al generale rafforzamento dell'edificio e alla rifinitura di numerosi particolari minori. Nominato confratello della Scuola di S. Marco nello stesso anno 1527, sei anni dopo vi esegui, con Iacopo Sansovino, il modello per l'altare grande della sala superiore.

Dal dicembre 1523 aveva anche partecipato ai lavori nel Palazzo Ducale: gli si deve la ricostruzione della sala dello Scrutinio, della sala del Senato (dopo il 1525), la porta d'ingresso a quella che sarà poi la Scala d'oro (prima del 1538),poi la costruzione d'uno dei lati del palazzo sul canale (1540-41). Di particolare rilievo la facciata interna che dà sul cosiddetto cortiletto dei Senatori (si servi anche dei disegni del suo predecessore Giorgio Spavento), conclusa poi col "reparare e coprire la terrazza del Serenissimo Principe che è sopra la Chiesiola", ossia la cappella dogale di S. Nicolò (1546).

Alla lunga serie di opere sicure dell'A. - si ricorda ancora la ricostruzione del palazzo Loredan a S. Stefano, dopo il 1536 - bisogna aggiungere quelle a lui attribuite con buone probabilità, ma per le quali non abbiamo una precisa documentazione: il palazzo Contarini "dalle Figure", a S. Samuele, costruito negli anni d'attività dell'A., con caratteristiche di stile simili a quelle delle sue costruzioni certe; la chiesa di S. Fantin, iniziata nel marzo 1507 e completata da Iacopo Sansovino. Ma benché la sua attività a Venezia sia largamente documentata, non sempre è facile stabilire la parte spettantegli nelle varie costruzioni, dove egli spesso si trovava in qualità di imprenditore, o direttore dei lavori, su progetto già da altri preparato.

Si può però affermare che la sua arte si lega alle forme divulgate a Venezia da Mauro Codussi. Tra le opere più tipiche in tal senso, e significative, è principalmente la Scuola Grande di S. Rocco. Qui, accanto a elementi forse risalenti al progetto iniziale dello Spavento, entrano in gioco rapporti e strutture architettoniche evidentemente derivate dal Codussi. La parte più felice della nuova costruzione, oltre al secondo ordine della facciata, è il monumentale scalone a doppia rampa, certamente il primo del genere in Venezia. Rapporti con l'arte del Codussi sono leggibili anche nell'interno di S. Sebastiano, con coro traversale o "barco" (da confrontarsi con quello di S. Michele in Isola) e cupola sul presbiterio. Anche l'interno di S. Fantin, concepito su pianta rettangolare senza transetto, porta due cappelline ricavate nelle navatelle laterali che sono perfettamente affini a quelle di S. Giovanni Crisostomo. Codussiani sono infine il portale della stessa chiesa e l'impiego di snelle modanature con esili pilastrini, visibili anche sulla facciata del palazzo Contarini.

L'A. diede un notevole apporto con la sua vasta operosità allo sviluppo delle forme rinascimentali dell'architettura veneziana, prima del Sansovino e del Palladio. Della stima di cui egli godeva è prova anche la perizia, affidatagli nel 1546,per giudicare del lavoro fatto dal Sansovino nella Libreria di S. Marco.

L'A. mori a Venezia, pare, il 26 nov. 1549.

Bibl.: G.Vasari, Le Vite.., con nuove annotazioni e commenti di G. Milanesi,V, Firenze 1880, pp. 271 s. (per il contrasto con fra' Giocondo); F. Sansovino, Venetia, città nobilissima et singolare,Venezia 1581, f. 65 s. (per il disegno della chiesa di S. Giovanni Elemosinario o Nuovo, fatto dall'A.); T. Temanza, Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani...,Venezia 1778, pp. 106-109; P. Selvatico, Sulla architettura e sulla scultura in Venezia,Venezia 1847, pp. 208-213; G. B. Lorenzi, Monumenti per servire alla storia del Palazzo Ducale di Venezia,I, Venezia 1868, passim (si consulti l'indice sotto le voci: Antonio Proto e Scarpagnino Antonio Proto del Magistrato al sale); P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia,Venezia 1893, pp. 116, 122 s, e 125-127 (documenti sull'A. e sulla Scuola Grande di S. Rocco), 154, 177, 228, 261, 280-292 (vita ed opere dell'A.), 294;M. Brunetti, La Scuola Grande di S. Rocco,in Riv. di Venezia,VI (1927), pp. 327 ss.; P. Paoletti, La Scuola Grande di S. Marco, ibid.,VIII (1929), p. 61; R. Pallucchini, Tintoretto a S. Rocco,con note storiche di M. Brunetti, Venezia 1937, p. 7; A. Venturi, Storia dell'arte ital.,XI, 1, Milano 1938, pp. 831-847; F. Forlati, Il Fondaco dei Tedeschi,in Palladio,IV (1940), pp. 275-286; M. Brunetti, Il Fondaco dei Tedeschi nell'arte e nella storia,in Il Fondaco nostro dei Tedeschi,a cura di M. Dazzi, s. l. né a. [ma Venezia 1941], pp. 61 s.; L. Angelini, Le opere in Venezia di M. Codussi,Milano 1945, pp. 102 s., 105 ss. (per il palazzo Contarini delle Figure); G.Lorenzetti, Venezia e il suo estuario,Roma 1956 (2 ediz.), pp. 81, 233, 242 s., 245, 392, 461 s., 497, 502 s., 541, 566, 589, 591, 623, 628 ss.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler,I, pp. 13-14, sub voce Abbondi; Encicl. Ital.,XXXI, p. 12, sub voce Scarpagnino.

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