PANIZZI, Antonio Genesio Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PANIZZI, Antonio Genesio Maria

Stephen Parkin

PANIZZI, Antonio Genesio Maria. – Nacque a Brescello, nel Reggiano, il 16 settembre 1797 da Luigi, droghiere-farmacista, e da Caterina Gruppi.

Dopo aver frequentato la scuola di grammatica di Brescello, il giovane Panizzi si trasferì al ginnasio superiore di Reggio, dove conobbe l’abate Gaetano Fantuzzi, poi direttore della Biblioteca comunale. Nel 1814 iniziò i suoi studi all’Università di Parma, laureandosi in giurisprudenza quattro anni dopo (sia il padre che il fratello della madre erano avvocati). Durante gli anni dell’università strinse amicizie significative nella società parmense, soprattutto con il conte Claudio Linati e Ambrogio Berchet. Inoltre frequentò Angelo Pezzana, funzionario della Biblioteca Estense, con il quale rimase in contatto negli anni seguenti.

Dopo essersi laureato, tornò a Brescello, dove ritrovò la sorella minore Margherita, nata nel 1802, e aprì uno studio legale. Nel 1819 fu nominato amministratore della locale Congregazione di carità, svolgendo successivamente anche il ruolo di giudice dell’Annona.

Probabilmente durante la permanenza a Parma, in quegli anni sotto il regime piuttosto liberale della duchessa Maria Louisa d’Asburgo-Lorena, Panizzi entrò per la prima volta in contatto con la complessa rete delle società segrete formate per sostenere la causa nazional-patriottica italiana, iscrivendosi alla società dei Sublimi maestri perfetti.

A Brescello continuò le sue attività clandestine, che diventavano sempre più pericolose. Nel settembre 1820 Francesco IV d’Austria-Este duca di Modena e Reggio emanò un decreto contro l’appartenenza alle società segrete, considerata da allora in poi un reato di lesa maestà che comportava la pena di morte, anche se gli arresti di persone sospette cominciarono soltanto agli inizi del 1822. A maggio dello stesso anno il direttore di polizia Giulio Besini fu assassinato; Francesco IV reagì al delitto istituendo un tribunale nel castello di Rubiera per processare, con procedura sommaria, quarantasette detenuti. Tutti furono condannati a morte (anche se una sola esecuzione ebbe poi effettivamente luogo) oppure a diversi periodi di carcere. Il nome di Panizzi era apparso negli atti del processo: di fronte all’arresto imminente, il 22 ottobre 1822 fuggì in Svizzera, soggiornando prima a Lugano e poi a Ginevra. A Lugano scrisse e pubblicò una feroce denuncia del processo di Rubiera: Dei processi e delle sentenze contra gli imputati di lesa maestà e di aderenza alle sette proscritte negli Stati di Modena, con falso luogo di stampa (Madrid), ma con il suo nome sul frontespizio.

Il libro fu ripubblicato quasi vent’anni dopo la sua morte a Roma nel 1897 in una celebre edizione curata per la società Dante Alighieri da Giosue Carducci con il nuovo titolo: Le prime vittime di Francesco IV Duca di Modena.

Sotto la pressione dei governi stranieri, le autorità svizzere constrinsero Panizzi a lasciare Ginevra. Egli decise di avviarsi verso l’Inghilterra, arrivando a Londra nel maggio 1823. Infuriato per la pubblicazione del libro, Francesco IV ordinò che Panizzi fosse processato in absentia: fu condannato a morte in effigie e l’anno dopo il suo arrivo nel Regno Unito gli fu recapitata una lettera in cui gli era richiesto il rimborso dei costi del processo.

A Londra Panizzi conobbe altri Italiani, esuli dopo le rivoluzioni del biennio 1820-21, fra cui Santorre di Santarosa e Giuseppe Pecchio. Incontrò anche Ugo Foscolo, impegnato allora nell’edizione della Commedia. Questi lo incoraggiò nelle sue ricerche letterarie e lo aiutò, quando dovette lasciare Londra non avendovi trovato un lavoro stabile. Gli scrisse, infatti, una lettera di presentazione per William Roscoe, un ricco banchiere residente a Liverpool che coltivava la letteratura e le arti italiani. Nell’autunno del 1823 Panizzi si trasferì a Liverpool, rimanendovi fino al 1828.

Furono anni felici: l’ambiente di Roscoe e il circolo italofilo dei suoi amici gli era congeniale e cominciò ad affermarsi come insegnante e studioso nonché, avendo imparato rapidamente e bene la lingua inglese, occasionale collaboratore delle principali riviste letterarie del periodo. In quegli anni iniziò le ricerche su Boiardo e Ariosto, coronate fra 1830 e 1834, dopo il ritorno a Londra, dalla pubblicazione della monumentale edizione comparata dell’Orlando Innamorato di Bojardo. Orlando furioso di Ariosto. With an essay on the romantic narrative poetry of the Italians. Memoirs and notes, che rimase il suo principale contributo agli studi sulla letteratura italiana rinascimentale.

Panizzi continuò a mantenere rapporti con gli altri Italiani in esilio in Gran Bretagna ma, al contrario di molti di loro, si costruì anche una rete estesa di contatti fra i ceti alti della società inglese (fra cui il celebre ambiente aristocratico e liberale di Holland House a Londra, dove Foscolo era già stato accolto). Si immedesimò nella cultura adottiva, togliendosi l’etichetta dell’esule e prendendo, meno di dieci anni dopo aver abbandonato la penisola, la cittadinanza britannica. Fra quei rapporti quello più significativo fu con Henry Brougham, avvocato e statista, a cui Panizzi aveva prestato una consulenza sulla legge matrimoniale continentale. Colpito dalle capacità del giovane italiano, Brougham lo invitò a fare domanda per la prima cattedra di lingua e letteratura italiana nella nuova Università di Londra, poi University College London, di cui Brougham era fra i fondatori. Panizzi era restio a lasciare Liverpool, ma assunse l’incarico all’inizio del 1828.

Proseguì la carriera universitaria fino al 1837, malgrado la delusione che il ruolo gli recò: gli studenti erano pochi e si trovò di malavoglia a dover insegnare la lingua ai principianti. Ciononostante, all’inizio del suo impegno pubblicò due manuali: An elementary Italian grammar for the use of students in the London University (London 1828) e Extracts from Italian prose writers for the use of students in the London University (ibid. 1828).

Consapevole della sua frustrazione, Brougham, che nel frattempo era diventato membro del consiglio di amministrazione del British Museum, gli procurò un posto di ‘extra assistant librarian’ nella sezione dei libri a stampa. Così nell’aprile 1831 Panizzi entrò nella British Museum Library. Per sei anni, con le insolite energie che tutti notavano in lui, si inserì nel lavoro quotidiano della biblioteca, mentre continuava a insegnare all’università. Nello stesso periodo, portata a compimento l’edizione del Boiardo e dell’Ariosto, intraprese la stesura del catalogo della biblioteca della Royal Society. Nel 1837 succedette a Henry Baber come keeper of printed books.

Nei due decenni che seguirono, Panizzi realizzò con energia e determinazione una serie di riforme nell’istituzione che coinvolsero quasi tutti i suoi aspetti – l’acquisizione e la crescita delle collezioni, la catalogazione, la conservazione, i servizi offerti ai lettori – trasformandola in una biblioteca di ricerca di importanza internazionale e di grande efficienza. Minacciando di fare causa contro gli editori, riuscì anche a far applicare rigorosamente il deposito legale per i libri pubblicati nel Regno Unito; una legge già esistente, ma che era stata quasi completamente trascurata. Dopo una serie di rapporti incisivi scritti fra 1842 e 1844 sulle lacune nelle collezioni riuscì a ottenere dal ministero del Tesoro un notevole aumento dei fondi annuali stanziati per l’acquisto delle edizioni antiche e di libri in lingue straniere. La sua amicizia con Thomas Grenville, uno dei collezionisti inglesi più importanti del primo Ottocento, la cui biblioteca era stata una fonte primaria per le sue ricerche su Boiardo e Ariosto, convinse questi a lasciare dopo la morte, nel 1846, la sua raccolta di oltre 20.000 volumi alla British Museum Library: fu il più importante e prestigioso fondo di edizioni antiche donato all’istituzione londinese dopo la biblioteca di Giorgio III.

Per quanto riguarda la catalogazione, Panizzi promosse una duplice rivoluzione: sia nei metodi adoperati nella descrizione dei libri, con la compilazione di regole scientificamente accurate e innovative (le famose novantuno Rules for the compilation of the catalogue approvate nel 1839 e pubblicate nel 1841, che rimasero in uso fino alla seconda metà del ventesimo secolo); sia nella produzione di un vero catalogo generale aggiornato e capace di accogliere sollecitamente gli aumentati afflussi di nuovi libri. Infine, quando la necessità di creare nuovi spazi per le collezioni diventò impellente dagli anni Quaranta in poi, Panizzi fu attivo nella promozione del progetto grandioso e radicale di costruire una sala di lettura rotonda nel cortile interno quadrangolare del Museo, riempiendo gli spazi rimasti con scaffalature su più piani per i libri. La sua visione di uno spazio rotondo coronato da un’alta cupola fu realizzata dall’architetto Sydney Smirke fra 1854 e 1857.

L’anno prima del completamento della nuova sala di lettura, Panizzi diventò principal librarian, a capo di tutti i dipartimenti nel Museo, e non soltanto di quello dei libri a stampa. Anche in quel ruolo egli proseguì instancabilmente alcune riforme nell’organizzazione e nelle pratiche dell’istituzione. Sostenne la proposta di separare le collezioni scientifiche, chiarendo definitivamente il carattere del British Museum, e riuscì a ottenere dal governo importanti miglioramenti sia nelle retribuzioni sia nelle condizioni di lavoro per tutti i dipendenti. Le sempre più precarie condizioni di salute lo costrinsero però nel 1865 a chiedere il pensionamento, che ottenne l’anno seguente.

Nonostante gli impegni istituzionali di grande portata che accompagnarono la sua carriera a Londra nei decenni precedenti e successivi l’unificazione, Panizzi seguì attivamente il corso degli eventi italiani, mantenendo contatti fra gli esiliati in Inghilterra, tra cui Mazzini, con il quale ebbe un rapporto difficile, ma anche con uomini politici di spicco che emergevano nella penisola come il conte di Cavour e Massimo d’Azeglio. Grazie agli stretti rapporti intrecciati con diversi statisti inglesi quali Lord Palmerston, Lord John Russell e, soprattutto, William Ewart Gladstone, a cui lo legò un’amicizia duratura, Panizzi diventò una figura chiave anche nel contesto della politica adottata dai diversi governi inglesi verso la situazione italiana. Non esitò tuttavia a criticare le condotte ministeriali quando vi intravide un sopruso a favore dell’ingerenza dei poteri stranieri negli affari della penisola, come quando, nel 1844, alcune lettere di Mazzini vennero aperte per ordine del ministero dell’Interno con l’intenzione di trasmetterne i contenuti agli austriaci. Dopo il 1850, in seguito alle pubbliche critiche avanzate da Gladstone contro il regime borbonico, Panizzi promosse altresì una vigorosa campagna a favore dei detenuti politici nel Regno delle Due Sicilie, partecipando di persona ai tentativi di farli fuggire dal carcere. Svolse, infine, un ruolo di rilievo nell’organizzazione della visita trionfale di Garibaldi a Londra nel 1864.

Verso la fine del suo impegno professionale tornò agli studi letterari, curando un’edizione anastatica de Le prime quattro edizioni della Divina Commedia letteralmente ristampate (Londra 1858) e la ricerca Chi era Francesco da Bologna? (ibid. 1858), di cui pubblicò una seconda edizione nel 1873. Della sua carriera pluridecennale al British Museum fornì un ampio e dettagliato resoconto nell’opuscolo Passages in my official life (London 1871), apparso in traduzione italiana con il titolo Cenni intorno alla mia vita ufficiale in Inghilterra (Milano 1875).

Nel 1868 fu nominato senatore del Regno d’Italia e l’anno dopo fu ammesso nell’ordine cavalleresco inglese ‘of the Bath’ come knight commander (KCB) con il nome e titolo di ‘Sir Anthony Panizzi’. Morì a Londra l’8 aprile 1879.

Panizzi non era sposato. Nel 1860 era diventato il tutore legittimo del quattordicenne Louis Fagan, figlio dell’attaché inglese a Napoli, che lo aveva aiutato durante la sua campagna per liberare i detenuti politici dalle carceri borboniche. Fagan trovò un posto di lavoro al British Museum nel 1869 e rimase vicino all’anziano Panizzi, di cui diventò l’esecutore testamentario e il primo biografo.

Opere: la bibliografia più completa delle sue opere, compresi i diversi documenti ufficiali scritti nel corso della carriera e le recensioni occasionali, si trova in G. Anceschi, Nota bibliografica degli scritti di e su A. P., in Studi su A. P., a cura di M. Festanti, Reggio Emilia 1981, pp. 515-535.

Fonti e Bibl.: La principale raccolta delle carte e della corrispondenza di Panizzi è conservata a Londra, British Library, Additional Mss. 30999, 31124, 36714-36729, 49596, 59778. Sue lettere si possono rinvenire nei volumi della corrispondenza di altri personaggi del periodo, sempre nelle collezioni della British Library, fra i quali: Cavour (39757), Gladstone (44274), Lord Holland (52008-52009), Lacaita (42177). Per le lettere conservate in Italia, si veda: W. Spaggiari, Per l’epistolario di A. P. Inventario e regesto delle lettere conservate in Italia, in Studi su A. P., a cura di M. Festanti, Reggio Emilia 1981, pp. 153-513. Inoltre: L. Fagan, The life of Sir A. P., London 1880; C. Brooks, A. P. scholar and patriot, Manchester 1931; I. Bacchi, La giovinezza di A. P., Reggio Emilia 1932; G. Caprin, L’esule fortunato. A. P., Firenze 1946; E. Miller, Prince of librarians. The life and times of A. P. of the British Museum, London 1967; A. P. 1797-1879. Mostra documentaria, a cura di M. Festanti, Reggio Emilia 1979; C. Dionisotti, Un professore a Londra. Studi su A. P., a cura di G. Anceschi, Novara 2002; P.R. Harris, P. Sir Anthony, in Oxford Dictionary of national bi-ography, Oxford 2004, pp. 562-567; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale, a cura di F. Grassi Orsina - E. Campochiaro, VII, Napoli 2009, ad nomen; M. Isabella, Risorgimento in esilio. L’internazionale liberale e l’età delle rivoluzioni, Roma-Bari 2011, pp. 319 s.

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