MAGHELLA, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAGHELLA, Antonio

Francesca Maria Lo Faro

Nacque il 10 sett. 1766 a Varese Ligure, nella Repubblica di Genova, da antica famiglia di giurisperiti. I suoi genitori, Giovan Battista e Angela Bonicelli, ne affidarono l'educazione prima a un precettore, poi ai padri della Missione, nel cui collegio terminò il corso di filosofia. A Genova si dedicò, sotto la direzione dell'avvocato V. Gabaldoni, agli studi legali. Protetto dagli Spinola, cominciò la professione e per più di un anno visse a Vienna come segretario del concittadino A. Ferrari, lì destinato in missione diplomatica. Si trovava a Genova quando, nel 1797, nel movimento rivoluzionario messo in moto dalla vittoria delle armi di Napoleone Bonaparte, cominciarono i primi moti che dovevano poi rovesciare il governo oligarchico, ma non vi prese parte, benché arruolato, con altri volontari nobili, nel "battaglione dei Castellani". Nei mesi seguenti, mentre in tutta l'Italia settentrionale nascevano repubbliche sul modello francese, il M. si staccò dallo schieramento moderato e antifrancese per divenire nella Repubblica Ligure, con le elezioni del maggio 1799, presidente di un comizio elettorale e componente del Consiglio dei giuniori (come rappresentante di Gromolo e Vara) e poi responsabile governativo della polizia a Genova, carica che mantenne sino al 1803, accompagnato da accuse di illeciti lucri.

Intimo di C. Saliceti, ambasciatore di Francia a Genova, il M., promulgata nel luglio 1802 la nuova costituzione ligure, fu incluso tra i 30 senatori del Magistrato supremo e venne nominato presidente del ministero di Guerra e marina, al posto di G. Serra.

Il suo alto tenore di vita e i regali da lui indirizzati a una signora Catalani incrementarono voci di sue speculazioni nei cantieri del rione Foce. Sfuggito all'attentato organizzato da F.M. Piquet con altri nove cospiratori, nell'ottobre 1804 fu presidente della commissione di Sanità e applicò con rigore i regolamenti sanitari per combattere l'epidemia di febbre gialla scoppiata a Livorno.

Nel maggio 1805 il M. fece parte della deputazione senatoria, presieduta dal doge G. Durazzo, che si recò a Milano per assistere all'incoronazione di Napoleone a re d'Italia e il 25 maggio votò in Senato il decreto che sanciva l'annessione della Liguria all'Impero francese. Insignito della Legion d'onore (conferitagli da Napoleone, in visita a Genova dal 30 giugno al 5 luglio 1805), il M. rifiutò una carica consolare in Portogallo; ottenne invece, dall'agosto 1805, l'impiego di amministratore della Regia dei sali e tabacchi nei dipartimenti al di qua delle Alpi e per due volte fu eletto al Corpo legislativo francese. Con l'istituzione dei collegi elettorali nei tre nuovi Dipartimenti liguri, il M. presiedette quello di Chiavari; poi, dal gennaio 1807, rappresentò a Parigi per cinque anni il dipartimento degli Appennini nel Corpo legislativo.

Nel 1808 aveva in affitto due appartamenti: uno a Genova (palazzo Da Passano, a S. Domenico), l'altro a Torino (palazzo del barone Della Porbia, nella strada degli Ambasciatori, poi via Bogino). Proprio in questa città, il M. conobbe Gioacchino Murat e strinse contatti con Giuseppe Bonaparte, allora re di Napoli, città in cui il M. si trasferì e visse conservando i diritti di cittadino francese e continuando a percepire il sostanzioso trattamento di deputato (35.000 franchi annui). Tuttavia Napoleone, benché gli avesse dato il suo consenso, non gradì quello che giudicava un atto di grave insubordinazione e, anche nel prosieguo del tempo, guardò sempre con sospetto al M., su cui gravavano accuse di illeciti e di sleale dissidenza. Gli si faceva colpa, in sostanza, di aver aderito al partito murattiano (di tendenza "nazionale" e antifrancese) opposto a quello della regina Carolina, sorella di Napoleone.

A Napoli, durante il regno di Murat, il M. fu a lungo - dal 28 nov. 1808 - prefetto di polizia, fece parte di commissioni e propose di organizzare una milizia civica volontaria. Nella primavera del 1809, seguì C. Saliceti a Roma, ormai sotto il dominio francese, e prese forse parte ai lavori della Consulta romana. Ottenuto l'interim del ministero della Polizia al posto di Saliceti che ne era il titolare, il 12 marzo 1810 fu nominato consigliere di Stato.

Con Saliceti ebbe vari contrasti, tanto che si sussurrò che lo avesse eliminato col veleno; sta di fatto che il M. diresse l'attività di spionaggio e le trame intessute con le società segrete, talvolta in funzione antibritannica, tal'altra antifrancese. Tramite corrieri (il più noto fu G. Cassetti), ricevette da Palermo lettere e oggetti dalla regina Maria Carolina d'Austria e dalla polizia borbonica; ciò gli servì a sventare gli sbarchi dell'armata anglo-sicula, ma poi avversò il piano di Murat volto a invadere la Sicilia per sottrarla ai Borboni. Buon conoscitore dello spirito pubblico, intensificò i contatti con i gruppi politici latomici quando, nel 1810, cominciarono a circolare, grazie alla carboneria, idee di nazione e unità. Infine fece scarcerare i filoborbonici detenuti a Fenestrelle (1811) e così favorì il brigantaggio attivamente appoggiato dagli Inglesi. Per le sue opinioni contrarie agli interessi della Francia, il M. cominciò a esser sorvegliato e fatto oggetto di delazioni dai suoi stessi funzionari.

Sempre al centro di incidenti diplomatici e pettegolezzi di corte (come l'affaire del ministro H. d'Aure), il M., nonostante fosse naturalizzato napoletano, venne, come suddito francese, mandato a Parigi, dove, sottoposto a misure rigorose, restò 20 mesi. Fu soltanto nel dicembre 1813 che poté tornare a Napoli, dove, come ministro di Polizia e confidente del sovrano - che lo creò barone - ebbe parte primaria sulla scena politica (organizzò il governo nei Dipartimenti italici) e nell'orientare grandemente l'opinione pubblica, soprattutto durante la campagna d'Italia, verso i temi della costituzione e dell'indipendenza nazionale. Era ancora ministro di Polizia all'epoca del proclama di Rimini (30 marzo 1815), della disastrosa battaglia di Tolentino (2 maggio) e del trattato di Casalanza (20 maggio), che sancì la rinuncia al Regno da parte di Murat (con cui si era incontrato per l'ultima volta il 18 maggio).

Il M. non abbandonò Napoli ma, restaurati i Borboni, si vide negare il passaporto per Genova. Condotto prigioniero dagli Austriaci a Mantova, rimase in fortezza sino al 18 ottobre, per esser poi consegnato al governo sardo che lo internò per oltre un anno nel forte di Fenestrelle e poi lo confinò nel paese natio, nella sua tenuta di Borsa. In queste sue peregrinazioni il M. non fu mai abbandonato da un suo amico, il chirurgo F. Marchesi (genovese, conosciuto in Toscana) e dal cameriere G.B. Guerrini. Nel 1816 il governo borbonico gli confiscò il patrimonio fondiario (tre masserie a Monopoli), con conseguente lite giudiziaria.

Nel 1831 il M. fece parte di una commissione incaricata di istruire i processi contro i compromessi per i moti del 1831, e il 21 apr. 1832, su segnalazione di A.V. Tonduti della Scarena, segretario di Stato all'Interno, fu creato da Carlo Alberto di Savoia barone di Borsa. Torino divenne la sua residenza abituale, mentre continuava a essere sorvegliato per le opinioni politiche antiaustriache e per la sua adesione all'associazionismo settario (così attestò, il 9 ott. 1832, il marchese R. Doria, carbonaro e informatore di polizia a Milano col nome di S. Degregori).

Marito della contessa Paola Chiappe, vedova di G. Cristiani, dal 12 giugno 1834 e fino alla fine del 1835 fu sindaco di Varese Ligure. Nel 1836 il ritratto a fosche tinte che gli dedicò P. Colletta nella Storia del Reame di Napoli suscitò le sue proteste. Durante i moti del 1848 fu aggredito lungo la strada per Sestri Levante da gente del luogo che gli rinfacciava di aver ottenuto dal governo l'apertura di una strada rotabile.

Il M. morì a Borsa il 9 apr. 1850.

In un primo testamento, poi annullato, lasciò tutto il suo patrimonio ai padri della Missione. Il fratello Giacomo Vincenzo, con testamento rogato il 5 marzo 1851, legò parte delle sue sostanze per la creazione di un asilo infantile e istituì l'Opera pia Maghella.

Fonti e Bibl.: Le carte dell'archivio del M. furono in parte acquistate da A. Cavagna-Sangiuliani di Gualdara e utilizzate da L.C. Bollea per il saggio A. M. nel forte di Fenestrelle (ottobre - novembre 1815), in Il Risorgimento italiano, n.s., XI-XII (1919), pp. 247-260. Alcuni manoscritti autografi, in partic. un Compendio storico (scritto a partire dal 1815) e una Autobiografia, furono ordinati da L. Carranza e consultati da M.H. Weil che se ne servì per un Cenno biografico su A. M., in Miscellanea di studi in onore di Antonio Manno, Torino 1912, I, pp. 335-364. Documentazione relativa al M. è conservata a Parigi, Archives nationales, BB.30.179 à 189; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1953-57, II, pp. 331 ss.; III, pp. 110 ss.; P. Borrelli, Casi memorabili antichi e moderni del Regno di Napoli, Koblentz 1842, pp. 120-125; E.F. de [la Bonninière] Beaumont-Vassy, Storia degli Stati italiani dal Congresso di Vienna, I-II, Firenze 1851, cap. III; P. Colletta, Opere inedite, Napoli 1861, I, pp. 148 s.; [J. Bartholdy], Memorie sulle società segrete dell'Italia meridionale e specialmente sui carbonari (1821), Roma-Milano 1904, pp. 21-28; O. Dito, Massoneria, carboneria ed altre società segrete nella storia del Risorgimento italiano, Torino-Roma 1905, pp. 66 n., 67 e n.; L. Madelin, La Rome de Napoléon, Paris 1906, p. 602; A. N[eri], Appunti intorno ad A. M., in Giorn. storico e letterario della Liguria, IX (1908), 10-12, pp. 432-436; P. Palumbo, Il ministro M. ai tempi della prima guerra dell'indipendenza, in Riv. storica salentina, V (1909), pp. 1 ss., 113 ss., 183 ss.; O. Dito, La campagna murattiana della indipendenza d'Italia, Milano-Roma-Napoli 1911, pp. IX ss.; B. Croce, Una lettera di Tito Manzi a Giustino Fortunato, in Il Risorgimento italiano, IV (1913), p. 721; M.H. Weil, Le rappel en France d'A. M., mars-avril 1812, Napoli 1913; Id., Les dessous du Congrès de Vienne, Paris 1917, I, pp. 294 s.; L.C. Bollea, A proposito del M. e dell'ode patriottica del 1831, s.l. né d. [ma dopo il 1919]; R. Gramondo, Varese Ligure, Sarzana 1968, p. 104; A. Valente, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale, Torino 1976, ad ind.; F. Bonazzi, Elenco dei titoli di nobiltà, Cosenza 1997 (1ª ed., Napoli 1891), p. 93; Biographie des hommes vivants, Paris 1818, p. 287; Biographie nouvelle des contemporains, Paris 1823, XII, p. 239; Dict. des parlementaires français, a cura di A. Robert - E. Bourloton - G. Cougny, IV, Paris 1891, s.v.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", F. Ercole, Gli uomini politici, II, pp. 237 s.

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