MANETTI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANETTI, Antonio

Giuliano Tanturli

Nacque il 6 luglio 1423 da Tuccio di Marabottino di Vanni e da Cosa di Francesco Adimari a Firenze, quartiere di S. Spirito, "gonfalone" Drago, "popolo" di S. Frediano, dove soggiornò per l'intera vita. Fu immatricolato come fundacarius nell'arte della seta, giurando "pro magistro" il 25 febbr. 1440, nel solco dell'arte di famiglia. Non si hanno informazioni dirette sui suoi studi.

Nel 1441 è sottoscritta la sua più antica copia (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., G.II.1501, cc. 25-30) di un testo in volgare duecentesco, l'astrologico Arcadreo, dalla Mathematica Alandrei (Thorndike - Kibre, p. 84). In quegli anni il giovane M. copiò forse il II.IV.126 della stessa biblioteca, contenente sonetti di Mariotto Davanzati, rime della Vita nova e quindici canzoni di Dante, e canzoni di Bindo Bonichi.

La copia non è sottoscritta, ma è riconoscibile la mano del M., ancora vicina a quella dell'Arcadreo; c. 5r invece - a due colonne, contenente altri sonetti di Davanzati e uno in morte di Domenico di Giovanni detto il Burchiello (gennaio 1449) del M. stesso, con chiose, rubriche e correzioni - ha l'inconfondibile e stabile aspetto assunto negli anni maturi, a partire almeno dal 1450 (data dell'Ashb., 1325 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, contenente La sfera d'Alfragano di Giovanni da Sacrobosco, volgarizzata da Zucchero Bencivenni) ed è quindi da ritenere aggiunta.

In base ai dati a nostra disposizione, l'attività svolta dal M. non è opera d'amanuense, nemmeno, come accade, occasionale, ma si tratta solo e sempre del formarsi d'una biblioteca e cultura personale che, tuttavia, comporta riflessi, effetti, agganci e di non piccola portata con personaggi ed eventi di primo piano della coeva civiltà fiorentina.

Il ms. II.IV.126 della Biblioteca nazionale di Firenze porta un sonetto, Veloce in alto mar solcar vedemo, suo, seppure con ammiccante ritrosia l'autore, invece di nominarsi, abbia messo punti di sospensione (la paternità è garantita da altri testimoni: Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VII.118, c. 58v; 168, c. 73r), in morte del Burchiello, quindi di quel tempo o poco oltre, "a Mariotto Davanzati", cui diede occasione di scriverne un altro sulle stesse rime e argomento. Il codice Scarlatti (Ibid., Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e doni, 759) dà al M. il "sonetto d'impossibili" Giràn destri pel ciel, altrimenti assegnato a Davanzati, forse segno di rapporto e vicinanza fra i due. Un altro sonetto d'impossibili tradito dallo stesso codice sotto il nome del M., Fia ogni cosa chiara, ha contatti estesi con uno strambotto di Luigi Pulci. Gli sono inoltre attribuiti i sonetti inediti di risposta a Filippo Lapaccini, Per sodisfare a tanto intellettivo (Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, Mss., H.XI.54, p. 98) e di scherno a Filippo di ser Rinaldo Giannini (Genova, Biblioteca civica Berio, Mss., 11.6.9 [già Fondo antico, m.r. II.1-11]: cfr. Kristeller, I, p. 240, c. 84r).

Gli interessi scientifici dell'Arcadreo e della Sfera d'Alfragano seguiteranno nella copia della Composizione del mondo di Restoro d'Arezzo nel 1480 (II.VIII.37 della Biblioteca nazionale di Firenze) e della Sanità del corpo di maestro Aldobrandino ancora tradotto da Bencivenni (Conv. soppr., C.I.1259 della stessa biblioteca, non datato), della Theorica planetarum di Gherardo da Cremona volgarizzata da ignoto, dell'Imago mundi d'Onorio d'Autun e del De stellis fixis et imaginibus celi (Thorndike - Kibre, p. 1041), ancora in versioni anonime, ma presumibilmente richieste dal M. a Girolamo Pasqualini e scritte da lui sotto dettatura. Questi ultimi tre testi sono riuniti prima e dopo l'Arcadreo nel Conv. soppr., G.II.1501. Di natura pratica e scientifica sono il portolano e il compasso di navigazione copiati nel Magl. XIII.72. Spesso i testi raccolti dal M. sono anche documenti eccelsi di prosa volgare del Duecento e del primo Trecento; conoscerli e averli contribuì alla perizia della lingua che al M. sarà riconosciuta, ma l'impulso a procurarseli gli venne dalla materia scientifica. Su tale versante si pongono le informazioni, riferite a margine del volgarizzamento dell'Imago mundi, di Paolo Dal Pozzo Toscanelli, di cui nella Vita del Brunelleschi sono riferite l'alta stima per l'architetto e la pratica più che quarantennale con lui, lasciando intendere un rapporto circolare fra i tre.

L'interesse matematico non esaurisce, ma è il nerbo dei suoi studi su Dante. Del poeta si sono viste copiate per tempo le rime; segue il Convivio conservato nel manoscritto 1044 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, senza data, avviato dal fratello Marabottino, e la Commedia, il II.I.33 della Biblioteca nazionale di Firenze, finito il 3 ag. 1462 e postillato con fitti rinvii interni, ma anche alla Vita nova, al Convivio e alla Monarchia, chiose storiche e mitologiche, dichiarazione del senso allegorico e morale, attenta scansione, ma solo per l'Inferno, dei tempi del viaggio e rilievi sulla struttura dei luoghi.

Questi rilievi si svilupparono in appositi e approfonditi studi, i cui risultati prima sono riferiti da Cristoforo Landino nell'ultimo capitolo del proemio al commento alla Commedia, stampato a Firenze nel 1481, sul Sito forma et misura dello 'Nferno et statura de' giganti et di Lucifero con esplicito riconoscimento e rinvio all'opera del M., quindi, dopo la morte, da Girolamo Benivieni nel Dialogo di Antonio Manetti cittadino fiorentino circa al sito, forma e misure dello Inferno, stampato a Firenze nel 1506, anche per precisare e correggere il precedente in base sia al ricordo di sue parole sia a "suoi scritti". A queste indagini e ai loro resoconti rimase affidata la memoria del M., finché, nel 1870, Milanesi ne ripropose un più articolato ritratto, dando il via alla moderna fortuna e alle discussioni sulla sua attività.

Dopo quella della Commedia nel 1462 si datano sue copie d'altri libri: Giustino epitomatore di Pompeo Trogo volgarizzato, nel manoscritto Laurenziano lxxxix inf. 51, finito il 20 apr. 1466; la versione in volgare della Vita di Carlo Magno di Donato Acciaiuoli, finita l'8 settembre successivo ed esemplata dall'originale, cc. 96r-112v del citato Conv. soppr. G.II.1501.

Per il M. e Bernardo Del Nero, e su loro invito, Marsilio Ficino rese toscana la Monarchia di Dante nel marzo 1468. Il manoscritto Laurenziano XLIV.36, copia a pulito di mano del M., tratta da quella a lui dettata, è archetipo di tutta la tradizione. Dopo il 1469, per i medesimi Ficino volgarizzò il Commentarium in Convivium Platonis de amore o Libro dell'amore: copia del M., il Laurenziano LXXVI.73. La Monarchia fu fatta volgare e inviata ai due per "l'antiqua nostra amicitia et disputatione di simili cose" (Shaw, p. 328).

A quando datasse l'amicizia del M. e del più giovane Ficino non si sa. Ma agli anni precedenti è facile risalga un altro documento che l'attesta. Pasqualini tradusse e dedicò al M. le epistole ficiniane De magnificentia e De quatuor sectis philosophorum, la prima datata 1( giugno 1457, la seconda databile a quel tempo. È verosimile che esse non fossero tradotte troppo tempo dopo essere state composte. La dedica parla del "comune amico Marsilio Fecino [(] al quale mirabile affectione e devotione sempre hai mostrata" (Polcri, p. 65). Il cugino di Ficino, Sebastiano Salvini, nella raccolta di opuscoli da lui composti o volgarizzati, incunabolo posteriore al 1479 (Epistola ad rabbi Isaac( di Samuel de Fez: cfr. Indice generale degli incunaboli, n. 8586), dedica al M. il sermone sulla negazione di Pietro e spiega d'aver resa volgare l'epistola di rabbi Samuel, in data 25 nov. 1479, per chi non sa il latino, come il M., "peritissimo nella lingua toscana" (c. 37r).

Di tale perizia egli aveva dato prova, inviando tra il '68 e il '69 a Giovanni di Niccolò Cavalcanti, l'amico di Ficino, ma anche per esortazione di questo, premessa una sua Notizia, la raccolta delle rime di Guido Cavalcanti, i commenti alla canzone Donna me prega, le testimonianze e giudizi sul poeta da Dante a Giannozzo Manetti (Laurenziano, XLI.20).

In questa vera e propria edizione passa la lezione delle rime già fissata dal M. nel codice di sua mano, ora DCCCXX della Biblioteca capitolare di Verona, affine a quella del Chigiano L.VIII.305 della Biblioteca apostolica Vaticana, ma per le canzoni Io non pensava e Poi che di doglia collazionata da lui con altra di diversa e accertata provenienza. Del testo cavalcantiano così configurato nel codice di Verona tiene conto la Raccolta aragonese, la silloge di poesia italiana fatta allestire da Lorenzo de' Medici per Federico d'Aragona nel 1477. Il Poliziano (Angelo Ambrogini), che della raccolta stese l'epistola-proemio, ricorda in una lettera del 18 ott. 1478 (Prose volgari, pp. 66 s.) di dover restituire "certi libri" proprio al M., che di lui copia il primo libro delle Stanze nel manoscritto Riccardiano, 1576.

Alla perizia filologica delle lettere toscane si affianca quella storica con il recupero e la versione compendiosa, mirando alle notizie effettuali, della seconda parte del De origine civitatis Florentie et de eiusdem famosis civibus di Filippo Villani, la cui prima stesura è nel citato Conv. soppr. G.II.1501 di mano del M. e in parte di Pasqualini.

Pare indubbio che questi, notaio, traducesse e l'altro, a cui spetta senz'altro l'iniziativa, ignaro di latino, per la maggior parte trascrivesse. È omesso, oltre quelli su Dante e Petrarca, il capitolo su Cavalcanti, lasciando al suo posto una faccia bianca, certo perché disponibile, tradotto, nel codice cavalcantiano, e il M. si sarà ripromesso di riportarlo a comodo nel contesto. All'opera di Villani egli arrivò per via delle ricerche su Cavalcanti e il terminus post quem del volgarizzamento compendioso del secondo libro si fissa al 1468-69; terminus ante quem è il 12 apr. 1478, data dell'acquisto dell'apografo II.X.33 della Biblioteca nazionale di Firenze.

Comparso varie volte a partire dal 1460 nei Consigli del Popolo e del Comune e capitudini delle arti, "veduto" priore per il maggio-giugno 1467, il M. fu dei Buonuomini nel 1470, aprile-giugno, nella Balia del '71 fra i duecento "arroti" (aggiunti), vicario per sei mesi del Valdarno superiore dal 1( dic. 1475, di Valdinievole dal 12 dic. 1481, priore nel gennaio-febbraio 1477 (1476 stile fiorentino), tratto gonfaloniere di Compagnia il 30 apr. 1484, si trovò "a specchio". La fortuna politica di questi anni tradisce una vicinanza all'egemone cerchia medicea, rispecchiata nella contiguità, o collaborazione, alla Raccolta aragonese.

La Vita del Brunelleschi, preceduta in organico dittico dalla versione ampliata della Novella del Grasso, è riconosciuta senza più dubbi al M., da quando si è appurato che il capitolato del 1420 per la cupola fu esemplato nella Vita( dalla copia di sua mano del Magl. XIII.72 e dopo che nell'autografo II.II.325 della Biblioteca nazionale di Firenze, cc. 280-313, che pure sembrerebbe trascrizione in pulito, si sono rilevati incisivi ed estesi movimenti redazionali. Il Girolamo cui è rivolto l'insieme di Novella e Vita potrebbe essere sia Benivieni sia Pasqualini.

Un documento del gennaio 1491 dell'Archivio dell'Opera del duomo di Firenze lo qualifica fra i membri di una commissione per la facciata come "civis et architectus" (Vasari, 1906, pp. 305, 309). Ma se è confermato dalla Vita del Brunelleschi che il M. si intendeva d'architettura, non è detto che arrivasse a praticarla.

Improbabile, difatti, riconoscere nel "Manetto" e nel "Manetti" di due lettere di Leon Battista Alberti il Manetti. Il contesto della prima, a Matteo de' Pasti a Rimini del 18 novembre, si ritiene 1454, vuole che l'opinione del "Manetto" per la cupola del tempio malatestiano fosse espressa da chi si trovasse là e in relazione con Sigismondo Pandolfo Malatesta, l'una e l'altra cosa senza il minimo riscontro nella vita del M.: si tratta quindi o del legnaiuolo e architetto Antonio di Manetto Ciaccheri o di Giannozzo Manetti. Quest'ultimo, a parte altre considerazioni, morto nel 1459, e il primo, l'8 nov. 1460, sono fuori causa alla data presunta, il 1470, dell'altra lettera, al marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga, che parla proprio d'un "modello del Manetti" per il S. Andrea. Ma qui potrebbe trattarsi del garzone ed erede di Ciaccheri, Filippo di Francesco, indicato come suo figlio in una lettera del 13 apr. 1471, che ne annuncia una visita a Mantova (edita da W. Braghirolli, in Repertorium für Kunstwissenschaft, II [1879], p. 268). Non sarebbe l'unico caso di allievo ed erede della bottega designato con il cognome del maestro.

Risale agli ultimi anni del M., pare dopo il 1494, un breve ma denso scritto originale, gli Huomini singulari in Firenze dal 1400 innanzi, inserito nel citato Conv. soppr. G.II.1501 dietro alle vite d'illustri fiorentini di Filippo Villani volgarizzate, con evidente intenzione di aggiornarle al nuovo secolo. L'asse è spostato dai letterati agli artisti, otto su quattordici, primo e sopra tutti Filippo Brunelleschi.

Nel Consiglio dei cento per il primo semestre del 1491 e per il secondo del 1494, ufficiale di Torre per un anno dal 16 genn. 1494, dopo l'esilio dei Medici il M. conobbe un'altra stagione ricca di uffici politici prestigiosi: nel primo semestre del 1495 è nel Consiglio degli ottanta, il 27 febbraio eletto dei cinque Officiales super negotiis illorum de Pazis, il 2 luglio rinunciò al vicariato di Lari perché "in posterum eligatur in Consilio Maiori" (Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 986, c. 22r); unico dei Manetti fu gonfaloniere di Giustizia nel novembre-dicembre 1495 "secundum novam provisionem" o nuovo sistema elettorale (ibid., 607, c. 129ov); podestà d'Arezzo per il marzo-agosto 1496; "veduto" dei Buonuomini il 12 marzo 1497, non sedé. Quando il M. fu gonfaloniere, e per il priorista Marucelli (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., C.I, c. 360v) "di sua altorità propria", fu posto davanti al palazzo dei Priori il gruppo di Giuditta e Oloferne di Donatello, requisito dal palazzo Medici. Il gonfaloniere M. è citato nelle Storie fiorentine di Guicciardini con disappunto; ma la ragione, se deprime il politico, esalta di fatto la bontà e il disinteresse dell'uomo, perché "creandosi e' magistrati tutti nel consiglio grande, el quale nel principio dava più favore agli uomini popolari e buoni e che non si impacciassino dello stato, [(] un Antonio Manetti e simili avevano al gonfaloniere di giustizia scavallato un Paolantonio Soderini e simili".

In questi anni pare il M. accostarsi alla parte di Girolamo Savonarola, dedicando Benivieni a lui, quale "patrono e difensore", il volgarizzamento del De simplicitate vitae christianae del frate, stampato il 31 ott. 1496.

Lo stesso Benivieni gli dedicò (Arch. di Stato di Firenze, Carte Gianni, 47, c. 121v) un madrigale, "che la morte così come l'altre cose naturali non si debba temere", e conserva di lui un bel ghiribizzo tetrastico per un'immagine di Laura (ibid., c. 124r; edito da De Robertis, 1978, p. 205 n. 101).

Il 6 nov. 1496 il M. risulta da uno spoglio di Ferdinando Del Migliore (Magl., XXV.392, p. 184) esecutore testamentario di Antonio Benci del Pollaiuolo.

Il M. morì a Firenze e fu sepolto nella chiesa del Carmine il 26 maggio 1497.

Sembianze di adolescente ha il M. della tavola del Louvre attribuita a Paolo Uccello, che ritrae a mezzo busto cinque uomini segnalati dell'arte fiorentina: Giotto, Brunelleschi e Donatello, oltre lui e l'autore, con i nomi scritti sulla cornice e confermati dalle Vite di Vasari, la cui prima edizione in modo non verosimile attribuiva il dipinto a Masaccio. La seconda edizione, che lo attribuisce a Paolo Uccello, muta proprio il nome del M. in Giovanni Manetti. Ma, posta la ragione della presenza, "la matematica", aggiunto che l'autore con lui "suo amico [(] conferiva assai e ragionava delle cose d'Euclide" (Vasari, 1971, III, p. 70), a un nome del genere non si saprebbe come dar corpo; mentre le prerogative si confanno a lui; d'altra parte, non così noto e celebre da potersi supplire per ipotesi.

Edizioni delle opere: Vita di Filippo di ser Brunellesco architetto fiorentino scritta da Filippo Baldinucci con altra in fine di anonimo contemporaneo scrittore ambedue per la prima volta pubblicate ed illustrate, a cura di D. Moreni, Firenze 1812; Novella del Grasso legnaiuolo restituita ora alla sua integrità, a cura di D. Moreni, Firenze 1820; Novella del Grasso legnaiuolo, a cura di P. Fanfani, Firenze 1856; Le vite di Filippo Brunelleschi scultore e architetto fiorentino scritte da Giorgio Vasari e da anonimo autore, a cura di C. Frey, Berlin 1887; Operette istoriche edite ed inedite di Antonio Manetti, a cura di G. Milanesi, Firenze 1887; The life of Brunelleschi, a cura di H. Saalman, London 1970; Vita di Filippo Brunelleschi preceduta da La novella del Grasso, a cura di D. De Robertis - G. Tanturli, Milano 1976; Lirici toscani del Quattrocento, a cura di A. Lanza, II, Roma 1975, pp. 35 s. (sonetti Veloce in alto mar, Fia ogni cosa chiara); I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Bologna 2000, p. 171 (sonetto Veloce in alto mar).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 79, c. 3v; 174, cc. 3r, 4r, 6r; 605, cc. 57r, 124v; 606, cc. 35r, 166v; 607, cc. 129, 130v, 199r; 699, c. 51v; 700, c. 5r; 701, c. 113v; 702, cc. 72r, 100r, 128r, 134r, 172r; 703, cc. 22r, 72r, 118r; 717, cc. 9v, 23v, 26, 73r; 905, cc. 15r, 128v; 985, cc. 15r, 18r; 986, cc. 22r, 29r; Catasto, 26, cc. 959r-963r; 443, cc. 592r-594r; 613, cc. 580-581; 796, cc. 323r-325r; 909, parte I, c. 46r; 999, c. 77r; Arte della seta, 8, c. 4r; Arte dei medici e speziali, 247, c. 95v; Ufficiali della grascia, 190, c. 262v; Firenze, Biblioteca Marucelliana, C.1, c. 360v; Ibid., Biblioteca nazionale, Magl., xxv.392, p. 184; Poligrafo Gargani, 1198.136; S. Salvini, Epistola ad Raphaelem Riarium, in Samuel de Fez, Epistola ad Rabbi Isaac, s.l. né d. (ma dopo il 25 nov. 1479); Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di Angelo Ambrogini Poliziano, a cura di I. Del Lungo, Firenze 1867, pp. 66 s.; La scrittura di artisti italiani (sec. XIV-XVII) riprodotta con la fotografia da C. Pini e corredata di notizie da G. Milanesi, Firenze 1876, I, n. 69; G. Benivieni, Dialogo di Antonio Manetti cittadino fiorentino circa al sito forma e misure dello Inferno, a cura di N. Zingarelli, Città di Castello 1897; G. Vasari, Opere, a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, IV, pp. 304-309; G. Savonarola, Della semplicità della vita cristiana (antico volgarizzamento di G. Benivieni), a cura di L. Ferretti, Firenze 1925; M.C. Mendes Atanasio - G. Dallai, Nuove indagini sullo spedale degli Innocenti a Firenze, in Commentari, XVII (1966), p. 105; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, p. 361; G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, III, Firenze 1971, pp. 70, 134; L.B. Alberti, Opere volgari, a cura di C. Grayson, III, Bari 1973, pp. 291, 295; Lirici toscani del Quattrocento, cit., pp. 613 s.; D. De Robertis, Editi e rari. 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M. e Girolamo Pasqualini, in Medioevo e Rinascimento, xx (2006), in corso di stampa; L. Thorndike - P. Kibre, A catalogue of incipit of Medieval scientific writings, London 1963, pp. 84, 1041; Enc. dantesca, III, p. 801; Rep. font. hist. Medii Aevi, VII, pp. 427 s.

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