LORGNA, Antonio Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LORGNA, Antonio Maria

Ettore Curi

Nacque a Cerea, presso Verona, il 18 ott. 1735 da Domenico, ufficiale di cavalleria dell'esercito veneto, e Teodora Quarotrio. Battezzato come Antonio Maria, nelle titolazioni delle opere il L. usò sempre il nome di Antonio Mario. L'origine della famiglia è incerta; molto probabilmente croata, forse boema. Nei documenti dell'Università di Padova e in quelli militari il L. è detto "todesco", ma taluno ha adombrato una sua origine lombarda o, addirittura, lunigianese.

Sulla giovinezza e gli studi sembra non rimanere documentazione; i primi dati riguardano la sua presenza in Dalmazia, probabilmente al seguito del padre, nel 1757, quando partecipava a lavori di bonifica delle valli del fiume Cherca, voluti dall'allora provveditore generale per la Dalmazia e l'Albania, Alvise Contarini. Per il L. fu quello un periodo di studi intensi. Anche grazie alle lezioni di un colonnello, A. Marcovich, apprese tecniche e teorie idrauliche e di ingegneria generale; acquistò una perfetta conoscenza del croato e del francese, oltre che del latino e del greco. Contarini, colpito dalla sua vivacità e versatilità, lo tenne come segretario e interprete e nel 1759 lo iscrisse all'Università di Padova, nella facoltà degli artisti; lì il L. seguì le lezioni di matematica di Giovanni Poleni e quelle di astronomia di Giovanni Alberto Colombo, che gli preconizzarono un futuro scientifico luminoso. Tuttavia il L. non si laureò e dopo tre anni abbandonò l'Università per tornare in Dalmazia, dove entrò nell'esercito veneto; ma già nel giugno del 1763 fu chiamato a insegnare le matematiche nel collegio militare di Castelvecchio, istituito nel 1760 a Verona per preparare gli ingegneri militari della Serenissima.

Nel collegio il L. percorse una carriera rapida e colma di riconoscimenti, divenendo governatore della scuola e sovraintendente del Corpo regolato degli ingegneri militari; si devono a lui numerosi e reiterati regolamenti dell'istituto, i programmi di studio e soprattutto l'impostazione scientifica del collegio, divenuto una sorta di severa e selettiva facoltà di ingegneria, nota in Italia e in Europa e particolarmente importante per gli studi matematici. Dalla scuola uscirono numerose personalità che si affermarono in campo scientifico o militare, e in particolare in opere di bonifica dei territori della Serenissima, nella lotta contro le alluvioni dei fiumi veneti e nell'ingegneria militare. Il L. restò nel collegio, come docente e poi come direttore, dal 1763 fino alla morte; si può così dire che la scuola, chiusa dai Francesi al loro ingresso in Verona i primi di giugno del '96, fu una sua creatura. Nel 1798 Napoleone Bonaparte la trasferì a Modena (primo nucleo dell'Accademia militare) nominandone governatore un allievo del L., Leonardo Salimbeni.

Il L. iniziò la sua attività scientifica seguendo il maestro Poleni in un settore che trovò poi a Padova, con G. Toaldo, un'alta espressione di ricerca: la raccolta quotidiana di dati e notazioni meteorologiche al fine di cogliere le leggi dei fenomeni atmosferici. In una torre di Castelvecchio egli allestì una stazione meteorologica e raccolse i dati di un anno, che poi pubblicò sul periodico veneziano Giornale d'Italia spettante alle scienze naturali, e principalmente all'agricoltura, all'arte ed al commercio (t. I, 1764, p. 156). Contemporaneamente, proseguì le ricerche matematiche e iniziò a tessere una tela vastissima di rapporti epistolari con scienziati italiani e stranieri creando una fittissima rete di amicizie e legami con persone dislocate nelle sedi accademiche più importanti d'Italia e d'Europa, cui faceva giungere notizie sui suoi successi e copia di ogni sua opera.

Il L. ebbe fama di ottimo matematico, il migliore d'Italia a detta di molti (incluso R.G. Boscovich), se si escludeva G.L. de Lagrange, e contribuì con numerosi lavori allo sviluppo della disciplina. Coltivò anche la chimica, inserendosi nel dibattito europeo sulla "nuova chimica" di A.-L. de Lavoisier; pur se restò, come molti, sostenitore convinto della teoria flogistica, le sue opere nel settore meritano rispetto e attenzione per la serietà di impostazione, peraltro già riconosciuta ai suoi tempi, come testimonia la conquista del secondo premio nel concorso internazionale dell'Académie des sciences di Parigi per un lavoro sul salnitro (la giuria era presieduta dal Lavoisier), cui parteciparono più di sessanta concorrenti di tutta Europa e che contribuì alla sua notorietà anche internazionale. In cartografia propose una nuova forma di proiezione topografica, rivoluzionaria per i tempi e utilizzata di frequente nel secolo XIX.

Il metodo scientifico del L. era tratto dalla matematica, e in particolare dalla geometria, la sua disciplina preferita, e consisteva nel partire da pochi assiomi e principî universalmente accolti, costruendo su essi tutto l'edificio della ricerca. Il L. fu anche molto aggiornato su vari argomenti di fisica, idrodinamica, meteorologia; di tali discipline acquisì una sicura padronanza, scoprì nuovi tipi di sostanze coloranti per la pittura e fu uno dei primi a studiare il taglio dell'istmo di Suez per collegare il Mediterraneo al mar Rosso.

Il L. non si mosse mai dal territorio della Repubblica di Venezia, che invece percorse in lungo e in largo per frequenti ispezioni alle strutture idrauliche e per numerose opere di bonifica e ingegneria agli ordini della Serenissima; fu invitato a recarsi a Vienna, Lisbona e Lucca per studiare problemi idrogeologici locali, ma i gelosissimi Savi alla scrittura veneziani bloccarono ogni suo trasferimento. Tuttavia i suoi studi scientifici sulla fisica dei fluidi non vanno considerati tutt'uno con l'attività di ingegnere idraulico al servizio della Serenissima, che svolse per obbligo d'ufficio e forse per ragioni economiche, ma che non amava e dalla quale chiese più volte di essere esonerato.

Oltre che alle scienze e alle lingue, gli interessi del L., come testimoniano la ricca biblioteca e i manoscritti, si estesero a economia, politica, filosofia, morale. Come nelle scienze, professò nella vita convinta e sicura fiducia nelle capacità della ragione, affidando a essa la soluzione di ogni problema, anche di natura sociale. Persino della malattia che lo condusse alla morte, di probabile origine cardiaca, tenne un diligente diario, registrandone giorno per giorno le manifestazioni e le cure a cui si sottoponeva. Sperimentò su di sé medicamenti vari, annotando con estrema diligenza ogni effetto.

Non si sposò e, pur con tratti di urbanità e cordialità, condusse un'esistenza sostanzialmente appartata; le lettere dei corrispondenti a lui più vicini insistono spesso nell'invito a risparmiarsi e a non vivere esclusivamente per il lavoro. L'unica, ma notevolissima, passione extrascientifica fu quella per la pittura: raccolse con gli anni una collezione che, a dire di contemporanei, comprendeva tele - tra gli altri - di Giotto, Mantegna, Bellini, Giorgione, Correggio, Tiziano, Veronese, Tintoretto, Bassano, Rembrandt (o a loro attribuite). Nel 1781, tuttavia, la vendette al conte veronese Giovanni Emilei, per motivi non certi (la concomitanza con l'avvio della Società italiana può indurre a ipotizzare che la vendita servisse a finanziare l'iniziativa); essa andò in seguito in gran parte dispersa.

La concentrazione sulla sua scuola e sull'attività e le relazioni scientifiche, comunque, non fu solo un tratto intellettuale, essendo volta anche ad appagare un desiderio di fama e riconoscimenti, in modo assorbente e anche con sacrificio delle sue sostanze. La stessa poliedricità degli interessi scientifici non si spiega solo con il sincero amore per la ricerca o l'interesse per le novità emergenti in tutta Europa e specialmente in Francia, ma anche con un desiderio di visibilità, che lo spinse a occuparsi dei problemi scientifici allora più in vista. Proprio questo, tuttavia, fece sì che la sua ricerca, dalla chimica alla fisica dei fluidi, dalla topografia alla matematica, dalla climatologia allo studio delle sostanze coloranti, fosse in sintonia con quella degli studiosi europei più avanzati; solo verso le discipline biologiche rimase completamente indifferente.

Come Eulero, si interessò della fisica dei fluidi; di idrodinamica, come i Bernoulli; delle equazioni di grado superiore al quarto, come Lagrange; della sintesi e analisi dell'acqua, come Lavoisier; di elettricità come É. Bonnot de Condillac; di cartografia come G. Delisle; di canali e istmi come J.-J. Le Français de Lalande. A ciascuno di costoro fece pervenire i risultati delle sue ricerche e i suoi scritti sui relativi argomenti, ricevendo sempre apprezzamenti; se nessuno dei suoi studi giunse mai a risultati decisivi e definitivi, tutti furono comunque di ottimo livello. Il carteggio, conservato quasi totalmente nella Biblioteca civica di Verona, è quindi un importantissimo punto di riferimento per gli indirizzi e lo svolgersi della scienza in Europa alla fine del Settecento e pone il L. tra le figure centrali della storia della scienza italiana nel periodo.

La sua attenta opera di autopromozione ottenne notevoli risultati. Fu socio delle più importanti accademie: in Italia i Ricovrati di Padova (poi Accademia di scienze, lettere ed arti); l'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, l'Etrusca di Cortona, quella di scienze e belle lettere di Mantova, delle scienze di Torino, di agricoltura di Torino, di agricoltura ed arti (oltre a quella di pittura) di Verona; all'estero le accademie delle scienze di Parigi, Berlino, Pietroburgo, Montpellier e la Società di scienze naturali di Londra. Tra le onorificenze ricevute dal L. per meriti scientifici vi furono quello di nobile della città di Adria e soprattutto quello, allora difficilissimo da ottenere, di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.

Oltre a circa ottanta opere di matematica, chimica, idraulica, topografia, il L. lasciò un gran numero di inediti su vari argomenti, conservati a Verona in parte presso la Biblioteca civica, in parte presso l'Accademia di agricoltura, scienze e lettere. Tra gli editi, oltre ad articoli e memorie in riviste e atti accademici (per lo più di matematica pura, ma anche di fisica sperimentale), rientrano diversi manuali per l'uso nella sua scuola (Fabbrica ed usi principali del compasso di proporzione, Verona 1768; Degli Elementi di Euclide, Verona 1792) e volumi che raccolsero sue memorie e saggi (Opuscula mathematica et physica, Veronae 1770; Memorie intorno all'acque correnti, Verona 1777; Saggi di statica e meccanica applicate alle arti, Venezia 1782). Diversi di questi scritti furono tradotti e pubblicati in Inghilterra, Francia e Germania.

Certamente la sua più importante impresa di promozione scientifica, coronata da pieno successo, fu l'istituzione della Società italiana delle scienze o Accademia dei XL (dal numero dei soci fissato dallo statuto, pubblicato nel 1786), tutt'oggi operante, della quale concepì l'idea forse già negli anni '60, ma in forma più precisa dal 1776. Dopo prolungati sondaggi presso gli scienziati italiani con cui aveva rapporti più stretti (il maggior ruolo come consulente sembra essere stato di G.F. Malfatti), il L. lanciò ufficialmente l'iniziativa con una lettera circolare del 1 marzo 1781. Entro il 1782 il quadro dei 40 membri si completò, con le adesioni prima e l'associazione poi di personalità come lo stesso Malfatti, A. Volta, G. Arduino, A. Cagnoli, L. Spallanzani, R.G. Boscovich, Lagrange, G. Toaldo, L. Ximenes, F. e G. Fontana, V. Malacarne.

La Società nacque con criteri innovativi, perfino rivoluzionari rispetto a quelli consueti per corpi analoghi. L'ammissione avveniva per cooptazione, con metodo elettivo; quando si rendeva vacante un posto, i trentanove soci rimasti ne designavano un altro, e il presidente veniva scelto con la stessa procedura. Non vi era una sede (a fini organizzativi fungeva come tale la residenza del presidente-segretario) e i Quaranta non si riunivano pubblicamente, essendo solo tenuti a presentare una memoria scientifica per ogni volume degli atti della Società (le Memorie di matematica e fisica della Società italiana, apparse dal 1782 con cadenza biennale); lo stesso L. non incontrò mai di persona molti dei soci. Così svincolata da ogni forma di potere, l'Accademia dei XL riunì le migliori menti scientifiche dell'Italia, allora divisa in tanti Stati. Per decisione del L. la lingua delle Memorie doveva essere l'italiano, a indicare l'unione ideale dei soci; egli si addossò le spese per la stampa e la diffusione dei volumi, e fu il presidente della Società dalla fondazione fino alla morte. Negli atti troviamo alcune delle migliori produzioni scientifiche dei membri, che li posero al livello dei periodici delle maggiori accademie d'Oltralpe. Alla morte del L., Napoleone Bonaparte, ammirato dell'istituzione, la mantenne sotto la sua protezione, e con il presidente successivo, A. Cagnoli, essa ebbe sede prima a Modena e poi a Milano (solo dopo l'Unità d'Italia la Società ha avuto una sede fissa a Roma). Si è cercato, da più parti, di attribuire alla Società anche un intento patriottico, prerisorgimentale. È indubbio che nel L. l'orgoglio dell'appartenenza alla nazione di Leonardo e Galileo fosse un fattore importante, come confermano - oltre al nome e alla scelta dell'italiano come lingua delle Memorie (nelle accademie scientifiche italiane precedenti era il latino e, in Piemonte, anche il francese) - l'estensione della selezione dei soci a ogni regione italiana e l'istituzione di una classe di soci stranieri (nel senso di transalpini). Tuttavia è più probabile che la fondazione dell'Accademia fosse motivata dal desiderio del L. di porsi al centro di un'impresa che gli consentisse di emergere in campo nazionale e internazionale.

Il L. morì a Verona il 28 giugno 1796, mentre l'esercito francese faceva il suo ingresso in città.

Fonti e Bibl.: Un elenco di oltre cento titoli è stato pubblicato da G. Paoloni a corredo degli atti del convegno Anton M. L. scienziato ed accademico del XVIII secolo tra conservazione e novità, Roma-Verona, 1996, Roma 1998. Per i contributi successivi: G.F. Viviani - G. Volpato, Bibliografia veronese, I-V, Verona 1966-2002, ad indices. Restano essenziali: F. Jacoli, Intorno alla vita ed ai lavori di A.M. L., in Bull. di bibliografia e storia delle scienze matematiche e fisiche, X (1877), pp. 1-74 (riporta dettagliatamente il contenuto di 11 delle 21 buste contenenti i manoscritti del L., conservati nella Biblioteca civica di Verona; le altre buste contengono il carteggio); Anton M. L.: memorie pubblicate nel secondo centenario della nascita, Verona 1937; G. Provenzal, In memoria di Anton Mario L. fondatore della Società italiana delle scienze nel secondo centenario della nascita, Roma 1938 (con un elenco degli autori delle lettere al L.); G. Penso, Scienziati italiani e Unità d'Italia. Storia dell'Accademia nazionale dei XL, Roma 1978, pp. 9-39 e passim; Anton M. L. nel 250 anniversario della nascita. Atti del Convegno, 1985, Verona 1986; C. Farinella, L'Accademia repubblicana: la Società dei XL e Anton Mario L., Milano 1993; F. Piva, Anton M. L. e l'Europa, Verona 1993.

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Economia, politica