Pelacani, Antonio

Enciclopedia Dantesca (1970)

Pelacani, Antonio

Giorgio Stabile

Filosofo, medico e astronomo (Parma, metà del sec. XIII - Verona 1327). Quasi certamente fu anche a Bologna come lettore di medicina tra il 1316 e il 1326. Di lui si conoscono, tra l'altro, un commento al primo libro del Canon di Avicenna nella reportatio di Alberto Zancari da Bologna (bibl. Apostolica Vaticana, codice Vaticano lat. 4452, ff. 1r-74vb; Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 13.020, ff. 226-267), una Quaestio ... utrum primum principium sive deus sit potentia infinita (bibl. Apostolica Vaticana, codice Vaticano lat. 2172, ff. 55r-57v) e delle Quaestiones super librum Galieni de accidente et morbo (ibid., codice Vaticano lat. 4450, ff....-73), tutti e tre inediti. Inesatta pare ormai l'attribuzione al P. delle Quaestiones super librum Ethicorum Aristotelis (ibid., codice Vaticano lat. 2172, ff. 1r-53v).

Oltre le scarsissime note biografiche, interessanti notizie si hanno dai verbali del processo intentato dalla curia di Avignone contro Matteo e Galeazzo Visconti per aver mirato alla morte del papa Giovanni XXII con pratiche di magia nera. Dalla testimonianza di Bartolomeo Cagnolato, frate milanese, si apprende che " Magister Anthonius Pelacane " fu presente al convegno promosso da Matteo Visconti, in Milano, per approntare delle pratiche magiche efficaci a procurare la morte del papa. Risulta inoltre che " magister Antonius parmensis " era " consiliarius et medicus dicti Mathei " e che era stimato come " magnus hereticus ". Fu lo stesso P. a recarsi, su ordine del principe, da Milano a Verona il 18 novembre 1319 per consegnare al negromante veronese Pietro Nani una statuetta raffigurante Giovanni XXII e farla esporre ad appositi suffumigi.

Dalla testimonianza di Bartolomeo risulta anche che Galeazzo Visconti gli avrebbe rivelato di aver fatto ricorso, per lo stesso scopo, a " magistrum Dante Aleguiro de Florentia ". La notizia non è altrimenti confermata, ma sta comunque a indicare il tipo di considerazione in cui era tenuto il poeta fiorentino, non solo per ragioni politiche, ma per la carica profetica e divinatoria con cui era avvertito dalla cultura dell'epoca il suo messaggio di rinnovamento ecclesiale.

Oltre questa comunanza di ambienti e di pratiche magico-alchimistiche, il nome di P. fu citato dal Nardi a proposito di una sua soluzione del problema, affrontato anche nella Quaestio, dell'emersione della terra dalle acque. La soluzione fu data dal P. nel citato commento al Canon di Avicenna (Fen I, doc. 2) dove dedicava al problema un'apposita dubitatio.

Il P. rifiuta la teoria dell'eccentricità delle due sfere, della terra e dell'acqua, affermando che l'emergere della terra dalle acque è determinato dal rifluire di queste ultime nelle concavitates o vacuitates dell'irregolare sfera terrestre, dando luogo così ai laghi, ai mari e all'oceano intero. Non si tratta quindi né di due sfere distinte né di un'elevazione della terra per l'influenza astrale, bensì di un unico globo terracqueo in cui l'elemento liquido si è venuto distribuendo in rapporto alle irregolarità (prominenze o avvallamenti) della superficie terrestre: " Ideo natura simul construxit spaeram terae et aquae, ex eis unam constituens speram, ita quod in tera ordinavit vacuitates in quibus aqua continebatur; unde et mare oceanum partes habet terae eam circundantes, in quibus continetur; tamen homines ad illas pervenire non possunt, propterea quod exeuntes per ipsum amitunt polum qui est citra lineam equinocialem, unde nesciunt amplius quo vadant. Ita quod credo quod ultra mare oceanum sit locus habitabilis. Ista autem spera terae et aquae simul constituta ad unam pervenit superficiem, concentrica existens octavae sperae ". Da notare, tra l'altro, l'ardita credenza del P. nell'esistenza degli antipodi.

La soluzione del P. che considera il globo terracqueo nel suo insieme, ordinato dalla natura come un tutto unico, è analoga a quella di D. che nel Convivio (III V 7 ss.) considera la terra discoperta dal mare (§ 12) come una palla, cioè un globo ‛ terracqueo ' anch'esso unico e centro delle sfere celesti: questa terra è fissa e non si gira, e... col mare è centro del cielo (§ 7). Data la stretta analogia tra la posizione del P. e di D. del Convivio, dato anche che tale posizione comporta nel P. un esplicito rifiuto della teoria dell'eccentricità delle due sfere e addirittura il silenzio sulla teoria della terra come gibbus o gibbositas provocata dall'influenza degli astri, un analogo rifiuto dovrebbe riscontrarsi in D. verso una soluzione che è invece quella offerta dalla Quaestio.

Questa contraddizione, tra l'altro, è una delle ragioni che ha indotto il Nardi a negare la paternità dantesca della Quaestio, in considerazione della vicinanza della concezione cosmografica di D. con quella più accreditata del suo tempo, che aveva ignorato la teoria egidiana del gibbus e quella dell'eccentricità di Campano.

Bibl. - I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1789, 37; K. Eubel, Vom Zaubereinwesen des 14. Jahrhuderts, in " Historisches Jahrbuch " XVIII (1897) 610 ss.; G. Biscaro, D. e i sortilegi di Matteo e Galeazzo Visconti, in " Arch. Stor. Lombardo " XLVII (1921) 446-451, 456-457, 471-473, 476-481; A. Garosi, Siena nella storia della medicina (1240-1555), Firenze 1958, 250; B. Nardi, La caduta di Lucifero e l'autenticità della " Quaestio de aqua et terra ", Torino-Roma 1959, 51-60 (il testo della dubitatio del P. è dato alle pp. 55-58); F. Mazzoni, Il punto sulla " Quaestio de aqua et terra ", in " Studi d. " XXXIX (1962) 43 ss.

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