SEMINO, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SEMINO, Antonio

Gianluca Zanelli

SEMINO, Antonio. ‒ Secondo quanto riportato nel medaglione biografico pubblicato nel 1674 da Raffaele Soprani (pp. 22-24), Semino nacque a Genova intorno al 1485, mentre per l’erudito ottocentesco Federigo Alizeri la data di nascita deve collocarsi tra il 1485 e il 1490 (Lagomarsino, 1999b, p. 410, con bibliografia precedente).

Sempre le fonti biografiche locali sei-settecentesche segnalarono che Semino si formò assieme al collega Teramo Piaggio «sotto la direzione di Lodovico Brea pittore nizzardo, che allora abitava in Genova, trattenutovi da un padre agostiniano zio di Teramo Piaggio, che giovanetto anch’egli sotto lo stesso maestro al disegno attendeva con indizj d’un’ottima riuscita» (Soprani - Ratti, 1768, p. 28). In considerazione del fatto che, come già evidenziato, la nascita di entrambi i pittori è collocata intorno al 1485 (Soprani, 1674, p. 22), i due apprendisti potrebbero essere entrati in contatto con Brea all’alba del XVI secolo, momento in cui il pittore nizzardo risulta documentato nel centro portuale per affrontare nel 1503 la decorazione della cappella di Pietro di Persio nella chiesa del Carmine (Zanelli, 2012, p. 76 nota 9). È stato anche suggerito di posticipare invece la nascita di Semino tra il 1490 e il 1495 (Algeri, 1999, p. 236 nota 12), ipotesi che renderebbe possibile collocare l’incontro con Brea all’inizio del secondo decennio del Cinquecento (Zanelli, 2012, p. 76 nota 9). Semino risulta iscritto al settantasettesimo posto della matricola dell’arte dei pittori (Lagomarsino, 1999b, p. 410). Risalgono ai primi anni Venti del XVI secolo i primi documenti relativi alla sua produzione artistica. In data 3 novembre 1520 ricevette un pagamento da parte dei disciplinanti dell’oratorio di S. Maria Maddalena in Quezzi (Genova) per quattro Misteri della Passione, oggi dispersi, commissione che il giovane Antonio affrontò avvalendosi della collaborazione di Battista da Como. L’11 marzo 1522 accettò di eseguire assieme al cognato Bernardino Fasolo, su commissione di Giovanni Battista Spinola, la decorazione, anch’essa perduta, della cappella edificata dal nobile nella chiesa genovese di S. Caterina di Luccoli (Alizeri, 1874, pp. 333 s.). Il 7 marzo 1524 risulta prendere in affitto una casa in città nella zona di Campetto. Nello stesso periodo (1524-25) fu eletto con Battista Sacchi console dell’arte, carica che ricoprì ancora nel 1535 unitamente a Pantaleone Berengario (Lagomarsino, 1999b, p. 410). Nel luglio del 1526 il nome del pittore compare, assieme a quello di Raffaele Fasolo, in un atto con il quale fu richiesta all’arte dei pellicciai una proroga per il cognato Bernardino Fasolo in relazione al suo impegno di decorare la cappella e l’altare della chiesa di S. Siro a Genova. All’inizio del febbraio dell’anno seguente Semino accettò l’incarico affidatogli dai padri del Comune di decorare il coro della cattedrale di S. Lorenzo (ibid.), commissione che conferma il prestigio raggiunto in quel momento all’interno dell’ambiente artistico cittadino. Secondo Soprani (1674, p. 22) la data 1526 compariva su una perduta tavola, «con assai buon dissegno», raffigurante «l’arcangelo S. Michele et un paesaggio colorito con istraordinaria essattezza», conservata nella chiesa distrutta di S. Maria della Consolazione in Artoria, edificio dove Antonio, in collaborazione con Piaggio, nel 1533 eseguì alcuni affreschi (p. 23; Lagomarsino, 1999b, p. 410). Il 9 dicembre del 1530 Semino fu accusato d’ingiurie nei confronti del pittore Battista Grasso (Alizeri, 1874, pp. 265 s.).

Risale al 1532 l’esecuzione del Martirio di s. Andrea (Genova, Museo diocesano), firmato e datato «Antonii Cemini / et Therami / Zoalii sociorum / opus 1532», e destinato in origine a essere collocato sull’altare maggiore della distrutta chiesa di S. Andrea in Genova (Zanelli, 2012; Id., 2017, pp. 64 s., n. 6). L’opera è la prima testimonianza nota della produzione di Semino e un documento della stretta collaborazione instauratasi tra lui e Piaggio, i quali avevano creato una società di cui non è però chiara la natura, secondo Edi Baccheschi (1988, p. 51) «di carattere probabilmente più amministrativo che operativo». Infatti i dipinti realizzati tra il 1532 e il 1535 palesano il prevalente intervento di Antonio. Nel Martirio di s. Andrea sono riferibili a quest’ultimo le monumentali figure disposte in primo piano, mentre l’intervento di Teramo potrebbe essere presente nella definizione più narrativa degli episodi inseriti nei piani retrostanti, nonché nella fantasiosa architettura classicheggiante (Zanelli, 2017, pp. 64 s., n. 6). La società venne avviata con la Crocifissione di s. Andrea, commissionata prima del novembre del 1532, quando Semino e Piaggio accettarono di dipingere per Giovanni Battista Cattaneo Lasagna e il nipote Bartolomeo una «anchonam cum suis columnis et ornamentis ac architravibus et cornibus copie ligneis bene deauratis ab omnibus partibus», destinata a impreziosire una delle cappelle ubicate nella distrutta chiesa di S. Domenico in Genova.

Nel contratto risulta puntualmente indicato il soggetto («Corpus Domini Nostri Iesu Christi ex cruce depositi et in quibus debeant esse imagines Sacratissimi Corporis Iesu Christi nudi ex cruce depositi, Beate Virginis Marie, Marie Salome, Marie Magdalene, sancti Iohannis Evangeliste ac Nicodemi et Iosephi ac etiam ab un lattere imago beati Iohannis Baptiste et ab alio lattere imago beati Ieronimi in modum penitentie cum Cruce erecta et aliis suis ornamentis [...]; in bancheta dicti altaris debeant dipingi figure minute etiam ad oleum in quatuor misteriis representantibus Passionem D. N. Iesu Christi»: Alizeri, 1874, pp. 353 s.).

Il dipinto (oggi a Genova, Museo dell’Accademia ligustica di belle arti), firmato «Antonius de Semino / pinsit», fu concluso dal solo Semino, con la collaborazione di un’ulteriore personalità non identificabile in Teramo (Zanelli, 2012, p. 77 nota 20), non prima del 1535, tenuto conto che il 14 maggio di quell’anno «Theramus de Zoalio et Antonius de Semino pictores et cives Ianue» ricevettero l’ultima parte del compenso, ammontante a 275 lire genovesi, concordato per la realizzazione della tavola (Alizeri, 1874, pp. 356 s.).

Deve essere ascritta al solo Semino, nonostante la presenza in alcuni pagamenti del nome di Teramo, anche la realizzazione dell’Adorazione dei pastori (Savona, chiesa di S. Domenico), firmata «Antonius Seminus Genuensis faciebat 1535». Il 15 ottobre 1533 è attestato un pagamento ad «Antonius de Semino quondam Andree et Theramus de Plagio quondam Antonimi ambo pictores et ad invicem socii» per l’esecuzione di questa tavola (p. 349), mentre in un secondo atto risalente al 1° ottobre «magister Antonius de Semyno quondam Andree pictor civis Janue» – assente dunque il nome del collega – promise ai fratelli Giovanni, Gerardo e Filippo Rocchetta di «facere et fabbricare unam anchonam sive altare ponendum [...] in capella ipsorum fratrum noviter fabbricata in conventu Sancti Dominici de Saona sub titolo Sancti Josep cum presepio et nativitate Domini Nostri Jesu Christi». Un ulteriore atto, datato 14 dicembre 1535, costituisce «la cassatura del documento precedente con la soddisfazione di tutti gli intervenuti» per «dictam anchonam fulcitam et ad suum locum positam» (Ciciliot, 1997-1998, pp. 202, 208 s.). Secondo Soprani (1674, p. 23) la pala era completata da una cimasa perduta raffigurante Dio Padre con angeli, elemento che potrebbe essere assegnato a Piaggio (Bartoletti, 1988, p. 836).

Il sodalizio con Teramo si concluse nel 1535, quando Semino divenne nuovamente unico titolare dei propri incarichi, come documentano l’atto per l’affidamento, il 19 ottobre 1535, della pala d’altare raffigurante Cristo crocifisso, la Vergine, s. Giovanni Evangelista e la Maddalena, richiesta da Vincenzo Pinelli Adorno, e il pagamento, il 17 maggio dell’anno successivo, di un’ancona per un certo Bernardino da Cassana (Lagomarsino, 1999b, p. 410). Il 29 maggio 1537 Semino e lo scultore Niccolò Da Corte accettarono l’invito, pervenuto attraverso il procuratore Battista di Promontorio de Ferrari, di recarsi in Spagna, per intervenire nella decorazione del palazzo di Granada di don Álvaro de Bazán (López Torrijos, 1997-1999, p. 310).

Il pittore era nuovamente presente a Genova il 13 aprile 1543, quando intervenne nell’ambito di un arbitrato tra il vetraio Gregorio Gandolfo e lo scultore Gian Giacomo Della Porta per il prezzo di alcuni disegni. Nello stesso periodo prese in affitto una casa in prossimità della chiesa di S. Paolo il Vecchio (Lagomarsino, 1999b, p. 410). Il 2 aprile 1545 Stefano Cattaneo gli affidò per volere di Francesco Grimaldi un dipinto destinato alla cappella Grimaldi in S. Francesco di Castelletto, che fu saldato a dicembre (p. 411).

Documento dell’attività tarda di Semino è la Deposizione (Genova, chiesa di Nostra Signora della Consolazione), firmata «Antonius de Semino / pinxit», dipinta dopo il soggiorno spagnolo. Soprani (1674, p. 23), nel profilo biografico dedicato a Semino e a Piaggio, ricordò che l’opera era stata dipinta da Antonio nel 1547 (Zanelli, 2012, p. 74, con bibliografia precedente). Coinvolto nell’ottobre del 1548 nella realizzazione degli apparati allestiti in occasione del passaggio a Genova di Filippo d’Asburgo (Lagomarsino, 1999b, p. 411), nel 1548-49 il pittore fu nuovamente eletto console dell’arte, mentre al 9 settembre 1550 risale la commissione da parte di Benedetto Centurione di una pala d’altare raffigurante S. Agostino per la chiesa di S. Maria degli Angeli. L’opera è stata identificata nel dipinto con S. Agostino che ragiona con il Bambino sul mistero della Trinità (Genova, santuario di S. Francesco da Paola; Lagomarsino, 1999a, pp. 62 s.), riferibile con maggiore probabilità al pennello del giovane figlio Andrea (Zanelli, 2009, pp. 14-17).

Nel corso dei primi anni Cinquanta del XVI secolo Antonio comparve in due atti (21 aprile 1550 e 19 gennaio 1554) riguardanti l’attività dei figli Andrea e Ottavio (Lagomarsino, 1999b, p. 411), mentre il 23 luglio 1554 il maestro ottenne la commissione per un dipinto raffigurante S. Andrea, richiesto dalla comunità di Bergassana (La Spezia). In un atto dell’agosto del 1555 riguardante Andrea Semino il padre risulta defunto (Alizeri, 1874, p. 441).

Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi, e de’ forestieri che in Genova operarono, Genova 1674, pp. 22-24; Id. - C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori et architetti genovesi, Genova 1768, pp. 28 s.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, III, Genova 1874, pp. 265 s., 331-338, 345-347, 349, 353 s., 356 s., 441; M. Bonzi, Il Presepio di A. S., in La Grande Genova, IX (1934), pp. 745 s.; A. Morassi, in Mostra della pittura antica in Liguria dal Trecento al Cinquecento (catal., Genova), a cura di A. Morassi, Milano 1946, pp. 81, nn. 79, 82; M.G. Bossi, Note su A. S., in Commentari, n.s., XV (1964), pp. 62-76; A. Verdona Rutelli, Note sulla collaborazione tra A. S. e Teramo Piaggio, in Argomenti di storia dell’arte, a cura di C. Maltese, Genova 1980, pp. 103-109; G.V. Castelnovi, Il Quattro e il primo Cinquecento, in La pittura a Genova e in Liguria, a cura di C. Bozzo Dufour, I, Dagli inizi al Cinquecento, Genova 1987, pp. 129 s.; E. Baccheschi, in Il Museo dell’Accademia Ligustica di belle arti. La Pinacoteca, Genova 1988, p. 51 n. 9; M. Bartoletti, S. A., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1988, pp. 836 s.; F. Ciciliot, Pittori rinascimentali a Savona e nel Ponente, in Rivista Ingauna e Intemelia, n.s., LII-LIII (1997-1998), pp. 202, 208 s.; R. López Torrijos, Nuevos documentos sobre pintores genoveses (Piaggio, Cambiaso y S.), in Studi di storia delle arti, 1997-1999, n. 9, p. 310; G. Algeri, La pala con l’“Adorazione dei pastori” di A. S. e i rapporti tra Liguria e Lombardia nella pittura del primo Cinquecento, in Studi di storia dell’arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer, a cura di M. Rossi - A. Rovetta, Milano 1999, pp. 233-240; L. Lagomarsino, Una collaborazione discutibile: A. S. e Teramo Piaggio, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999a, pp. 56-67; Ead., S., A., ibid., 1999b, pp. 410 s.; M. Caldera, Il corredo pittorico della chiesa di San Domenico al Priamàr a Savona, in Ligures. Rivista di archeologia, storia, arte e cultura ligure, I (2003), p. 150 nota 33; M.C. Galassi, Per una verifica dell’influenza di Joos van Cleve sui pittori genovesi di primo Cinquecento: indagini sul disegno sottostante e sulla tecnica pittorica di Pier Francesco Sacchi e A. S., in Indagini tecniche sulle opere genovesi di Joos van Cleve. Atti della giornata internazionale di studi..., Genova, a cura di F. Simonetti - G. Zanelli, Firenze 2003, pp. 63 s.; Id., Il disegno sottostante nella Deposizione di A. S. Nuovi dati per lo studio dei sistemi produttivi delle botteghe genovesi del primo ’500, in Ricerche di storia dell’arte, LXXXVII (2005), pp. 29-39; G. Zanelli, Osservazioni intorno ai restauri delle opere del Santuario di San Francesco da Paola, in Santuario di San Francesco da Paola in Genova. I restauri, a cura di P. Manca, Genova 2009, pp. 14-17; Id., A. S. e la ‘Crocifissione di sant’Andrea’: brevi note ai margini di un restauro, in Bollettino d’arte, s. 7, XCVII (2012), 14, pp. 69-82; Id., Pittori e dipinti fiorentini di primo Cinquecento a Genova, in Pittori fiorentini a Palazzo Spinola. Dipinti di primo Cinquecento (catal.), a cura di A. Muzzi - G. Zanelli, Genova 2013, pp. 44, 46-48; Id., Testimonianze d’arte dal Ponente e Levante genovese per il Museo Diocesano di Genova, in La Passione in rilievo. Scultura lignea genovese alla fine del Settecento, a cura di P. Martini - M.T. Orengo - G. Zanelli, Genova 2017, pp. 64 s., n. 6.

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