ANTONIO Veneziano

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTONIO Veneziano (Antonio di Francesco da Venezia)

Nello Tarchiani

Pittore, nato a Venezia forse prima del 1340, morto probabilmente in Toscana dopo il 1387. Per quanto dal Vasari sia detto scolaro di Agnolo Gaddi, che egli avrebbe seguito da Venezia in Firenze, e sia creduto invece da altri discepolo di Taddeo Gaddi (morto nel 1366), dovette piuttosto formarsi nella Venezia sui grandi esempî di Giotto, come fecero i veneti Altichiero e Avanzo, dando però, come loro, all'elemento paesistico e architettonico della scena raffigurata un'importanza maggiore di quel che non facessero Giotto ed i suoi primi discepoli, ed accentuando il contenuto naturalismo del maestro negli atteggiamenti e nelle espressioni dei personaggi. È incerta la tradizione, accolta e diffusa dal Vasari, secondo la quale Antonio, tornato di Firenze a Venezia e fattosi conoscere per opere diverse ad affresco ed a tempera, avrebbe avuto la commissione di dipingere una parete della sala del Consiglio in Palazzo Ducale, ma il premio sarebbe stato inferiore al merito a causa dell'invidia e dell'emulazione degli artisti locali ed alla preferenza data ad altri pittori forestieri. Sappiamo soltanto che il padovano Guariento fu chiamato a decorare una parete della sala del Maggior Consiglio nel 1356 e che nel 1367 l'aveva compiuta; e possiamo immaginare che la sua maniera aulicamente decorativa doveva piacer più ai magistrati veneziani di quella popolarescamente naturalistica di Antonio; ma se questi dipingesse veramente una facciata di detta sala, e se prima o dopo del Guariento, non è dato stabilire con assoluta certezza. Risulta invece dai documenti che il pittore, nell'ottobre del 1370, era pagato per aver colorito le vòlte del duomo di Siena, e che il 20 settembre del 1374 era matricolato in Firenze all'Arte dei medici e speziali, cui erano allora aggregati i pittori; ed è presumibile si trattenesse in Firenze fino alla sua andata a Pisa, chiamatovi nell'autunno del 1384 a terminare in Camposanto le storie di San Ranieri lasciate interrotte fin dal 1377 da Andrea da Firenze. Tre sono i riquadri affrescati da Antonio, ma oggi mutili in gran parte, danneggiatissimi ed assai ridipinti. Nel primo sono narrati gli episodî del ritorno per mare da Gerusalemme (perduti per la metà), l'arrivo a Messina ove il santo confonde la malafede di un oste (episodio svolto quasi come un quadro di genere), e l'accoglienza a lui fatta in refettorio dai canonici della Primaziale di Pisa; nel secondo (assai frammentario) sono raffigurati la morte del santo (con motivi veristici come quello dell'idropica che sembra in attesa del miracolo), il trasporto della salma alla Primaziale e i prodigi compiuti in questa occasione; nel terzo (quasi del tutto perduto) altri miracoli, tra i quali quello del pescatore Chiavello, onde il pittore ha argomento ad altra scena di genere. Osservando quanto rimane di queste storie (l'unica opera sicura del nostro pittore), vediamo che Antonio dovette prender contatto a Firenze con la scuola giottesca, ormai distaccatasi dai puri canoni del maestro, per accogllere elementi formali e cromatici della scuola senese; per dare, come i pittori giotteschi veneti, una maggiore importanza al paesaggio ed alla architettura, anche se trattati più fantasticamente che realisticamente, a differenza di quelli, e per aumentare interesse al particolare di genere. Su Antonio, ben altrimenti che su Altichiero e su Avanzo, dovette operare l'arte di Tommaso da Modena (Toesca); il che lo portò ad una resa del tutto naturalistica del luogo dove si svolge l'azione (mare e città; rappresentazione assai fedele di alcuni monumenti pisani), ad una più vivace e spregiudicata realizzazione di tipi, di gesti, di espressioni; mentre nella colorazione, per quanto si può giudicare dallo stato di questi affreschi, induceva una nota nuova col verde freschissimo, il rosso mattone, il giallo bruno e il bronzato delle carni. Antonio, specialmente se confrontato con gli ultimi giotteschi, appare un novatore, e sembra preannunziare certe preferenze naturalistiche del Quattrocento, sì da potersi accogliere, se pur non accertabile, l'affermazione del Vasari che egli fosse maestro di Gherardo Starnina (v.), maestro a sua volta di Paolo Uccello.

Terminate, nella primavera del 1386, le storie di San Ranieri, Antonio si trattenne a Pisa, occupato in altri lavori, fino all'agosto dell'anno seguente. Dopo il qual tempo niente altro si sa di lui. Che abbandonasse la pittura per la medicina e morisse di peste nell'esercizio della sua nuova professione è asserzione non documentata del Vasari. Se potesse essere sicuramente assegnato ad Antonio un tabellario di defunti, esistente nella sagrestia di San Niccolò reale in Palermo, dipinto nel 1388 con la scena della Flagellazione e mezze figure di santi, e recante un'iscrizione frammentaria, ove si è voluto leggere il nome del nostro pittore, si potrebbe stabilire che questi si recasse dalla Toscana in Sicilia. Altra opera attribuita ad Antonio, sulla testimonianza del Vasari, è un affresco frammentario raffigurante la deposizione in un tabernacolo alla Torre degli Agli presso Firenze; e sembra proprio sua.

Bibl.: C. Bernasconi, Antonio Veneziano, Verona 1862; G. Fogolari, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, II, Lipsia 1908 (con la bibl. precedente); L. Testi, Storia della pittura veneziana, I, Bergamo, 1909; R. Offner, The panels of Antonio Veneziano, in Studies in Florentine Painting, New York 1927; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Bologna 1929; M. Salmi, Antonio Veneziano, in Boll. d'arte, 1929, pp. 433-452.

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