ANTROPOMETRIA

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTROPOMETRIA (dal gr. ἄνϑρωπος "uomo" e μέτρον "misura")

Marcello BOLDRINI
Giacinto Viola

Per antropometria devesi intendere l'investigazione statistica dei caratteri dei gruppi umani, siano essi misurabili ("quantitativi", come il peso, la statura, le dimensioni della testa, la frequenza del respiro, la durata della vita, ecc.) o classificabili ("qualitativi", come il colore degli occhi, la forma dei capelli, le proprietà biochimiche del sangue, ecc.) allo scopo di conoscerne le intensità o le modalità, quando è possibile i loro nessi, ed eventualmente risalire alle cause da cui quelle e questi dipendono.

La scienza dell'antropometria è abbastanza recente, ma essa, insieme con l'antropologia, trae origine da tradizioni antichissime. Per comprenderne la formazione e lo sviluppo bisogna rifarsi, da un lato, a certe antiche forme di pratica attività, che implicavano l'osservazione sistematica dei caratteri umani; dall'altro, a certe dottrine che traevano origine dallo studio scientifico di essi. Ricorderemo l'antichissima pratica di misurare le stature degli uomini, per giudicare della loro idoneità alle armi, a cui, per testimonianza di Vegezio, si uniformarono anche i Romani, e che si è protratta sino a oggi; e l'altra, di cui si trovano numerosissime tracce nei papiri dell'Egitto greco-romano (dal sec. III a. C. al sec. IV d. C.), di descrivere i tratti principali dei partecipanti a certi atti o contratti, probabilmente a scopo d'identità (età, statura, colore della pelle, capigliatura, conformazione del viso, forma del naso, colore degli occhi, forma delle orecchie, barba, segni particolari). Sono più importanti, perché originate dall'esigenza teoretica di desumere le tendenze psicologiche degl'individui dalla forma, le descrizioni sistematiche degli attributi umani esterni, della letteratura fisiognomonistica, che comincia, se si escludono i primi nomi, più o meno leggendarî, con lo pseudo-Aristotele, con Adamanzio e Polemone, e giunge, attraverso i cultori medievali e del Rinascimento (Alberto Magno e Giambattista Della Porta), fino ai tempi moderni, con Lavater, Gall, Piderit e cento altri. Un altro rivolo storico, da cui trae origine l'antropometria, e che solo era stato riconosciuto dal creatore di questa scienza, è nei canoni artistici. La letteratura e le arti figurative delle grandi civiltà antiche - indiana, egiziana, greca, romana - riconobbero nel corpo umano certe leggi di proporzione, e se ne servirono nelle rappresentazioni plastiche, e altrettanto fecero i pittori e gli scultori medievali e moderni. Per dir solo di alcuni italiani, si ricorderà il canone della scuola giottesca, descritto da Cennino Cennini, e quelli, più celebri (per quanto, in parte, derivati dagli scrittori classici), del Rinascimento, di Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci, Agnolo Fiorenzuola. Ma solo con la rivoluzione scientifica dei secoli XVI e XVIl, fra molte altre discipline, sorge e si afferma una storia naturale dell'uomo; e l'investigazione sistematica dei suoi caratteri diventa fine a se stessa. Tuttavia la formazione dell'antropometria come disciplina autonoma, ha luogo appena nel sec. XIX ed è dovuta al belga Adolfo Quételet (1796-1874), il creatore della moderna metodologia statistica. Già sostanzialmente contenuta nella celebre opera sull'uomo (1835), e specialmente nell'ultima parte, dedicata alla teoria dell'uomo medio, rielaborata, nel rifacimento della stessa opera del 1869, riceve il nome e uno sviluppo sistematico nell'Anthropométrie del 1871. Col Quételet si realizzano la convergenza e la sintesi delle correnti tradizionali, e gli antropologi ne trarranno in breve vigorosi sviluppi. Ma dal nuovo tronco si dipartiranno tosto altri rami, destinati a crescere parallelamente fino a oggi. Degne di ricordo: l'antropometria criminale, legata all'opera di Cesare Lombroso (1876); l'antropometria segnaletica, dovuta ad Alfonso Bertillon (1879); l'antropometria clinica, creata da Achille De Giovanni (1880) e sviluppata dalla sua scuola; l'antropometria militare, per quanto v'è in essa di autonomo, nobilitata da Ridolfo Livi (1896), ecc. In tutti questi rami spesso rivivono, svolgendosi, antichi motivi teoretici e pratici.

Per quanto si riferisce ai caratteri quantitativi, il tema centrale dell'antropometria è nella dottrina queteletiana dell'"uomo medio". Prendiamo, ad es., la statura, in un gruppo di individui omogenei per origine, per sesso e per età. Tutte le stature sono diverse fra loro; ma, quando gli individui vengono riuniti in classi di statura di eguale ampiezza (ad es., si riuniscono insieme tutti coloro la cui statura è compresa fra cm. 159,5 e cm. 160,5; e, analogamente, quelli le cui stature sono comprese nei limiti 160,5-161,5; 161,5-162,5, ecc.) ci si accorge dei fatti seguenti o ad essi razionalmente si perviene, e cioè: a) che esiste, di regola, una classe di stature in cui gli individui misurati sono più numerosi; b) che tale classe è, all'incirca, equidistante delle due stature massima e minima, osservate nel dato gruppo di individui; c) che la frequenza diminuisce man mano che dalla classe di frequenza massima si discende verso le stature inferiori o si sale verso le superiori; d) che le frequenze corrispondenti alle classi di statura superiori o inferiori ed equidistanti (simmetriche) dalla classe di frequenza massima sono, all'incirca, uguali; e) che la media di tutte le stature è teoricamente uguale alla statura centrale della classe di massima frequenza, e può essere assunta come tipo di tutte le stature dei componenti il gruppo. Ora, se nello stesso gruppo d'individui misurassimo, oltre alla statura, molti altri caratteri antropologici, o anatomici, o fisiologici, o psichici, l'intensità media di ciascuno potrebbe essere assunta come tipo dell'intensità del carattere nel gruppo. Orbene, il Quételet aveva affermato che le intensità medie dei diversi caratteri umani, in un dato gruppo, formano un sistema coerente, ossia convengono tutte a un individuo ideale, che può essere considerato come il tipo del gruppo. In altre parole, a un individuo ideale, avente la statura media del gruppo, convengono anche il perimetro toracico medio, la lunghezza media della testa, la grandezza media dei visceri, la forza media, ecc.

La dottrina dell'uomo medio è stata combattuta in ogni tempo, anzi al suo smantellamento ha offerto esca lo stesso Quételet.

La critica fondamentale mossa a questa dottrina consiste in ciò. Si credeva - e fu proprio il Quételet a dirlo per primo - che i pesi umani crescessero in ragione del quadrato delle stature. Dato questo vincolo tra la serie delle stature e quella dei pesi, si disse, è evidente che la media aritmetica delle stature non è compatibile con la media aritmetica dei pesi, ossia che un uomo che avesse una stattura uguale alla media, per ciò solo avrebbe un peso diverso dal peso medio.

Orbene, poiché è verosimile che la stessa incompatibilità che si era creduto riscontrare fra stature e pesi abbia luogo anche per altri caratteri, l'uomo medio diventa una costruzione incongruente che dev'essere abbandonata. Nonostante questa obbiezione, che pare definitiva, la dottrina dell'uomo medio ha avuto un'accoglienza universale nella pratica scientifica, e ha offerto un mezzo prezioso per indagare, mediante l'uso delle medie, i caratteri delle popolazioni e per confrontare fra loro i gruppi umani diversi, a ciascuna età. Gli antropologi hanno misurato i caratteri di moltissimi popoli e sono così giunti, fra l'altro, a mettere in evidenza i tratti somatici salienti di ciascuno, precisando le basi della sistematica delle razze umane, che un tempo erano incerte e confuse. Essi hanno anche potuto precisare quantitativamente le modalità secondo cui l'organismo medio si sviluppa, col crescere dell'età, e le differenze che presenta lo sviluppo dei due sessi e dei popoli di diversa stirpe. Recentemente, soprattutto per merito del Gini, la dottrina dell'uomo medio, è stata ripresa in esame e rivendicata anche nei suoi fondamenti teorici.

Osserva, infatti, il Gini che le serie di cui disponeva il Quételet, quando vengano attentamente considerate, non affermano e non negano la proporzionalità delle variazioni dei pesi e delle stature. D'altra parte, quando si prendono in esame serie di dati più ricche e attendibili, risulta in modo indubbio che i rapporti fra le variazioni delle stature e le variazioni dei pesi sono praticamente costanti, ossia, in altre parole, che le variazioni delle stature sono praticamente proporzionali alle variazioni dei pesi. Se ne conclude che la media aritmetica dei pesi è compatibile con la media aritmetica delle stature; e poiché la stessa compatibilità ha luogo per le medie delle numerose coppie di caratteri umani che sono state finora studiate, ne risulta la piena coerenza dell'individuo ideale che sia medio rispetto a tutti i suoi attributi quantitativi.

Riportiamo - dal Viola - alcuni caratteri dell'uomo medio e della donna media veneti.

In base alle cifre contenute in questo specchietto, le quali compendiano il risultato di numerosissime osservazioni, è possibile formarsi un'idea precisa e chiara delle proporzioni dei caratteri del corpo nell'uomo medio e nella donna media veneti, ed è facile altresì confrontare i caratteri maschili coi corrispondenti caratteri femminili.

Ad esempio, si vede subito che la statura dell'uomo medio è più che doppia della lunghezza della sua gamba al malleolo, ed è precisamente 168,0 : 79,0 = 2, 1 e che altrettanto si verifica per la donna media, poiché si ha 155,0 : 72,2 = 2,1.

Analogamente, dalle cifre dell'ultima colonna, appare senz'altro che i caratteri dell'uomo medio superano, di regola, i caratteri della donna media, ma che la donna media è superiore all'uomo medio nell'altezza epigastrico-pubica e nella larghezza del bacino.

La conoscenza dei caratteri quantitativi dei gruppi umani si allarga e si approfondisce quando, oltre che calcolare l'intensità media di essi, o i rapporti degli uni agli altri (rapporti che, nella sistematica scientifica, hanno formato oggetto di particolare attenzione dando luogo a una serie di indici antropometrici mediante i quali, appunto, l'intensità di particolari caratteri viene commisurata all'intensità di altri), se ne studia la variabilità o anche si misura, mediante gl'indici di correlazione, l'influenza reciproca delle intensità di un carattere sulle intensità d'un altro.

Riportiamo, a titolo d'esempio, i valori del coefficiente di variazione di alcuni caratteri antropologici, anatomici, fisiologici e patologici dell'uomo. I dati, di varî autori, sono stati raccolti dal Pearl. Il coefficiente di variazione è il rapporto percentuale dello "scostamento quadratico medio" o (v. per questo concetto biometria) alla media aritmetica. Poiché i coefficienti di variazione sono indipendenti dall'unità di misura dei singoli caratteri, per loro mezzo è possibile confrontare la variabilità di caratteri espressi in unità di misura differenti.

I dati che riportiamo mettono in evidenza le profonde differenze di variabilità dei caratteri strutturali e funzionali, sia nell'uomo sia nella donna.

Riportiamo pure, a titolo di esempio, i seguenti dati, di autori diversi, pure raccolti dal Pearl, che misurano la correlazione fra due caratteri (a) e (b) antropologici, anatomici, fisiologici e patologici umani.

Si notano caratteri legati da una correlazione positiva (+), altri legati da correlazione negativa (−). Talora la correlazione è grande, ed è infatti misurata da valori dell'indice prossimi all'unità, più spesso è meno grande o addirittura piccola, ciò che avviene quando l'indice ha valori prossimi a zero.

Quanto ai caratteri qualitativi, essi, non meno dei quantitativi, hanno interessato i cultori dell'antropometria. Si vedrà come si procede nel loro studio, prendendo, ad es., il colore dei capelli. Si cominciano a fissare alcune categorie di colori. In un gruppo d'individui omogenei per origine, sesso ed età, si contano coloro che rientrano nelle categorie fissate; p. es. dei capelli rossi, biondi, bruno chiari, bruno oscuri e neri, e si calcola poi la percentuale rappresentata da ciascuna categoria sul numero totale degli individui osservati. Si procede analogamente per altri gruppi di popolazione e si confrontano poi le frequenze percentuali, delle diverse modalità di colore dei capelli nei varî gruppi. Molti caratteri qualitativi sono stati fin qui investigati, accertando differenze sistematiche fra i vari gruppi umani. La conoscenza dei caratteri qualitativi si è inoltre allargata, indagando le modalità con cui essi tendono ad associarsi nei diversi individui (cercando, ad es., se e con quale frequenza i biondi di capelli hanno occhi chiari e pelle rosea oppure occhi scuri e pelle bruna, ecc.) e le relazioni esistenti fra le varie categorie di essi e l'intensità dei caratteri quantitativi (ricercando, ad es., se i biondi di capelli hanno, più frequentemente dei bruni, una statura bassa, ecc.). Riportiamo, a titolo di esempio, alcuni dati sul colore degli occhi e dei capelli in due gruppi di soldati americani, nati, rispettivamente, in Inghilterra e in Italia.

Dalle cifre risulta evidente che i soldati di nascita inglese erano prevalentemente di tipo a pigmentazione chiara, e i soldati di nascita italiana erano, invece, prevalentemente di tipo a pigmentazione scura.

Ed ecco, sempre a titolo di esempio, altri dati sull'associazione di due caratteri qualitativi: pigmentazione e gruppi sangnigni (numerati secondo il criterio di Jansky), da cui risulta che la frequenza dei gruppi sanguigni varia al variare del tipo di pigmentazione.

L'antropometria è una scienza in via di rigoglioso sviluppo e uscendo dalla speculazione scientifica pura offre già, come è stato accennato, ricchi elementi a svariati campi dell'attività pratica (polizia scientifica, reclutamento militare, clinica medica, ecc.).

Dell'antropometria hanno fatto larghissimo uso gli antropologi per definire i caratteri di razza. Essi si sono specialmente fondati sulla craniometria (studio antropometrico del cranio), ma più recentemente il Manouvrier in Francia e il Martin in Germania hanno meglio approfondito lo studio antropometrico di tutte le parti del corpo. Gli antropologi si sono anche occupati delle proporzioni del corpo umano (v. somatologia).

Antropometria medica.

I principali scopi che si propone l'antropometria medica, nei suoi varî campi di studio, sono i seguenti:

a) lo scopo strettamente clinico (misurazione delle alterazioni, di forma, peso e volume di varie parti del corpo prodotte da malattia) e inoltre il controllo della crescita nelle varie età, ai fini dello studio della crescita fisiologica per mettere in evidenza eventuali ritardi o acceleramenti di natura patologica della crescita stessa;

b) lo scopo costituzionalista (determinazione dei varî tipi morfologici umani essenzialmente ai fini dello studio dei loro caratteri fisiologici e della predisposizione di essi alle malattie).

Fanno parte altresì degli scopi medici dell'antropometria;

c) l'antropometria criminale, creazione di Cesare Lombroso, che ha perduto oggi molto della sua importanza. Dovrebbe servire al rilievo metrico di segni degenerativi somatici da erigersi a indici di stati degenerativi psichici criminali (v. antropologia criminale).

d) l'antropometria militare con la quale i medici cercano di determinare a priori, in base a poche ed elementari misure, la resistenza organica dell'uomo agli sforzi funzionali richiesti dalla vita militare. È evidente che l'antropometria militare si avvicina molto nei suoi scopi a quella costituzionalista, trattandosi in definitiva di misurare la predisposizione o meno ad ammalare in seguito alle fatiche e ai disagi della vita militare.

L'antropometria medica nelle sue quattro suddivisioni (clinica, costituzionale, criminale e militare) si differenzia dalle altre antropometrie (antropologica, canoni per gli artisti, segnaletica; v. polizia giudiziaria) perché queste ultime considerano certi caratteri anatomici del corpo umano suscettibili di misurazione, in sé e per sé, nel loro esclusivo significato morfologico; mentre l'antropometria medica si serve del fatto morfologico-antropometrico per giungere all'interpretazione funzionale dell'organismo umano. Per l'antropometria medica il fatto morfologico puro non ha valore per sé, ha valore solo in quanto è indice e misura dello stato funzionale o addirittura di un eventuale stato patologico anatomico-funzionale.

Nel caso dell'antropometria militare si tratta di sapere quali conseguenze funzionali porterà, per es., il fatto morfologico di una circonferenza toracica troppo stretta, quando l'organismo sarà sottoposto ai disagi della vita militare e, in modo più generale, a tutte le cause meteoriche, traumatiche, infettive, emozionali, ecc., che lo turbano e minacciano nell'ambiente in cui vive, costringendolo a un permanente stato di difesa organica. Nel caso dell'antropometria clinica si tratta di sapere quali fatti patologici, anatomici e funzionali stiano a fondamento di un torace deformato nelle sue proporzioni (rachitide, osteomalacia, carie vertebrale, ecc.) o di una circonferenza addominale enorme (ascite, peritonite, tumore, cisti ovarica, ecc.).

È naturale che, allorquando si deve risalire dal fatto antropometrico al fatto funzionale, la scelta delle misure da adottarsi venga ispirata da tutt'altri criterî, che non quando ci si accontenti del fatto morfologîco puro e semplice che ha un valore in quanto costituisce in sé e per sé un segno distintivo di razza, una nozione quantitativa pura e semplice, un carattere utile all'identificazione di un determinato individuo, una norma per gli scultori nel formare le loro statue, ecc. Da ciò deriva un profondo divario nella scelta delle misure, nella scelta dei rapporti fra le misure e in generale nei metodi antropometrici. L'antropometria medica è dunque quella branca della medicina che si propone di misurare l'uomo allo scopo di dedurne criterî intorno alle capacità funzionali, oppure all'eventuale stato patologico.

Antropometria costituzionalistica. - È questa la parte dell'antropometria medica che ha assunto, col risorgere ai giorni nostri delle dottrine costituzionalistiche, una reale importanza. Si tratta di determinare nell'uomo le varianti quantitative del corpo, considerando i valori delle singole parti o del tutto, sia nella loro espressione assoluta quantitativa, sia nella loro espressione relativa (proporzioni corporee), e ciò allo scopo di vedere se a conformazioni corporee diverse corrispondano tipi funzionali diversi e diverse inclinazioni alle malattie.

L'Elsholtz (sec. XVII) è da considerarsi il precursore di tali studî, ma le sue ricerche non hanno che un interesse storico. L'antropometria clinica a scopo costituzionalistico è stata inaugurata dal De Giovanni fin dal 1880. Il metodo, dapprima ancora incompleto e poco preciso, fu completato e rigorosamente fissato in tutti i particolari dal Viola (1902). Negli ultimi anni (1920-24) sono comparse, specialmente in Germania, varie proposte di metodi antropometrici ad uso clinico costituzionalista (Berliner, Borchardt, Brugsch, Friedenthal, Martin, ecc.). Il migliore è forse quello del Friedenthal perché considera le tre dimensioni e viene proposto dall'autore per lo studio della crescita. In Francia un metodo per lo studio della crescita, a scopo puramente morfologico (constatazione empirica dell'allungamento e allargamento delle varie parti del corpo), fu ideato dal Godin (1903); in America da Draper, Dunn e Seegal (1924). In complesso però non pochi di questi metodi tradiscono una scarsa preparazione ad affrontare il problema. Se, per intenderci meglio, noi confrontiamo ancora una volta l'antropometria costituzionalistica con quella militare, troviamo che l'antropometria militare ha metodi molto elementari, di scarsa precisione e circoscritti alla misurazione della statura e del perimetro toracico, che non servono ai fini dell'antropometria medico-costituzionale. Nonostante la sua grande semplicità, la militare dà tuttavia risultati pratici utilissimi, in quanto l'antropometria non mira (come apparentemente si potrebbe credere) a valutare ogni singolo coscritto, ma effettivamente solo a risultati collettivi: fonda insomma i suoi risultati sui grandi numeri. Lo stato mette un limite all'accettazione degli individui per il servizio militare: questo limite è dato da un minimum di statura e di perimetro toracico. Lo sforzo funzionale richiesto dalle fatiche fisiche dei militari è in rapporto con la possibilità di rendimento che ha la massa somatica, considerata in lunghezza (statura) e in larghezza e profondità (perimetro). Non importa se al disopra di un tale limite vi siano singoli individui per altre ragioni inadatti, e al disotto dello stesso limite singoli individui tuttavia atti alla vita militare. Lo stato trascura le eccezioni. Per la quasi totalità degli individui, una secolare esperienza ha dimostrato che fra una determinata quantità antropometrica e la quantità dello sforzo funzionale richiesto dalla vita militare si può istituire un rapporto statistico, fondato sui grandi numeri, il quale praticamente ci garantisce che, quando quel determinato rapporto è dentro certi limiti, la quasi totalità degli organismi umani supera felicemente lo sforzo funzionale militare.

Invece l'antropometria costituzionalistica mira a valutare precisamente ogni singola individualità; mira dunque non a determinare fatti collettivi, ma fatti individuali, a raccogliere con cura ogni deviazione dallo sviluppo normale (assoluto e relativo) di ogni singola parte del corpo e di tutto il corpo, per mettere tali deviazioni in rapporto con deviazioni funzionali, che formano il letto delle predisposizioni morbose. Ecco perché non bastano più metodi antropometrici semplicistici come quelli militari.

Se per esempio, allo scopo di semplificazione metodologica, noi partiamo dalla supposizione che il corpo umano individuale, una volta che sia stato determinato nella sua statura e nella circonferenza toracica, sia determinato anche in ogni altra dimensione di lunghezza, larghezza e profondità e anche nella lunghezza e nel diametro trasverso degli arti superiori (non compresi nell'altezza personale), commettiamo un errore, perché partiamo da una supposizione che si verifica solo (ed entro certi limiti) per le medie fondate sui grandi numeri, entro le quali medie si compensano tutte le eccezioni individuali, anche le più gravi. Una tale supposizione nel caso dell'antropometria individualistica non si verifica mai. Nel caso della media collettiva noi mettiamo in evidenza una legge di correlazione, per cui, variando due misure del corpo (statura e perimetro), variano anche tutte le altre parti di conserva. Ma i singoli individui si differenziano tra loro in virtù del fatto che, appunto entro le leggi di correlazione, esiste una certa possibilità di offesa a dette leggi, le quali pertanto non sono rigide, ma alquanto elastiche, entro determinati limiti.

In questi limiti di elasticità, si muovono tutte le individualità con le loro infinite varianti, che costituiscono il fondamento della predisposizione morbosa. Di qui anche la condanna di tutti quei metodi che si vogliono compendiare in indici generali antropometrici, con un risultato numerico unico, in funzione di numerosi singoli valori. L'individualità umana presenta varianti e dispozioni morbose localistiche e domanda prima di tutto un'indagine analitica di ognuna, presa per sé e in rapporto con le altre. La valutazione sintetica, con un numero indice unico, è priva di ogni valore pratico. La valutazione sintetica deve essere la sintesi delle già avvenute valutazioni analitiche.

Nell'istituire un metodi antropometrico, ai fini dello studio della individualità morfologico-funzionale, si deve badare altresì, per quanto riguarda le predisposizioni relative, a scegliere una misura fondamentale, alla quale riportare poi tutte le altre misure (senza che sia vietata peraltro la possibilità che una qualsiasi singola misura venga confrontata a qualsiasi altra). Tale misura basale, assunta come centro di riferimento, e la scelta dei rapporti che si mgliono studiare devono essere rigorosamente discusse e fatte in base a concetti ben precisi e con scopi ben determinati. Infine si richiedono: precisione di punti di ritrovo, preferibilmente scheletrici e sottratti quindi alle varianti dello stato di nutrizione; apparecchi di precisione che immobilizzino il soggetto durante la misurazione; determinazione di tutte e tre le dimensioni del corpo e limitazioni del numero delle misure allo stretto necessario, per evitare calcoli ingombranti.

Il metodo adottato dalla scuola costituzionalista italiana soddisfa queste premesse. Con la misurazione delle tre dimensioni del torace moltiplicate fra loro e similmente per il segmento addominale ipocondriaco e per il segmento addominale inferiore, si ottengono gli indici volumetrici o valori cubici del torace, dell'addome superiore e inferiore; la somma di questi tre valori dà la cubicità-indice di tutto il tronco, la quale viene assunta come misura fondamentale, cui si confrontano tutte le altre dimensioni lineari e cubiche rilevate. La lunghezza dell'arto superiore, sommata a quella dell'arto inferiore, dà l'indice o valore degli arti. Il valore-indice del tronco, come rappresentante del sistema vegetativo, viene contrapposto al valore-indice degli arti, come rappresentanti del sistema di relazione. Il rapporto del malore del tronco col valore degli arti costituisce il rapporto fondamentale nella determinazione della individualità. In un secondo tempo si studiano i rapporti fra la cavità toracica e quella addominale, fra l'addome superiore e l'inferiore, fra l'arto superiore e l'arto inferiore, fra diametri transversi e diametri antero-posteriori delle singole cavità (testa, torace, addome superiore, addome inferiore) e così via.

Il soggetto viene immobilizzato orizzontalmente sopra un tavolo antropometrico di precisione, a bilanciere, il quale al principio assume una posizione verticale (fig.1) per farvi salire più agevolmente il soggetto, poi viene portato in posizione orizzontale col soggetto stesso (fig. 2). I diametri cavitarî si rilevano col compasso di spessore (fig. 3), stando il paziente in piedi. Per ogni maggiore particolare sul metodo vedi le pubblicazioni del Viola e le voci costituzione e corpo umano.

Bibl.: Tralasciando le varie storie dell'antropologia, che riserbano di solito all'antropometria cenni unilaterali, e gli scritti, anche importanti, che limitano il campo dell'antropometria alla pura tecnica di osservazione o di calcolo, si ricordano, per la dottrina dell'uomo medio e l'investigazione quantitativa dei gruppi umani, le seguenti opere fondamentali: A. Quételet, Physique sociale ou essai sur le développement des facultés de l'homme, Bruxelles 1869; id., Anthropométrie, Bruxelles 1871 (entrambe tradotte in italiano, nella Biblioteca dell'economista, s. 3ª, II). Fra le opere moderne: R. Livi, Antropometria, Milano 1900; T. de Aranzadi, Antropometria, Barcellona s. a.; R. Martin, Lehrbuch der Anthropologie, 2a edizione, Jena 1928; M: Boldrini, Antropometria, Torino 1929 (Trattato italino di igiene). Per l'antropometria militare: R. Livi, Antropometria militare, voll. 2 e atlante, Roma 1896, 1905; H. Lundborg e F. J. Linders, The racial characters of the Swedish Nation, Jena 1926; J. H. Baxter, Statistics medical and anthropological of the Provost General's Marshal Bureau, derived from the records of the examination for military service in the armies of the U.S. during the late War of the Rebellion, ecc., Washington 1875, voll. 2; G. B. Davenport e A. G. Love, Army Anthropometry publ. by the Medical Department of the U. S. Army in the World War, XV, I, Washington 1921. Per l'antropometria medica costituzionalistica: M. Boldrini, Sviluppo corporeo e predisposizioni morbose, Milano 1925; G. Viola, Descrizione di una tecnica antropometrica ad uso clinico, in Il Morgagni, 1902; id., Il metodo antropometrico di deformazione, in Lavori dell'Istituto di Clinica Medica di Padova, Milano 1908-1909; R. Pearl, Introduction to the medical Biometry and Statistics, Filadelfia e Londra 1923; id., Biometry and Vital Statistics, in Relation of the Science of Medicine, Nelson Loose-Leaf System, Public Health, Preventive medicine, New York 1927. Per l'antropometria della crescita: H. Friedenthal, Allgemeine u. spezielle Physiologie des Menschewenwachstums, Berlino 1914. Per l'antropometria viscerale a scopo costituzionale: Vierordt, Daten und Tabellen, Jena 1906; F. W. Benecke, Anatomische Grundlagen der Constitutions-anomalien, Marburgo 1878; id., Constitution und constitutionelles Kranksein, ivi 1881; Castaldi e Vannucci, Sulla grandezza di alcuni visceri nei diversi tipi morfologici e costituzionali, in Lo Sperimentale, 1924. Per l'antropometria criminale: C. Lombroso, La Perizia psichiatrico-legale, Torino 1905, parte 2ª, cap. I; id., L'uomo delinquente, 5ª ed., Torino 1896.

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