Api e vespe

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

api e vespe

Giorgio Celli

Insetti che vivono in società

Appartenenti alla classe degli Insetti, api e vespe sono molto simili, sia per l'aspetto sia perché entrambe le famiglie di cui fanno parte sono organizzate in vere e proprie società, complesse e rigidamente regolate. In particolare le api sono attive collaboratrici dell'uomo fin da tempi molto lontani, grazie alle benefiche e utili sostanze che producono e alla loro opera di fertilizzazione delle piante da frutto. Come già aveva quasi intuito il grande filosofo greco Aristotele, esse sono capaci di scambiarsi informazioni altamente precise grazie a un sistema di comunicazione molto complesso

Classi, ordini e famiglie

Le vespe e le api fanno parte della classe degli Insetti, dell'ordine degli Imenotteri, del sottordine degli Apocriti e della sezione degli Aculeati. Per quanto riguarda le famiglie, invece, vespe e api si distinguono: le vespe appartengono a quella dei Vespidi, che presenta a sua volta numerose sottofamiglie, delle quali sono molto comuni tra noi le polistine e le vespine; tra le polistine la specie più nota è Polistes dominulus, mentre tra le vespine annoveriamo il calabrone, Vespa crabro. Le api appartengono invece alla famiglia degli Apidi. All'interno di questa, Apis mellifica ligustica è la razza italiana, la più allevata dagli apicoltori nel mondo.

A ciascuno il suo!

vespe
api

Come si fa a distinguere una vespa da un'ape? Il loro aspetto è tutto sommato simile: una famiglia è caratterizzata da un corpo liscio a strisce nere e giallo oro, un'altra da un corpo peloso a strisce sempre nere e gialle, anche se di un giallo più cupo che trascolora nell'ocra. Ma per capire con sicurezza se si tratta di una vespa o di un'ape basterà fare attenzione al loro comportamento. Se le osserviamo mentre volano in prossimità di un mercato o di una tavola imbandita, infatti, noteremo che gli insetti lisci e giallo oro ‒ vale a dire le vespe comuni ‒ bazzicano su frutta, carne, dolci e bevande gassate, in quanto sono onnivori e dotati di mandibole; gli insetti pelosi e a riflessi ocra ‒ le api ‒, che sono capaci solo di suggere e che hanno una dieta a base di zucchero, le vedremo trafficare invece soltanto su sostanze dolci liquide o semiliquide. In natura, infatti, tutti gli insetti appartenenti alla famiglia dei Vespidi sono cacciatori di altri insetti, che catturano e masticano per farne il nutrimento delle loro larve, mentre le api, appartenenti alla famiglia degli Apidi, si nutrono di sostanze zuccherine raccogliendo il nettare e il polline sui fiori.

Le armi

Quasi tutti abbiamo sofferto per un incontro un po' troppo ravvicinato con una vespa o ‒ forse più raramente ‒ con un'ape, scoprendo a nostre spese che questi insetti pungono, provocando un dolore molto acuto. Le armi a loro disposizione sono simili a siringhe poste all'estremità dell'addome, che prendono il nome di aculei e che sono in grado di perforare la pelle e di inoculare il veleno da una ghiandola annessa. Anche nel bel mezzo di una simile disavventura, è possibile scoprire se il colpevole è stato una vespa oppure un'ape. Lo stiletto (parte dell'aculeo) delle vespe è liscio, per cui entra ed esce con facilità dalla ferita, mentre quello delle api presenta degli uncini che, per loro sventura lo trasformano in una specie di arpione. Quando l'ape colpisce, gli uncini agganciano saldamente alla pelle lo stiletto, ragion per cui l'insetto, tentando di sfuggire, si tira indietro con forza e finisce per stracciarsi l'addome e, di conseguenza, morire. È per questo che se un insetto giallo e nero ci ha punto e ci ha lasciato il suo aculeo infisso nella ferita, si tratta senza dubbio di un'ape, ed è consigliabile strappare subito via l'aculeo perché, essendo connesso ancora alla ghiandola ‒ strappata a sua volta nella mutilazione ‒ continua a pompare veleno nella ferita! Insomma, l'ape, al contrario della vespa, se vi punge muore, ed è per questo che lo fa solo se si sente proprio in pericolo!

Società simili, ma con qualche differenza

Le vespe e le api sono insetti sociali (società animali), il che significa, tanto per cominciare, che vivono in gruppo e che gli individui che ne fanno parte assolvono compiti diversi. Sia tra le vespe sia tra le api troviamo una sola femmina fertile, detta regina, che provvede alla riproduzione deponendo le uova, mentre tutte le altre, le cosiddette operaie, sono sterili e sono destinate a svolgere i lavori necessari alla vita della società: dall'incetta di cibo all'allevamento delle larve, dalla pulizia del nido alla sua difesa dai nemici, e così via. I maschi delle api si chiamano fuchi e costituiscono una presenza temporanea: compaiono a un certo momento della stagione, fecondano la regina e dopo vengono scacciati o uccisi dalle operaie, come nell'antico mito delle Amazzoni.

fig.

La differenza cruciale tra la società delle vespe (v. fig.) e quella delle api consiste nel fatto che la prima è annuale ‒ viene infatti fondata in primavera per dissolversi in autunno e ricominciare da capo l'anno successivo ‒ mentre la società delle api è poliannuale e, in teoria, potrebbe durare per sempre, anche se ogni anno viene cambiata la regina.

La società delle vespe…

Fondazione delle società. Nel caso delle vespe la fondazione della società si svolge di solito nel modo seguente: una femmina fecondata passa l'inverno in qualche ricovero di fortuna e, al sopraggiungere della buona stagione, comincia a costruire il nido e a deporre le uova. Nel caso delle vespe polistine ‒ che con le vespine sono diffusissime nel nostro paese ‒ può succedere che diverse femmine collaborino alla costruzione del nido e alla deposizione delle prime uova, anche se ben presto è una sola di loro, la dominante, a prendere possesso esclusivo della società. Nelle vespine, invece, fin dal principio la femmina fondatrice è una sola. I nidi delle vespe sono fabbricati con un materiale ottenuto masticando, insalivando e compattando dei frammenti di legno, sottratti, per esempio, all'imposta di una casa o al sostegno di una vite. Il legno così trattato si trasforma in cartone vero e proprio, che viene poi posto in opera. Si può così affermare, scherzando un po', senza timore di smentite che le vespe hanno inventato la carta ben prima dei Cinesi!

Le forme dei nidi. Il nido delle polistine è a forma di calice rovesciato, appeso mediante un sottile peduncolo a un supporto, che per esempio può essere il tetto che sporge sul terrazzo di un edificio. Il calice è occupato da tante cellette rotonde, aperte in basso, che ospitano le larve. Il numero degli individui di una società di polistine oscilla da qualche decina a diverse centinaia. I nidi delle vespine sono, invece, dei grossi involucri sommariamente sferici dentro cui, procedendo dall'alto verso il basso, si trovano una serie di favi ‒ così si chiamano le strutture che ospitano le cellette ‒ sovrapposti l'uno all'altro e collegati tra loro da un peduncolo. L'entrata dell'involucro è alla base e le cellette sono aperte verso il basso. Come già detto, delle vespine fanno parte anche il calabrone, un insetto di grosse dimensioni che è solito sistemare il nido in qualche cavità di una roccia o di un albero oppure in un solaio abbandonato, e la vespa comune, di più piccole dimensioni, che ospita il proprio nido perlopiù sotto terra. Il numero degli individui che abitano questi nidi è imponente e si conta in migliaia.

… e la società delle api

arnia

L'arnia. L'uomo si è interessato alle api fin da epoche remote e le ha prese sotto la sua tutela fornendo loro il nido: l'arnia. Nel corso della convivenza tra noi e le api, l'arnia è stata di forma molto diversa, fino a raggiungere, in tempi recenti, quella che consiste in una cassetta con una fessura d'entrata e un predellino d'atterraggio. All'interno, l'apicoltore sistema una serie di piccoli telai disposti trasversalmente, con un foglio di cera inserito nella cornice; su questo supporto le api edificano le loro cellette esagonali, frutto di una strabiliante intuizione geometrica, per accogliere le larve e le riserve alimentari dell'alveare, il miele e il polline. Prima che l'uomo desse alle api questo ricovero, la loro società trovava riparo in qualche anfratto, come la cavità di un albero svuotato dalla carie, per esempio, e costruiva favi di cera a forma di ossi di seppia: bisogna sottolineare che la vita di questo laborioso popolo si svolgeva regolarmente senza alcun bisogno dell'intervento dell'uomo.

La vita nell'alveare. Ma come viene fondata ogni nuova società? Immaginiamo di entrare nel cuore di un alveare: durante la buona stagione, la regina depone attivamente delle uova, fino a più di un migliaio al giorno, e le operaie crescono rapidamente di numero. Durante questa crescita, la regina, che nell'alveare è una sovrana assoluta, produce una sostanza che circola di bocca in bocca tra le operaie e che impedisce loro ‒ un vero e proprio ordine chimico, cui non si può trasgredire! ‒ di allevare delle nuove regine. Quando però la popolazione diventa troppo numerosa, la sostanza non basta più per tutte, e le operaie possono cominciare ad alimentare delle larve, poste in speciali cellette, con una dieta particolare, non di miele e di polline, ma di pappa reale, che le trasforma in nuove regine. Succede così che la vecchia sovrana, a un certo punto, se ne va con metà del suo popolo, mentre la nuova, uscita subito dopo dalla sua celletta, uccide tutte le altre che stanno per nascere e prende possesso del suo regno.

Lo sciame errante delle api, invece, va in cerca di un nuovo ricovero e di solito viene catturato dall'apicoltore e posto in un'arnia nuova di zecca che il popolo rimasto senza casa accetta di buon grado. E i fuchi? I maschi compaiono a un certo momento della buona stagione e inseguono in massa la regina quando compie il suo volo nuziale. Solo alcuni di loro, circa una decina, la raggiungono e la fecondano, ma i loro organi sessuali si lacerano nell'atto, e chi fa l'amore con la regina paga con la vita. Per tutti gli altri fuchi il destino non sarà migliore: reduci dal volo sfortunato, verranno scacciati e uccisi dalle operaie. Tempi duri per i maschi, nell'alveare!

Utilità delle api

L'alveare è un piccolo laboratorio chimico che fornisce all'uomo una vasta gamma di prodotti di alto valore curativo e nutrizionale come il miele ‒ il solo dolcificante usato dall'uomo per millenni, un alimento ricco di vitamine e di altri composti biologici ‒ o la cera, che ha rischiarato, in forma di candela, le nostre notti per tanto tempo.

Ma non è possibile dimenticare altri prodotti, quali il polline, una sostanza antistress, la propoli, una sorta di stucco che le api raccolgono sulle gemme degli alberi per calafatare l'arnia ‒ cioè chiuderne i fori ‒ e igienizzarla, ottima come antisettico e cicatrizzante, o infine la pappa reale, fonte di benessere e utile, sembrerebbe, per combattere l'invecchiamento. Anche il veleno prodotto da questi insetti è da tempo impiegato nella cura dei reumatismi! Ma la funzione essenziale delle api è quella di rendere possibile, o di promuovere, la produzione agricola, mettendosi così non solo al servizio dell'apicoltore e della sua bottega, ma dell'agricoltore e dei suoi campi coltivati.

Fin dall'alba del mondo si è consolidata tra le piante a fiore e gli insetti una grandiosa alleanza, che consiste in uno scambio di favori: il fiore, con i suoi colori e i suoi profumi, attira gli insetti, offrendo loro il nettare ‒ in forma di goccioline secrete in fondo alla corolla ‒ e il polline, che costituiscono l'uno un dessert, da cui deriva il miele, e l'altro, per dire così, una bistecca vegetale. A loro volta, frequentando i fiori le api si sporcano di polline i peli del corpo e, passando da un fiore all'altro della stessa specie, lo fanno circolare in giro, dando così ali alle nozze delle piante, che non sono capaci di muoversi. Senza questo trasferimento, il bancone del nostro fruttivendolo resterebbe vuoto! Molti insetti funzionano come postini del polline per i fiori, ma l'ape è la più brava di tutti, perché, come aveva notato già il filosofo greco Aristotele circa ventitré secoli fa, se comincia con un fiore di melo resta fedele ai fiori di melo per tutto il giorno, non portando il polline su altri fiori a cui non servirebbe un bel niente!

Il linguaggio delle api

Le api compiono una danza che Aristotele aveva notato, ma non compreso. Nel secolo appena trascorso uno scienziato austriaco, Karl von Frisch, ha scoperto che si tratta di un vero e proprio linguaggio, decifrando il quale si è meritato il premio Nobel. Quando l'ape, che ha scoperto una sorgente di cibo, per esempio dei fiori ricchi di nettare o di polline, rientra nell'alveare, danza sul favo comunicando alle compagne, che la seguono nelle sue evoluzioni, la direzione e la distanza del luogo. Questa danza comunica un'informazione molto complessa. Se l'ape danza in tondo, il messaggio suona così: "negli immediati dintorni dell'alveare potete trovare del cibo, cercate attorno". Se quel cibo è più lontano, la danza si trasforma: non avviene più solo in circolo, ma forma un otto rovesciato sul fianco, cioè un percorso formato da due semicerchi riuniti da una linea retta al centro.

L'ape danza tanto più velocemente quanto più vicino è il cibo, e quindi il numero completo di giri che compie in un tempo convenzionale, 15 secondi per esempio, indica la distanza in metri dell'alveare dal luogo di raccolta. Mentre percorre la retta che collega i due semicerchi, l'ape muove alternativamente a destra e a sinistra l'addome, ed è per questo che la danza viene anche detta 'scodinzolante'. Il numero di questi scodinzolamenti è, a sua volta, correlato alla distanza dei fiori da visitare.

La danza delle api

Schema generale della danza a otto: R, alveare; N, fiori o altra sorgente di cibo; S, sole. Se l'alveare R si trova all'estremità di una linea retta che collega la sorgente di cibo N e il punto a terra del sole S, l'ape danza con la testa in su, mentre il tratto che collega i due semicerchi viene percorso perpendicolarmente al suolo. Se è l'alveare R, e non la sorgente di cibo N, a trovarsi sulla stessa linea tra i fiori N e il sole S, la danza non cambia, però l'ape percorre la retta tra i due semicerchi a testa in giù. Se la sorgente di cibo è a destra, o a sinistra dell'alveare, l'ape percorre la retta che collega i due semicerchi non più perpendicolarmente al suolo, ma piegata di un angolo sulla verticale che è lo stesso formato dalle due linee che collegano l'alveare rispettivamente alla sorgente di cibo e al punto a terra del sole.

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