CANETOLI, Arcangelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CANETOLI, Arcangelo

Gian Paolo Brizzi

Nacque da famiglia bolognese intorno all'anno 1460.

La data, approssimativa, la si deduce dalla Vita, scritta vent'anni circa dopo la sua morte e pubblicata dal Melloni, nella quale si legge che egli nel 1484 vestì l'abito dei canonici regolari di S. Salvatore "sendo gionto a una certa matura età". Meno probabile è l'altra data ipotizzata dal Melloni, il quale, avendo letto nella Vita che il padre e i fratelli del C. erano morti durante una cruenta rivolta cittadina, crede di poter identificare questa con la congiura del 1445 che vide la fazione dei Canetoli impegnata contro quella di Annibale Bentivoglio; ma ciò comporterebbe di conseguenza che il C. fosse entrato in convento già anziano di età, avendo superato i quaranta anni. Incerta è anche l'attribuzione della paternità, poiché essendo solitamente attribuita a Facino, nelle memorie di fra Girolamo Maria da Venezia, confratello del C., questi è chiamato "frate Arcangelo di Cristoforo di Facino" (Trombelli p. 51 n. 2), lasciando supporre che Facino fosse l'avo che aveva esercitato di fatto la patria potestà, essendo il C. rimasto orfano del padre.

Maturata nel C. la scelta di condurre vita conventuale, egli si rivolse alla Congregazione dei canonici regolari di S. Salvatore che aveva ricevuto dalla famiglia Canetoli numerosi benefici in Bologna. Il 29 sett. 1484 fu ammesso in quell'Ordine religioso e subito trasferito nel convento di S. Antonio in Venezia e, nonostante i molti trasferimenti nelle varie case dell'Ordine, non soggiornò mai più in quella di Bologna. Compiuto il periodo di noviziato fu destinato al convento di S. Salvatore dove ricevette l'ordinazione sacerdotale, ma ben presto chiese ed ottenne di essere trasferito, poiché la continua presenza di pellegrini e di ospiti non si confaceva alla solitudine che gli era indispensabile per il raccoglimento interiore e la meditazione. Il C. aspirava a condurre una vita eremitica e gli fu pertanto permesso di raggiungere il convento di S. Ambrogio di Gubbio, che sorgeva in un luogo montuoso e isolato, ove dimorò per sette anni conducendo una vita dedita alla penitenza e alla contemplazione, macerandosi in continui digiuni. Richiamato nel 1505 a Venezia, fu inviato come vicario dapprima al convento di S. Daniele in Monte, presso Padova, poi in quello dell'Isola, vicino a Vicenza, "bramandolo ognuno in sua famiglia" (Trombelli, p. 9). Nel 1509, dietro le sue pressanti richieste, gli fu concesso di ritornare nell'eremo di Gubbio. La sua fama di santità si diffuse in quei luoghi e fece accorrere nel convento di S. Ambrogio numerosi fedeli bisognosi di conforto spirituale.

Il C. acquistò una vasta fama soprattutto per la stupefacente capacità di predire gli avvenimenti e numerosi componenti della corte di Urbino si recarono da lui, richiamati da queste sue inconsuete capacità divinatorie. Fra le più assidue devote del C. furono Elisabetta Gonzaga ed Emilia Pio; lo stesso duca, Francesco Maria Della Rovere, mandò un suo cortigiano ad interrogare il C. per conoscere quale sarebbe stato l'esito della guerra che egli stava conducendo per conto del papa, ed il C. predisse l'esito positivo dell'impresa. A lui ricorse anche Giuliano de' Medici, esule da Firenze, accomiatandosi dal quale il C. presagì i vicini successidella famiglia de' Medici.

Restaurato il dominio dei Medici, Giuliano volle dimostrare la propria devozione e riconoscenza al C. chiedendogli di stabilirsi in Firenze, nel convento dei canonici regolari, in S. Donato in Scopeto. Durante il soggiorno del C., essendo l'arcivescovo di Firenze Cosimo de' Pazzi gravemente malato e incapace di svolgere le sue funzioni episcopali, Giuliano offrì al C. di sostituirlo, ma a nulla valsero le sue grandi insistenze poiché egli desiderava tornare nella solitudine dell'eremo di S. Ambrogio. Accompagnato dal fedele fra' Maria da Padova, il probabile autore della Vita, il C. iniziò il viaggio verso Gubbio ma, prostrato da attacchi di ernia e dalla febbre, fu costretto a fermarsi a Castiglione Aretino, ove fu ospitato dalla famiglia di Baldo Acquisti, nella cui casa il 16 apr. 1513 morì.

Il giorno seguente il suo corpo venne posto in un sepolcro fatto costruire nella chiesa di S. Francesco, ove rimase finché, per le pressanti insistenze dei suoi confratelli e per il diretto interessamento del duca di Urbino e di Giuliano de' Medici, il 3 dicembre di quello stesso anno venne trasferito a Gubbio e sepolto nella chiesa di S. Ambrogio dove tuttora si trova. Per ciò che riguarda il culto che viene a lui tributato bisogna registrare la concessione apostolica, fatta da Benedetto XIV, il 2 ott. 1748, di messa e ufficiatura propria del beato, ai canonici regolari di S. Salvatore, estesa il 3 genn. 1759, per decreto della Sacra Romana Congregazione alla città di Bologna.

Fonti e Bibl.: Bruxelles, Bibl. reale, cod. 8925, pp. 121-123: Lettera di Giuliano de' Medici del 19 nov. 1513; Vita et morte di Frate,ovvero del beato Arcangelo da Bologna, in G. B. Melloni, Atti e mem. degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna, III, Bologna 1818, pp. 381-428, 484-490; G. Bombaci, Mem. Sacre degli uomini illustri per titoli e per fama di santità della città di Bologna, Bologna 1640, pp. 112-118; L. Iacobilli, Vita di santi e beati dell'Umbria, II, Foligno 1656, pp. 367 s.; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 282; A. Degli Anzi [V. Zani], Vita del beato A. C. bolognese, Venezia 1749; G. C. Trombelli, Vita del beato A. C., Venezia 1783; Vita del beato A. C. bolognese,descritta da un religioso dello stesso Ordine, Roma 1842; Acta Sanctorum,Octobris XIII, Bruxelles 1883, pp. 186-201; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., III, coll. 1533 s.; Bibliotheca Sanctorum, III, coll. 74 s.

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