ARIETE

Enciclopedia Italiana (1929)

ARIETE (bolcione o bolzone, montone, rompimuro, testuggine arietaria; fr. bélier; sp. ariete; ted. Sturmbock; ingl. battering ram)

Mariano Borgatti

Macchina ossidionale usata per scuotere o per demolire tratti di mura d'una città fortificata.

L'ariete, che dovette essere usato in forma rudimentale fin da tempi preistorici, fu adoperato dagli Assiri, e se ne hanno esempî frequenti nei loro monumenti. Interessante è la scena di assedio rappresentata dalla fig. 1, in cui gli attaccanti (Assiri) spingono avanti una complicata macchina a carro, con testa contundente a forma di coccodrillo, montata da uomini che combattono. La macchina era spinta a braccia, e per la forza viva che acquistava e per la sua massa apriva la breccia, che è già indicata nel rilievo. La fig. 2 rappresenta Assiri all'assedio di una piazza, ed è chiaro l'impiego di una specie di ariete a ruote; ha due travi con testa a forma di grosse lance le quali hanno cominciato ad aprire breccia nella muraglia. Secondo Vitruvio (X, 19) i primi a farne uso sarebbero stati i Cartaginesi, per impadronirsi di Gades in Ispagna. Ai greci fu noto sotto il nome di κριός o con quello, meno specifico, di ἐμβολη.

Queste macchine da urto, ed altre simili, ebbero il nome di arieti (traduzione del greco κριός) dai Romani, che ne fecero grande uso; tale nome derivò dall'impeto col quale gli arieti si affrontano fra loro, somigliante al cozzo d'azione contro le mura; e la testa della trave arietaria fu frequentemente foggiata a forma di testa d'ariete.

L'ariete consisteva essenzialmente in una lunga e grossa trave, di abete o di frassino, avente a una estremità un pezzo massiccio metallico, della forma suddetta. Nella primitiva maniera di manovra, anche presso i Romani, l'ariete era portato a braccia da un grande numero di uomini ed era lanciato contro le mura, senz'altro aiuto che quello delle loro forze riunite, come scrive Vitruvio, e come risulta da una rappresentazione della colonna Traiana. Ma la trave arietaria era anche sospesa ad una o a più catene pendenti da una robusta trave orizzontale (fig. 3), la quale era quasi sempre coperta da un tetto: sotto di esso si riparavano i soldati, che per mezzo di funi potevano dare alla trave un rapido e gagliardo impulso avanti e indietro (testudo arietaria).

L'uso dell'ariete fu reso ancora più agevole accavallando ad un curro la catena alla quale era appeso, e ponendo sotto di esso alcuni curri (fig. 4).

L'ariete era quasi sempre macchina a sé; ma talvolta si poneva ancora nel piano inferiore della elepoli, che allora prendeva nome di elepoli arietaria. La trave era di diverse lunghezze, e, componendola di diversi pezzi e rafforzandola con fasciature di ferro, si fece lunga fino a 60 metri, per poterla adoperare attraverso al fosso, stando al riparo dalle offese nemiche. Ci può dare esempio di una macchina di siffatto genere la fig. 5, presa da un modello di ariete che è nel Museo del Genio militare a Roma, e che fu fatto sulla descrizione di Vegezio.

Due arieti di tale lunghezza portati da Demetrio Poliorcete all'assedio di Rodi (anno 305-304 a. C.) erano manovrati da un migliaio di uomini. Giuseppe Flavio (Bell. Iud., III, 7, 19), scrivendo di un ariete usato da Vespasiano all'assedio di Giotapata dice: "non c'è torre sì forte né muro sì grosso che possa reggere ai suoi colpi..."; ed Appiano (VIII, 98) racconta che nella terza guerra punica i Romani misero in azione due arieti, l'uno dei quali avrebbe richiesto 6000 uomini per la manovra.

Tali enormi macchine non erano evidentemente condotte al seguito delle legioni; ma si costruivano sul posto. Qualche volta si usarono ancora arieti con la testa foggiata a grossa vite, coi quali si foravano le porte e le palancate avversarie ed allora si dicevano terebra o trapani murali.

Fu in uso ancora nell'evo antico un ariete navale, che era simile a quello terrestre sopra descritto, e negli abbordaggi serviva a battere il fianco di navi avversarie quando erano di alto bordo, o a rovesciare difensori o macchine dal ponte. Questo ariete navale era più specialmente dai Romani chiamato assero navale, per distinguerlo dall'assero d'assedio.

L'ariete si trova frequentemente menzionato dai cronisti del Medioevo fra le macchine ossidionali, e si disse ordinariamente bolzone (fr. bougon). Uno scrittore militare lo definisce così: "grossa trave armata di ferro con la quale gl'Italiani del Medioevo battevano e rovesciavano le mura ed i serrami delle terre nemiche, imitando l'ariete dei Romani ed il montone dei barbari".

Si riproduce nella fig. 6 un'ingenua rappresentazione di lotta medievale o combattimento di strade e di castelli, presa da una figura degli Annali genovesi del 1194. Sulla strada i combattenti (raffigurati da due uomini soli) sono a corpo a corpo; da uno dei castelli è spinto fuori da una finestra un ariete (nella cronaca è detto rompimuro) per aprire la breccia nel castello opposto; i difensori, in alto, appaiono protetti da graticci.

TAG

Demetrio poliorcete

Giuseppe flavio

Cartaginesi

Evo antico

Vespasiano