FIORAVANTI, Aristotele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FIORAVANTI (Fieravanti), Aristotele

Adriano Ghisetti Giavarina

Figlio dell'architetto ed ingegnere Fieravante di Ridolfo, nacque a Bologna, intorno al 1420.

Il suo primo intervento noto consisté nel sollevamento e nella posa in opera della nuova campana della torre dell'Arengo di Bologna, costruita nel sec. XII e situata al centro del palazzo del Podestà, effettuati il 27 nov. 1437 con la collaborazione di Gaspare Nadi.

La campana si ruppe nel 1453 e fu pertanto necessario rifarla: anche questa volta il trasporto e la collocazione furono affidati al F., coadiuvato da suoi aiuti, che costruì appositamente un argano di legno (Tugnoli Pattaro, 1976, pp. 35-39).

Del 1444 è una notizia relativa alla dote di sua moglie Bartolomea Garfagnin, che gli darà due figli mentre, nel 1447, citato in giudizio per aver accusato un tale Michele Gallisano di aver battuto moneta falsa, viene definito "aurifex et civis Bononiae" (ibid., p. 36). Almeno dal novembre 1451 all'aprile 1452 - forse per iniziativa di Nello da Bologna soprintendente agli interventi urbani ed edili voluti da Niccolò V - fu impegnato a Roma nello scavo e nel trasporto di alcune grandi colonne monolitiche, destinate al coro della basilica di S. Pietro, dai dintorni della chiesa di S. Maria sopra Minerva al Vaticano (Müntz, 1878, pp. 83 s., 108 s.; Bertolotti, 1886, pp. 2 s.).

Dal 1453 il F. era nuovamente a Bologna, dove il 15 febbraio fu nominato ingegnere del Comune; nella successiva primavera fu impegnato nel restauro della rocchetta di Piumazzo, località non lontana da Bologna, mentre nell'estate di quell'anno, a Castenaso, subì il furto di un livello in ferro; nel maggio o nel giugno del 1454 fu invece chiamato per una perizia relativa alla chiusura del portico laterale di una casa (Tugnoli Pattaro, 1976, pp. 39-41).

La fama del F. era destinata ad aumentare con un incarico ben più importante, quello dello spostamento, nell'agosto 1455, della trecentesca torre della Magione (demolita nel 1825), dal suo sito originario, sul fianco della scomparsa chiesa di S. Maria del Tempio in strada Maggiore a Bologna, ad una distanza di oltre 13 metri, in corrispondenza della zona absidale della stessa chiesa (ibid., pp. 41-44).

Il successo conseguito con questa impresa fece ottenere al F. un premio dal cardinale G. Bessarione e il successivo incarico del raddrizzamento del campanile di S. Biagio a Cento, risalente al XII secolo, oggetto di interventi che nel 1409 ne avevano compromesso la stabilità e che fu infine demolito nel sec. XVIII, opera che l'ingegnere bolognese eseguì nel settembre dello stesso 1455 (ibid., 1976, pp. 48 ss.). Nello stesso anno, a Bologna, aveva consolidato la porta di Galliera (ibid., p. 49), ed aveva ricevuto l'invito a Roma per lo spostamento dell'obelisco Vaticano, in quel tempo accanto alla rotonda di S. Andrea per collocarlo sulla piazza antistante la basilica di S. Pietro, in asse con l'ingresso principale (Beltrami, 1912, p. 108). Per la morte di Nicolò V il progetto non fu attuato e solo circa vent'anni più tardi venne affidato al F. il progetto per la realizzazione di tale impresa. Nel dicembre 1455 fu, infine, chiamato a Venezia per il raddrizzamento del campanile della chiesa di S. Michele Arcangelo: ma o il giorno successivo al termine dei lavori, o forse dopo quattro giorni, la torre crollò sul vicino convento di S. Stefano (Paoletti, 1891 p. 59; Beltrami, 1912, pp. 25 s., 33 s.). L'anno seguente, eletto massaro dell'arte dei muratori (carica che ricoprì anche nel 1472), sposò in seconde nozze Lucrezia Poeti (Gualandi, 1870, p. 59), dalla quale avrà quattro figli; nel mese di dicembre venne pagato per la copertura della torre del palazzo del Podestà. Il 1457 lo vide occupato a rafforzare le mura di cinta di Bologna. In settembre fu richiesto il suo parere dal duca di Milano Francesco Sforza riguardo ad un canale navigabile che si voleva realizzare presso Parma, in una zona tra il Taro e il Parma, ma per quell'anno il F. non dovette aderire all'invito; a Bologna ricevette un compenso per lavori di copertura ad una torre (Beltrami, 1912, pp. 36-39). Nel febbraio 1458 lo scultore Pagno di Lapo Portigiani lo informò che Cosimo de' Medici desiderava che egli si recasse a Firenze per spostare il campanile di una chiesa non identificata: per tale opera, che non sappiamo se fu eseguita, gli fu offerta la somma di 1.000 fiorini d'oro (Milanesi, 1869, pp. 9 s.; Beltrami, 1912, pp. 39 s.). Il 3 settembre il F. fu autorizzato a rientrare da Milano, dove era passato al servizio del duca Francesco Sforza, a Bologna per trasferire nella nuova sede la famiglia e le sue cose (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 51); nel dicembre, a Pavia, con l'ingegnere ducale di Milano D. Maineri, aveva progettato il consolidamento delle arcate e di due piloni del ponte coperto sul Ticino (Beltrami, 1912, 41 s.). Sempre in questo anno, con Aguzio da Cremona, venne inviato nel territorio di Reggio Emilia per la costruzione del naviglio del Crostolo.

Ma la conoscenza delle capacità del F. era tale che, il 2 febbr. 1459, Ludovico Gonzaga richiese allo Sforza di concedere il permesso di recarsi a Mantova per qualche giorno a "magistro Aristotele che move le torre" (Carpeggiani, 1976, p. 84), affinché potesse suggerire se fosse meglio raddrizzare o demolire quella pendente sita presso la porta di Cerese. Nello stesso mese il F. si recò perciò a Mantova, ma solo a fine marzo poté tornare a Milano dopo aver rifondato, probabilmente mediante consolidamento del suolo con pali, e rimesso in sesto la torre (distrutta nell'ultimo quarto del XVI secolo; ibid., pp. 85-88).

Il 6 settembre dello stesso anno furono le autorità bolognesi a chiedere al duca di Milano di concedere al F. di rientrare nella sua città per una ventina di giorni poiché vi era necessità di "conferire alcune cose" (Beltrami, 1912, pp. 47-50); il permesso non fu però concesso (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 52). Atteso sin dal 9 a Milano, egli si trattenne a Cremona, dove si faceva un canale (Beltrami, 1912, p. 48) e dove fu raggiunto da un messo del commissario di Parma, che lo sollecitò a recarsi nella città emiliana (Canetta, 1882, p. 680). Lì, il 30 di quel mese, fu testimone al battesimo della figlia di Ugolino Ugorossi, un nobile sostenitore dell'alleanza tra Parma e Milano (Dall'Acqua, 1976, p. 90), e lì si trattenne almeno sino al mese di dicembre, impegnato nel terminare la rettificazione del naviglio del Taro per renderlo totalmente navigabile (Beltrami, 1912, pp. 47-50). Il 24 dicembre il F. riceveva un pagamento a Bologna, dove, dopo esser rientrato a Milano, si era recato intorno a questa stessa data (Gualandi, 1870, p. 63) e dove forse rimase anche nei mesi seguenti. Del maggio 1460 è la visita ai castelli e alle difese settentrionali del Ducato di Milano: Como, Domodossola, Bellinzona, Lecco, Baiedo in Valsassina, Monte Barro, Trezzo e Cassano d'Adda, per stabilire le necessarie opere di restauro (Beltrami, 1912, pp. 55 s.; Cazzola, 1976, p. 137). Tra giugno ed agosto si occupò ancora del naviglio di Parma e, sempre in agosto, venne inviato a Cremona ed a Soncino per studiare la fattibilità di un altro naviglio derivato dal fiume Oglio, argomento sul quale scrisse una relazione (Beltrami, 1912, pp. 57-64). Nel successivo ottobre da Milano, passando ancora per Cremona, tornò a Parma, donde il 20 dicembre veniva comunicato al duca di Milano come la Comunità avesse intenzione di completare i lavori del naviglio in base a quanto stabilito dal F. (Dall'Acqua, 1976, p. 90).

Il F. fu anche incaricato di tutelare il Comune di Parma contro le pretese dei Reggiani riguardo alla possibilità di canalizzare le acque provenienti dall'Appennino, ma il suo intervento scontentò i Parmensi, che, il 31 genn. 1463, se ne dolsero scrivendo allo Sforza; egli, d'altro canto, lamentò di non aver ricevuto compenso per la sua seconda missione a Parma (ibid., pp. 91 ss.).

Il 9 luglio 1461 fornì un parere riguardo alla costruzione delle capriate dell'ospedale Maggiore di Milano: ciò testimonia i rapporti col Filarete, autore dell'edificio, che cita il F., con il nome di Letistoria anagramma di Aristotile, nel suo trattato di architettura sia a proposito di un sopralluogo compiuto con lui nel territorio di Piacenza per progettare un castello, sia per la sua competenza nello spostamento di colonne e nella costruzione di macchine (Filarete [1462-64], 1972, pp. 391, 436, 470, 472; Beltrami, 1912, pp. 54 s.).

Nei mesi di settembre ed ottobre del 1461 il F. lavorava a Parma, mentre in novembre era nuovamente a Bologna per dirigere i lavoli di una parte delle mura cittadine (Tugnoli Pattaro, 1976, pp. 54-57). Nel maggio 1462 aveva visitato la zona compresa tra Varese ed il lago di Lugano per studiare come poter aumentare la portata del fiume Olona; in dicembre si recava a Cremona ed a Brescia per divergenze connesse alla costruzione del naviglio derivato dall'Oglio. Proseguiva quindi per Parma e per Reggio Emilia; nel gennaio dell'anno seguente sostò ancora a Parma, salvo una parentesi di qualche giorno a Bologna, e propose una soluzione per comporre un contrasto tra Parmensi e Reggiani riguardo al canale di derivazione dal fiume Crostolo; fu anche a Lecco per sovraintendere a lavori imprecisati. Nel febbraio e nell'aprile 1463 si recava ad ispezionare l'Olona ed a Legnano per le opere relative a questo fiume. Tra il giugno ed il novembre si occupò del castello di Sartirana, della rocca di Baiedo e del castello di Abbiategrasso (Beltrami, 1912, pp. 77-99). Del settembre 1464 è invece un documento di Ferrara che attesta come il F. presentasse al duca Borso una fontana in rame dipinta con lo stemma esterise "et uno livello da livellare, qui a Fossa d'Albaro" (ibid., p. 100; Franceschini, 1993, p. 627). Nel successivo autunno la sua famiglia risiedeva a Bereguardo ed egli probabilmente lavorava al naviglio fra Abbiategrasso e Pavia, ma, già dalla fine di ottobre, con l'intenzione di tornare a Bologna (Beltrami, 1912, pp. 100 s.).

Nel dicembre del 1464 il F. rientrava stabilmente nella sua città e, dal 1° gennaio successivo, nominato ingegnere del Comune (Filippini, 1925, p. 103; Tugnoli Pattaro, 1976, p. 58), sarebbe stato impegnato in lavori di sistemazione di una parte del palazzo degli Anziani, di riparazione al palazzo del Podestà e alle porte cittadine, di miglioramento alla confluenza tra il fiume Reno ed il Po (ibid., pp. 58 s.), mentre la demolizione di un muro nuovo presso l'abside della chiesa di S. Domenico non sembra giustificare l'attribuzione al F. della costruzione della biblioteca di quel convento (Malaguzzi Valeri, 1899, p. 41; Filippini, 1925, pp. 110 ss., 119; e, in contrasto, Tugnoli Pattaro, 1976, p. 59). Nel 1465 ebbe un'altra figlia e morì la seconda moglie (Beltrami, 1912, p. 106). Avuta notizia della sua fama, il 23 novembre di quell'anno, il re d'Ungheria Mattia Corvino scrisse ai Rettori di Bologna perché gli concedessero d'inviarlo alla sua corte, con il compito di sopperire a necessità legate alle guerre condotte contro i Turchi (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 60 n. 62): così, tra la fine di febbraio e la metà di novembre del 1466 il F. dovette probabilmente trattenersi in Ungheria, impegnato, con grande soddisfazione del re Mattia nella costruzione di ponti sul Danubio necessari al transito delle truppe (ibid., n. 64). Un sicuro soggiorno ungherese si protrasse invece dal gennaio al giugno del 1467 (ibid., p. 61; Beltrami, 1912, p. 107).

In quello stesso mese di giugno, tornato in patria, redasse un elenco di spese relative ad interventi eseguiti da altri nelle due rocche di Castel San Pietro, della maggiore delle quali tornò ad occuparsi nel 1470, mentre, tra il 1468 ed il 1471, doveva eseguire lavori alle mura di Bologna ed alle rocche di Castel Bolognese, Castelfranco Emilia, San Giovanni in Persiceto, Serravalle, Savigno; contemporaneamente, dall'ottobre 1468 al gennaio 1470, diresse lavori di sistemazione nei palazzi del Podestà e del Legato di Bologna (Tugnoli Pattaro, 1976, pp. 61 s., 67). Nel settembre 1470 il nome del F. fu proposto per la costruzione di un porto stabile accanto al castello di Porto Recanati (Grimaldi, 1976, p. 234): i lavori iniziarono solo quattro anni più tardi, probabilmente seguendo un suo progetto, e consistettero nella deviazione del fiume Potenza e nella costruzione di una palificata in mare per favorire l'ingresso nel porto-canale, opere che andarono però distrutte in breve tempo (Ghisetti Giavarina, 1995, p. 255).

Dalla fine del 1470 al maggio del 1471 il F. costruì un acquedotto da San Giovanni in Persiceto a Cento della rispettabile lunghezza di circa 42 chilometri (Beltrami, 1912, p. 108). Nel giugno dello stesso 1471 ottenne licenza di recarsi per venti giorni a Roma, dove avrebbe dovuto realizzare l'ambiziosa impresa, già auspicata all'epoca di Niccolò V, del trasporto dell'obelisco vaticano in piazza S. Pietro, ma, proprio la notte dopo aver discusso con il F. sul modo in cui sarebbe stata effettuata la traslazione, il papa Paolo II morì (Müntz, 1879, p. 24 n. 6; Oechslin, 1976, pp. 106 ss.).

Rientrato a Bologna, sul finire dello stesso anno il F. tornò nuovamente a Roma, dove tentò di riproporre al nuovo papa Sisto IV di "cundure la gulia de Roma" (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 69), cioè di trasportare l'obelisco in piazza S. Pietro, ma gli fu risposto che il pontefice avrebbe realizzato tale progetto in altro momento (la nuova collocazione sarebbe stata effettuata da D. Fontana nel 1586). L'opera del F. doveva però esser stata richiesta a Napoli, dove egli giunse il 18 dicembre. Prima di andare a cercare il re Ferrante d'Aragona, in quel momento in Puglia per la caccia, compì un sopralluogo sul molo grande del porto con il ministro D. Carafa, conte di Maddaloni, per vedere il sito dove era affondata una cassa.

Si trattava di un cassone di legno, calafato e riempito di pietre gettate con calce e pozzolana, destinato ad essere usato come fondazione per l'ampliamento del molo, e che doveva essere affondato in un diverso punto del porto. La cassa era di ostacolo ai movimenti delle navi e, in numerosi tentativi precedenti, non si era riusciti a rimuoverla.

L'operazione dovette rivelarsi più difficile del previsto e, nel luglio 1472, il F. ricevette un compenso per i suoi tentativi e "per que sen puxa tornar a casa sua" (Barone, 1884, p. 245; Fabriczy, 1897, pp. 117 s.). Del successivo 4 agosto è una lettera del re Ferrante ai Rettori bolognesi che attesta come il F. fosse già ripartito per la sua città (Sighinolfi, 1926, p. 500). Qui aveva avuto un'altra figlia dalla terza moglie Giulia (Beltrami, 1912, p. 106) e, già nello stesso agosto ed in settembre, lavorava ancora alle rocche bolognesi e, nel contempo, progettava forse opere di consolidamento per la facciata del palazzo del Podestà, lavoro, quest'ultimo, iniziato solo nel 1483 (non sappiamo se in base al suo progetto), quando egli si trovava in Russia (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 64; Tuttle, 1994, p. 60).

Nel febbraio 1473 il F. ripartiva per Roma, questa volta su richiesta di papa Sisto IV; non è noto il motivo del viaggio: si è ipotizzato per lo spostamento del sarcofago in porfido detto di S. Costanza dalla piazza di S. Marco, dove era stato portato dalla chiesa sulla via Nomentana nel 1467, o per la costruzione del ponte Sisto (Fabriczy, 1897, pp. 118 s.; Spezzaferro, 1973, pp. 524 ss.). Il soggiorno fu comunque breve perché egli, arrestato con l'accusa, verosimilmente infondata, di aver fatto circolare moneta falsa a Bologna, il 3 giugno, venne privato dell'incarico di ingegnere del Comune. Presto però riuscì a dimostrare la sua innocenza e venne reintegrato nella carica; tra gli ultimi documenti che, nel 1474, attestano la presenza del F. nella sua città è anche quello relativo all'acquisto di una casa con vigna (Canetta, 1882, pp. 696 s.; Tugnoli Pattaro, 1976, p. 65).

Nel maggio 1475 il F. era debitore di una forte somma per affitti non pagati relativamente alla gestione del mulino di Castenaso, che egli teneva con altri soci. Rimasta salva, in base alla legge, la sola dote della moglie, egli dovette trasferirsi alla ricerca di nuove occasioni di lavoro (Sighinolfi, 1926, p. 502). Si spostò forse a Venezia e lì dovette ricevere l'invito di Maometto II a recarsi a Costantinopoli per sovraintendere alla costruzione del suo palazzo (Müntz, 1893, p. 22; Beltrami, 1912, p. 125); preferì invece trasferirsi a Mosca, su invito di Semén Tolbuzin, ambasciatore del gran principe Ivan III, dove giunse il 26 o il 29 marzo, per occuparsi della ricostruzione della cattedrale dell'Assunzione, crollata in seguito ad un terremoto nell'anno precedente. Era accompagnato dal figlio Andrea e da Pietro, un giovane aiutante (Lasareff, 1959, p. 424; Kul'čiriskij, 1976, pp. 121-122). Dopo aver avviato la demolizione delle rovine il F. visitò le città di Vladimir e di Novgorod, le cui cattedrali lo aiutarono a comprendere le tipologie bizantine delle chiese a cinque cupole (ibid., p. 123; Brounoff, 1926, p. 100; Fédorov, 1976, pp. 146-148). Organizzò frattanto il cantiere della cattedrale con il montaggio di macchine in legno ed introdusse sistemi costruttivi, quali l'uso di catene in ferro o di volte sottili, dette "a foglio", che non si erano mai viste in Russia (Beltrami, 1912, p. 127; Kul'činskij, 1976, p. 123).

Il 26 novembre giungeva a Mosca, provenendo dalla Persia, l'ambasciatore veneziano Ambrogio Contarini, che abitò per qualche tempo nella casa del F., posta molto vicino al palazzo di Ivan III (Lasareff, 1959, p. 427; Cazzola, 1976, p. 164). Nel 1478, il 6 dicembre, il F. fu incaricato di costruire un ponte di barche sul fiume Volchòv, sotto Gorodisce (ibid., p. 165); l'anno successivo, in agosto, la nuova cattedrale di Mosca era terminata.

Il 26 ottobre i Rettori di Bologna chiesero che il F. potesse rientrare in patria (Beltrami, 1912, p. 127), richiesta che dovette restare senza esito (Tugnoli Pattaro, 1976, p. 65). Nel 1482 il F. condusse le artiglierie di Ivan III sino a Novgorod Niznyi (Cazzola, 1976, p. 165). Nell'inverno dell'83 fu arrestato per aver tentato di lasciare Mosca, e gli fu confiscato quanto possedeva. Il 21 ag. 1485, evidentemente riabilitato, seguiva come capo dell'artiglieria Ivan III diretto all'assedio di Tver' (Lasareff, 1959, p. 437 n. 4). Fuse forse anche un cannone; divenne nel frattempo zecchiere dello stesso principe e coniò monete d'argento con l'effigie di s. Giorgio al recto e con il suo nome, "Ornistotel", trascritto secondo la pronuncia moscovita, al verso; ebbe forse anche il diritto di battere moneta, cioè di poter trattenere interamente o in parte i relativi diritti (Malagola, 1877, p. 220; Cazzola, 1976, p. 165).

È questo l'anno al quale risalgono le ultime notizie del F. e in cui si avviò la ricostruzione del Cremlino, in occasione della quale egli poté contribuire a formulare i progetti per le nuove opere difensive e poté suggerire i nomi degli architetti e degli ingegneri italiani chiamati per tale iniziativa (Lasareff, 1959, p. 426). È, il 1485, anche l'anno in cui, a Bologna, ebbe particolare impulso la trasformazione del palazzo del Podestà, forse proprio perché si dovette rinunciare alla speranza di poter avere il F. attivo in quel cantiere (Beltrami, 1912, p. 128).

Il F. morì forse a Mosca nel 1486: due atti notarili di Bologna, del 1487 e del 1488, nel definirlo "magnificus eques" (Cazzola, 1976, p. 166), attestano la divisione dei suoi beni tra i figli di primo e di secondo letto. Ma il figlio Andrea, dopo di ciò, tornò per sempre, a quanto pare, a vivere in Russia (ibid., p. 170; Kovalevsky, 1976, p. 155).

Fonti e Bibl.: A. Averlino (detto il Filarete), Trattato di architettura (1462-1464), a cura di A.M. Finoli - L. Grassi, Milano 1972, pp. 391, 436, 470, 472; A. Contarini, Viaggi fatti de Vinetia alla Tana, in Persia, India et in Costantinopoli, Venezia 1543, c. 89; L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Bologna 1550, C. 300; F. Algarotti, Opere, VI, Livorno 1765, p. 230; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno…, II, Torino 1770, p. 301; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., VI, Napoli 1780, pp. 324-327; F. Milizia, Mem. degli architetti antichi e moderni, Bassano 1785, p. 138; E. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, p. 179; M. Gualandi, Memorie originali risguardanti le belle arti, VI, Bologna 1845, pp. 193-196; G. Milanesi, Lettere d'artisti ital. dei secoli XIV e XV, in Il Buonarroti, 2, IV (1869), pp. 82 ss.; M. Gualandi, A.F. meccanico ed ingegnere del sec. XV. Memoria, in Atti e mem. della R. 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