LODOLINI, Armando

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)

LODOLINI, Armando

Anna Lia Bonella

Nacque il 26 marzo 1888 a Roma, da Alessandro, proprietario di una piccola tabaccheria-drogheria, e da Laura Diamantini.

Conseguita nel 1907 la maturità classica presso il liceo Mamiani, si avvicinò precocemente al sindacalismo rivoluzionario e frequentò gli ambienti repubblicani. Studente di giurisprudenza all'Università di Roma, vinse un concorso ad "alunno di II categoria" nell'amministrazione degli Archivi di Stato, alle dipendenze del ministero dell'Interno, e nel 1909 entrò in ruolo. Fino al 1911 fu archivista presso l'Archivio di Stato di Modena e, sempre in quegli anni, conseguì il diploma di paleografia alla scuola di Parma. Allievo ufficiale nell'82° reggimento fanteria di Roma nel 1911, non sostenne gli esami finali per non dover prestare il giuramento individuale di fedeltà al re. Congedato col grado di caporale, nel novembre dello stesso anno fu destinato all'Archivio di Stato di Roma e, nel successivo mese di dicembre, si laureò con una tesi su Il diritto dello Stato sul territorio della madrepatria e delle colonie (in Rivista d'Italia, settembre 1912, pp. 433-452). Tra il 1912 e il 1914 svolse un'intensa attività di pubblicista trattando temi di divulgazione storica e letteraria. Divenne inoltre, a seguito di concorso, uditore giudiziario ma rinunciò all'impiego.

Interventista, all'ingresso dell'Italia in guerra divenne infine sottotenente di complemento e fu destinato al 123° reggimento di fanteria, brigata Chieti.

Combatté sul Carso e in Trentino e, nel 1918, partecipò alla battaglia del Piave. Fu più volte decorato (tre medaglie di bronzo e una d'argento) e nel 1917 fu promosso capitano sul campo per merito di guerra. Le vicende della prima guerra mondiale sono da lui narrate nel volume, postumo, Quattro anni senza Dio. Il diario di un ufficiale mazziniano dalle trincee del Carso alle Giudicarie, a cura di E. Lodolini (Udine 2004).

Nel marzo 1919 riprese il lavoro presso l'Archivio di Stato di Roma e l'Archivio del Regno e si adoperò per la costituzione di un'associazione nazionale archivistica (Associazione amici degli archivi) che ebbe vita breve e difficile. Nel 1919 fu tra i fondatori della sezione romana dell'Associazione combattenti e sostenne l'impresa fiumana.

Nel 1920 aderì al Partito mazziniano italiano di Felice Albani e, nell'aprile 1921, ne costituì la sezione romana. Scrisse numerosissimi articoli sul giornale del partito Terza Italia, e collaborò alla redazione della Rivista popolare di politica, lettere e scienze sociali. Aderì pienamente al fascismo e, dissociatosi dal partito mazziniano, divenne segretario generale dell'Unione mazziniana nazionale, che il 28 ott. 1922 si unì ai fascisti nella marcia su Roma e, nel 1926, confluì nel gentiliano Istituto nazionale fascista di cultura.

Durante quella breve esperienza il L. collaborò all'organo di stampa dei fascisti-mazziniani, Il Nuovo Paese, divenuto poi Il Patto nazionale, Rivista mensile di educazione storica e di cultura mazziniana di cui dal 1925 fu direttore. Tra i molti scritti del L. di quel periodo si segnalano: La Repubblica italiana. Studi e vicende del mazzinianesimo contemporaneo (Milano 1925), La vita di Mazzini narrata ai giovani fascisti (Firenze 1929).

Le pubblicazioni del L. tra la fine degli anni Venti e la prima metà dei Trenta spaziano dalle scienze affini all'archivistica alla letteratura, dalla storia (sia saggistica "militante" sia manualistica scolastica) alla scrittura introspettiva.

Si segnalano: Elementi di diplomatica, Milano 1926; Il Quirinale, romanzo storico, Bologna 1932; Papato, Impero, Repubblica. L'assedio di Firenze, 1529-1531, Bologna 1930; Storia della camicia rossa, Firenze 1932; Sommario di storia per il ginnasio inferiore, Torino 1931; con A. Padellaro, Corso di storia ad uso delle scuole di avviamento professionale, Torino 1933; e infine, in occasione della perdita della moglie Ada Francioni, morta in giovane età, L'ammirabile salute. Meditazioni sulla morte, Milano 1927 e Il talamo fra i cipressi, Bologna 1928. Per l'Enciclopedia Italiana collaborò alle voci di araldica, storia del Risorgimento, storia di Roma medievale e moderna; scrisse nella Rassegna storica del Risorgimento (tra il 1926 e il 1934) e nel periodico dell'Istituto di studi romani, Roma.

Negli stessi anni il L. continuava a svolgere il suo lavoro di archivista, ricevendo rilevanti incarichi dal direttore dell'Archivio, E. Casanova, del quale fu il più diretto collaboratore.

Si segnalano la relazione sul "decennio archivistico" 1922-32 (iniziativa ministeriale nell'ambito delle celebrazioni per il decennale della rivoluzione fascista), la predisposizione del progetto di sistemazione della sede dell'Archivio nell'edificio di S. Michele, la redazione della guida dell'Archivio di Stato in Roma e dell'Archivio del Regno (Indice generale, storico, descrittivo ed analitico, Roma 1932), la collaborazione all'opera Regesti di bandi, editti e notificazioni… relativi alla città di Roma e allo Stato pontificio (per i voll. II-V, 1923-34).

Intensa anche l'attività di ordinamento e di inventariazione di fondi archivistici (Presidenza del censo, Luoghi di Monte, Congregazione degli studi, Direzione generale del bollo e registro, Mappe (collezione I), Legazione di Velletri, Presidenza di Roma e Comarca, Miscellanea Corvisieri, Stato civile napoleonico, Soldatesche e galere, Carceri della Sacra Consulta).

Quando, nell'ottobre 1933, Casanova fu destituito dall'Alto commissario per gli Archivi del Regno, C.M. De Vecchi, il L. si alternò con E. Re alla reggenza dell'Archivio romano (1933-35).

Pur nel clima controverso di quei mesi, il L., in qualità di reggente, agì con notevole abilità di organizzatore e con il consueto entusiasmo, provvedendo tra l'altro al reperimento di nuovi locali, favorendo l'avvio della redazione di una bibliografia generale sugli studi editi condotti sulla documentazione, e l'acquisizione di fondi archivistici, tra i quali l'Archivio Crispi. Contemporaneamente iscriveva alla Federazione fascista dell'Urbe - Rione Campitelli, l'intero Archivio di Stato.

Restava il nodo politico della successione di Casanova, del quale il L. intendeva essere il continuatore; E. Re invece aderiva alle nuove istanze - rappresentate dall'Alto commissario - che volevano la diretta dipendenza degli Archivi dal capo del governo. Nel tentativo di sedare un contenzioso tanto complesso quanto anomalo nell'amministrazione statale, nel gennaio 1935 il ministero dell'Interno trasferì il L. a Bologna, incaricandolo della reggenza di quell'Archivio di Stato, e confermò Re nella sua reggenza romana. Alla vigilia dei concorsi per l'assegnazione definitiva delle nuove direzioni, fra cui quella di Roma, il L., nell'ottobre 1935, fu licenziato con effetto retroattivo dal 1° marzo.

Fu dichiarato colpevole - insieme con altri - "di contegno non corretto verso superiori e dipendenti, di tolleranza di abusi da parte del personale dipendente e di manifestazioni sconvenienti alla compagine politica dello Stato". All'origine della vicenda era l'accusa di alcuni impiegati dell'Archivio, vicini alle posizioni di De Vecchi; in un primo momento il caso fu affidato, secondo la prassi, alla Commissione di disciplina per il personale degli Archivi di Stato, ma dato che l'istruttoria stava dimostrando l'inconsistenza delle accuse, il procedimento fu trasferito d'autorità alla Pubblica Sicurezza. Quando, nel 1948, fu riammesso in servizio (in base alle norme che reintegravano il personale allontanato per motivi politici) il L. notò a ragione che le "persecuzioni politiche" di cui era stato vittima avrebbero piuttosto dovuto definirsi "odiosamente personali" e che al fondo della vicenda aveva giocato un ruolo determinante De Vecchi, il quale, posto a capo della "più quieta delle amministrazioni", aveva agito con "la furia di un vero ciclone" (Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale Archivi di Stato, Personale, b. 49).

Con una pensione pari a circa un terzo dello stipendio percepito in servizio il L. dovette cercarsi una nuova occupazione. Portò avanti la collaborazione, da tempo avviata con Casanova, alla raccolta delle Fonti archivistiche per lo studio dei problemi della popolazione fino al 1948 (I-X, Roma 1933-40), diretta da C. Gini; questo fu probabilmente, fino al dopoguerra, il solo elemento di continuità tra il passato di archivista e le attività successive.

Si rivolse, invece, al settore sindacale, dove contava amicizie risalenti alla fase del sindacalismo rivoluzionario giovanile; cominciò nel 1935 come collaboratore di T. Cianetti, presidente della Confederazione fascista dei lavoratori dell'industria, e in breve tempo divenne capo del Servizio studi, propaganda e cultura; dal 1936 (anno dell'iscrizione all'Albo degli avvocati e a quello dei pubblicisti) iniziò un'ampia attività come giornalista, scrisse su periodici destinati alla gioventù, fu autore di libri per l'infanzia e insegnante.

Come giornalista collaborò al quotidiano Il Lavoro fascista diretto da L. Fontanelli (gli articoli del L. apparsi tra il 1936 e il 1937, con lo pseudonimo di Mamerte, furono raccolti in La storia della razza italiana da Augusto a Mussolini, Roma 1938); sempre con Fontanelli progettò e realizzò la pubblicazione dei Manuali del lavoratore fascista. Tenne varie rubriche su Il Maglio e curò Il cuore dei lavoratori nella guerra fascista (Roma 1938), antologia di lettere di lavoratori italiani in Africa Orientale; sul tema della conquista africana vista come "il primo esperimento mondiale di una politica corporativa coloniale" pubblicò, tra l'altro, Caratteri e necessità dell'espansione italiana in Africa, in Politica nuova, 5 maggio 1933; Il condominio europeo sull'Africa, in Nuovo Occidente, 25 luglio 1934.

Come autore per ragazzi collaborò a La Nostra Scuola, Il Giornale dei ragazzi, Giramondo; pubblicò inoltre: Dal Lambro al Rio delle Amazzoni, Torino 1935; Cappuccetto rosso in Africa Orientale, Bologna 1936; Esopo racconta. Favole per bambini, ibid. 1939; La torre del mago, Roma 1944.

Come docente, nel 1929-30 aveva tenuto corsi per le maestre delle scuole per i contadini dell'Agro romano e delle paludi Pontine e, nel biennio 1939-40, ne tenne per i fiduciari e i corrispondenti d'azienda. Tra il 1930 e il 1934 aveva insegnato cultura fascista nelle scuole secondarie serali e, dal 1940 al 1943, fu docente di storia sociale del lavoro femminile nella Scuola superiore di assistenza sociale (materia su cui pubblicò Tecnica e lavoro nella formazione di un'aristocrazia operaia, Firenze 1940; La cultura del lavoratore, ibid. 1940; La storia sociale del lavoro, Roma 1940).

Rivestì inoltre vari incarichi pubblici nell'ambito delle attività culturali del regime fascista e fu segretario particolare del sindacalista P. Capoferri, quando questi, nei primi mesi del 1940, fu chiamato a sostituire per breve tempo E. Muti ai vertici del Partito nazionale fascista (PNF); nello stesso anno avviò una collaborazione con Il Lavoro di Genova durata fino al giugno 1944; fu attivo nel settore radiofonico in programmi di didattica.

Con l'entrata in guerra dell'Italia volle ancora arruolarsi volontario (dall'agosto 1942); dopo l'8 sett. 1943 rimase nell'ufficio stralcio delle disciolte confederazioni fasciste dei lavoratori con il compito di conservare la biblioteca sindacale. Tra i sostenitori di un sindacato inteso come movimento autonomo dai partiti, nel 1944 ebbe stretti rapporti con il Movimento sindacalista italiano (Mo.Si) che tentò di inserire una corrente corridoniana nella Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), ricostituita nell'Italia liberata; l'iniziativa, sostenuta anche dal L., non ebbe successo, ma il L. rimase presso la CGIL fino al 1948, divenendo anche responsabile dell'Ufficio stampa.

Continuò a scrivere sui settimanali L'Italia del lavoro (1945) e L'Italia cooperativa (1946-54), sulla rivista delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI) Informazioni sindacali (1947), su Lavoro e tecnica (1946-48), e sulla Rivista della cooperazione. Negli stessi anni rifondò il Partito mazziniano italiano (1946) e il giornale La Terza Italia (1948) e ne fu rispettivamente segretario e direttore; nel 1950 pubblicò il volume Mazzini maestro italiano (Milano).

Volle comunque tornare negli Archivi di Stato; continuò a negare ogni fondamento alle accuse di antifascismo che gli erano costate il licenziamento nel 1935, e nel febbraio del 1948 fu reinserito in ruolo, con "decorrenza giuridica" 1° marzo 1935; nel maggio del 1950 fu infine nominato direttore dell'Archivio di Stato di Roma e degli istituti connessi, cioè l'ex Archivio del Regno e la Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica.

Era in quel momento di massima attualità la questione dell'istituzione del nuovo Archivio destinato ad accogliere la documentazione centrale prodotta dalle istituzioni italiane dopo il 1861 e si era fatto riferimento all'opportunità di sceglierne la sede nel quartiere dell'Ente autonomo esposizione universale di Roma (EUR); il L., anche per la sua amicizia con V. Testa, dal 1951 commissario straordinario dell'EUR, fu nominato "consulente dell'EUR per le iniziative archivistiche e bibliografiche"; la scelta del quartiere fu discussa e approvata anche dal Consiglio superiore per gli archivi.

Il L. coordinò un enorme lavoro per censire il materiale documentario sparso nelle varie sedi dell'Archivio romano (S. Michele, Gonfalone, Campo Marzio e Sapienza); promosse presso i ministeri il censimento della documentazione da versare nel nuovo istituto archivistico centrale (l'indagine è nota come "inchiesta Abbate", dal nome del capo dell'Ufficio centrale per gli Archivi di Stato tra il 1947 e il 1954) e si adoperò per il recupero e la salvaguardia degli archivi del periodo fascista. Soprattutto si dedicò alla progettazione del costituendo Archivio nazionale, consapevole che le soluzioni tecniche dovevano "tenere presenti i maggiori valori storici, ideali e legislativi connessi alla sua fondazione" (La creazione di un grande archivio. L'Archivio nazionale d'Italia all'EUR, in Rassegna degli Archivi di Stato, XV [1955], 3, p. 230).

Il progetto prevedeva, tra l'altro, ampi spazi e laboratori microfotografici e di restauro, una grande biblioteca e una scuola destinata alla formazione degli archivisti contemporaneisti.

La legge 350 del 1953 aveva sancito la nascita dell'Archivio centrale dello Stato, affidato a un soprintendente posto al vertice dell'amministrazione. Tale carica fu ricoperta per primo dal L., ma i suoi progetti poterono realizzarsi solo parzialmente dal momento che al nuovo istituto fu destinato uno solo dei tre edifici previsti; mantenne negli stessi anni anche la direzione dell'Archivio di Stato di Roma.

Si dedicò, tra l'altro, all'aggiornamento della guida dell'Archivio romano, ferma all'edizione del 1932: il lavoro, approvato dal Ministero e intitolato Inventario dell'Archivio di Stato di Roma. Archivio dello Stato pontificio, nonostante fosse già in bozze non vide mai la luce: solo nel 1960 il L. poté pubblicarne, presso l'Istituto di Studi romani, un'edizione ridotta, nota col titolo L'Archivio di Stato di Roma. Epitome di una guida degli archivi dell'Amministrazione centrale dello Stato pontificio. Favorì infine l'impianto del Centro microfotografico degli Archivi di Stato, del quale riconobbe le potenzialità sia ai fini della salvaguardia del materiale antico più prezioso e più consultato sia ai fini dell'economia degli spazi conservativi.

L'attenzione al tema degli archivi in formazione lo portò, tra l'altro, a far parte del comitato direttivo della rivista L'Organizzazione tecnica della Pubblica Amministrazione (negli anni 1954-56), a collaborare col periodico Burocrazia (nel 1958) e a curare la riorganizzazione dell'archivio della Confederazione generale italiana del commercio (negli anni 1957-58).

Nel 1955 lasciò la direzione dell'Archivio di Stato di Roma e il 1° marzo 1956 fu "collocato a riposo".

Nei suoi ultimi anni continuò a impegnarsi in molteplici attività: collaborò con l'Archivio storico Capitolino, riordinò la biblioteca dell'Istituto romano di S. Michele, si dedicò al tema degli archivi comunali; fece conferenze, insegnò, pubblicò articoli di storia e di archivistica (in Studi romani, Archivi, accademie e biblioteche d'Italia, La Rassegna storica del Risorgimento, Capitolium, La Strenna dei romanisti e altre); tra il 1955 e il 1962 collaborò con Concretezza e con La Tribuna illustrata.

Il L. morì a Roma il 2 ag. 1966.

Dal matrimonio con Ada Francioni il L. aveva avuto il figlio Elio; dal secondo matrimonio, con Alaide Prianti, sposata nel 1929, aveva avuto le figlie Lilia e Maria Vittoria.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Archivio A. L.; Ministero dell'Interno, Direzione generale dell'Amministrazione civile, Ufficio centrale Archivi di Stato, triennio 1931-34, b. 54; ibid., Direzione generale Archivi di Stato, Personale 1953-1958, b. 19; Arch. della Sovrintendenza, f. 1950-1961. Relazioni annuali e studi; Arch. di Stato di Roma, Atti della Direzione, 1956, b. 71, f. Relazione sull'anno 1955 con sunto del quinquennio precedente.

A. L. (26 marzo 1888 - 2 ag. 1966). Elementi per una biografia, Roma 1967; J. Papritz, A. L., in Der Archivar. Mitteilungsblatt für deutsches Archivwesen, XX (1967), 2, coll. 186 s.; R. De Felice, Bibliografia orientativa del fascismo, Roma 1991, pp. 142, 170, 178, 193 s.; E. Lodolini, Gli istituti archivistici romani, in L'Archivio di Stato di Roma, a cura di L. Lume, Firenze 1992, pp. 25-28, 30 s., 33 s.; M. Serio, L'Archivio centrale dello Stato a quarant'anni dalla sua costituzione. Storia e prospettive, in L'Archivio centrale dello Stato. 1953-1993, a cura di M. Serio, Roma 1993, pp. 4-8; E. Lodolini, Una scuola per archivisti dell'età contemporanea (secc. XIX-XX), ibid., pp. 83 s.; P. Ferrara, L'Archivio centrale dello Stato: storia interna e attività, ibid., pp. 173-184; G. Tosatti, Dall'Archivio del Regno all'Archivio centrale dello Stato: l'istituto e la sua sede, ibid., pp. 322, 330, 339 s.; G. Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Bologna 2000, pp. 50 s. (in particolare dedicato alla storia del volume del L. Storia della razza italiana da Augusto a Mussolini), pp. 53, 63, 79, 193, 302; Id., Plutocrazia, in Diz. del fascismo, a cura di V. de Grazia - S. Luzzatto, Torino 2002, II, pp. 394 s.; Id., Risorgimento, ibid., p. 517; E. Lodolini, Storia dell'archivistica italiana, dal mondo antico alla metà del sec. XX, Milano 2004, pp. 209, 231, 234, 241-246, 280; Id., Legislazione sugli archivi, I, Dall'Unità d'Italia al 1997, Bologna 2004, pp. 140, 151 s., 157, 252, 337, 346, 406, 453, 472, 540.

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