MOMIGLIANO, Arnaldo Dante

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MOMIGLIANO, Arnaldo Dante

Riccardo Di Donato

MOMIGLIANO, Arnaldo Dante (Arnaldo Dante Aronne). – Nacque a Caraglio (Cuneo) il 5 sett. 1908 da Salomone Riccardo, commerciante di granaglie, e da Ilda Levi.

Il padre ebbe impegni e responsabilità politiche tra i liberali democratici, per i quali fu a lungo assessore e brevemente, al ritorno dalla prima guerra mondiale, sindaco; ebbe poi, fino al 1931, responsabilità direttive nel Partito nazionale fascista (PNF) locale: dal 1922 al 1937 presiedette la Cassa rurale. La madre, di forti sentimenti patriottici, veniva da una famiglia di industriali torinesi. Il M. ricevette un’educazione religiosa strettamente ortodossa e la prima istruzione nell'ambiente familiare, la cui figura centrale, per gli anni della infanzia e dell'adolescenza, fu quella del prozio paterno Amadio, uomo di profonda spiritualità. Come secondo maestro, da Mondovì esercitò su di lui una diversa influenza, il cugino del padre, Felice, mazziniano, docente di filosofia teoretica al Magistero di Roma.

Conseguita da privatista la maturità classica nel liceo di Cuneo, nel 1925, il M. lasciò definitivamente Caraglio, e nel novembre si iscrisse alla facoltà di lettere dell'Università di Torino, dove ebbe compagni di studio di straordinaria e distinta qualità quali C. Dionisotti, M. Soldati, C. Pavese, Lalla Romano, A. Bertini, A. Garosci, L. Geymonat, Paolo, Piero e Renato Treves, G.C. Argan, N. Bobbio, Alessandro e Carlo Galante Garrone, L. Ginzburg, M. Mila. Fu così amico fedele di molti intellettuali antifascisti torinesi ma scelse per sé la via dello studio senza forme di impegno pubblico o politico. Decisivo per la sua formazione e la conseguente scelta di studio e di vita fu l'incontro all'Università con A. Rostagni e soprattutto con G. De Sanctis, storico dei Greci e dei Romani, con cui discusse, nel giugno del 1929, una tesi su La composizione della storia di Tucidide (poi in Nono contributo alla storia degli studi classici, pp. 45-113), in cui coniugava forte attitudine filologica, concentrata nello studio di testi e documenti, e già esplicito interesse alla storia della cultura e in particolare alla storia della storiografia.

La sua prima pubblicazione, Note sull'Alessandra di Licofrone (Sesto contributo…, pp. 781-786) è dell'anno precedente. A quella seguì una serie continua, composta da note filologiche, da articoli su singole questioni di storia greca ed ellenistica, da una sostanziale rivisitazione della prima sofistica – che va letta insieme con l'argomentazione della tesi su Tucidide – e da recensioni che assumono immediatamente un carattere organico, di esercizio della funzione critica finalizzata alla comprensione delle linee di tendenza culturale, piuttosto che di mero contrappunto alla propria autonoma produzione.

L'anno della laurea precedette quello del primo contatto diretto, in Piemonte, con B. Croce, la cui opera – come risulta dal carteggio giovanile con Dionisotti (1989, pp. 27-64) – aveva già assunto un ruolo centrale, se pure non esclusivo né acriticamente subito, nel suo universo intellettuale. Seguì De Sanctis all'Università di Roma come perfezionando e assistente e collaborò con lui anche all'interno della redazione della Enciclopedia Italiana.

A questa contribuì con numerose decine di voci di storia greca e romana tra cui spicca, per ampiezza di visione e rigore nella esposizione, immune dallo spirito dei tempi, quella su Roma. Età imperiale che, anche per questo, secondo il ricordo del M. ebbe il consenso di Croce.

Tra i nuovi amici, rimasti poi tali per il resto della vita: G. Calogero, F. Chabod, F. Gabrieli. Libero docente in storia antica dal 1931, secondo il desiderio del maestro, nel dicembre 1932 assunse, per incarico, l'insegnamento di storia greca che De Sanctis aveva dovuto lasciare per aver rifiutato il giuramento di fedeltà al regime fascista. Nel novembre si era iscritto al PNF, premessa presto indispensabile al pubblico impiego. Nulla del moltissimo che scrisse allora e negli anni successivi manifestò il minimo cedimento intellettuale o un qualsivoglia ammiccamento all'ideologia dominante. Tra il 1930 e il 1932 concluse tre monografie misurandosi con aspetti di storia ebraica, romana e greca.

Le Prime linee di storia della tradizione maccabaica (Roma 1930) sono soprattutto studio dell'impatto degli ebrei con la civiltà greca in età ellenistica. L'opera dell'imperatore Claudio (Firenze 1932, poi in inglese Oxford 1934) si inseriva nel quadro di una estesa ricerca sull'Impero romano composta di studi di fonti e di singoli approfondimenti anche prosopografici. Filippo il Macedone. Saggio sulla storia greca del IV sec. a.C. (Firenze 1934), pubblicato due anni dopo la conclusione, era parte di una più generale riflessione sulla successione delle civiltà nella età antica e sulle forme istituzionali che queste venivano assumendo. Come è stato ben dimostrato (Gabba, in A. M. e la sua opera, pp. 367 ss.), il libro sanciva la divisione della scuola di De Sanctis sulla interpretazione della storia dei Greci, tra il particolarismo delle poleis e l'unificazione dei parlanti greco a opera dei Macedoni. La distanza del M. dal maestro si sarebbe meglio apprezzata con la pubblicazione postuma della recensione scritta nel 1939 alla Storia dei Greci, rimasta inedita per cinquant'anni, La unità della storia politica greca (Nono contributo, pp. 459-482): una storia dei Greci senza Filippo, Alessandro e l'ellenismo era per il M. inconcepibile. Tre contributi, Herod of Judaea, Nero e Rebellion within the Empire, vennero pubblicati nel 1934 nel X volume della Cambridge Ancient History (Nono contributo, pp. 325-408). La pubblicazione a Firenze nello stesso anno di un manuale di storia antica per i ginnasi (Sommario di storia delle civiltà antiche, I, L'Oriente e la Grecia; II, Roma) gli apriva, nella scuola italiana, un nuovo e più vasto terreno di influenza. La prima delle sue rassegne sugli studi di storia antica (Studien über griechische Geschichte in Italien von 1913-1933; Contributo, pp. 299-326) e le Ricerche sull'organizzazione della Giudea sotto il dominio romano (Nono contributo, pp. 227-323) completavano i risultati di un periodo di lavoro intensissimo sui diversi fronti del suo interesse. Due saggi storiografici apparsi nel 1935-36, Genesi storica e funzione attuale del concetto di ellenismo (Contributo, pp. 165-193) e La formazione della moderna storiografia sull'Impero romano (ibid., pp. 107-164), epilegomeni maggiori delle ricerche del biennio precedente, esprimono al meglio l'esito del debito crociano nel lavoro del Momigliano.

Nell'ottobre del 1936, con la sola forza di quasi duecento pubblicazioni prodotte in meno di otto anni, il M. vinse, nelle condizioni culturali e politiche a lui meno favorevoli, il concorso alla cattedra di storia romana dell'Università di Torino e nel dicembre lesse una prolusione su Koiné eirene, pax romana e pax christiana (Nono contributo, pp. 409-423) in cui svolgeva un ragionamento sulla trasformazione della nozione di pace, dall'età ellenistica fino alla affermazione del cristianesimo per entro l'Impero romano, che appare connesso alle precedenti ricerche di storia politico-istituzionale. Nell'ottobre del 1938 la pubblicazione delle leggi razziali lo privò della cattedra e con quella di ogni mezzo di sostentamento: più nel profondo, l'esclusione dai diritti mise in crisi la sua identità personale di italiano che viveva laicamente la propria appartenenza familiare all'ebraismo mentre si sentiva parte, e parte importante, della cultura italiana.

Solo cinque anni prima, in una breve recensione (Quinto contributo, pp. 1022-1025), aveva espresso la sua convinzione sul processo di integrazione degli ebrei nello Stato italiano come non dissimile da quella delle diverse culture regionali.

Dopo mesi di tormento e tentativi di insegnamento precario condotto privatamente per mantenere la famiglia, il 29 marzo 1939 partì per l’Inghilterra via Parigi ove fu accolto da Garosci, il compagno di studi, da tempo fuoruscito, con cui restò in contatto negli anni successivi. Per l'esilio raggiunse Oxford, ove i mezzi di sostentamento gli venivano offerti attraverso una borsa della Society for the protection of science and learning; nel luglio fu raggiunto dalla moglie, Gemma Segre, e dalla figlia Anna Laura.

Affrontò quindi la necessità di acquisire rapidamente una piena capacità di esprimersi e comunicare in inglese. Nella comunità oxoniense fu aiutato anche in questo da un gruppo di studiose, Beryl Smalley, Isabel Henderson e Iris Murdoch. La maturazione linguistica fu lenta ma progressivamente l'inglese divenne il suo mezzo espressivo ordinario nella comunicazione scientifica internazionale e, nel suo secolo, il M. può a buon diritto essere considerato tra i maggiori autori italiani in lingua inglese.

Nel gennaio del 1940, un invito della facoltà di storia di Cambridge gli permise di dare una prima forma alle ricerche su «Liberty and peace in the ancient world» che aveva scelto come tema di studio di lungo periodo.

Le lezioni riprendevano argomenti già affrontati negli studi precedenti l'esilio, a partire da una breve ma decisiva nota di recensione e ricezione di una memoria di Croce su Constant e Jellinek intorno alla differenza tra la libertà degli antichi e quella dei moderni (Quinto contributo, pp. 906 s.). Nella parte relativa alla pace imperiale romana, il M. rielaborava significativamente la stessa prolusione del 1936. Il testo (poi in originale nel Decimo contributo) è stato reso noto in traduzione italiana nel 1996 (Pace e libertà nel mondo antico. Lezioni a Cambridge gennaio-marzo 1940, a cura di R. Di Donato, Firenze).

Nell'ambiente oxoniense il M. si legò – tra gli esuli tedeschi – a F. Jacoby ed Ed. Fraenkel, tra gli Inglesi gli fu costantemente amico H. Last. Continuò ininterrottamente a lavorare producendo manoscritti che presero, alla fine della guerra, forma di serie di lezioni tenute e a Londra nel 1946 e a Oxford nel 1947 ma non si tradussero mai nel progettato volume – sezione romana della ricerca su pace e libertà – su Aspects of Roman political thought from Seneca to Tacitus (ora nel Decimo contributo). Negli anni della guerra, dopo un breve internamento nell'estate del 1940 nel campo metropolitano dell'isola di Man, ove ebbe vicini P. Sraffa e R. Orlando, aderì al movimento antifascista Free Italy, animato da U. Calosso e dai fratelli Treves e partecipò alle attività di propaganda attraverso testi scritti per le trasmissioni italiane di Radio Londra. In questo periodo un gran numero di testi rimasti inediti testimonia della continuità della ricerca su pace e libertà, in cui la valenza unificata delle due nozioni appariva, all'autore, esplicitamente attuale. Comunicazioni e contatti con i parenti e gli amici si interruppero progressivamente, alimentando l'angoscia del vivere (le due sorelle Tiziana e Fernanda riuscirono a sopravvivere; il padre e la madre, deportati ad Auschwitz vi morirono nel 1943). Nel corso dei festeggiamenti per la vittoria, alla fine della primavera del 1945 l'Università di Oxford offrì al M., ancora ignaro della sorte dei suoi, il primo dei molti dottorati honoris causa che seguirono. Un viaggio in Italia nel giugno e luglio del 1946 lo convinse a non più tornare stabilmente: Oxford continuò a sembrargli il luogo ideale per la prosecuzione del suo lavoro. Rifiutò, dopo sofferta riflessione, l'offerta di Croce, di divenire il primo direttore dell'Istituto italiano di studi storici, costituito a Napoli. Nominato sopranumerario all'Università di Torino, senza che gli fosse restituita la cattedra che gli era stata sottratta, continuò a vivere a Oxford e accettò nel 1947 un insegnamento di storia antica nella periferica Università di Bristol.

Nel 1946, nel numero del Journal con cui il Warburg Institute riapriva le proprie pagine alla nuova cultura italiana, pubblicò il suo studio su Friedrich Creuzer and Greek historiography (Contributo, pp. 233-248) e nel 1950 il saggio su Ancient history and the antiquarian (ibid., pp. 67-106) che meglio chiarivano, all'ambiente intellettuale in cui aveva scelto di operare, la prospettiva di ricerca – studio storico culturale della storiografia antica – su cui doveva indirizzare la parte principale del suo lavoro. Per la miscellanea in onore di Croce, scrisse subito dopo la guerra Gli studi italiani di storia greca e romana dal 1895 al 1939 (ibid., pp. 275-297) i cui giudizi, pubblicati solo nel 1950, definivano lo svolgimento della vicenda intellettuale dell'antichistica italiana nella prima metà del XX secolo e, in particolare, facevano il punto sulla produzione specifica negli anni del fascismo.

Nel 1951 fu chiamato alla cattedra di storia antica dell'University College di Londra ove esordì – nella linea culturale delineata – con la prolusione George Grote and the study of Greek history (Contributo, pp. 213-231) che privilegiava la ormai forte inclinazione storiografica rispetto alle precedenti ricerche sulle fonti antiche. Esercitò con vigore il magistero universitario londinese assumendo, anche attraverso il Journal of Roman studies e la partecipazione alla vita di diverse istituzioni, un ruolo di rilievo nella cultura universitaria britannica. A Londra, ebbe responsabilità e amicizie intellettuali nel Warburg Institute ove incontrò nel 1955 Anne Marie Meyer, segretaria e registrar dell'Institute, che lo aiutò affettuosamente nei successivi trent'anni di lavoro e di vita. La serie dei seminari degli anni 1958-59 dedicata a The conflict between paganism and christianity in the Fourth century si tradusse in una pubblicazione (Oxford 1963; poi anche in italiano, Torino 1968). Fortissimo restava il legame con la cultura italiana, in cui si era reinserito, a partire dal 1948, con la partecipazione alla direzione della Rivista storica italiana. A Roma nel 1955, presso le Edizioni di storia e letteratura, dirette da don G. De Luca, pubblicò un volume di saggi, scritti nelle due lingue della sua alterna espressione, che sanciva, quasi in forma di manifesto intellettuale, la nuova via di ricerca storiografica: Contributo alla storia degli studi classici.

Fu il primo di una serie di volumi in cui volle raccolta progressivamente – con volontario mutamento di disegno – la totalità della sua opera frammentata in saggi. La dimensione espressiva di elezione era divenuta per lui quella tipicamente britannica del saggio breve, tale da poter essere letto in una lezione o un seminario per essere poi discusso e infine pubblicato: soltanto alcune serie organiche di lezioni diedero in seguito luogo a volumi monotematici. Un Secondo contributo alla storia degli studi classici ancora inteso come espressione di una sola fra le componenti della sua opera, lo preparava nel 1960 alla prova – profondamente sentita come tale nel confronto con la cultura americana – delle Sather classical Lectures, per le quali scelse il tema che meglio rifletteva il quesito al centro dei suoi studi e della sua riflessione tra passato e presente: lesse quindi nel marzo-aprile del 1962 a Berkeley le lezioni su «The classical foundations of modern historiography», senza poi mai risolversi, malgrado un nuovo tentativo di rivisitazione del tema effettuato tra il 1975 e il 1978, a licenziarle in volume: l'edizione fu realizzata postuma da A.M. Meyer (Berkeley-Los Angeles-London 1990, trad. it., Firenze 1992).

Nel dicembre del 1964 fu chiamato come professore di storia romana a Pisa, presso la Scuola normale superiore. Dopo i primi anni dedicati a seminari e lezioni caratterizzati da un ritorno all'impegno filologico, il suo lavoro didattico prese la cadenza annuale di un seminario di storia della filologia classica tra XIX e XX secolo i cui esiti è ora possibile meglio apprezzare in alcuni volumi (La storiografia greca, Torino 1982; Sui fondamenti della storia antica, ibid. 1984; Tra storia e storicismo, Pisa 1985; Storia e storiografia antica, Bologna 1987 e in inglese: New paths of classicism in the Nineteenth century, Middletown 1982; Studies on modern scholarship, a cura di G.W. Bowersock - T.J. Cornell, Berkeley-Los Angeles-London 1994). Presso la Normale affrontò, in particolare nelle premesse a seminari collettivi o in proprie conferenze e lezioni, l'opera di molte grandi figure della scienza dell'Antichità: J. Bernays, N.D. Fustel de Coulanges, J.G. Droysen, U. v. Wilamowitz, M.I. Finley, K. Reinhardt, E. Gibbon, M. Weber, Ed. Schwartz, E.A. Freeman, Ed. Meyer, H. Usener, G. Dumézil, K.O. Müller, J.J. Bachofen, una serie che colpisce per vastità di visione, varietà e ricchezza di risultati. I seminari pisani si svolsero in un clima di crescente interesse e partecipazione e restituirono al M. il piacere del contatto con un uditorio di giovani disposti ad apprendere. Il Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, del 1966, indicava già dal titolo il desiderio di una ricomposizione unitaria dei due aspetti della attività intellettuale che continuava a essere condotta con grande abbondanza di esiti in pubblicazioni ma sostanziava contemporaneamente il pericolo di un oscuramento delle linee portanti.

Il M. mostrava d'aver chiaro quello che la situazione intellettuale (ma anche politica e sociale) di quella epoca richiedeva in termini di lavoro da fare e non esitava a dar forma quasi precettiva alle sue indicazioni per la «decolonizzazione» della disciplina nella Prospettiva 1967 della storia greca (Quarto contributo, pp. 43-58). Forte era in lui la preoccupazione sulla perspicuità del cammino fino allora percorso. Una lettera a S. Timpanaro nel 1967 è il miglior documento dello sforzo di comprendere se stesso come storico del mondo antico e di rispondere al rischio della incomprensione altrui: «Se io dovessi definire che cosa mi ha interessato finora di scoprire nella storia, direi grossolanamente tre cose: l'influenza del pensiero storico greco-romano e giudaico sul pensiero storico successivo; l'organizzazione che gli organismi politici e sociali antichi si sono dati o non dati per stabilire pace e per assicurare libertà di decisione e di discussione; la posizione degli Ebrei e della civiltà ebraica nel mondo antico e successivo. Meno precisa la mia preoccupazione sull'origine della organizzazione statale romana – con la sua caratteristica plurinazionale ab origine – e sulla sua dissoluzione per il – o in concomitanza del – trionfo del Cristianesimo: meno preciso ma pure costante. Non tutti questi interessi hanno un chiaro riflesso nei miei Contributi, anzi è legittimo dubitare che vi compaiano in volume sufficiente da richiamare l'attenzione. [...] Ma è da riconoscere il pericolo che tutto questo rimanga allo stato di frammento e perfino di velleità» (in Eikasmòs, XVI [2004], p. 446).

Assai complessa e ricca di novità appare la situazione del percorso successivo. Un invito a Harvard nel 1968, per le Jackson Lectures permise una esposizione organica del suo pensiero sulla biografia greca nel volume The development of Greek biography (Cambridge 1971) che comprende anche i frutti di un invito della Reale Accademia olandese, i Second thoughts on Greek biography  (trad. it., Torino 1974). Nel 1971, l'occasione delle Jerome Lectures all'Accademia americana di Roma e alla University of Michigan permetteva una parziale riemersione, con la pubblicazione di due saggi, della tematica che lo aveva occupato durante la guerra: La libertà di parola nel mondo antico ed Empietà ed eresia nel mondo antico (Sesto contributo, pp. 403-458). Il bisogno di dare una forma definita alle proprie convinzioni di metodo si traduceva nella stesura nel 1974 de Le regole del giuoco nello studio della storia antica (ibid., pp. 13-22). Il 1975 fu l'anno di pubblicazione di quello che molti considerano il suo capolavoro: Alien wisdom. The limits of  hellenization (Cambridge 1975, trad. it., Torino 1980), ancora una volta una serie di lezioni (Trevelyan Lectures del 1973 variamente ripetute) concentrata questa volta sulle intersezioni – e i mancati contatti – tra le diverse civiltà antiche orientali e occidentali nel periodo ellenistico: il rinnovato interesse per il giudaismo si annunciò come tema che fu in seguito sviluppato. Da quello stesso anno, la nomina ad Alexander White Professor inserito nel Committee on social tought dell'Università di Chicago lo collocava in una posizione di privilegio nella formazione culturale tra due continenti. Lo spostamento periodico tra Inghilterra, Stati Uniti e Italia lo affermò come insostituibile tramite intellettuale: moltiplicò i contatti e le relazioni e svolse un ruolo attivo nella sprovincializzazione delle diverse culture. Anche in ragione della nuova collocazione universitaria, i suoi interessi conoscitivi si estesero ulteriormente alle scienze umane e tra queste all'antropologia, a Chicago, scienza fondativa degli studi.

Dopo la ripresa di temi già svolti, le sue lezioni americane si concentrarono su diversi nuovi argomenti: la religione romana in età imperiale, la storia di Roma arcaica e il giudaismo ellenistico. Il primo appariva in relazione con la collaborazione all'Encyclopaedia of religion, diretta da M. Eliade (Saggi di storia della religione romana. Studi e lezioni 1983-1986, a cura di R. Di Donato, Brescia 1988). Il secondo era immediatamente funzionale alla stesura del capitolo su Roma arcaica per la Cambridge ancient history (Settimo contributo, pp. 379-436 ma anche, con altri studi sul tema, in Roma arcaica, Firenze 1989, pp. 5-64). Il terzo si intrecciava con diversi cicli di lezioni tenute in Gran Bretagna e negli Stati Uniti il cui esito editoriale e la cui eco in Italia furono assai limitati. Il primo di questi cicli, Between synagogue and Apocalypse, avviato a Londra con le Northcliffe Lectures in literature del gennaio 1977, fu prolungato, con variazioni ed estensioni, in quattro riprese: nelle Chicago Lectures (aprile-maggio 1977), nelle Efroymson Lectures (Cincinnati, ottobre-novembre 1978) fino alle prime Grinfield Lectures on the Septuagint date a Oxford nel gennaio-febbraio del 1979. L'Archivio pisano conserva un contratto per la pubblicazione in volume della intera serie. Questo ciclo si interseca con un secondo, Daniel and the origins of the universal history, avviato – nella forma organica almeno – con le Chicago Lectures dell'aprile-maggio 1979, subito ripetute a Princeton, con qualche ridimensionamento, nel novembre dello stesso anno nel Christian Gauss Seminar in criticism e poi, nel gennaio-febbraio 1980, ancora a Oxford nelle Grinfield. Anche per questa seconda serie il M. pensò a una possibile pubblicazione in piccolo volume, centrato intorno alla nozione di storia universale, da realizzarsi, secondo quello che si ricava dalla corrispondenza, prima ancora di concludere la ricerca di Between synagogue and Apocalypse. Una terza serie, The jewish historiography of resistance, in continuità con l'ultima delle precedenti fu oggetto delle successive Grinfield del gennaio-febbraio 1981, ancora una volta con ripresa immediata nelle Chicago Lectures dell'aprile-maggio dello stesso anno, con il titolo Voices of the oppressed. Infine, nel gennaio-febbraio del 1982, l'ultima ripresa nelle quarte Grinfield, presentò ampliata l'ultima parte della serie Between synagogue and Apocalypse, con cui aveva aperto le prime Grinfield, quattro anni prima. Un approfondimento è ancora necessario sulle relazioni tra tutto questo insieme e la serie finale delle Chicago Lectures del 1987, su Religion and conquest in the First and Second centuries, che furono le ultime a essere pronunciate ma è comunque significativo il progressivo slittamento del fuoco della ricerca e il suo conclusivo addensarsi intorno alla nozione di «resistenza» ebraica contro i diversi tentativi di assimilazione. Uno studio finalizzato alla edizione critica di tutti questi materiali – testimoniati da quasi duecento tra manoscritti e dattiloscritti – è attualmente in corso: la sua conclusione restituirà un aspetto decisivo dell'opera del M. entro la quale, come si è visto, molto è rimasto allo stato di esplorazione non conclusa.

Nella parte estrema della vita il M. viaggiò ininterrottamente per onorare le due cattedre di Pisa e di Chicago, moltiplicando al tempo stesso gli impegni per conferenze in altri luoghi.

Una parte della sua riflessione si concentrò nella rivisitazione – con accenti manifestamente diversi dal passato – della propria personale esperienza di ebreo italiano sottoposto alla prova terribile della cesura del secolo breve. Per un confronto con i filosofi marxisti a Pisa compose una sorta di conclusione delle sue riflessioni connesse al giudaismo ellenistico, Indicazioni preliminari su Apocalissi ed Esodo nella tradizione giudaica (Ottavo contributo, pp. 211-224). Nel 1986 accettò di ricevere un ultimo dottorato presso l'Università di Marburgo ove lesse, il 27 giugno, il suo testo su Profezia e storiografia e ascoltò la laudatio del suo amico K.Christ che aveva il merito di esprimersi con voce tedesca sugli errori e i drammi del XX secolo (Prophetie und Geschichtsschreibung. Ehrenpromotion A. Momigliano. Ansprachen v. K. Christ, A. Momigliano und J. Petersohn, a cura di J. Petersohn, Marburg 1986). I due seminari pisani dell'ultimo anno, dedicati nel marzo 1987 a Bachofen e ad A. Banfi ed E. De Martino (Nono contributo, pp. 767-782 e 701-724) vibrarono di particolare intensità. Nelle prefazioni agli ultimi volumi licenziati, tutti apparsi postumi, espresse pensieri manifestamente conclusivi e tra loro consonanti sulla propria identità riaffermata di ebreo e di italiano del secolo XX, desideroso di comprendere alcuni aspetti essenziali del mondo antico e della storiografia moderna a quelli pertinente (Pagine ebraiche, a cura di S. Berti, Torino 1987, pp. XXIX-XXXI; Filippo il Macedone, a cura di G. Arrigoni, Milano 1987, pp. XV s.; Ottavo contributo, p. 9).

Il M. morì a Londra il 1° sett. 1987; volle essere sepolto nel cimitero ebraico di Cuneo.

Dettò l'epigrafe che in quel cimitero lo ricorda: «Qui riposa Arnaldo Dante Momigliano (1908-1987) professore di storia antica nelle Università di Torino e di Londra e Chicago e nella Scuola Normale Superiore di Pisa. La sua fede fu il libero pensiero senza odio e senza dogma ma amò di affetto filiale la tradizione ebraica dei padri e qui volle seco congiunti nel ricordo i genitori Riccardo e Ilda Momigliano uccisi in terra germanica nel novembre 1943 per folle odio di razza».

Una completa bibliografia dell'opera del M. è in appendice al Decimo contributo. Oltre ai volumi citati nel testo, si ricorda che la raccolta dell'opera storica, con testi nelle due lingue, nella forma voluta dall'autore, è apparsa nell'ordine che segue: Contributo alla storia degli studi classici, Roma 1955; Secondo contributo..., ibid. 1960; Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, I-II, ibid. 1966; Quarto contributo..., ibid. 1969; Quinto contributo..., I-II, ibid. 1975; Sesto contributo..., I-II, ibid. 1980; Settimo contributo..., ibid. 1984; Ottavo contributo..., ibid. 1987; Nono contributo..., a cura di R. Di Donato, ibid. 1992; Decimo contributo..., I-II, a cura di R. Di Donato, in corso di stampa. Questa serie si intreccia con le raccolte parziali pubblicate nei paesi anglofoni: Studies in historiography, London 1966, Essays in ancient and modern historiography, Oxford 1975; On pagans, jews and christians, Chicago 1987.

Fonti e Bibl.: I principali documenti dell'attività intellettuale del M. sono custoditi a Pisa nell'Archivio Arnaldo Momigliano; le carte familiari sono ancora conservate a Londra. Per un elenco completo degli inediti e dei documenti: G. Granata, Archivio Arnaldo Momigliano. Inventario analitico, prefaz. di R. Di Donato, Roma 2006, ove la bibliografia degli scritti sul M. per il periodo tra il 1987 e il 2006 registra 335 interventi (pp. XXXV-LII) tra cui le raccolte: A. M. e la sua opera, in Rivista stor. italiana, C (1988), pp. 212-446; Omaggio ad A. M.: storia e storiografia sul mondo antico, a cura di L. Cracco Ruggini, Como 1989; The presence of the historian. Essays in memory of A. M., a cura di M.P. Steinberg, Middletown, CT, 1992; Giornata lincea in ricordo di A. M., Roma 1993; A. M. nella storiografia del Novecento, a cura di L. Polverini, Roma 2006; M. and antiquarianism. Foundations of the modern cultural sciences, a cura di P.N. Miller, Toronto- Buffalo-London 2007. Due ulteriori raccolte di studi, pronunciati in occasione del centenario della nascita sono in preparazione per la stampa: Memoria di A. M.: nel centenario della nascita, a cura di C. Ampolo - R. Di Donato, Pisa; The legacy of A. M (1908-1987), a cura di T.J. Cornell - O. Murray, London. Tra gli studi precedenti il 1987: S. Timpanaro, Recensione di A. M., Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, in Riv. di filologia e istruzione classica, s. 3, XCVI (1968), pp. 99-110; G. Sasso, Il contributo di A. M. (1976, con postilla 1985), in Il guardiano della storiografia, Napoli 2002, pp. 211-285; M. Battini, L'uomo della saggezza straniera. A. M. dallo storicismo alla storiografia, in Società e storia, X (1987), 37, pp. 675-686. Per le notizie sulla famiglia: A. Cavaglion, La scintilla di una fede, in M. Momigliano, Autobiografia di un rabbino italiano, Palermo 1986, pp. 41-46; Id., Felice Momigliano (1866-1924). Una biografia, Napoli 1988, ad ind.; L. Berardo, La «piccola patria» cuneese nella formazione e nella nostalgia di A. M., in Boll. della Soc. per gli studi storici archeologici e artistici della Prov. di Cuneo, XCVII (1987), 2, pp. 275-284; Id., La «piccola patria» di A. M.: lotte politiche e ideologiche nel cuore del Piemonte giolittiano, in Omaggio..., cit., pp. 225-238. Sugli studi e la formazione intellettuale: C. Dionisotti, Ricordo di A. M., Bologna 1989; Id., M. e il contesto, in Belfagor, LVII (1997), pp. 633-648; M. Gigante, Precisazioni sul rapporto Croce-M., in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, XVII (1987), pp. 1045-1060; Id., M. e Croce, in A. M. nella storiografia del Novecento, cit., pp. 37-67; P. Brown, A.D. M. 1908-1987, in Proceedings of the British Academy, LXXIV (1988), pp. 405-442; L. Canfora, Una riflessione sulla koiné eirene e la prolusione di A. M., in Quaderni di storia, XVI (1990-32), pp. 31-45; E. Gabba, S. Mazzarino e A. M.: due maestri, in Riv. storica italiana, CIV (1992), pp. 545-557; R. Di Donato, Materiali per una biografia intellettuale di A. M. 1. Libertà e pace nel mondo antico, in Athenaeum, n.s., LXXXIII (1995), pp. 213-244; Id., Nuovi materiali per una biografia intellettuale di A. M., in Atti dell'Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di  scienze morali, stor. e filol., s. 9, XI (2000), pp. 383-398; Id., Da Seneca a Tacito. Aspetti del pensiero politico romano in un inedito di A. M., in Arch. di storia della cultura, XX (2007), pp. 217-245; H. Bracke, Il problema della libertà nella vita e nel pensiero di A. M., in Ancient Society, XXIII (1992), pp. 297-323; G. Giarrizzo, M. e i tempi che furono suoi, in Memoria di A. M., in corso di stampa; F. Tessitore, M. e lo storicismo, ibid. Sulle varie fasi dell'insegnamento universitario: L. Cracco Ruggini, Gli anni d'insegnamento a Torino, in A. M. nella storiografia del Novecento, cit., pp. 77-123; R. Di Donato, Materiali per una biografia intellettuale di A. M. 2. Tra Napoli e Bristol, in Athenaeum, n.s., LXXXVI (1998), pp. 231-244; Id., Materiali per una biografia intellettuale di A. M. 3. Gli anni di Londra, in A. M. nella storiografia del Novecento, cit., pp. 125-136; Id., A. M. dall'antiquaria alla storia della cultura, in Eikasmòs, XV (2004), pp. 443-461; O. Murray, M. e la cultura inglese, in A. M. e la sua opera, cit., pp. 422-439; A. Grafton, M. at the Warburg. The origins of a style, in American Scholar, LXXIV (2004), pp. 99-109. Sugli anni conclusivi: I. Cervelli, L'ultimo M.: costanti e variabili di una ricerca, in Studi storici, XXX (1989), pp. 59-104; R. Di Donato, Radio Londra (1941-1945), in Memoria di A. M., cit.; Id., A. Momigliano. L'ultimo contributo, in Belfagor LXV (2010), pp. 183-200. Sui cicli sul giudaismo ellenistico: G. Granata, La resistenza all’ellenizzazione. Il corpus di inediti momiglianei sul giudaismo ellenistico (1977-1982), in Studi ellenistici, XII (1999), pp. 73-92; A Soldani, Aspetti del giudaismo ellenistico (1977-1984), in Memoria di A. M., cit.

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