ARNOLFO di Carinzia, Ciborio di

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ARNOLFO di Carinzia, Ciborio di.

C. Ghisalberti

Altarolo in forma di ciborio a due piani su quattro colonnine (Monaco, Schatzkammer der Residenz) donato alla chiesa di St. Emmeram a Ratisbona intorno all'893 da A., figlio naturale di Carlomanno. Nato intorno alla metà del sec. 9°, A. nell'880 divenne duca di Carinzia, nell'887 venne eletto re di Germania e nell'896 fu incoronato imperatore a Roma da papa Formoso; insieme con il piccolo altare egli offrì alla chiesa anche il piatto di legatura del Codex aureus (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14000). Tale donazione si trova raffigurata nel c.d. Evangeliario di Uta di Ratisbona, del sec. 11° (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 13601, c. 4r).L'altarolo portatile (altezza cm. 59, larghezza cm. 31, profondità cm. 24) è costituito da una struttura in legno ricoperta da una lamina dorata; gli angoli e i bordi sono decorati con pietre preziose, smalti e filigrane. La sommità della copertura a tetto è composta da un fregio in filigrana in cui sono incastonate pietre preziose; le falde sono decorate a sbalzo, con scene della Vita di Cristo, i timpani con rappresentazioni simboliche. Anche i peducci degli archetti sono decorati a sbalzo. La pietra d'altare è in calcedonio verde cupo. Sono andate perdute le decorazioni con pietre preziose dei tre timpani e il coronamento superiore del tetto (quest'ultimo è ancora visibile in un disegno del 1560; Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14900, c. 7r). Un'iscrizione posta sulla lastra di chiusura della copertura a tetto ricorda A. come donatore.Boeckler (1950) per primo ha sottolineato come tale iscrizione - così come altre piccole aggiunte - sia il frutto di un posteriore intervento di restauro, avvenuto tra il 975 e il 1001, proponendo per il ciborio, così come anche per la legatura del Codex aureus , la provenienza da una bottega della Francia occidentale (forse Reims) al servizio di Carlo il Calvo (870 ca.). L'attribuzione del ciborio a quest'ambito è riconosciuta unanimemente dalla critica, in considerazione anche del legame stilistico tra la lavorazione a sbalzo del ciborio e quella dei piatti di legatura del Codex aureus di Ratisbona e di Lindau (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 1). Elbern (1965) ha inoltre sottolineato la grande diffusione che tali oggetti liturgici - altaroli a ciborio - ebbero sotto Carlo il Calvo. Il ciborio sarebbe dunque entrato in possesso di A. solo più tardi. Thoma (1958), pur accettando i legami stilistici proposti da Boeckler, suggerisce una datazione del ciborio di poco posteriore (887-896), affidandosi all'iscrizione sulla base e vedendo nella figura di A. il vero committente.

Bibl.: A. Boeckler, Ars Sacra, München 1950, nr. 71, pp. 32-34; R. Otto, Zur stilgeschichtlichen Stellung des Arnulf-Ciboriums und des Codex Aureus aus St. Emmeram in Regensburg, ZKg 15, 1952, pp. 1-16; B. Bischoff, Studien zur Geschichte des Klosters Sankt Emmeram im Spätmittelalter, Studien und Mitteilungen zur Geschichte des Benedektinerordens 65, 1953-1954, p. 188ss.; H. Swarzenski, Monuments of Romanesque Art. The Art of Church Treasures in North Western Europe, London 1954, p. 38, figg. 14-16; A. Boeckler, Das Ehrardibild im UtaKodex, in Studies in Art and Literature for Belle da Costa Greene, Princeton 1954, pp. 219-230; H. Thoma, Kronen und Kleinodien, München 1955; H. Thoma, H. Brunner, Schatzkammer der Residenz München, cat., München 1958 (19642), nr. 5, pp. 17-21; P. E. Schramm, F. Mütherich, Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, I, München 1962 (19812), nr. 61, p. 139; V. H. Elbern, Liturgisches Gerät in edlen Materialen zur Zeit Karls des Grossen, in Karl der Grosse. Lebenswerk und Nachleben, III, Karolingische Kunst, a cura di W. Braunfels, H. Schnitzler, Düsseldorf 1965, pp. 115-167; J. Hubert, J. Porcher, W.F. Volbach, L'Empire Carolingien, Paris 1968 (trad. it. L'impero carolingio, Milano 1968, pp. 256-260); H. Fillitz, s.v. Ciborium König Arnulfs von Kärnten, in Das Mittelalter I (Propyläen Kunstgeschichte, 5), Berlin 1969, pp. 161-162; H. Brunner, Die Kunstschätze der Münchner Residenz, München 1977.

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