BATTRIANA, Arte della

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi BATTRIANA, Arte della dell'anno: 1959 - 1994

BATTRIANA, Arte della (v. vol. II, p. 23)

E. V. Rtveladze

Il nome (greco Βακτρία, avestico bāhdi, antico persiano bākhtri, pracriti indiani bāhlī, bahīlka, battriano ϐοχλο, bakhl) indica una vasta area storico-culturale che si estende sulle due rive dell'Armi Daryā, l'Oxus degli antichi (Ὄξος), tra l'Hindukush (Παροπαμισάδαι) in Afghanistan e la catena dell'Hissar nel Sud delle repubbliche dell'Uzbekistan e del Taǰikistan. Capitale ne era Battra (Βάκτρα, poi Balkh) nel Nord dell'Afghanistan. In origine la città si chiamava probabilmente Zariaspe (Ζαριάσττη: Strab., XI, 2, 2; XI, 8, 9; Plin., Nat. hist., VI, 45, 48), vale a dire, in iranico, «la città d'oro», nome che doveva essere usato contemporaneamente a quello di Battra. I Battriani per lingua e cultura erano una delle popolazioni iranico-orientali.

Il testo greco più antico che nomina la B. e i suoi abitanti è la tragedia di Eschilo I Persiani (472 a.C.). La menzione del paese nella lista che dà Erodoto delle circoscrizioni finanziarie dell'impero achemenide risale probabilmente a Ecateo (c.a 500 a.C.). Anche Scilace nel suo Periplo cita i Battriani. A parte queste semplici menzioni, la prima vera testimonianza, sebbene semileggendaria, risale a Ctesia di Cnido (inizio IV sec. a.C.), che riferisce della passata esistenza di un regno battriano antico e della sua invasione da parte delle armate assire sotto il comando di Nino e Semiramide (IX sec. a.C.). Nei testi epigrafici le attestazioni più antiche della B. si trovano nelle iscrizioni persiane del VI-V sec., particolarmente in quella di Dario I a Bisotun (523-522 a.C.).

I più antichi documenti in lingua battriana non sono anteriori all'epoca kuṣāṇa: è sotto il re Kaniṣka (probabilmente nella prima metà del II sec. d.C.) che questa lingua, fino ad allora esclusivamente orale, fu scritta con l'ausilio dell'alfabeto greco. Tra i testi principali citiamo le iscrizioni lapidarie di Surkh Kotal e di Dilberjin, la stele scolpita di Airtam, papiri (Kampïr Tepe), legende di monete kuṣāṇa e iscrizioni su gemme e vasi di ceramica.

Preistoria e protostoria. - Le prime tracce dell'uomo in B. sono attestate nel Paleolitico, nel Mesolitico e nel Neolitico, ma lo sviluppo culturale non avvenne secondo un processo continuo e progressivo, poiché l'ambiente locale non favoriva di per sé l'agricoltura. Questa, dipendente da un'irrigazione di tipo primitivo, comparve al seguito delle migrazioni di tribù forse originarie della Margiana (vallata del Morghāb) e delle regioni pedemontane del Kopet Dagh nel Turkmenistan meridionale. Queste migrazioni risalirebbero all'Età del Bronzo, all'inizio del II millennio a.C., nel periodo detto, secondo la terminologia archeologica, di Namazga V. Dopo aver occupato le vallate fluviali del Nord-Ovest dell'Afghanistan, queste tribù attraversarono l'Oxus e s'insediarono nei territori ancora liberi del Sud dell'Uzbekistan e del Taǰikistan, riversandosi sugli ampi spazi che corrispondono approssimativamente a quelli che gli studiosi designano oggi con il nome di Battriana.

Si discute tra gli archeologi sul processo di sviluppo culturale di queste regioni. Per A. Askarov gli stanziamenti della riva destra dell'Oxus appartengono alla cultura di Sapalli; secondo V. I. Sarianidi gli stanziamenti coevi della riva sinistra costituirebbero una cultura distinta, detta di Dašlï. Si può parlare in realtà di una cultura unica di Dašlï-Sapalli propria delle tribù di agricoltori sedentari del bacino dell'Oxus nell'Età del Bronzo.

Le tecniche primitive d'irrigazione non permettevano a queste tribù di occupare i territori situati fuori delle vallate fluviali. Sulla riva destra dell'Oxus ne troviamo gli stanziamenti principalmente nelle piccole valli delle zone pedemontane, mentre sulla riva sinistra la maggior parte si raggruppa nelle pianure dei delta dei fiumi Širin-Tagāo, Balkhāb, ecc. In queste pianure gli insediamenti sono formati da piccole unità territoriali o oasi, composte ciascuna di qualche villaggio e di un centro principale fortificato.

Nella parte afghana della B. troviamo quattro oasi principali: quella di Dowlatābād nella valle dello Širin-Tagāo, e quelle di Dašlï, Nička e Farrukhābād nel delta del Balkhāb. Nell'Uzbekistan meridionale (l'attuale provincia del Surkhan Daryā) ci sono tre oasi principali: quella di Ulanbulak nella valle del piccolo fiume dal medesimo nome, quella di Šerābād dove gli stanziamenti si raggruppano lungo un antico affluente, il Bustānsai, e quella di Miršad nelle terre inondate del Qïzïlǰarsai.

Altri stanziamenti sparsi esistono nella valle del Surkhan Daryā. Alcune necropoli e villaggi sono stati scoperti anche nel Taǰikistan. Così, nel corso del II millennio si assiste all'occupazione di quasi tutta la B. da parte di tribù di agricoltori sedentari, fino alla linea segnata a E dai fiumi Kāfirnigan e Qunduz.

In questi territori non sono ancora venuti alla luce stanziamenti o necropoli appartenenti alle culture delle steppe dell'Età del Bronzo ma soltanto tracce poco importanti dei contatti di queste culture con gli agricoltori sedentari. Nel Sud del Taǰikistan, nelle valli del basso Kāfirnigan e del Wakhš, sono stati scoperti stanziamenti e necropoli di tribù di allevatori che appartengono non solo alle culture di Biškent e del Wakhš (necropoli di Tulkhar e di Tigrovaja Balka), ma anche a quelle del Bronzo delle steppe.

Una tale ripartizione tra zone d'influenza delle tribù di agricoltori e delle tribù di allevatori è il fedele riflesso di un particolare processo di sviluppo storico. Nel Nord-Ovest dell'Afghanistan e nel Sud dell'Uzbekistan, vale a dire nella B. occidentale, le tribù di agricoltori sedentari erano sufficientemente unite per potersi opporre vittoriosamente alla pressione delle tribù delle steppe. Sulla riva destra dell'Oxus i siti potentemente fortificati di Sapalli Tepe e di Jar-Kutan erano stati concepiti per difendere la frontiera settentrionale della confederazione; il primo sorvegliava un guado dell'Amu Daryā (presso Kampïr Tepe) e la via per la città, il secondo sorvegliava lo sbocco dei passi montani.

L'insediamento delle tribù di agricoltori sedentari in B. si accompagna all'apparizione dei primi stanziamenti fissi. Questi sono di due tipi: non fortificati o comprendenti un piccolo spazio fortificato di c.a 1 ha, quadrangolare o circolare, protetto da mura in mattoni crudi con torri semicircolari lungo le cortine e tonde agli angoli (Dašlï 1 e 3, Sapalli Tepe). Jar-Kutan, a 7 km dalla città di Šerābād, che si stende su più di 100 ha, rappresenta uno stadio più avanzato di urbanizzazione. La presenza di necropoli lontane le une dalle altre e la discontinuità delle zone edificate fanno pensare che Jar-Kutan costituisca un agglomerato di tipo particolare, riunendo attorno a una stessa cittadella più abitati di periodi diversi.

Nello stesso tempo si osserva una differenziazione funzionale dello spazio edificato con case d'abitazione, un tempio monumentale, un palazzo, botteghe di artigiani ceramisti. Le necropoli sono qui distinte dall'abitato, mentre a Sapalli Tepe le inumazioni si facevano sotto il pavimento delle abitazioni.

Si assiste alla nascita di un'architettura monumentale, che impiega come materiali da costruzione l'argilla mista a paglia (pakhsa) e il mattone crudo e, per le coperture, il legno e le canne: così il tempio (?) e il palazzo (?) a Dašlï 3 in Afghanistan, il tempio di Jar-Kutan nell'Uzbekistan, le case d'abitazione all'interno della cinta di Sapalli Tepe e i gruppi isolati di case costruite su alte piattaforme di mattoni a Jar-Kutan. Questa architettura battriana è caratterizzata sia dalle piante, il cui tracciato esterno d'aspetto geometrico, circolare o ad angoli retti, contrasta con la complessità della configurazione interna, sia dai tetti piatti e dai monumentali muri esterni forniti talvolta di torri circolari e di contrafforti che creano profonde nicchie.

Il santuario (?) di Dašlï 3 si presenta come un enorme edifìcio di pianta circolare, circondato da un corridoio, il cui muro di cinta è provvisto di dieci torri approssimativamente quadrate; all'interno diverse costruzioni irregolari circondano un edificio centrale i cui locali includono un gran numero di piattaforme e di focolari. Il santuario è circondato da un anello di abitazioni comunicanti con corti interne. Ben diverso è il tempio di Jar-Kutan. Si tratta di una costruzione quadrangolare (60 X 44,50 m) delimitata da un muro poderoso (spesso 4,5 m), e articolata all'interno in due zone distinte. Al centro si trova l'edificio cultuale, formato da una piattaforma monumentale (31 X 31 m) edificata con otto corsi di mattoni e con quattro basi in pietra disposte simmetricamente sul lato meridionale. A O della piattaforma si stende una serie di locali con un lungo corridoio e una corte. A E, oltre a diversi locali e corridoi, si trovano un passaggio pavimentato con ciottoli che conduce a un pozzo e alcuni altari rotondi. Nella zona artigianale sono stati scoperti resti di installazioni metallurgiche e torchi per vino. Il «palazzo» di Dašlï 3 offre un tipo di pianta a lunghi ambienti allineati attorno a una corte interna che, con diverse varianti, conoscerà un grande successo nell'architettura della Battriana. All'interno della cinta fortificata di Sapalli Tepe, le abitazioni private, formate da uno o più ambienti irregolari, sono raggruppate in grandi blocchi separati da vicoli o da corridoi. All'interno si trovano banchi in muratura lungo le pareti, focolari, camini, nicchie. I muri sono ricoperti con un intonaco bianco sopra uno strato di malta di argilla e paglia.

Non abbiamo alcuna testimonianza di una scultura monumentale o di pitture, ma le necropoli di Jar-Kutan e di Tandïr Yul hanno restituito ultimamente alcune statue antropomorfe. La coroplastica minore è rappresentata solo da alcune figurine antropomorfe e zoomorfe provenienti da scavi clandestini nelle necropoli del Nord dell'Afghanistan. La produzione di statuine in terracotta, così caratteristica delle prime società di agricoltori, sembra dunque essere rimasta estranea alla Battriana. Alcuni ritrovamenti testimoniano tuttavia l'esistenza di un'arte figurativa: oltre gli esempi già menzionati, citiamo a Dašlï 1 e 3 delle statuine in gesso di cane e di montone e delle statuine in pietra di donne assise la cui tecnica - corpi e copricapo in serpentino scuro e testa in calcare bianco - ricorda certi tipi di figurine mesopotamiche; e soprattutto una piccola testa a tutto tondo (10 cm) in pietra grigia levigata, trovata presso il villaggio di Miršad (provincia del Surkhan Daryā) che data alla fine del II-inizio del I millennio: è un viso maschile dall'ovale appuntito, dai capelli in boccoli paralleli separati da una scriminatura; l'assenza di caratterizzazione individuale lascia pensare a una rappresentazione di divinità. Per certi particolari stilistici la testa di Miršad evoca la scultura di Mohenjodaro. Ciò non toglie che per la rarità dei tipi, le pose statiche, la semplificazione delle forme miranti a una caratterizzazione generica, la statuaria battriana di questo periodo rimanga a uno stadio ancora primitivo.

Le produzioni artigianali raggiungono un alto grado di sviluppo, specialmente la ceramica e le arti del metallo.

Il tratto caratteristico del vasellame ceramico è l'assenza di ogni decorazione. Lo sforzo dei ceramisti tende alla diversità e alla perfezione delle forme. La maggior parte dei vasi è modellata al tornio veloce e cotta in un forno di tipo complesso a due piani; la loro pasta è fine, compatta, ben cotta. Alla raffinatezza e alla diversità delle forme, l'ingobbio aggiunge il suo effetto artistico; esso è in genere chiaro, ma alcuni vasi, particolarmente bicchieri su alti piedi incavati, sono ricoperti di un ingobbio scuro rosso ciliegia. Forma e colore sono i due mezzi d'espressione artistica della produzione ceramica.

Alla fine dell'Età del Bronzo e all'inizio dell'Età del Ferro questa produzione ceramica subisce dei profondi cambiamenti. Comincia a diffondersi una ceramica grossolana non tornita che presenta spesso una decorazione semplice dipinta in grigio o in rosso; la decorazione, disposta in zone concentriche sulla parte superiore dei vasi, utilizza come motivi tratteggi, zig-zag, onde, triangoli tratteggiati, molto raramente figure animali.

Anche l'artigianato del metallo conosce un grande sviluppo, particolarmente con vasi metallici di forme diverse frequentemente decorate con teste di tori, spille sormontate da animali, soprattutto capridi e ovini, più raramente bovini. Gli specchi hanno manici antropomorfi o zoomorfi; alcuni di essi hanno anche il retro decorato con uccelli ad altorilievo. Lo «stile animalistico» è caratteristico di queste figurazioni, ma si trovano spesso anche rappresentazioni di animali statiche e completamente prive di dinamismo espressivo.

La glittica occupa un posto importante nell'arte della B. dell'Età del Bronzo. I siti hanno dato una grande quantità di sigilli di bronzo, di pietra, e di terracotta, «firme» di individui o di comunità. Le rappresentazioni antropomorfe (forse di divinità) sono rare, ma molto diffusi sono i sigilli con decorazione geometrica e di animali: uccelli da preda, capridi di montagna, buoi gibbuti, scimmie, scorpioni, esseri compositi, rappresentazioni isolate o a coppie; il simbolismo cosmico e solare è largamente utilizzato e compaiono anche temi mitologici.

L'arte del gioiello conosce un certo sviluppo: braccialetti di bronzo dalle forme semplici, grani e orecchini in oro, anelli, grani di differenti tipi di pietre, specialmente di lapislazzuli. Molti grani hanno una forma raffinata, e sono delicatamente lavorati. Si trovano anche grani e pendenti ornati con una decorazione vegetale o geometrica, o con rappresentazioni di animali. Il tesoro di vasi d'oro e d'argento rinvenuto a Fulol in Afghanistan è il più rappresentativo dell'oreficeria battriana dell'Età del Bronzo; questi esemplari presentano, accanto a motivi geometrici, rappresentazioni di serpenti e di tori barbati, eseguiti in uno stile di tradizione mesopotamica.

Periodi achemenide, greco e kuṣāṇa. - Nella prima metà del I millennio a.C. si produssero in B. importanti mutamenti: comparsa e diffusione del ferro, formazione di grandi insediamenti fortificati con cittadelle, cambiamenti profondi nella cultura materiale e artistica, arrivo di tribù iraniche a E, disintegrazione delle antiche forme di società e genesi delle prime forme di stato. Per questo periodo disponiamo dei primi documenti storici ed epigrafici. L'avvenimento politico essenziale è l'incorporazione della B. nell'impero achemenide (tra il 547 e il 539 o tra il 539 e il 530 a.C.), del quale essa resterà parte integrante fino al 330 a.C., come satrapia governata da rappresentanti di un ramo collaterale della dinastia.

L'insufficienza del materiale archeologico fa sì che siamo ancora male informati sull'evoluzione artistica della B. durante quest'epoca. L'urbanesimo e l'architettura sono assai ben conosciuti, ma nulla si sa della scultura monumentale e della pittura. Anche le nostre conoscenze sulle arti applicate sono insufficienti.

Le fonti greche attestano l'esistenza, nell'ultimo venticinquennio del IV sec. a.C., di differenti tipi di stanziamenti, e ciò è confermato dalla documentazione archeologica. Nelle epoche pre-achemenide e achemenide (VII-IV sec. a.C.) appaiono in B. grandi centri con sistemi complessi di fortificazioni e cittadelle (Altïn Dilyār, Qïzïl Tepe e senza dubbio Battra), grandi insediamenti a popolazione sparsa con cinte di fortificazione quadrate (Bandï- khān 2), semplici raggruppamenti di case (Buǰrači), case di nobili terrieri (Qïzïlča 1, 2, 6), edifici con funzione speciale (Altïn 10, Kutlug Tepe I). Questi insediamenti sono a pianta circolare, quadrangolare oppure di forma irregolare.

Le fortificazioni si perfezionano. I centri urbani vengono dotati di una doppia linea di difesa, mura e fossato, che protegge nello stesso tempo la cittadella e la città propriamente detta. In genere le mura sono protette da torri cave semiovali, isolate o in coppia; cortine e torri erano fornite di un grande numero di feritoie disposte su due livelli. Si distinguono due tipi principali di fortificazioni, quelle con mura massicce, che misurano fino a 5 m di spessore, prive di gallerie interne, con torri molto sporgenti (Talaškan Tepe I), e quelle con mura cave con gallerie interne che si estendono per tutta la lunghezza della linea di difesa e provviste di feritoie (Qïzïl Tepe). Tra gli insediamenti di tipo particolare segnaliamo la casa del signore di Altïn 10 (Afghanistan) che si rifa al tipo della «corte circondata da locali allungati», ma dove ai locali più esterni si sostituisce tutt'attorno una galleria. Una variante intermedia di questo tipo è rappresentata da un edificio di Pšak Tepe (Uzbekistan) che riunisce i tratti caratteristici dei tipi di Qïzïlča 6 e di Altïn 10. Il santuario di Kutlug Tepe (Afghanistan), a pianta circolare, ha un edificio rotondo al centro, circondato da una successione di muri concentrici forniti di aperture per l'illuminazione e la ventilazione. Ancora a Kutlug Tepe si trova un edificio press'a poco quadrato che include un gran numero di locali di pianta irregolare edificati su una piattaforma alta 4 m circondata da una serie di muri esterni. A Pačmak Tepe (Uzbekistan) si erge un'altra piattaforma massiccia in mattoni crudi che si pensa sostenesse un tempio del fuoco.

Il tesoro detto dell'Oxus, che comprende circa duecento oggetti, la maggior parte d'oro e d'argento, e circa 1500 monete del V-III sec. a.C., dà un'idea di quello che era l'arte della B. nell'epoca achemenide. Scoperto fortuitamente nel 1877 alla confluenza dell'Oxus e del Wakhš, suo affluente di destra, e portato da mercanti nell'India del Nord-Ovest, si trova oggi nel British Museum. Si ritiene che si tratti del tesoro di principi battriani o di un tempio. La maggior parte degli oggetti sono achemenidi, gli altri greci o battriani; qualcuno denota manifestamente l'influenza dello stile animalistico degli «Sciti». Tutta una serie di placchette in oro presenta figure di adoranti, personaggi maschili barbati, con la testa nuda o coperta da un bâšlïq, e cinta con un nastro, che portano il mantello a maniche lunghe (kandis) gettato sulle spalle, o indossano lunghe tuniche cinte alla vita; alle cinture sono sospese daghe o akinàkai. Questi personaggi sollevano ritualmente in una mano il barsom, il fascio di verghe che costituiva uno degli strumenti di culto degli antichi Persiani. Tra gli oggetti si notano tra l'altro due teste a tutto tondo, una statuina di giovane uomo ignudo, due carri in miniatura attaccati a quattro cavalli trasportanti ciascuno due personaggi in abito persiano, braccialetti le cui estremità sono ornate con teste di leoni, di lupi, di leogrifi alati, e anche gemme con rappresentazioni di leogrifi e tori, una statuina di stambecco, rivestimenti in oro di foderi, un umbone di scudo in argento. L'insieme delle monete associate al tesoro consta di tetradrammi e di dramme di diverse città greche, di monete coniate per dei satrapi achemenidi dell'Asia Minore, di tetradrammi di Alessandro Magno coniati con tipi achemenidi, di emissioni di re seleucidi e di re greco-battriani, di monete partiche antiche con i nomi di Andragora e di Wakhšuvar.

La conquista dell'Asia centrale da parte di Alessandro nel 330-327 a.C. fu d'importanza capitale per l'evoluzione sociale, politica e culturale della regione. Essa ebbe infatti come conseguenza l'integrazione della B. e delle altre province dell'Asia centrale in uno dei grandi stati ellenizzati del Vicino Oriente, l'impero seleucide. L'istituzione di un nuovo sistema politico-amministrativo avviò mutamenti nelle strutture sociali introducendo alcune forme dello stato schiavista (forme esistenti in tutto il mondo ellenistico) e diede nuovo impulso all'economia, creando e sviluppando rapporti commerciali fondati sulla moneta.

La vita intellettuale e artistica conobbe allora importanti innovazioni: introduzione della scrittura greca, influenza della cultura ellenistica nell'urbanistica, nell'architettura, nelle arti figurative, diffusione nella vita religiosa di credenze greche.

La storia della B. nell'epoca ellenistica (IV-II sec. a.C.) beneficia delle informazioni che ci hanno lasciato le opere degli storici greci e romani (Apollodoro di Artemita, Diodoro, Arriano, Plutarco, Pompeo Trogo, Quinto Curzio Rufo). Ai fini della conoscenza della civiltà materiale lo scavo del sito di Ai Khānum, alla confluenza dell'Oxus e del suo affluente afghano, il Kokča, eseguito dalla missione archeologica francese in Afghanistan negli anni 1964- 1978, è stato di una importanza decisiva, come pure le ricerche condotte dagli archeologi sovietici nel sito di Takht-e Sangin nel Taǰikistan.

Dopo la morte di Alessandro la B. ebbe come satrapo prima Filippo il Macedone, poi il cipriota Stasanore, che sembra aver conservato la carica fino al 306 a.C. Durante gli ultimi anni del IV sec. la B. entrò a far parte dell'impero seleucide fondato nel 312 da un ufficiale di Alessandro, Seleuco I, che, secondo Appiano, dopo aver condotto numerose guerre contro i Macedoni e i barbari, divenne il signore dei Parti, dei Battriani, dei Sogdiani, e degli Ircani. Dopo di lui salì al trono il figlio Antioco I (281- 261 a.C.), dapprima nominato dal padre viceré della parte orientale dell'impero. Ai regni di Seleuco I e soprattutto di Antioco I è associata una serie di avvenimenti che ebbero grande importanza per la vita politica ed economica del paese, come il conio da parte di botteghe locali di monete d'oro (stateri), d'argento (tetradrammi, dramme, emidramme, oboli) e di bronzo.

Verso la metà del III sec. a.C. il rappresentante del potere seleucide in B., Diodoto, fa della sua satrapia un regno indipendente greco-battriano. Al nucleo primitivo costituito dalla B. vennero ad aggiungersi sotto altri sovrani (Demetrio I ed Eucratide I) il Nord-Ovest dell'India e la Sogdiana stessa. I sovrani greco-battriani più notevoli furono, oltre a Diodoto I (250-230), Eutidemo I (230-200), Demetrio I (200-185), Eucratide I (171-155), Eliocle (155-130). Lo studio delle monete mostra che vi furono due sovrani di nome Diodoto, due di nome Demetrio e due di nome Eucratide. L'apogeo del regno si colloca alla fine del III sec. e nella prima metà del II sec. a.C. A partire dalla metà del II sec. il potere politico incomincia a decadere. L'impero si fraziona in alcuni principati indipendenti i cui signori battono moneta a proprio nome (Antimaco, Platone, Menandro, Apollodoto, ecc.). Nel terzo quarto del II sec. a.C. l'impero greco-battriano è conquistato dalle tribù nomadi scito-sarmatiche e Yuezhi.

Lo stato greco-battriano era una monarchia centralizzata, a capo della quale si trovava il re; questi in certi casi associava al trono suo figlio come viceré. Lo stato era diviso in alcune satrapie i cui governanti godevano probabilmente di un certo grado d'indipendenza. Sotto l'impero greco-battriano si assiste a un vasto sviluppo dell'economia, del commercio, della cultura, delle città e di tutte le forme della vita urbana. La penetrazione dell'ellenismo nelle culture locali si rafforza, con arricchimento reciproco. L'economia monetaria, fondata su monete di bronzo e d'argento di unità attica (tetradrammi, dramme, oboli, dicalchi, calchi), raggiunge una grande ampiezza.

Nella vita religiosa, a fianco dei culti locali, hanno un posto importante le credenze greche. L'arte greco-battriana raggiunge allora un alto grado di sviluppo. Sulle monete i ritratti reali sono eseguiti con abile maestrìa. Gli scavi di Ai Khānum e del tempio di Takht-e Sangin hanno portato alla luce notevoli esempi di toreutica, di scultura e di tutti gli altri generi di produzione artistica.

Nel suo santuario di Takht-e Sangin il dio Oxus era oggetto, da parte della popolazione battriana, di una venerazione del tutto particolare. Costruito nel III sec. a.C., il tempio rimase in vita fino al III sec. d.C., subendo un certo numero di rifacimenti. In origine si presentava come una sala a quattro colonne (12 X 12 m), circondata su tre lati da un doppio corridoio, che accoglieva degli altari. L'entrata, sul quarto lato, era valorizzata da un portico alle due estremità del quale si staccavano in avanti due annessi.

I ritrovamenti fatti all'interno del santuario si dividono in tre categorie: offerte di stile prettamente greco e offerte ex voto di stile ellenizzante nella tradizione microasiatica, deposte nel santuario o all'epoca della conquista di Alessandro o all'epoca della seconda ondata della colonizzazione greca sotto i Seleucidi o, ancora, al tempo dei primi re greco-battriani; infine, prodotti di botteghe battriane. Si tratta soprattutto di piccoli oggetti in oro, argento, bronzo, avorio e terracotta; l'argilla cruda e lo stucco sono utilizzati per le immagini. Tra questi ritrovamenti segnaliamo un puntale di fodero di daga in avorio con la rappresentazione di una creatura fantastica marina con torso femminile, zampe anteriori equine e corpo pisciforme squamato; una placca in rilievo dorato incrostato di turchese rappresentante pantere al passo, nella tradizione dello stile animalistico delle steppe; una placca in avorio intagliato con una scena di caccia a cavallo; statuine in argilla cruda e stucco di Apollo ignudo, di Eros e di altre divinità, teste di fanciulli. Tre ritratti hanno un interesse particolare: un Alessandro che orna un puntale di fodero di daga in avorio, il ritratto di un re greco-battriano in argilla cruda e quello di un principe battriano in stucco. Altro ritrovamento notevole è quello di un piccolo altare in pietra che sostiene la statuina in bronzo di un Marsia che suona il doppio flauto; sull'altare è incisa un'iscrizione greca: «ex voto di Atrosokes all'Oxus».

Uno dei siti maggiori della B. ellenistica è la città di Ai Khānum, capitale della B. orientale, fondata da coloni greco-macedoni alla fine del IV sec. a.C. e rimasta in potere della popolazione greca fin verso il 145 a.C. Il sito, che occupa un'area di 170 ha, delimitata a O e a S dallo Amu Daryā e dal suo affluente afghano, il Kokča, a Ν e a E da una possente fortificazione, comprende una città alta (l'acropoli) e una città bassa. Sull'acropoli si trovano in particolare una piccola cittadella, alloggi per i soldati della guarnigione, e un santuario costruito attorno a un altare monumentale a cielo aperto. Nella città bassa, attraversata dalla via principale che aveva inizio da una porta monumentale sulle mura N, si raggruppa la maggior parte delle costruzioni: qui gli archeologi hanno portato alla luce un enorme palazzo con tesoreria, un ginnasio, un tempio, due mausolei di cui uno consacrato a un certo Kineas, senza dubbio uno dei padri fondatori della città, e case d'abitazione. All'esterno delle mura, nelle aree periferiche Ν e NO, sono stati scoperti un tempio, una grande casa e un mausoleo familiare. L'architettura, che conta un certo numero di edifici tipicamente greci relativi a istituzioni e modi di vita specificamente greci, lascia trasparire anche l'impronta di influenze venute dalla Mesopotamia e dalla tradizione locale. Questa doppia componente greca e orientale si nota anche nelle tecniche. L'eredità greca si rileva in particolare nella decorazione architettonica, di cui il palazzo fornisce l'esempio più ricco e monumentale. Esso utilizza colonne in pietra dei tre ordini, dorico, ionico e soprattutto corinzio, con basi di tipo attico negli ultimi due casi. All'estremità dei tetti le antefisse mostrano di preferenza il motivo della palmetta. Anche l'arte tipicamente greca del mosaico a ciottoli fu applicata per decorare le stanze da bagno del palazzo e le dimore patrizie.

Gli scavi di Ai Khānum hanno lasciato notevoli esempi di scultura di stile greco: frammenti di mani e di un piede calzato da un sandalo alla greca scolpito in marmo e appartenente alla colossale statua di culto del tempio principale della città; statuine in calcare di un giovane ignudo e di una donna drappeggiata appoggiata su un cuscino; la statuina in bronzo di un Eracle che si incorona; teste di statue modellate in argilla e in stucco. Anche tra i residui del saccheggio della tesoreria sono stati trovati interessanti reperti: diverse monete seleucidi, greco- battriane, indo-greche e indiane; un'abbondante quantità di pietre semi-preziose grezze e lavorate, tra cui parte della decorazione a incrostazioni di un trono di origine indiana; gioielli e vasellame di lusso in pietra. L'oggetto più notevole, anch'esso di provenienza indiana, è un disco composto da una tarsìa di placchette di madreperla incrostate di vetri colorati, contornati da un filo d'oro, il cui campo centrale rappresenta un corteo reale con il principe su un carro in un «paradiso» decorato con diversi edifici e popolato da animali (la scena è stata di recente identificata come un episodio della storia di Śakuntalā).

La maggior parte dei motivi si ripete sul bordo del disco. Diverse iscrizioni in lingua e scrittura greche sono state scoperte nel sito, su pietra o vasi; queste ultime, di carattere economico, registrano depositi fatti nella tesoreria del palazzo di numerario o di prodotti preziosi come l'incenso e l'olio d'oliva. Il ritrovamento più spettacolare è quello di frammenti di un manoscritto filosofico che tratta della teoria delle Idee.

Il regno greco-battriano cadde sotto i colpi dei conquistatori nomadi diversamente identificati dalle fonti classiche e cinesi. Strabone menziona tribù di Asii, di Pasiani, di Tocari e di Sacarauci; nei testi cinesi si parla di nomadi Yuezhi provenienti dalle regioni del Xinjiang. Secondo alcuni studiosi questa diversità di nomi celerebbe di fatto le stesse tribù, ma l'opinione più verosimile è che la B. vide l'irrompere di due ondate successive di invasori, dapprima le tribù di origine scito-sarmatica, poi gli Yuezhi. Questi ultimi si stanziarono dapprima nella B. settentrionale, dove ebbero la loro prima capitale, conquistando in un secondo tempo la B. meridionale. Lo stato Yuezhi formava allora una confederazione di principati semi-autonomi che riconoscevano come sovrano il capo della casa dei Grandi Yuezhi. Secondo la Storia degli Han occidentali, questi principati, cinque di numero, si chiamavano Xiu Mi, Shuang Mi, Xi Dun, Gao Fu, Gui Shuang.

Sotto l'egemonia degli Yuezhi, che va dalla fine del II sec. a.C. all'inizio del I d.C., questi principati coniano diverse emissioni monetarie: imitazioni dei tetradrammi di Eliocle (due tipi), imitazioni degli oboli di Eucratide I, imitazioni delle dramme di Fraate IV, emissioni in nome di Sapadbize e di Heraos-Sanab. Nella B. occidentale la preponderanza nella circolazione monetaria di dramme partiche dipende probabilmente dalla situazione politica di questa regione, che si dovette trovare inglobata nell'impero partico.

Del periodo Yuezhi ci resta una testimonianza archeologica di primaria importanza, cioè la necropoli di Tillyā Tapa, scoperta e scavata da archeologi sovietici nel 1977- 1978 presso Šibargan nell'Afghanistan del Nord. Lo scavo di sei sepolture, di cui cinque di donne, ha portato alla luce c.a ventimila oggetti, per la maggior parte in oro. Le inumazioni erano in bare di legno, ricoperte di paramenti cuciti in oro e in argento. I cadaveri erano stati sotterrati con ricchi indumenti ricamati con fili d'oro sui quali erano state cucite centinaia di piccole brattee d'oro. Ogni tomba conteneva migliaia di oggetti diversi. Tra i più notevoli ricordiamo delle parures per la testa in oro rappresentanti una dea che tiene per le zampe due dragoni cornuti, una placca d'oro con lupi che attaccano un cavallo, una statuina in oro di una dea alata, ornamenti per cintura e fermagli in oro incrostati di turchese raffiguranti una dea assisa su un leone, un Dioniso con fattezze orientali seduto con Arianna su un grifone, lamine di collane in oro con la rappresentazione di Ares, fermagli in forma di «amorini» che cavalcano delfini, braccialetti e orecchini, gemme intagliate, vasi d'oro, daghe, monete (dramme di Mitridate II, di Fraate IV con contrassegni di Sapadbize, imitazioni di monete di Sanatruce, monete indiane di un tipo inedito, un aureo di Tiberio coniato dalla zecca di Lione tra il 16 e il 21 d.C.). Questo materiale lascia trasparire nel suo insieme una forte influenza del mondo greco a fianco di elementi scito-partici, indo-partici e anche propriamente battriani. Con ogni probabilità, questa necropoli, che è da riferire al mondo dei Saci e dei Parti, era quella di principi locali della linea di Sapadbize insediatisi nella B. occidentale.

Nella prima metà o verso la metà del I sec. d.C. in seguito all'egemonia conquistata dal principato Yuezhi dei kuṣāṇa (i Gui Shuang delle fonti cinesi) si forma l'impero kuṣāṇa.

L'impero kuṣāṇa era diviso in un certo numero di satrapie i cui governatori godevano probabilmente di una certa indipendenza. La politica religiosa dei kuṣāṇa era regolata da uno spirito di ampia tolleranza; a fianco del culto dinastico, del buddhismo e dello zoroastrismo, le religioni indiane e iraniche avevano il loro posto nell'impero, come anche i culti greci ed egizi. Si assiste allo sviluppo di differenti tipi di artigianato, del commercio interno e internazionale, con un sistema monetario fondato sull'oro e sul bronzo, dell'agricoltura (in particolare dell'agricoltura irrigua), con una vasta gamma di prodotti.

La B. di epoca kuṣāṇa è caratterizzata da un alto grado di urbanizzazione, con una grande diversificazione dei tipi di città e di altri stanziamenti. Nella sola B. settentrionale, sulla riva destra dell'Amu Daryā, sono stati identificati più di 200 siti kuṣāṇa. Tra le città, alcune sono di vasta estensione e occupano parecchie centinaia di ettari (Battra, Qal'a-ye Zal, l'antica Termez, Šahr-e Now, ecc.); altre sono di medie dimensioni, coprendo qualche decina di ettari (Dalverzin Tepe, Dilberjin, Emši Tepe, Zar Tepe); le più numerose sono però le piccole città che non occupano più di qualche ettaro. Si contano anche un gran numero di siti agricoli, nella proporzione di sette per una città, e ciò mostra l'importanza del popolamento rurale.

L'architettura urbana è segnata dalla diversità dei tipi di edifici (abitazioni private, edifici pubblici civili e religiosi) e dall'utilizzazione di diversi tipi di piante. Tra gli edifici religiosi richiama in particolare la nostra attenzione il santuario di Surkh Kotal nella provincia di Baghlan, nel Nord dell'Afghanistan. Sulla sommità di una collina si innalza l'edificio del culto principale, «il tempio di Kaniṣka il Vittorioso», circondato da una corte delimitata da una cinta fortificata e due templi minori costruiti posteriormente. Una scalinata monumentale lunga 90 m sale per 35 m fino al tempio principale. L'insieme del santuario era circondato da una cinta fortificata.

Anche il buddhismo è causa di un'intensa attività edilizia sotto forma di monasteri (alcuni dei quali rupestri) e di stūpa. Ricordiamo Kara Tepe e Fayaz Tepe nell'antica Termez, Airtam, Dilberjin, Dalverzin Tepe.

La produzione artistica conosce un'autentica fioritura in tutti i campi. Scavi su vasta scala condotti in alcuni siti della B. settentrionale (Airtam, Dalverzin Tepe, Kampïr Tepe, Kara Tepe, Fayaz Tepe, Khalčayan) e nella B. meridionale (Dilberjin, Surkh Kotal) permettono di farsene un'idea assai precisa. Resti di pitture murali sono stati trovati in alcuni templi, palazzi e altri edifici. I colori naturali sono stesi su un intonaco d'argilla, talvolta ricoperto con un sottofondo bianco. I soggetti sono diversi. Nel palazzo di Khalčayan, oltre a motivi puramente decorativi, si nota l'immagine parzialmente conservata di un personaggio maschile di tipo greco e quella di un giovane di tipo mongolo con un singolare taglio di capelli. Nel tempio Ν di Dalverzin Tepe erano rappresentati una dea, una sacerdotessa e un sacerdote che sollevano, sopra la testa, dei bambini, come per presentarli alla dea. Nel tempio S del medesimo sito, di una composizione si conservano un cavallo, un uomo stante accanto a esso, e donne che guardano da un balcone a due piani.

Gli edifici buddhistici erano del pari decorati con pitture. In un tempio rupestre di Kara Tepe sono stati rinvenuti una grande figura di Buddha assiso con aureola, una testa di muflone, e altri personaggi. Va segnalata anche una pittura notevole per il suo soggetto: presso un personaggio seduto è disteso un cadavere, e accanto si trova un cane che scarnifica un osso.

Nel monastero di Fayaz Tepe si conservano i resti di una composizione a più personaggi con la rappresentazione di una grande immagine del Buddha assiso verso cui avanzavano dai due lati personaggi maschili e femminili che venivano a rendergli omaggio; uno di loro è identificato da un'iscrizione in battriano come il dio battriano Pharro.

La scultura, illustrata dai ritrovamenti di Airtam, Dalverzin Tepe, Kara Tepe, Fayaz Tepe e di molti altri siti, è una delle manifestazioni più significative dell'arte monumentale battriana. Questa statuaria è generalmente in argilla cruda, più raramente in stucco, e dipinta. I temi sono diversi: soggetti dinastici consacrati alla celebrazione della famiglia regnante kuṣāṇa, rappresentazioni cultuali e mitologiche di divinità locali e della religione buddistica, rappresentazioni di carattere teatrale, cerimonie di culto.

Il palazzo di Khalčayan presenta un interesse particolare per la decorazione della sala principale e del portico che la precede. I protagonisti principali delle scene rappresentate in altorilievo erano i membri della famiglia regnante kuṣāṇa della stirpe di Heraos, le cui caratteristiche etniche li avvicinano al ritratto di Heraos-Sanab delle monete. L'insieme della decorazione glorificava gli Yuezhi, antenati dei kuṣāṇa e conquistatori della Battriana. A fianco di questi soggetti profani, l'ispirazione religiosa fu la causa di numerose rappresentazioni di divinità legate alla fede buddhistica o ad altre credenze. Nei due templi di Dalverzin Tepe sono stati rinvenuti resti di statue d'argilla, e in particolare una testa di dea. I santuari buddhistici di Airtam, Dalverzin Tepe, Fayaz Tepe, Kara Tepe, ecc. erano ricchi di rappresentazioni buddhistiche di ogni genere.

Il c.d. fregio di Airtam, uno dei rari esempi di scultura in pietra della B., gode di una celebrità meritata. La sua iconografia si ricollega al tema buddhistico del parinirvāṇa. Essa mostra una successione di busti rappresentanti dei musicanti celesti, i Gandharva, e altri geni femminili che tengono nelle mani fiori e vasi.

In un santuario fuori le mura di Dalverzin Tepe sono stati scoperti resti di una statua del Buddha di grandi dimensioni eseguita in stucco. Come negli altri santuari buddhistici della B., il Beato è rappresentato sotto l'aspetto tradizionale del Buddha predicante, a cui si affiancano vari personaggi, tra i quali si distingue una testa maschile con il capo coperto da un alto berretto a punta, verosimilmente un nobile kuṣāṇa. In un altro tempio di Dalverzin Tepe, situato all'interno della città, la decorazione plastica comprende, oltre a una grande statua del Buddha, Bodhisattva, geni, diverse divinità e personaggi laici.

La fioritura della civiltà urbana, dell'artigianato e del commercio favorirono, nella B. kuṣāṇa, la produzione di piccoli manufatti. La coroplastica conosce così un grande sviluppo. Sono state rinvenute centinaia di figurine di terracotta fatte a stampo e rappresentanti dei tipi diversi. I più frequenti sono dèe assise o stanti, diversamente vestite e acconciate. Le figurine più antiche conservano tracce d'influenza greca. Le rappresentazioni maschili - divinità del pantheon kuṣāṇa, re divinizzati, eroi - sono più rare. Segnaliamo una placchetta in terracotta proveniente da Kampïr Tepe che rappresenta un guerriero romano. Un gruppo a parte è costituito da terrecotte ispirate a motivi di carattere dionisiaco: satiri, cantori barbati danzanti, donne musicanti. Una categoria molto popolare era quella delle figurine di cavalieri, probabilmente legate al culto degli antenati presso le popolazioni nomadi. C'è anche un piccolo gruppo di figurine rappresentanti Buddha e Bodhisattva, donne ignude rispondenti al tipo della yakṣī indiana, placche in terracotta con giovani seminudi d'ambo i sessi.

La ceramica è caratterizzata da vasi d'una grande diversità di forme, a pareti sottili e dal profilo elegante, ricoperti da un ingobbio chiaro o rosso, a volte lisciati. Più rari sono i vasi di ceramica grigia con un ingobbio nero lisciato. È presente a volte una decorazione ottenuta con linee dritte o inclinate, di stampi rappresentanti palmette, rosette e l'impronta del piede del Buddha. Le anse raramente sono zoomorfe (felini, scimmie, ricci).

Tra gli oggetti in metallo prezioso, un posto a parte spetta a una serie di falere, di ciotole e di coppe in argento dorato, ritrovamenti casuali fatti tra il Volga e la Siberia occidentale, che si attribuivano un tempo a botteghe greco-battriane del III-II sec. a.C. Studi recenti, pur mantenendo la localizzazione delle botteghe in B., hanno mostrato che le datazioni devono essere abbassate fino all'epoca kuṣāṇa e post-kuṣāṇa. Il tratto comune a tutti questi oggetti è la presenza di una decorazione a motivi ellenizzanti, vegetali e figurativi. Tra i più notevoli segnaliamo due placche in argento rappresentanti l'una il busto di una dea alata, l'altra quello di una cacciatrice che regge un arco, una falera in bronzo dorato con un busto di Dioniso con il viso incorniciato da lunghi riccioli, e soprattutto coppe che illustrano scene tratte dal teatro greco, segnatamente dalle opere di Euripide.

Scoperto nel 1973 a Dalverzin Tepe, un tesoro di oggetti in oro comprende un pettorale al cui centro è una corniola incisa con una testa di Eracle, una collana formata da cinque cordoncini intrecciati di fili d'oro che si raccordano sul davanti con due elementi cilindrici incastonati con turchese e almandino, una fibbia sulla quale si avvolge in altorilievo un animale selvatico, collari di metallo, braccialetti, orecchini decorati con rosette o trecce, lingotti tondi o a forma di barre; alcuni di questi ultimi recano iscrizioni punzonate in scrittura kharoṣṭhī che danno il peso in stateri, dramme e dhane, unità ponderale indiana vicina all'obolo greco.

In B. si usò anche incidere osso e avorio. Accanto ai pezzi importati dall'India o dal Gandhāra, come taluni pettini con scene ispirate ai jātaka, si trovano infatti anche prodotti dell'artigianato locale. Da Takht-e Sangin provengono frammenti di un rivestimento di cofanetto rappresentante una scena di caccia con cavalieri lanciati al galoppo che si voltano per scoccare frecce sulla selvaggina. A Dalverzin Tepe sono stati rinvenuti due pezzi in avorio del gioco degli scacchi risalenti al II sec. d.C. rappresentanti un elefante e uno zebù. A Kampïr Tepe sono venuti alla luce oggetti notevoli, come p.es. un pettine d'avorio la cui decorazione, disegnata al tratto con un colore grigio, rappresenta su un lato un busto femminile e sull'altro un pavone, o ancora una statuina di un dio in abito kuṣāṇa, fatta di una lamina d'argento martellata a tutto tondo su un'anima di legno.

L'arte della B. kuṣāṇa è un'arte sincretistica dove si fondono tradizioni diverse. A fianco della componente locale iranico-battriana, l'influenza più importante, particolarmente all'inizio del periodo kuṣāṇa, fu quella dell'ellenismo, le cui tradizioni erano presenti nel paese sin dall'epoca dei sovrani greco-battriani. In seguito, con lo sviluppo del buddhismo, che godette del favore dei kuṣāṇa, si fece sempre più forte l'influenza della cultura indiana.

L'Alto Medioevo. - Il Tokhārestān o «paese dei Tokhāri» è menzionato per la prima volta nel 383 d.C. nella versione cinese di un testo buddhistico, il Vibhāsa-śāstra. Non possiamo tuttavia escludere che questo nome, che sostituisce quello di «Battriana», fosse usato già in antico. Secondo le fonti arabe e cinesi, il Tokhārestān dell'Alto Medioevo comprende i territori sulle due rive dell'Amu Daryā, e cioè l'attuale provincia del Surkhan Daryā nell'Uzbekistan, il Sud del Taǰikistan e l'Afghanistan settentrionale. A Ν il confine tra il paese di Duxolo (Tokhārestān) e il paese di Suli (Sogdiana) si trova sul passo delle Porte di Ferro nella catena dello Hissar. A S il Tokhārestān si estendeva fino all'Hindukush. Era dunque diviso dall'Amu Daryā in due parti che la letteratura storica e archeologica di oggi chiamano rispettivamente «Tokhārestān settentrionale» o «Tokhārestān della riva destra» (Sud dell'Uzbekistan e del Taǰikistan) e «Tokhārestān meridionale» o «Tokhārestān della riva sinistra» (Afghanistan del Nord);

Il Tokhārestān giocò un ruolo importante nella vita politica dell'Asia centrale. Dopo la scomparsa dell'impero kuṣāṇa nella prima metà del III sec. d.C., esso venne inglobato nell'impero kuṣāṇo-sasanide. Alla fine del IV sec. fu per un certo periodo sottomesso ai Kidariti e in seguito ai Chioniti. A partire dalla seconda metà del V sec. d.C. il Tokhārestān divenne il baricentro del potente stato formato dagli Eftaliti, che crollò negli anni 563-567 sotto i colpi dei Sasanidi e di tribù turche. Nel 589 i Turchi penetrarono per la prima volta nel Tokhārestān, e sotto il kagan Tun Yabgu (618-630), il Tokhārestān, il cui governo era stato confinato a Tardušad, fu definitivamente sottomesso dai Turchi. Verso la metà del VII sec. d.C. ci furono le prime invasioni arabe, e il Tokhārestān divenne parte del Califfato arabo nella seconda metà dell'VIII secolo.

Nell'Alto Medioevo il Tokhārestān era formato da una confederazione di principati semi-indipendenti, solo nominalmente sottomessi al potere supremo dei sovrani eftaliti e degli yabgu turchi. Questi piccoli stati erano governati da dinastie feudali ereditarie, i cui capi, che portavano il titolo di ραο/paio (šao/šaio), χδηο (khidew), βαγο (vagh), appartenevano probabilmente alle popolazioni locali iranico-orientali.

Secondo il pellegrino cinese Xuanzang, il Tokhārestān contava ventisette principati, i più importanti dei quali erano quelli di Balkh, del Čaganian, del Khutal, di Kumed e di Khulm.

Grazie ai lavori degli archeologi sovietici l'artigianato e le arti del Tokhārestān settentrionale sono conosciute assai meglio di quella del Tokhārestān meridionale. Sulla riva destra dell'Armi Daryā numerosi insediamenti agricoli e castelli come Balalïk Tepe, Jumalyak Tepe, Kulyal Tepe sono stati portati alla luce completamente, mentre altri scavi rivelavano importanti settori degli agglomerati urbani di Kāfir Qal'a e Qal'a-ye Kāfirnigan.

Gli insediamenti altomedievali rappresentano talvolta la continuazione di quelli kuṣāṇa, talaltra siti nuovi. I tipi principali hanno le seguenti caratteristiche:

siti quadrangolari o quadrati di qualche ettaro, comprendenti tre parti distinte: la cittadella, la città, e i sobborghi, difesi da fossati e da cinte fortificate munite di torri;

insediamenti quadrangolari o quadrati, circondati da una cinta muraria fortificata, con un torrione angolare circondato a volte da un fossato;

castelli indipendenti, di pianta quadrata o quadrangolare, talvolta a due piani, edificati su alte piattaforme di argilla; all'interno si trovano numerosi locali d'abitazione e di uso economico di pianta diversa, e vi è sempre una sala di rappresentanza ben isolata dagli altri vani;

piccoli insediamenti agricoli composti di alcuni gruppi di abitazioni separati da viuzze dritte e composti ciascuno di alcuni locali di pianta irregolare;

case edificate su alte piattaforme in argilla, con muri esterni molto spessi. L'interno è diviso da uno stretto corridoio in due parti distinte comprendenti locali con funzione e piante diverse. Risalgono a quest'epoca anche edifici di culto (monasteri e stūpa buddhistici) e mausolei (di tipo a «naus»).

Nell'architettura delle case, dei castelli e degli edifici religiosi è molto diffusa la pianta del tipo «sala con corridoio esterno». Più spesso si tratta di una sala quadrangolare o quadrata affiancata da un corridoio a «Γ». All'interno vi sono banconcini lungo i muri, e il posto d'onore che si distingue grazie a una sorta di podio. I muri sono costruiti alternando spessi strati di argilla mista a paglia e corsi di grandi mattoni crudi rettangolari (52 X 26 X 10 cm).

Nata dal substrato battriano antico che aveva incorporato le tradizioni dell'ellenismo, la cultura artistica del Tokhārestān nell'Alto Medioevo fu sottoposta a forti influenze indiane, e anche a influenze dell'Iran sasanide.

L'arte figurativa dell'epoca è magnificamente rappresentata da pitture murali, le più notevoli delle quali sono quelle di Balalïk Tepe e di Qal'a-ye Kāfirnigan, e da sculture in argilla cruda dipinta come quelle di Ajina Tepe (Taǰikistan del Sud) e di Kuev Kurgan (Uzbekistan del Sud). L'iconografia, i temi e le forme di queste opere sono essenzialmente di carattere religioso d'ispirazione buddhistica. Nella pittura come nella scultura si notano tratti che risalgono all'arte di Haḍḍa, e analogie e legami con la pittura e la scultura dei territori iranico-orientali quali li conosciamo dall'arte di Fondukistān e di Bāmiyān.

Nella pittura monumentale si esprime parallelamente un'ispirazione profana i cui migliori esempi sono le scene di banchetto di Balalïk Tepe, e che si ritrova anche nelle rappresentazioni di personaggi laici nella scultura di Ajina Tepe.

Una delle creazioni artistiche più originali e più riuscite dell'epoca è la scultura lignea di cui la piccola villa di Jumalyak Tepe (Uzbekistan del Sud) e il tempio buddistico di Qal'a-ye Kāfirnigan ci offrono dei notevoli esempi. A Jumalyak Tepe le travi, i correnti, le colonne, le porte erano ricoperte da una decorazione scolpita con temi geometrici e vegetali: cerchi con grandi rosette a quattro petali, fogliame aggettante, busti umani sotto archi i cui archivolti sono riempiti da rosette. A Qal'a-ye Kāfirnigan il motivo preferito è il viticcio d'uva con grappoli pendenti.

La toreutica fornisce ancora creazioni di alta qualità, mentre la produzione coroplastica manifesta, rispetto al periodo precedente, un netto impoverimento.

V. anche Afghanistan; ai khänum; dalverzin tepe; dilberjin; kara tepe; khalcayan; kuṣāṇa, arte; surkh kotal; takht-e sangin; tillyä tapa.

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