NATHAN, Arturo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

NATHAN, Arturo

Eleonora Chinappi

– Nacque a Trieste il 17 dicembre 1891, primogenito di Jacob, agiato commerciante, e di Alice Luzzatto, entrambi di famiglia ebraica.

Compì i suoi studi presso il liceo austro-ungarico di Trieste, dove rimase fino al 1911, quando il padre, cercando di indirizzarlo verso l’attività di famiglia, lo persuase a trasferirsi prima a Londra e poi a Genova. Qui, eludendo le aspettative paterne, iniziò invece a coltivare il suo interesse per gli studi iscrivendosi alla facoltà di filosofia. All’inizio della prima  guerra mondiale, avendo ereditato la cittadinanza inglese dal padre nato in India sotto il dominio britannico, fu richiamato a Portsmouth, dove prestò servizio militare fino alla fine del conflitto.

I primi contatti documentati con gli ambienti culturali dell’epoca risalgono al 1916, quando il suo nome figura tra i sottoscrittori della rivista fiorentina La Voce, insieme a quello di personalità come Eleonora Duse e i fratelli Giani e Carlo Stuparich. Nel 1919, tornato in Italia, iniziò a praticare l’attività pittorica, per la quale aveva mostrato sin da giovanissimo una precoce propensione, alimentata attraverso l’esercizio del disegno, come testimoniano alcuni passi dei suoi carteggi (Lucchese, 2009). Gli suggerì di dedicarsi definitivamente alla pittura lo psicanalista Edoardo Weiss, allievo di Sigmund Freud, al quale si era rivolto per curare una forma depressiva.

Sebbene esaminando il percorso artistico di Nathan sembrerebbero prevalere i segnali di una formazione propria dell'autodidatta, la sorella Daisy, all’interno di una testimonianza raccolta da Maurizio Fagiolo dell’Arco (1990), ha ricordato la frequentazione da parte del fratello, nell'immediato dopoguerra, della scuola di nudo afferente al Circolo artistico di Trieste, oltre ad alcuni brevi periodi di alunnato presso gli studi dei pittori triestini Alberto Slataper e Giovanni Zangrando. Dalla documentazione di carattere privato (ibid.) sono note le relazioni intercorse tra l’artista e l’élite intellettuale di Trieste, in modo particolare i legami con Boby Bazlen, le pittrici Leonor Fini e Linuccia Saba, oltre alla conoscenza di  Umberto Saba e di Italo Svevo. Frequentò anche gli artisti Giorgio Camerlich, Carlo Sbisà e Jacques Girmounsky, che nel 1935 gli dedicò una monografia in francese, cui fece seguito, nel 1936, un'altra, firmata da Umbro Apollonio. La partecipazione attiva alle iniziative culturali della sua terra d’origine è testimoniata poi dalla costante presenza alle mostre organizzate dal sindacato degli artisti di Trieste e Udine, dove il pittore espose dal 1924 al 1938, e dalla partecipazione a Padova, a partire dal 1926, all’Esposizioni d’arte delle Venezie.

L’attività artistica di Nathan ebbe inizio ufficialmente nel 1921, quando aprì il suo primo studio a Trieste. Tra le prime opere documentate, risalenti a questo anno, figurano Paese (Roma, coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 50) e Fiume tropicale (coll. priv.; ripr. ibid., p. 65), nelle quali è possibile cogliere il retaggio naïf della pittura di Henri Rousseau il Doganiere. I dipinti Vecchia lanterna (Trieste, coll. priv.; ripr. ibid., p. 66) del 1922 e l’Evocatore (coll. priv.; ripr. ibid., p. 68) del 1923 testimoniano invece un momento di intensa sperimentazione, volta alla ricerca di una propria autonomia stilistica.

Ai primi anni Venti sono databili anche un corpus di disegni costituito da numerosi ritratti, nei quali sotto l’aspetto tecnico e stilistico prevalgono i modelli appresi durante la frequentazione di Zangrando, e la prima produzione grafica, che riscosse poco successo da parte della critica, in quanto vi si ravvisò un’eccessiva e alle volte esasperata ricerca lineare  (De Tuoni, 1927).

L’esordio espositivo avvenne nel 1924 alla mostra del Circolo artistico di Trieste (catal., p. 42), dove presentò un Autoritratto (Roma, coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 74) realizzato nel corso dello stesso anno. Il dipinto documenta la conoscenza delle opere di Giorgio De Chirico, che incontrò poi a Roma nel 1925 e a Milano nel 1930, dando vita a un rapporto destinato a durare nel tempo e che lo influenzò profondamente. Tale legame e la vicinanza alla rivista Valori plastici, particolarmente apprezzata dall’artista triestino sia per lo spazio offerto alle tematiche filosofiche sia per l’apertura verso il mondo artistico tedesco, appare evidente nelle opere realizzate nel 1925, come Pomeriggio d’autunno (Roma, coll. priv.; ripr. ibid., p. 75), Scogliera incantata (Roma, coll. priv.; ripr. ibid., p. 77) e Nave naufragata (coll. priv.; ripr. in Sgarbi, 1992, pp. 20, 104).

Il contatto con gli ambienti della pittura metafisica indusse il critico americano James T. Soby (1941), autore di un importante studio dedicato a De Chirico, ad annoverare Nathan tra gli esponenti ufficiali di questa corrente artistica; Lucchese (2009), che oltre a ricostruire il profilo biografico e il catalogo delle opere di Nathan ne ha riletto con cura la fortuna critica,  ha tuttavia ridimensionato tale vicinanza, restituendo l’immagine di un artista attento ai movimenti e alle tendenze del periodo di cui, pur condividendo spesso temi e ricerche stilistiche, seppe fornire, in virtù della sua solida autonomia intellettuale, una lettura del tutto personale.

Nel 1927 presentò  alla Prima esposizione del sindacato delle belle arti del Circolo artistico di Trieste (catal., p. 30) un secondo autoritratto, realizzato nel 1924 e conosciuto con il titolo di Incantatore o Asceta (Roma, coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 72), dove risulta evidente l’interesse per la scultura dell'Estremo Oriente, frequentemente rappresentata nelle riviste dell’epoca. Nel 1926 partecipò per la prima volta alla XV Biennale di Venezia (catal., p. 70) dove espose l’Autoritratto con gli occhi chiusi (Roma, coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 78) nel quale il suo volto assurge a simbolo dell’uomo che cerca di isolarsi dalla modernità, raffigurata dalla città industriale posta sullo sfondo. Al 1926 risale anche l’esecuzione dell’Asceta (Roma, coll. priv.; ripr. ibid., 2009, p. 72), opera dalla forte carica introspettiva, che raccolse il consenso della critica. Nel corso dello stesso anno tentò invano, chiedendo anche il sostegno dell’amico De Chirico, di partecipare alla I Esposizione del Novecento italiano organizzata a Milano da Margherita Sarfatti.

Negli anni tra 1926 e 1929 risentì dei temi e delle atmosfere vicine alla tendenza postespressionista del cosiddetto realismo magico. Opera simbolo di questo periodo è l’Abbandonato (Milano, Institutio Santoriana - Fondazione Comel), con la quale partecipò all'Esposizione internazionale di Barcellona  del 1929, primo evento internazionale, cui fecero seguito le esposizioni organizzate dalla Biennale internazionale d'arte a Vienna nel 1933 e a Budapest nel 1936.

Risale al 1929 la prima e unica personale di Nathan tenuta a Milano, insieme agli amici Carlo Sbisà e Leonor Fini, presso la galleria d’arte Milano diretta da Vittorio Barbaroux. Carlo Carrà, chiamato a recensirla (Mostre milanesi. Fantasia e realtà, in L’Ambrosiano, 9 gennaio 1929), mise  in evidenza, in particolare, negli autoritratti di Nathan, il suo legame con l’universo artistico di Dürer. Nel 1931 partecipò alla I Quadriennale di Roma (catal., pp. 142-144) con Statua naufragata (Trieste, Civico Museo Revoltella) e Spiaggia abbandonata (Milano, Museo del Novecento).

Nelle opere dei primi anni Trenta, animate da reperti archeologici e personaggi della statuaria classica, sembra guardare soprattutto al mondo antico, come si può notare nel trittico, esposto alla XVIII Biennale di Venezia del 1932 (catal., p. 99), composto da l'Abbandonata (Milano, coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 135), l’Incendiario (San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage) e Statua solitaria (Gorizia, Musei provinciali). In questo stesso periodo un ruolo di particolare rilievo ebbero anche i paesaggi marini, di cui sono esempio Scoglio incantato (Trieste, Civico Museo Revoltella) e Faro (Trieste, coll. priv.; ripr. in Lucchese 2009, p. 137), opere quest’ultime vicine alle atmosfere del romanticismo tedesco (Apollonio, 1936)  ma che la letteratura critica più recente tende a considerare soprattutto come il riflesso spirituale di un intellettuale formatosi nella Trieste di inizio Novecento (Fagiolo dell’Arco, 1990).

La maturità artistica di Nathan si esprime attraverso le opere realizzate dopo il 1933, quali Navi lontane (Roma, proprietà Presidenza della Repubblica) e Paesaggio con viadotto e torri (coll. priv.; ripr. in Lucchese, 2009, p. 166) entrambe del 1935, e Locomotiva (Trieste, coll. priv.; ripr. ibid., p. 167) del 1936. Nel 1935 tornò a esporre alla II Quadriennale di Roma e l’anno seguente alla Biennale di Venezia.

Nel 1939 compose 11 sonetti, una breve parentesi poetica, accompagnata secondo Andrea Del Ben (in Lucchese, 2009, pp. 175-191) da un rallentamento della produzione figurativa, le cui cause andrebbero ricercate nell’aggravarsi dello scenario storico. Al 1940 risale l’ultimo dipinto, intitolato l’Attesa (Trieste, coll. priv.; ripr. ibid., p. 201), nel quale si raffigura di spalle rivolto verso un paesaggio al tramonto. Nello stesso anno, in quanto ebreo e cittadino inglese, fu arrestato e confinato nelle Marche, dove realizzò 12 disegni, oggi in collezioni private, da cui traspare una costante e ininterrotta sperimentazione grafica (ibid., pp. 209 s.).

Nel settembre 1943 fu internato nel campo di prigionia di Carpi; l’anno seguente fu deportato in Germania prima nel campo di concentramento di Bergen-Belsen poi in quello di Biberach an der Riss, dove morì il 25 novembre 1944.

Nel 1945 De Chirico pubblicò un commosso ricordo (A. N. pittore e poeta, in Domenica [Roma], 3 giugno 1945); nel 1948, nell'ambito della XXIV Biennale di Venezia, gli fu dedicata una retrospettiva commemorativa a cura di Apollonio. L'opera pittorica di Nathan è divenuta oggetto di rinnovato interesse interpretativo a partire dalla retrospettiva tenuta nel 1969 alla galleria La Nuova Pesa di Roma.

Fonti e Bibl.: D. De Tuoni, Alla mostra del giardino pubblico. Di alcuni pittori, in Il popolo di Trieste, 20 novembre 1927; J. Girmounsky, A. N. peintre, Paris 1935; U. Apollonio, A. N., Savona 1936; T. Soby, The early Chirico, New York 1941, p. 62; A. N. (1891-1944) (catal.), a cura di U. Apollonio, Venezia 1948; C. Sbisà, A. N., in Umana, 11-12 novembre 1954; Mostra retrospettiva di A. N. (catal., galleria La Nuova Pesa), Roma 1969; A. N. 1891-1944 (catal.), a cura di L. Giordani, Trieste 1976; A. N. 1891-1944 (catal., galleria dei Greci), a cura di M. Fagiolo dell’Arco, Roma 1990; A. N. Illusione e destino (catal.), a cura di V. Sgarbi, Milano 1992; La pittura in Italia, Il Novecento, 1, II, Milano 1992, pp. 994 s. e ad ind.; A. Rosada, Il ghiaccio del mare. Poesie per A. N., Trieste 2006; E. Lucchese, A. N., Trieste 2009; F. Matitti, A. N.: l’immaginario di un “pittore-sognatore”, in De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus: uno sguardo nell'invisibile (catal.), a cura di P. Baldacci, Firenze 2010, pp. 252 s.

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