ASASIF

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

ASASIF

F. Tiradritti

L'A. è una fascia desertica pianeggiante che si estende davanti al tempio di Ḥatshepsut a Deir el-Baḥrī (Tebe, Egitto). Sin dall'inizio del II millennio a.C. fu utilizzata come luogo di sepoltura dai funzionari dell'amministrazione tebana. La tomba di Antef (Tomba Tebana 386), cancelliere reale di Mentuḥotep II, testimonia l'inizio di questa pratica. Appartiene invece alla XVIII dinastia una serie di ipogei, tra i quali fa spicco quello di Kheruef (Tomba Tebana 192). I rilievi finemente eseguiti, dove ogni particolare è curato con estrema attenzione, tanto che ogni geroglifico è riprodotto nei minimi dettagli, sono tra le testimonianze più rappresentative del modo di sentire artistico dell'epoca di passaggio tra i regni di Amenophis III e IV.

Particolarmente notevoli sono i resti delle sovrastrutture appartenenti alle tombe che i funzionari dell'alto clero del dio Amon-Ra di Tebe decisero di far scavare in un periodo compreso tra la dinastia etiopica (XXV) e quella saitica (XXVI). Sebbene l'esistenza degli ipogei di Basa, Ibi, Montemḥat, Pabasa, Petamenophis, Sheshonq fosse già nota nel secolo scorso, come dimostrano le statue e i frammenti di rilievo da essi provenienti e attualmente conservati nelle collezioni di antichità egizie di tutto il mondo, il loro scavo estensivo è iniziato soltanto alla fine degli anni '60.

La prima tomba in ordine cronologico è quella del quarto profeta di Ammone, Montemḥat (Tomba Tebana 34). Il suo impianto architettonico servì come modello nella costruzione degli ipogei successivi. Caratteristica di questo tipo di tomba è l'esistenza di un edificio in mattoni crudi, concepito per il culto del defunto, che si estendeva parzialmente al di sopra della parte sotterranea del sepolcro. Di questa imponente struttura, nella tomba di Montemḥat si conserva attualmente un pilone. È interessante rilevare come nell'apertura del passaggio sia stata impiegata la tecnica della vòlta per scaricare il peso di una struttura su un materiale, quale il mattone crudo, che non era certo in grado di sorreggere un architrave in pietra. L'arco non doveva comunque essere a vista, ma camuffato, probabilmente dall'intonaco. La migliore conservazione della sovrastruttura nella tomba del maggiordomo Sheshonq (Tomba Tebana 27), vicinissima nello spazio come nel tempo a quella di Montemḥat, permette di dire qualcosa di più al riguardo. Il pilone di accesso immetteva in un cortile alberato al cui termine era un secondo pilone con un passaggio a vòlta che permetteva l'accesso a un piccolo vano. Un passaggio alla sinistra del secondo pilone immetteva invece in un secondo cortile che si trovava proprio sopra la parte sotterranea dell'ipogeo. Nella tomba di Sheshonq, le mura esterne della sovrastruttura sono decorate con aggetti e rientranze che ricordano le mastabe dei sovrani protodinastici. Il richiamo a forme architettoniche più antiche è intenzionale ed è connesso con una delle caratteristiche più appariscenti di tutta l'arte di questo periodo: l'allusione a modelli, tipici di determinati periodi della storia egiziana, considerati come classici.

Questo aspetto risulta evidente anche nella concezione della parte sotterranea delle tombe. Una scalinata a cielo aperto conduceva a un primo ambiente sotterraneo (vestibolo) da cui si passava a un cortile, scavato al di sotto del livello del terreno, ma anch'esso a cielo aperto.

L'ipogeo proseguiva poi con una o due sale ipostile sotterranee, al fondo delle quali si apriva un piccolo vano dove doveva trovarsi la statua del defunto. Questo tipo di sviluppo fa pensare a una realizzazione tridimensionale della tomba ideale, più volte teorizzata attraverso il dipinto sulle pareti degli ipogei tebani di epoca anteriore. Il modello ideale è attualizzato in ogni sepolcro dell'A. attraverso la ricerca di soluzioni sempre nuove nella disposizione e nel numero dei quattro elementi strutturali di base (scalinata, vestibolo, cortile e sala ipostila). Nella tomba di Montemḥat la scalinata d'accesso si trova in asse perpendicolare rispetto agli altri ambienti sotterranei; questa caratteristica, insieme alla presenza di elementi decorativi del cortile che richiamano la rigenerazione e alla posizione ortogonale della sala al fondo, fa pensare a una deliberata citazione dell'Osirèion di Abido, voluto da Seti I.

Nel sepolcro di Ibi (Tomba Tebana 36), tra il vestibolo e il cortile si interpone una sala ipostila che permette un doppio cambiamento nell'asse architettonico della tomba, di modo che scalinata e vestibolo si sviluppano parallelamente agli altri ambienti sotterranei. La perfetta razionalizzazione della pianta astratta a cui si riferiscono tutti questi sepolcri si ritrova invece nella tomba di Sheshonq, in cui attualmente lavora la Missione Archeologica Italiana in Egitto dell'Università di Roma, e in quella di Pabasa (Tomba Tebana 279). In quest'ultima l'asse è però leggermente diagonale, espediente architettonico già utilizzato da Ramesse II nella costruzione del suo tempio funerario (Ramesseo), che permette la rottura del susseguirsi simmetrico e centrale dei passaggi tra gli ambienti, creando così l'impressione di una struttura composta da moduli a sé stanti.

L'impostazione architettonica trova esatta corrispondenza nella decorazione interna dei sepolcri. Le pareti sono riempite da testi e figure per cui non è difficile rintracciare i modelli nell'antichità classica egiziana. I Testi delle Piramidi, il Libro dei Morti e altre sillogi funerarie religiose sono trascritte accanto ad autobiografie ideali del defunto e a liste di offerte che richiamano alla memoria quelle dell'Antico, Medio e Nuovo Regno. Ogni testo però non compare nella sua versione originale, ma in forme che prevedono l'estrapolazione delle parti ritenute più significative, l'abbreviazione ragionata, la rielaborazione dei concetti di base. Anche nei testi è perciò rintracciabile il sentimento artistico del periodo, caratterizzato da un deliberato e creativo riferimento al passato. La decorazione aderisce perfettamente a questo modo di pensare. I rilievi trattano temi che appaiono già nelle tombe di epoca anteriore: la macellazione rituale del bue, la presentazione dei sistri, le teorie degli offerenti, il defunto davanti al pasto funebre, l'offerta degli olii. Trattandosi di tombe della necropoli tebana, non era difficile per i decoratori trovare modelli da copiare o soltanto a cui ispirarsi. I confronti hanno permesso di stabilire che per alcuni rilievi si è preso lo spunto da quelli della tomba di Puiemra (XVIII dinastia), anch'essa scavata nell'A., in prossimità degli ipogei dei funzionari delle dinastie etiope e saita. Il gusto dotto della citazione portò anche a ricerche di modelli più distanti, come nel caso della decorazione della tomba di Ibi che si ispira direttamente a quella del sepolcro di un altro Ibi, vissuto durante l'Antico Regno e sepolto a Deir el-Gebrāwi in Medio Egitto. L'aspetto innovativo nella decorazione delle tombe è individuabile piuttosto nel trattamento della superficie delle pareti decorate a rilievo: caratteristici sono l'accuratezza nella resa dei particolari e l'ampio spazio vuoto tra le figure che fa sì che ognuna di esse risulti quasi un'entità a sé stante, dotata di una sua propria identità e unità figurativa.

Bibl.: J. V. Scheil, Le tombeau de Montu-m-hat et le tombeau d'Aba, in Monuments des Membres de la Mission Archéologique Française, V, Parigi 1894, pp. 613-656; A. Erman, Saitische Kopien aus Der el Bahri, in ZÄS, LII, 1915, pp. 90-95; G. Lefebvre, Le tombeau de Petosiris, I-II, Il Cairo 1924; W. von Bissing, Das Verhältnis des Ibi-Grabes in Theben zu dem Ibi-Grabe in Dêr el-Gebrâwi, in AfO, III, 1926, pp. 53-55; id., Das Grab des Petamenophis in Theben, in ZÄS, LXXIV, 1938, p. 2 ss.; J. Leclant, Montuemhat (BibllFAO, 35), Il Cairo 1961; D. Arnold, Grabung im Assassif 1963-1970. Band 1.: Das Grab des Ini-itj.f. Die Architektur (AV, IV), Magonza 1971; M. Bietak, Theben West (Luqsor). Vorbericht über die ersten vier Grabungkampagnen (1969-1971), Vienna 1972; Κ. P. Kuhlmann, W. Schenkel, Vorbericht über die Aufnahmearbeiten im Grab des Jbj (Theben n. 36), in MDIK, XXVIII, 1972, pp. 201-211; J. Assmann, Grabung im Assassif 1963-1970. Band 2.: Das Grab des Basa (Nr. 389) in der Thebanischen Nekropole (AV, VI), Magonza 1973; S. Donadoni e altri, Relazione preliminare sulla II campagna di scavo nella tomba di Sesonq all'Asasif (1971), in OA, XII, 1973, pp. 19-67; H. de Meulenaere, Travaux archéologiques dans l'Assassif (1970-1972), in BSFE, LXVI, 1973, pp. 5-14; E. Graefe, Die vermutliche unterägyptische Herkunft des Ibi, Obermajordomus der Nitokris, in StAltägKul, I, 1974, pp. 201-206; H. de Meulenaere, Fouilles de l'Assassif 1970-1975, in ChrEg, L, 1975, pp. 13-64; S. Donadoni e altri. Gli scavi dell'Università di Roma all'Asasif (1973-1974-1975), in OA, XV, 1976, pp. 209-255; J. Assmann, Grabung im Assassif 1963-1970. Band 6.: Das Grab des Mutirdis (AV, XIII), Magonza 1977; M. Bietak, E. Reiser-Haslawer, Das Grab des 'Anch-Hor, Obersthofmeister der Gottesgemahlin Nitokris, I, (UZKÖAI, IV), Vienna 1978; S. Donadoni, Storia Universale dell'Arte: l'Egitto, Torino 1981, pp. 262-269; M. Bietak, E. Reiser-Haslawer, Das Grab des 'Anch-Hor, Obersthofmeister der Gottesgemahlin Nitokris, 2 (UZKÖAI, V), Vienna 1982; Κ. P. Kuhlmann, W. Schenkel, Das Grab des Ibi, Obergutsverwalters der Gottesgemahlin des Amun. Band I.: Beschreibung der unterirdischen Kultund Bestattungsanlage (AV, XV), Magonza 1983; B. Jaros-Deckert, Grabung in Asasif 1963-1970. Band5.: Das Grab des Jnj-it.f.: Die Wandmalereien der XI. Dynastie (AV, XII), Magonza 1984; G. Burkard, Grabung im Assassif 1963-1970. Band 3.: Die Papyrusfunde, (AV, XXII), Magonza 1986.