ASCARIDIASI o Ascaridiosi

Enciclopedia Italiana (1929)

ASCARIDIASI o Ascaridiosi

Agostino Palmerini

Si chiama così l'infestione negli animali e nell'uomo degli ascaridi che sono fra i più comuni vermi parassiti dell'intestino.

Nelle uova deposte con le feci sul suolo si sviluppa l'embrione che resta rinchiuso e vitale per molto tempo; se in condizioni favorevoli, fino a cinque anni (Davaine). Queste uova che inquinano la terra, le acque, gli erbaggi, per ingestione giungono nell'organismo e sviluppano la forma adulta che vive nell'intestino, specialmente nel tenue. Per questo l'ascaridiasi è eccezionale nei bambini durante il periodo dell'allattamento al seno, mentre è comunissima nel resto dell'infanzia per la facilità con la quale i bambini giuocano con la terra e portano le mani sudice alla bocca.

Gli ascaridi non possono considerarsi dannosi in quanto sottraggono materiali nutritivi. La loro azione tossica è discussa e non può in ogni modo essere paragonata con quella di altri vermi, come l'anchilostoma e il botriocefalo. Infatti gli ascaridi spesso non rappresentano nell'autopsia dell'uomo che un reperto occasionale che non si collega al ricordo di nessun disturbo evidente in vita. Altre volte invece, specialmente nel bambino, in seguito alla loro presenza, si può avere pupilla dilatata, polso aritmico, stipsi o dianea, dolori addominali, convulsioni, prurito nasale, vomito, esantemi, movimenti coreiformi, sindromi meningee, ecc.; l'esame del sangue dimostra eosinofilia. Alessandrini e Paolucci, saggiando sulla cute o sulla congiuntiva l'azione urticante di una sostanza acida e volatile estratta dagli ascaridi, hanno ottenuto, nei varî individui, reazioni diverse. Vi sono dunque fattori individuali che inducono una variabilità notevole nei fenomeni riflessi che hanno il punto di partenza dalla mucosa intestinale.

Un'azione traumatica non può essere ammessa che per alcune specie parassite degli animali, quali l'Ascaris vitulorum, che con i margini dentati delle tre labbra chitinose può abradere la superficie della mucosa intestinale; o l'Ascaris conocephalus per il quale è descritto lo scavo a stampo della estremità cefalica sulla mucosa dello stomaco del delfino. Nell'uomo, invece, l'A. lumbricoides adulto, salvo casi eccezionali, non sembra possa produrre da sé solo perforazioni dell'intestino, benché possa oltrepassarlo, impegnandosi attraverso ulcerazioni di altra origine, come non è raro nel tifo. Non si può escludere però che le abrasioni anche lievi della mucosa delle vie digerenti, derivate dalla sua presenza, possano rappresentare un locus minoris resistentiae per l'ulteriore azione di altre cause morbose.

Più evidente è l'azione meccanica che questi vermi possono esercitare raccogliendosi o in ammassi di numerosi individui, o in gomitoli inestricabili, o risalendo attraverso lo stomaco e l'esofago nelle vie aeree, o incuneandosi nel canale coledoco o wirsungiano.

Nell'uomo la profilassi si riassume nelle norme generali d'igiene del corpo e degli alimenti, la cura consiste nella somministrazione degli antielmintici (v.), quali la santonina e l'olio di chenopodio.

Bibl.: A. Lustig, Malattie infettive dell'uomo e degli animali, Milano 1915; O. Cozzolino, Pediatria, Napoli 1921; E. Brumpt, Précis de parasitologie, Parigi 1927.

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