ASINO

Enciclopedia Italiana (1929)

ASINO (lat. scient. Equus asinus; fr. âne; sp. asno; ted. Esel; ingl. ass)

Alberto PINCHERLE
Oscar DE BEAUX
Francesco Tucci

L'asino è classificato nell'ordine dei Perissodattili, nella famiglia degli Equidi (v.), ascritto al genere Equus, e al sottogenere Asinus, del quale fanno anche parte gli Zebrati (sottogenere Hippotigris), cioè la Zebra (Equus zebra) e il Quagga (Equus quagga). Alcuni vi comprendono anche la Zebra di Burchell (Equus Burchelii).

Asino selvatico. - L'asino selvatico ha orecchi relativamente lunghi; zoccoli piuttosto stretti; castagne presenti di regola soltanto nell'avambraccio; coda ornata di lunghi crini solamente all'apice; criniera relativamente breve ed eretta; manca di frangia frontale. Il manto è di colore assai uniforme, con muso, parti inferiori del tronco e porzione distale degli arti biancastre. Gli asini sono abitatori di località steppose o desertiche e pietrose, dotati di udito, vista e olfatto acuti; estremamente sobrî, generosi, eleganti, briosi, sicurissimi e resistentissimi nella corsa più rapida sul terreno più infido. Dove non sono ancora rari, vivono in branchi da 5 a 20 e più esemplari, guidati da uno stallone, il quale sembra però in alcuni casi o località cedere il posto di guardia a una vecchia femmina. I giovani maschi maturi sono regolarmente scacciati dal branco. Dove sono ancora numerosi, migrano talvolta in massa. Sono diffusi nell'Africa costiera orientale settentrionale, nella Siria, Mesopotamia, Persia, Turkestān, Kashmir, Ladak, Tibet, Mongolia, Siberia meridionale. Gli asini selvatici africani sono per lo più grigi; appartengono tutti ad una sola specie, Equus asinus africanus Fitzinger (1861), dal quale è derivato l'asino domestico, suddivisibile in due sottospecie: una forma tipica, alta circa m. 1,15 alla spalla, con striscia scura longitudinale sul dorso, croce scura sulle spalle, senza striatura trasversale sugli arti, propria del Sennar e della Nubia meridionale, che è estremamente rara, se non già estinta; e una sottospecie più strettamente costiera, l'E. asinus taeniopus Heuglin, che abita le località aride, basse e sassose lungo il Mar Rosso e il Golfo di Aden, spingendosi verso l'interno nella Somalia inglese e l'Ogaden. Esso è più grande del precedente, misurando circa m. 1,25 di spalla, manca spesso della striscia longitudinale sul dorso, non ha di regola la croce sulle spalle, ma invece una distinta striatura nera sugli arti. Si trova anche in Dancalia.

Gli asini selvatici asiatici sono principalmente fulvi, hanno differenti abiti per la stagione buona e cattiva; mancano sempre della croce scura sulle spalle e della striatura trasversa sugli arti. Se ne distinguono tre specie: l'Onagro (Equus onager Pall.), di poco più di 1 metro d'altezza di spalla, in generale assai chiaro di colorito, che abita nella sua forma tipica la Persia settentrionale, e in altre tre sottospecie, la Siria, Mesopotamia, Arabia settentrionali, la Mongolia occidentale, l'India settentrionale, il Belücistān, l'Afghānistān. la Persia; l'Emione o Gigghetai o Kulan (E. hemionus Pall.), alto circa m.1,15, diffuso in località anche montagnose del Turkestān, della Mongolia, della Cina settentrionale-occidentale, della Siberia meridionale; il Kiang (E. kiang Moorcroft), alto circa m. 1,30, con testa pesante, più vivamente colorato, che abita le regioni montagnose del Tibet, Ladak, Kashmir, Yarkand.

Bibl.: Sclater, in Proc. Zool. Soc., Londra 1884, p. 540, tav. i; Matschie, in Sitzungsber. Ges. Naturforsch. in Berlin, 1893, pp. 206-208; Lyddekker, in Proc. Zool. Soc., Londra 1904, p. 431, tavv. xxvii-xxviii; in Novit. Zool. Tring., XI (1904), pp. 583-596, tavv. xvii-xx; e in Horse and its relatives, 1912, pp. 180-184 e 220; Hilzheimer, in Brehmn, Tierleben, XII, Lipsia 1915, pp. 654-657.

Asino domestico. - Mentre la filogenesi del cavallo deve ritenersi completa, quella dell'asino è incerta, perché i pochissimi resti fossili trovati nell'epoca terziaria (Pliocene dell'isola di Pianosa) e quaternaria (Algeria) non sono sufficienti a caratterizzarne gli antenati; perciò si deve ritenere, con il Cornevin, che l'asino cronologicamente sia più lontano dalle forme ancestrali polidattili, registrate per il cavallo, oppure che il suo sviluppo sia avvenuto da un ramo parallelo a quello del cavallo e in una propria area geografica.

L'asino è sensibilissimo al freddo, e, perciò la sua area di diffusione, mentre si estende sin presso l'equatore, non comprende le regioni fredde del nord d'Europa e dell'Asia. Si ritiene, secondo il Pietrement, che l'addomesticamento dell'asino abbia preceduto quello del cavallo e sia avvenuto nell'Africa orientale. In Europa l'asino sarebbe stato introdotto nell'epoca neolitica. Si sa soltanto che in Inghilterra è stato importato nel sec. IX o X, negli Stati Uniti ai primi dell''800, nel Giappone soltanto nel 1868.

I caratteri zootecnici dell'asino hanno molta analogia con quelli del cavallo. Le distinzioni possono riassumersi nel seguente modo: assenza delle castagne nel bipede posteriore, orecchie lunghe e ricche di peli nell'interno, criniera brevissima, coda sfornita di crini tranne nella parte terminale, regione lombare della colonna vertebrale costituita da cinque sole vertebre; frequenza nella regione dorso-lombare di una banda bruna incrociata da un'altra sulle spalle. La testa dell'asino è voluminosa; le orbite hanno una forma quadrata particolare; il cranio è più lungo che quello del cavallo, e la massa encefalica, relativamente al peso vivo del corpo, è più voluminosa. L'asino ai lati del prepuzio presenta due tubercoli ben rilevati, che si possono interpretare come omologhi ai capezzoli delle mammelle delle femmine. Il mantello dell'asino presenta poche variazioni di colore: può essere nero, grigio, baio, ecc., con ventre di biscia, oppure bianco; il muso, le occhiaie, il piatto delle cosce e le ascelle sono in generale bianco-grigiastre. Frequenti sono le zebrature agli stinchi, rare le balzane, la stella in fronte, la lista, i lisci e i mantelli pezzati. Lo zoccolo è alto, cilindrico e schiacciato ai lati, quadrato in punta e a talloni alti. Di frequente gli appiombi sono difettosi, ma non ne ostacolano la regolare andatura. La voce dell'asino (raglio) ha toni acutissimi e bassi, che si alternano in maniera discordante.

La formula dentaria è eguale a quella del cavallo ed è così rappresentata:

L'età dell'asino si riconosce dai denti. Il periodo, però, di rotondità della tavola dentaria s'inizia nell'asino prima che nel cavallo. L'età dell'asino, dopo i 7 o 8 anni, può essere diagnosticata soltanto con difficoltà.

L'altezza al garrese varia a seconda delle razze: da un minimo di m. 0,80 può elevarsi a m. 1,40 ed eccezionalmente, a m. 1,50, 1,55 e perfino a m. 1,60.

L'asino, se ben trattato, conserva il suo vigóre fino ad un'età avanzata, che si aggira intorno ai 25 anni o poco più. La durata della gravidanza è dai 370 ai 380 giorni. Già all'età di due anni questi animali sono capaci di generare; i maschi, però, sono atti alla riproduzione intorno ai 30 mesi circa.

Dal censimento generale del bestiame del 1918 si rileva che in Italia il numero degli asini, riassunto per compartimenti era il seguente:

In Tripolitania il numero complessivo degli asini, secondo il censimento generale del bestiame del 30 aprile 1928 è risultato di 46.695.

Quanto agli altri paesi d'Europa, il numero totale degli asini supera il milione nella Spagna; seguono la Francia, la Romania, ecc. In Germania esistono circa 6000 asini, nella Svizzera circa 2000, in Inghilterra un numero esiguo.

In Asia (Arabia, Persia, Siria) l'allevamento asinino ha grande importanza. Si tiene molto alla purezza della razza; l'animale è ben nutrito, ha taglia media da m. 1,25 a m. 1,30, e, da adulto, è capace di ottimi servizî.

Nell'Africa settentrionale, dal Marocco all'Egitto, gli asini sono piccoli (da m. 0,95 a m. 1,20), rustici e resistentissimi alle più dure fatiche. In Egitto alla razza comune se ne deve aggiungere una molto distinta, a mantello bianco, usata anche dai signori come cavalcatura, a preferenza dei cavalli.

Il Sanson ammette l'esistenza di due sole razze asinine nel vecchio continente: una dolicocefala (E. asinus africanus), l'altra brachicefala (E. asinus europaeus). Egli stesso, però, nell'ultimo suo viaggio in Algeria e Tunisia dovette convincersi che nell'Africa del nord si trova in prevalenza l'asino da lui classificato come europeo.

Il Dechambre basa la sua classificazione sull'alloidismo, l'anamorfosi e l'eterometria. In tal modo, però, alcune razze che hanno la stessa origine, come la catalana, quella del Poitou e l'altra di Martina Franca, figurano in raggruppamenti diversi, mentre anche presentemente hanno in comune molte caratteristiche.

I migliori asini si trovano a Martina Franca (prov. di Taranto), nell'isola di Pantelleria, in Guascogna, nella Catalogna (Vich), nelle Baleari e nel Poitou, e a queste regioni si ricorre per l'acquisto di riproduttori da destinarsi alla produzione mulattiera.

Gli asini del Poitou, della Catalogna e delle Baleari hanno taglia elevata: da un minimo di m. 1,35 si può arrivare a m. 1,50 ed eccezionalmente anche a m. 1,55 e m. 1,60. Hanno tutti il mantello scuro, mentre di colore grigio argentato sono la punta del naso, il ventre e la faccia interna delle cosce. Gli asini della Guascogna sono più piccoli, ma forti, robusti, con corpo breve, tarchiato, groppa da cavallo, stinchi molto grossi. Il mantello è generalmente grigio, con le sue numerose gradazioni.

In Italia, gli asini di Martina Franca ripetono in gran parte le caratteristiche dell'asino della Catalogna, dal quale certamente provengono. Sono animali veramente pregevoli, di forme corrette, taglia elevata, mantello morello, ben preparati dagli allevatori per la monta delle cavalle. L'asino di Pantelleria è più piccolo, ma vigoroso, di temperamento nervoso e di fama mondiale, come il precedente. La taglia difficilmente supera i m. 1,40, la testa è leggiera, piccola, asciutta; le orecchie sono relativamente corte, mobilissime e diritte; le estremità sono robustissime, gli zoccoli grandi, ben conformati e a cornea resistentissima, tanto da non richiedere ferratura alcuna. L'andatura ad ambio è la più comune; il passo è sicuro, e in ripide discese e nei terreni più accidentati questi asini camminano sempre rapidamente, senza mai fermarsi o inciampare. L'asino di Pantelleria deve ritenersi come il puro sangue di tutte le razze europee di asini. Esso è, come quello di Martina Franca, largamente usato per la produzione mulattiera in Sicilía e nell'Africa settentrionale. Da un paio di anni, tanto a Pantelleria quanto a Martina Franca, sono stati istituiti dal Ministero dell'economia nazionale speciali libri genealogici, con i quali s'intende conservare, migliorare e aumentare la produzione odierna, regolando l'esodo dei migliori animali e trattenendo nelle rispettive regioni i campioni più distinti.

A fianco degli asini descritti, vive in gran numero presso i contadini l'asino comune. Molti ritengono che questo animale sia poco intelligente, caparbio e spesso di indole perversa. Purtroppo questi difetti, se pure esistono, sono dovuti ai maltrattamenti, alle poche cure, all'abbandono da parte dell'uomo. Questi animali, infatti, sin dalla tenera età risentono gli effetti del continuo dispregio in cui sono tenuti.

Mentre l'asino si contenta degli alimenti più-grossolani, tiene molto alla bontà dell'acqua. Esige, infatti, acqua limpidissima e pura; meglio se leggermente salata.

Il latte d'asina si usa largamente nella cura di speciali malattie dell'uomo. Esso, per la sua composizione, si avvicina molto a quello della donna; è leggiero e facilmente digeribile. La carne dell'asino è buonissima e, come quella del cavallo, quando trattasi di animali giovani e ben nutriti, viene già largamente consumata e usata nella confezione di salumi.

L'asino è adoperato come animale da tiro e da sella, e in molti servizî si presta meglio del cavallo. Meriterebbe, per tante buone qualità, di essere più apprezzato e meglio curato. L'asino si accoppia fecondamente con la cavalla dando origine a un ibrido, che prende il nome di mulo (v.). Il cavallo con l'asina produce un altro ibrido che si chiama bardotto (v.).

Bibl.: G. De Marchi, Il mulo, Torino 1883; F. Tucci, in Giornale di zootecnia, 1891-1892; id., Zootecnia: provvedimenti a vantaggio della produzione equina negli anni 1892-1893, in Annali di agricoltura; G. J. Saint-Hilaire, Acclimation et domestication des animaux utiles, Parigi 1892; F. Tucci, Gli asini di Pantelleria, Palermo 1892; id., Il miglioramento della produzione mulattiera in Sicilia, Palermo 1893; Ch. Cornevin, Traité de zootechnie générale, Parigi 1895; A. Sanson, Traité de zootechnie, Parigi 1896; F. Tucci, Gli asini di Martina Franca, Palermo 1898; S. Baldassarre, Contributo allo studio di alcuni fatti relativi alla produzione delle cavalle, vacche, pecore, Napoli 1900; M. Baron, Méthode de reproduction en zootechnie, Parigi 1900; F. Tucci, Gli asini della Catalogna, Palermo 1904; E. Chiari, Trattato di ippologia, Torino 1905; P. Dechambre, Traité de zootechnie générale, Parigi 1895; A. E. Brehm, La vita degli animali, traduzione it. di F. Raffaele, I, 4ª ed., Torino 1926; F. Tucci, Il mulo, 2ª ed., Casal Monferrato 1922.

L'asino nella storia. - Noto ai Semiti, agli Egiziani e ai popoli indo-europei dell'Asia fin da remota antichità, l'asino sembra invece sia stato importato in Europa in epoca relativamente recente. Certo doveva essere un animale piuttono raro ancora nella Grecia antichissima, se Omero lo nomina una sola volta, nel famoso paragone con la resistenza di Aiace Telamonio (Il., XI, 558 segg.); come animale domestico, l'asino è invece menzoniato da Tirteo (fr. 6). Ma doveva servire, nell'epoca omerica, soprattutto come riproduttore, se gli antichi osservarono particolarmente la sua inclinazione πρὸς ἔργον ἀϕροδίσιον (Simon. Amorg., 7 (8], 49).

Questo carattere fu osservato anche in India, dove il brahmano venuto meno al voto di castità immolava un asino, per così riacquistare la perduta forza virile; e, per la sacralità attribuita dai primitivi all'atto della generazione, l'asino acquistò in qualche luogo anche il carattere di animale sacro. Probabilmente per questa ragione, e per la connessione che la mentalità primitiva non manca di stabilire tra la fecondità degli animali e quella della natura, troviamo demoni con testa asinina in monumenti micenei e soprattutto l'asino come attributo dei Sileni nel culto dionisiaco, ché anzi, secondo S. Reinach (Cultes, mythes, religions, IV, Parigi 1912), la leggenda di Marsia adombrerebbe il sacrificio di un asino sacro, e Mida, il quale era della razza dei Sileni, ha le orecchie d'asino (Philostr., Vita Apoll, VI, 27, 2). Tifone aveva pure testa asinina, e in sua vece gli abitanti di Copto lanciavano un asino in un precipizio (Plut., De Is. et Osir., 30).

Senza occuparci ora del posto, abbastanza rilevante, e rilevato nel suo classico Asino (1857) da F. D. Guerrazzi, che l'asino occupa nel folklore, nell'arte e nella letteratura di varî paesi europei, né delle feste asinarie tanto comuni nel Medioevo, possiamo notare come il ricordo di asini sacri o di divinità con attributi asinini possa aver influito a creare o diffondere l'accusa di venerare un asino (onolatria) lanciata nell'antichità contro ebrei e cristiani.

Calunnia di onolatria. - Tacito, seguendo una diceria largamente diffusa (cfr. Giuseppe Flavio, Contra Apionem, II, 4), racconta (Histor., V, 3 seg.) come gli Ebrei, smarriti e assetati nel deserto, essendo stati condotti ai pozzi da alcuni onagri, avrebbero poi adorato quell'animale. Tertulliano nel c. xvi dell'Apologetico cita quel passo, a proposito dell'identica accusa rivolta contro i Cristiani (se ne fa eco anche Minucio Felice - lasciamo impregiudicata la questione della precedenza - nel c. ix dell'Octavius), e prosegue raccontando come un bestiario (che nel racconto parallelo, più antico, dell'Adversus Nationes, I, 14 è detto transfuga dal giudaismo) avesse fatto circolare per le vie di Cartagine una caricatura, in cui era rappresentato un essere auribus asininis, altero pede ungulatus, librum gestans, et togatus con l'iscrizione: Deus Christianorum Oniocoëtes. (Questa la forma ritenuta generalmente più probabile, ὀνοκοίτης: che s'interpreta "generato dall'accoppiamento con un asino", "razza d'asino"; cfr. però G. Pasquali, in Studî ital. di filol. class., n. s., VII, p. 46). Apuleio parla a sua volta di una donna innamorata di un asino, in termini che denunciano l'ebrea o la cristiana, spregiatrice degli dei, e adoratrice di un solo Dio (Metam., IX, 14).

La più celebre documentazione dell'accusa è tuttavia, con ogni probabilità, il famoso graffito trovato nel 1857 dal Kircher nella Domus Gelotiana, dimora dei paggi imperiali, sul Palatino, e ora iiel Museo Nazionale di Roma. La croce ha la caratteristica forma di tau; il suppliziato, i cui piedi posano sul subsellium, rivestito d'una corta camicia e di fasces crurales, ha testa d'asino, rivolta a sinistra del riguardante, verso una figura maschile, il cui braccio destro è abbandonato, mentre il sinistro alzato sembra mandare il bacio, caratteristico dell'adoratio. L'iscrizione, greca, dice: ΑΛΕΞΑΜΕΝΟΣ ΣΕΒΕΤΕ (σέβεται) ΘΕΟΝ: "Alessameno adora Dio". L'iscrizione, che taluno voleva ritenere gnostica (culto di Seth-Tifone), è generalmente ritenuta un'allusione offensiva ad un cristiano, che avrebbe risposto con un secondo graffito, trovato nel 1870 nella stessa Domus Gelotiana, ai piedi del Marte effigiato "in quella delle due camerine che rimane a sinistra dell'esedra": 'Αλεξάμενος fidelis (termine caratteristico). Questa interpretazione ispirò al Pascoli un delizioso poemetto latino, Paedagogium.

Una gemma (Gorlaeus, Dactyliotheca, Leida 1672, II, p. 507; Maxwell Sommerville, Engraved Gems, Philadelphia 1889, p. 399, fig. 923), due terrecotte (Babelon, Guide illustré au Gabinet des médailles, Parigi 1900, p. 274; Wissowa, in Mittheilungen des kaiserl. deutsches archäol. Instituts, Römische Abteilung, V, 1890, p. 111, tav.1) e un graffito di Pompei (Corpus Inscript. Latinar., IV, tav. 16, n. 12: Mulus hic Muscellas docuit) illustrano ancora la diffusione della calunnia.

Bibl.: R. Paribeni, Le Terme di Diocleziano, 4ª ed., Roma 1922, p. 169; G. Leclercq, in Diction. d'archéol. chrét., I, ii, coll. 2041-2047.

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