ASMUNDO PATERNÒ, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ASMUNDO PATERNÒ, Giovanni Battista

Roberto Zapperi

Appartenente ad un'antica famiglia catanese, nacque intorno al 1720 a Palermo, dove il padre Giuseppe, altissimo funzionario del Regno, aveva preso stabile dimora.

Addottoratosi in legge, entrò, seguendo la tradizione famigliare, nelle magistrature dei Regno di SicWa, percorrendo una rapida e brillante carriera. Giudice della Regia Gran Corte nel 1760, uditore generale delle genti di guerra nel 1765, ancora giudice della Regia Gran Corte nel 1767-68, partecipò attivamente alle operazioni relative alla cacciata dei gesuiti dalla Sicilia (1767) e, fattosi notare per l'estremo scrupolo con cui eseguiva le disposizioni govemative, fu nominato nel 1768 amministratore della principale chiesa palermitana della disciolta Compagnia (la chiesa di Casa professa), da lui riaperta al Culto il 24 gennaio. Con dispaccio del 13 febbr. 1768 fu chiamato a far parte "con voto decisivo" della Giunta degli abusi, istituita per amministrare i beni dei gesuiti, e vi fu riconfermato, diversamente da altri componenti della Giunta entrata di lì a poco in crisi, il 6 luglio 1768. Il suo zelo antigesuitico provocò nel settembre del 1770 la cacciata di un ultimo gruppo, rimasto clandestinamente nel Regno. Nello stesso anno (il 30 luglio), scaduto ormai dalla carica di giudice, fu immesso in una speciale giunta incaricata dell'esazione di talune gabelle. Due anni dopo, con dispaccio del 24 genn. 1772, fu nominato avvocato fiscale del Real Patrimonio, e quindi, con dispaccio dei 12 dic. 1772, avvocato fiscale della Regia Gran Corte. Nell'amministrazione giudiziaria l'A. si segnalò, come già il padre, per l'estrema durezza e severità con le quali esercitava l'ufficio.

Nel corso della rivolta palermitana del 1773 l'A. restò fedele al viceré marchese Fogliani, del quale era considerato un protetto, tentando anche di convincere alcuni consoli delle maestranze a favorire l'azione di repressione antipopolare condotta dal governo.

La sua fama di fedelissimo del viceré e di "destro inquisitor di reati ed inesorabile punitore di empi" per poco non gli costò il saccheggio della sua abitazione, impedito solo da un deciso intervento delle maestranze. Quando, al culmine della rivolta, il viceré si vide costretto a lasciare la città, delegando i suoi poteri all'arcivescovo di Palermo, l'A. si adoperò attivamente, insieme ad un altro alto funzionario, il marchese F. Artale, per convincere il Fogliani a cedere all'arcivescovo solo il governo della capitale e non di tutta l'isola. La manovra, intesa a conservare al viceré il governo del Regno una volta sedati i tumulti palermitani, fu però sventata dal consultore D. Targiani, principale avversario dei Fogliani, che, richiamandosi alla tradizione e alle leggi del Regno, ottenne i pieni poteri per l'arcivescovo.

Liquidato il Fogliani e restaurato l'ordine nell'isola, l'A. fu chiamato come consultore legale ed assessore (con dispaccio del 30 sett. 1774) nella Giunta pretoria che doveva sindacare l'operato del Senato palermitano in relazione ai tumulti dell'anno precedente. In riconoscimento dei suoi meriti di funzionario, il 24 febbr. 1775 fu nominato maestro razionale onorario del Tribunale del Real Patrimonio e l'anno dopo, con dispaccio del 24 ag. 1776, reggente consultore della Giunta di Sicilia a Napoli. Ritornò a Palermo nel giugno del 1780, per prendere possesso della nuova alta carica di presidente del tribunale del Concistoro e del Supremo magistrato di commercio, alla quale era stato chiamato nel dicembre del 1779.

Durante il periodo di governo del viceré marchese Caracciolo, l'A., diversamente dalla gran parte dei funzionari siciliani, non sabotò l'audace politica riformatrice inaugurata in Sicilia dal Caracciolo, col quale anzi collaborò alla stesura dell'importante e tanto contrastato progetto di catasto. Tale atteggiamento gli valse nel 1787 la nomina a presidente della Regia Gran Corte, in sostituzione di Stefano Airoldi, dimesso dal nuovo vìceré principe di Caramanico per le sue tendenze sfacciatamente filobaronali.

Nel 1795, scoperta la congiura democratica di Francesco Paolo Di Blasi, l'A., sempre in prima linea per "severo... zelo ed attaccamento al real servizio", fu posto alla presidenza della speciale Giunta di stato istituita per giudicare il Di Blasi e sovrintendere al mantenimento dell'ordine nell'isola. Nel processo Di Blasi l'A. si comportò con la consueta durezza e, se accedette alla richiesta presentata dalla madre e dalla sorella dell'imputato di designare a difensori due dei più noti esponenti del foro palermitano, finì per condannare il Di Blasi alla pena capitale.

Morì a Palermo il 2 marzo 1805.

L'orazione funebre fu recitata da un oratore d'eccezione, lo storico Rosario Gregorio (Orazione funebre in lode del Presidente cavaliere G.B.A.P., in Biblioteca comunale di Palermo, Mss.Qq F 64, n. 24).

Tipica figura di funzionario nel senso moderno del termine, l'A. dimostrò nel corso della sua lunga carriera burocratica un attaccamento all'ufficio e un senso dello Stato assai rari nella storia amministrativa del Regno di Sicilia.

Fonti e Bibl.: F. M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Diario palermitano,in G. Di Marzo Biblioteca storica e letteraria di Sicilia,s. 1, XIII,Palermo 1874, p. 242; XIV, ibid. 1875, pp. 46, 71, 74, 78, 80 s.; XV, ibid. 1875, pp. 2, 122, 175, 279; 327; XVI, ibid. 187,5, pp. 60, 157, 235, 290; XVII, ibid. 1879, pp. 33, 84, 360; XIX, ibid. 1886, pp. 97, 162; G. E. di Blasi, Storia cronologica dei viceré, luogotenenti e presidenti del regno di Sicilia,Palermo 1880, pp. 1000, 1020, 1027; E. Pontieri, Lettere del marchese Caracciolo viceré di Sicilia al ministro Acton (1782-1786), in Arch. stor. per le prov. napol.,n. s., XV (1929), p. 296; XVI (1930), p. 373; N. Caeti, La cacciata del vicerd Fogliani,in Arch. stor. siciliano,n. s., XXXV (1910) ,p. 81; XXXVI(1911) ,p. 162; F. Guardione, Di un tentativo politico nel 1795 in Palermo e di Francesco Paolo Di Blasi,in La Sicilia nella rigenerazione politica d'Italia (1795-1860), Palermo 1912, pp. 55, 56, 80, 81; F. Paternò Castello di Carcaci, I Paternò di Sicilia,Catania 1936, pp. 161-165.

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