ASPETTI, Tiziano, detto Minio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ASPETTI, Tiziano, detto Minio

Carla Guglielmi Faldi

Nacque a Padova da Guido (m. 1518) lizzaro, cioè fabbricante di pettini per tele (mestiere tradizionale di famiglia) e fonditore e da Paola figlia di Giacomo de Ciario.

Incerta è la data di nascita, che si era solitiporre al1517 sulla base della notizia dello storico Bernardino Scardeone, il quale nel 1560 lamenta la morte del "Coelator eximius sculptorque et fusor celeberrimus" appena trentacinquenne, avvenuta nel 1552. La data andrebbe invece anteposta al 1511 o '12 sulla base di una dichiarazione di Guido che nel 1518 aveva già quattro figli, e Tiziano era il primogenito. Generalmente più noto sotto il nome di Tiziano Minio, la sua appartenenza alla famiglia Aspetti si deduce da un documento dell'Archivio Notarile di Padova (lib. 4. Abbrev. Notaio A. Gagliardia, c. 461)in cui è nominato "dominus Ticianus de Aspetis qm. m.ri Guidi Lizarii", e anche in documenti ulteriori torna sempre questo cognome. È difficile dire con certezza se il nome Tiziano, che ricorrerà di nuovo per il nipote Tiziano Aspetti scultore, alluda a una parentela col Vecellio: il pittore sarebbe stato suo zio matemo, ove si ritenga valida l'affermazione in questo senso di una lettera di Tiziano iunior, il cui accenno non trova però alcun suffragio in documenti o altre notizie coeve.

La vita dell'artista si svolse quasi tutta a Padova - eccetto i soggiorni a Venezia e uno, incerto, a Pesaro e a Urbino, dei quali parleremo - ove egli appare più volte citato anche per motivi extra-artistici, quali donazioni, controversie e liti famfflari, acquisti, permessi di costruzione a confine di sue proprietà, soggiorni in questa o quella casa o strada, ecc. (documenti dell'Archivio Civico di S. Giustina e Archivio notarile di Padova). Notizie e testimonianze di contemporanei lo rivelano "bizaro", gaudente e prodigo, ma avaro con la famiglia e con i collaboratori.

Del 28 genn. 1533 è l'atto di accordo con Giovanni Maria Falconetto per la decorazione in stucco della volta della cappella di S. Antonio nella basilica del Santo a Padova: qui l'A. lavorò, sotto la direzione dell'architetto veronese, in collaborazione con i figli di lui Ottaviano e Provolo, con Silvio Cosini e Danese Cattaneo, mostrando sensibilità e fantasia fresca e vivace: l'esecuzione materiale degli stucchi, tra i quali appaiono, in tredici di sedici lunette, Cristo e gli Apostoli a mezza figura, cominciò, com'è documentato, a partire dal 6 agosto dello stesso 1533. Due anni dopo, il 25 marzo, gli venne allogata (Archivio Notarile di Padova, lib. 9, notaro L. Tassara, c. 434) quella che praticamente è la sua prima opera autonoma., la pala in stucco per l'Oratorio di S. Rocco, ora al Museo Civico. Nelle statue (S. Rocco, S. Barbara, S. Lucia),nei rilievi dell'attico (Padre Eterno, Annunciazione),nella predella (S. Rocco e un angelo; un'aquila),nei putti-cariatidi, nelle sfingi e satiretti sopra i pilastrini la forma si gonfia e rifugge pittoricamente da ogni definizione di contorno nelle immagini animate di luce, abbozzate in una fattura alquanto grossolana, ancora immatura.

Dal 24 ag. 1536 Tiziano era a Venezia dove il 7 e il 21ottobre ricevette il compenso per un'incorniciatura a stucco attorno alla lunetta con la Vergine dietro il portale maggiore di S. Marco; nello stesso anno e durante quello seguente attese, assieme a Tommaso da Lugano, Luca Lancia napoletano e "Zuanne campanaro", all'esecuzione e fusione della serie di destra dei rilievi bronzei modellati dal Sansovino per le tribune ai lati dell'abside di S. Marco, con Storie del Santo: qui l'A., nell'interpretare il maestro, rammenta - fatto tipico per gli scultori padovani del Cinquecento - Donatello nell'uso dello stiacciato che egli traduce in modo rozzo, ma non privo di foga nei valori pittorici che macerano le forme nella luce. Cade a questo punto la collaborazione dell'A. alla decorazione della loggetta sansoviniana del campanile di S. Marco: l'esecuzione di tutte le sculture dei collaboratori del Tatti - Silvio Cosini., Danese Cattaneo, Girolamo Lombardo - dovrebbe esser compresa negli anni dal 1539 al '44, ma l'A. attese alle parti di sua spettanza solo dal '39 al principio del ' 41, e anche saltuariamente, ché già nell'aprile '39 egli era a Padova, dove tornò nel febbraio 1541, anno in cui scolpi, sull'angolo del Palazzo municipale verso piazza deUe Erbe, lo stemma del podestà Marc'Antonio Contarini, fiancheggiato da due grandi figure alate, assai delicate e lievi, non aliene da risentimenti parmigianineschì, e molto vicine alle Vittorie della loggetta di S. Marco.

È difficile suddividere con esattezza assoluta i rilievi della loggetta tra i vari artisti, cosi come è più o meno esteso, da parte dei vari studiosi, il gruppo di essi attribuito all'A.; si tende in genere a ritenere sue, per unità stilistica, due delle tre scene dell'attico, quella mediana con l'Allegoria di Venezia,in cui la città appare a mo' di Giustizia seduta su due leoni, con ai piedi, personificati il Po e l'Adige, e quella rappresentante l'Allegoria di Candia (Giove riceve lo scettro dall'aquila; l'Allegoria di Cipro nel terzo rilievo è di Danese Cattaneo), inoltre alcune figure di antiche divinità (Nettuno,ripetuto più di una volta, Saturno,ecc.) sulle facce anteriori dei plinti delle colonne, le sei belle Vittorie sui pennacchi delle tre arcate, un Marsia scorticato sopra una delle nicchie che contengono le statue del Sansovino. Da alcuni sono anche attribuiti all'A. puttini su trofei di armi sopra gli intercolumni, le maschere sulle chiavi degli archi, mentre solo in pochi testi ottocenteschi si parla di Elle che cade dal montone di Frisso e di Teti che soccorre Leandro che traversa l'Ellesponto.I rilievi attribuibili all'A. nella loggetta presentano evidentissime analogie con le parti da lui condotte nella tribuna di S. Marco: nella maniera vivacemente pittorica, nelle immagini un po, tozze, animate dalla luce, nei panneggi a tagli recisi, a pieghe fonde dense d'ombra; modi tutti che ritorneranno nei rilievi del fonte battesimale di S. Marco, opera assai celebrata, di qualche anno pìù tarda. Altra stretta analogia, come già detto, intercorre tra le belle raffinate Vittorie dei pennacchi e le figure ai lati dello stemma Contarini a Padova. Così come la figura di Venezia- Giustizia seduta sui leoni anticipa, e non iconograficamente soltanto, la Giustizia del Palazzo municipale di Padova, del 1552.

Nel 1542, a detta dello stesso Vasari che aveva progettato l'apparato e allestito le parti dipinte, l'A., mentre attendeva ai rilievi della loggetta, modellò in terracotta alcune divinità fluviali e figure di Termini per la rappresentazione della Talanta di P. Aretino a cura della Compagnia della Calza.

Il 18 apr. 1545, in un contratto con la Fabbriceria di S. Marco (Arch. di Stato di Venezia, Pr. di S. Marco - b- 77, proc. 180, f. 1, c. 13), l'A. si impegnò a scolpire entro un anno, insieme a Desiderio da Firenze, il coperchio bronzeo del fonte battesimale di S. Marco. Nel '46 l'opera, consistente in otto rilievi entro spazi trapezoidali, con quattro Storie del Battista e i quattro Evangelisti,era infatti compiuta. L'importanza della commissione rivela che l'A. doveva esser tenuto in gran considerazione dal Senato della Repubblica; l'opera ottenne il consenso e la lode dei contemporanei (Scardeone, Vasari) e fu esaltata anche in seguito, pur con qualche restrizione relativa a una certa sperequazione tra la raffinata elaborazione del modello e la fusione gettata un po, alla brava. Comunque l'opera rivela, specie nelle Storie del Battista - indubbiamente le migliori - un notevole- empito, spesso anche drammatico, nelle figure sciolte e corsive, nervose, dissolte e talora squassate dalla luce, deformazione pittorica delle forme sansoviniane, con quelle assonanze parmigianifiesche che erano già presenti nelle Vittorie dello stemma Contarini.

Il 24 sett. 1547, con l'approvazione di Michele Sanmicheli e la mallevadoria del pittore Gualtieri dall'Arzere, ebbe luogo l'allogagione all'A. e a Danese Cattaneo, da parte dei Presidi dell'Arca di S. Antonio, di un cancello bronzeo per le arcate di accesso alla cappella del Santo, opera rimasta incompiuta per la morte dell'artista, con conseguente dispersione o rifusione dei bronzi. Sembrerebbe di questo stesso anno, a quanto si apprende da una lettera dell' Aretino diretta allo scultore, un viaggio di Tiziano a Pesaro e a Urbino per allestire ìntagli e apparati per le nozze di Guidobaldo con Vittoria Famese, celebrate con gran pompa e magnificenza: ma la notizia non ha trovato altra conferma.

Ultima opera, datata MDLII, è la Giustizia su due leoni, in marmo, posta entro una nicchia quadrata sul pennacchio tra due archi di una facciata del Palazzo Municipale di Padova, scultura notevole per composta, concisa solennità, che presuppone come ascendente iconografico la Madonna di Donatello per l'altare del Santo e, stilisticamente, l'Allegoria di Venezia della loggetta veneziana. La morte colse l'artista in quest'anno, e l'opera restò quindi non "rifinita negli artigli dei leoni.

Numerose le opere attribuite all'A., specie da parte del Planiscig: al Museo Nazionale di Firenze una piccola base triangolare di lucerna o alare (dalla coll. Carrand) con vecchi accoccolati agli spigoli e mascheroni sui lati; opere assai vicine ai rilievi della loggetta di S. Marco sono: una statuina di vecchio nudo dalla lunga barba fluente del Kunsthistorisches Museum di Vienna, un Ercole dei depositi della Collezione Estense pure a Vienna, un Nettuno redatto in vari esemplari (Londra, Victoria and Albert Mus. e coll. Beit; Brunswick, Museo; Vienna, Kunsthistorisches Museum); ancora si potrebbe ritrovare l'artista, per legami con la sua attività alla tribuna di S. Marco, nelle statuine, probabilmente giovanili, dei SS. Pietro e Paolo nella Collez. Estense di Vienna, nonché in una Leda e satiro del Museo Nazionale di Monaco, in cui il famoso cartone michelangiolesco è tradotto in maniera larga e fluida, tipicamente veneta, così come la stessa traduzione pittorica, stavolta da Sansovino, appare nel Mosè della collez. Pierpont Morgan di New York; la "memoria-busto" di Livio, nel Palazzo della Ragione di Padova, attorniata dalle figurette di Minerva, Eternità, Lupa romana, Tevere e Brenta,va datata al 1547. Altre attribuzioni all'A. sono quelle di una Venere dormente nel Victoria and Albert Mus. (A. Venturi) per analogia con i rilievi della loggetta; della base di un tavolo con stemmi e vecchi desinenti in forma marina nel palazzo Garzoni a Ponte Casale (Callegari), vera e propria traduzione in legno della piccola base del Bargello; infine quella recentissima (Cessi, 1961) di un bronzetto con un bel Satiro di proprietà privata padovana, ove tornano ancora una volta ricordi sansoviniani in una morbida trascrizione pittorica. Controversa infine e la paternità dell'A. per il cortile della università di Padova, che sarebbe così l'unica sua opera di architettura: l'attribuzione, cui alludeva già il Pietrucci (1858) che citava anche la sigla T.M. incisa sopra un'arcata, negata successivamente (Rigoni, 1939: le lettere T.M. sarebbero le iniziali di Tommaso Morosini podestà), è stata ripresa di recente (Arslan, 1950) e sostenuta sulla base delle forti reminiscenze e desunzioni dalla Libreria Sansoviniana e della somiglianza dei rilievi dei plinti con quelli della pala di S. Roc-co, e infine di nuovo confutata (1953) dalla Rigoni che non ritiene probabile, tra l'altro, l'auogagione di un'opera così importante a un artista ancora giovane e agli esordi.

Personalità notevole, nell'ambiente veneto, questa di Tiziano Aspetti Minio: i suoi modi si inseriscono in maniera tipica nel donatellismo - tramandato anche da Bartolomeo Bellano da Padova - della scultura padovana del Cinquecento (è significativo l'equivoco per cui taluni attribuirono erroneamente a lui nientemeno che il S. Ludovico e il S. Prosdocimo di Donatello per l'altare del Santo); a Venezia poi lo scultore insiste in un intenso, largo, vibrante pittoricismo, che è traduzione locale ma autonoma della grande lezione toscana di Iacopo Sansovino.

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