INFERMI, Assistenza agli

Enciclopedia Italiana (1933)

INFERMI, Assistenza agli

Itta FRASCARA

Dell'assistenza ai viandanti e della connessa assistenza ai malati, legata questa più o meno alla magia e al sacerdozio, si hanno indizî fin dai tempi remoti in Egitto, in Mesopotamia, in India. A Gerusalemme si ricorda un ospizio per viandanti poveri mantenuto a spese dei Giudei della diaspora. In Grecia, dopo Ippocrate e Democrito, nei templi di Esculapio venivano curati malati. Presso i Romani il medico di casa era ordinariamente uno schiavo o un liberto. Nel 219 a. C. il medico Arcagato del Peloponneso aprì a Roma in una taberna una specie di clinica chirurgica; altri suoi connazionali ne seguirono l'esempio. S'ebbero poi medici con stipendio fisso alla corte, nell'esercito, nelle comunità urbane; in seguito anche medici specialisti e persino qualche medichessa per la cura delle donne. Il cristianesimo elevò spiritualmente l'assistenza agl'infermi, considerata una delle sette opere di misericordia corporale. Giustino (prima metà del sec. II) ci dice che la domenica si faceva la questua per i malati, τοῖς διὰ νόσον, e per i viandanti ospitati dalla comunità (Apol. I, LXVII). Le Costituzioni apostoliche (sec. IV) fanno dovere ai diaconi di visitare coloro che ne hanno bisogno, e di renderne conto al vescovo. Con la pace costantiniana si pensa a organizzare in forma pubblica tale assistenza. Il concilio di Nicea (325) prescrive presso i monasteri, che venivano sorgendo, l'istituzione di ospizî per viandanti poveri, alla quale di fatto si aggiunge anche la fondazione di vere infirmariae. Vescovi, come S. Basilio il grande, aprono ricoveri speciali per pellegrini, per indigenti, per infermi. In pari tempo si hanno ad Alessandria i primi infermieri (parabolani), e a Roma le prime donne che si dedicano all'assistenza dei malati poveri, mettendo così in pratica lo spirito evangelico; l'imperatrice Placidia, moglie di Teodosio, vera madre dei poveri, fondò per loro un ospedale; Fabiola, della nobile famiglia dei Flavî, si dedicò tutta all'assistenza dei miseri e, seguendo il loro esempio, S. Pammachio, monaco dell'Egitto grecizzato, aprì un ospizio in Ostia. Alla fine del sec. VI, S. Basilio, vescovo di Cesarea, creò un ospizio dove prestarono servizio le diaconesse; e S. Benedetto iniziò le infermerie presso i monasteri da lui fondati a Montecassino (509), Subiaco e Salerno; da quest'ultimo ebbe origine la famosa scuola di medicina salernitana. Giustiniano nel suo codice ci ha lasciato informazioni precise sulle istituzioni d'assistenza che esistevano nell'Impero romano alla fine del sec. VI. Nel 567 il concilio di Tours pose il principio dell'assistenza regionale e delle case di soccorso. Nel 751 Ina, re dei Sassoni, fondò a Roma un ospizio per i suoi connazionali di passaggio. Nell'898 Siena ebbe un ospedale, fondato da Sorone ciabattino, e nella seconda metà del sec. IX, il primo ordine cavalleresco ospedaliero di Nostra Signora della Scala che aprì poi un ospedale proprio. Con le crociate sorsero gli ordini cavallereschi ospedalieri, che avevano come primo scopo l'assistenza ai feriti in guerra, ed estesero poi la loro opera benefica in tutti i campi dell'assistenza, fondando ospizî e ospedali. Ricordiamo così in Terra Santa i Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, istituiti nel 1099 a Gerusalemme da pescatori amalfitani, conosciuti oggi sotto il nome di Cavalieri di Malta, i Cavalieri di S. Cosma, di S. Caterina del Sinai, del S. Sepolcro; in Italia l'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; in Francia i Cavalieri di S. Antonio di Viennois, dello Spirito Santo; in Inghilterra i Canonici ospedalieri di S. Giovanni Battista; in Spagna gl'Infermieri minimi, gli Ospedalieri di Burgos, i Cavalieri di Calatrava in Castiglia, di Alcántara a León; in Portogallo i Cavalieri dell'ordine di Cristo, e in Germania i Cavalieri dell'ordine teutonico. Quasi tutti questi ordini, però, o si sono estinti, o, perdendo del tutto il carattere della loro fondazione, sono divenuti esclusivamente ordini cavallereschi. Fra quelli che hanno ancora carattere di soccorso ricordiamo l'ordine dei Cavalieri di Malta per l'assistenza ai feriti in guerra, l'ordine dei monaci dell'Ospizio del Gran S. Bernardo, fondato nel 962 da S. Bernardo da Mentone; la compagnia dei Fatebenefratelli fondata nel 1540 dal portoghese S. Giovanni, detto S. Giovanni di Dio, a Granata; i Laici regolari istituiti da S. Camillo de Lellis a Roma nel 1586. Si può affermare che dagli ordini cavallereschi ospedalieri derivò l'assistenza organizzata nei primi grandi ospedali. L'ordine di Malta edificò ospedali a Gerusalemme, Asti e Taranto; per opera di altri ordini sorsero ospedali a Lucca e a Bologna e, per munificenza di papi e signori, gli ospedali di S. Celso, a Genova (1185); della Consolazione e di S. Giacomo, a Roma; di S. Eligio, a Napoli (1270); di S. Maria Nuova, a Firenze (1288); per non ricordare che quelli del Medioevo e delle città principali. In tutti questi ospedali prestarono servizio i monaci ospedalieri e i cavalieri degli ordini sucitati. In Francia a Parigi e Lione s'ebbero due grandi ospedali pubblici (Hôtel-Dieu), sicuramente al principio del sec. XII, se non già nel X; e, presso l'ospedale, la prima grande comunità monastica ospedaliera retta da severe regole disciplinari; i malati erano assistiti da monaci, le suore, con altissimo spirito di carità, dovevano quasi sempre eseguire tutti i bassi servizî. Queste prime infermiere d'ospedale hanno scritto pagine luminose dei primi e primitivi periodi assistenziali, nei quali, in assenza d'una tecnica razionale, il malato era curato per amore di Dio. Con gli stessi regolamenti dell'Hôtel-Dieu nel 1150 Guido da Montpellier aveva fondato in Francia un ordine di frati e monache dello Spirito Santo; a questi religiosi Innocenzo III affidò i malati dell'ospedale di S. Spirito a Roma, nei locali dell'ospizio fondato da Ina re dei Sassoni. Meritano inoltre ricordo gli ospedali di St Thomas e St Bartholomaeus a Londra del principio del sec. XII, nei quali, prima della Riforma, servirono ordini religiosi femminili.

Una nuova luce d'amore e di carità portarono alle opere d'assistenza le magnifiche figure dei santi, che nel mondo desolato e straziato dalle passioni e dalle lotte predicarono l'amore per gli umili, la carità e l'umiltà di cuore. S. Francesco d'Assisi pose a capo della sua regola l'assistenza agl'infermi tutti, ai lebbrosi in special modo; S. Caterina da Siena nella terribile peste che infierì a Siena nel 1374 si prodigò nell'assistenza, non conoscendo riposo né stanchezza, e istituì le prime regolari suore infermiere ancora oggi esistenti: il terzo ordine domenicano. Santa Elisabetta, regina d'Ungheria, benché morta ventiquattrenne, è passata alla storia per la sua mirabile pietà verso i malati, specialmente i lebbrosi. In Francia e nel Belgio, verso lo stesso tempo (sec. XIV) nacquero le Beghine (diaconesse dei primi tempi cristiani), donne viventi quasi in comunità, ma non vincolate da voti, ma che s'obbligavano all'assistenza gratuita al malato. Ma vero spirito innovatore, nelle opere d'assistenza, fu S. Vincenzo de' Paoli che fondò con regole modernissime l'ordine delle Figlie della carità che si diffuse rapidamente in tutto il mondo cattolico, e ne derivò l'Opera di S. Vincenzo, per uomini e donne, non vincolati da voti, che possono coadiuvare le suore nella loro missione.

Dal 1690 al 1800 abbiamo quasi un periodo di stasi nella storia dell'assistenza, poi nei paesi protestanti, dove per la mancanza di ordini religiosi, gl'infermi degli ospedali erano abbandonati a mani mercenarie, si tennero nelle corsie letture di tecnica professionale per le infermiere. Nel 1833 il pastore T. Fliedner nella città di Kaiserwerth (Germania) volle far rivivere l'antica istituzione delle diaconesse fondando la prima scuola tecnica per infermiere; e diaconesse si chiamarono in Germania le donne, che rispondendo al suo appello, si dedicarono all'assistenza dei malati; in breve tempo se ne ebbero circa diecimila. Nel 1838 la Società degli amici, a Filadelfia, fondò una scuola per infermiere sul tipo di quella di Kaiserwerth; una delle allieve, miss Fry, aprì una piccola scuola in Inghilterra che prese nome d'Institution of Nursing Sisters. Ricevevano la cultura tecnica al St Thomas e si richiedeva loro un certo grado d'educazione religiosa. Nel 1848, pure a Londra, fu fondato il primo ordine monastico anglicano per l'assistenza gratuita agl'infermi che prese il nome di Comunità della casa di S. Giovanni.

Ma gli ordini religiosi non bastavano più al numero dei malati, bisognava rinnovare l'organizzazione degli ospedali. Florence Nightingale in lunghi anni di studio e di pratica ospedaliera, compiuta in parte anche a Kaiserwerth, aveva acquistato un'altissima comprensione tecnica e morale del complesso problema dell'assistenza ai malati; dettò regole che sono ancora oggi la base fondamentale d'ogni istituzione ospedaliera. Sorsero le scuole-convitto dove, in tre anni d'internato, si pratica lo studio disciplinatamente severo e un continuo esercizio d'elevazione spirituale. L'America, la Germania, i paesi scandinavi, e ultimamente il Giappone, l'Australia, il Siam e l'India adottarono il suo sistema che ci dà, rinnovata e tecnicamente educata, la suora ospedaliera del Medioevo. In Italia nel 1883 a Napoli fu fondata la prima scuola-convitto per infermiere (Croce Azzurra). Nel 1908 fu aperta a Roma la Scuola di S. Gregorio al Celio; nel 1909, al Policlinico di Roma, la Scuola Regina Elena con direzione inglese; nel 1910 la Vettor de Marchi a Milano e altre minori. Dopo la guerra la Croce rossa italiana, facendo propria l'esperienza degli altri, fondò a Roma la prima Scuola-convitto e Milano, Bari, Napoli, Bologna hanno ora la loro scuola su tale tipo. Nel 1925 un decreto-legge dettava le norme per la regolarizzazione della carriera delle infermiere in Italia e stabiliva dovere nel termine di dieci anni prestare servizio negli ospedali esclusivamente personale tecnicamente educato con diploma di scuola-convitto, sia laico sia religioso, come già in America dal 1915, in Inghilterra, Austria e Germania dal 1920, in Francia dal 1923 e nel Belgio dal 1924.

Qualità d'una buona infermiera. - Robustezza fisica e morale, cognizione precisa delle nozioni teoriche e pratiche indispensabili per assistere bene un malato, diligenza e obbedienza assoluta nell'adempimento delle prescrizioni mediche, nell'osservare i turni di servizio, esattezza nel prendere nota di tutto quello che deve essere registrato, massima cura del materiale sanitario. Attenzione e accuratezza nel seguire il comportamento del malato e il decorso della malattia. Conservare, se ne sia il caso, i materiali da analizzare. Salvo casi speciali, non interrompere il sonno del malato per somministrare medicine; circondare il malato di quiete e di silenzio. Fermezza, dolcezza e pazienza devono essere le doti spirituali di chi si dedica all'assistenza degl'infermi, per restare calmi e sereni di fronte al dolore, per imporsi con bontà anche ai malati indocili o ingrati, conquistandone la fiducia e la confidenza; comprenderne, quasi intuirne i desiderî. Non ostentare cognizioni tecniche, non formulare giudizî diagnostici o prognostici, non considerarsi la supplente del medico ma l'aiuto che attua, momento per momento, tutto quello che è stato prescritto, in silenzio, con ordine, con precisione e con quello stesso senso di profonda e cosciente bontà che vorremmo da chi per caso dovesse assistere in nostra assenza la persona che ci è più cara. L'infermiera deve essere il modello della pulizia e dell'ordine; siano i suoi vestiti impeccabilmente lindi, comodi di forma; le scarpe bianche con suole di gomma; i capelli coperti da velo o da cuffia, le mani nitide, le unghie corte e pulite. Il luogo dove si trova il malato dev'essere convenientemente illuminato e aerato; ogni cosa a suo posto, tutti i rifiuti allontanati. In nessuna malattia, anche nelle più gravi, bisogna tralasciare la giornaliera pulizia del corpo del malato; al mattino quello del volto e delle mani con acqua tiepida e sapone. La bocca al mattino e dopo i pasti dev'essere detersa con un batuffolo di cotone imbevuto in soluzione borica o in alcool puro diluito in ragione d'un terzo in due terzi d'acqua o ancora con acqua ossigenata nell'identica proporzione. Per evitare le piaghe da decubito si devono eseguire metodicamente frizioni di alcool canforato sul dorso e sulle regioni sacro-iliache. Nelle ore fissate bisogna dare gli alimenti prescritti.

Assistenza civile; assistenza pubblica. - In molte città d'Italia esistono società private di pubblica assistenza per il pronto soccorso, e il trasporto dei feriti, e malati civili di qualsiasi condizione sociale. Tra le molte ricorderemo la Croce bianca, la Croce verde, la Croce d'oro, e la Misericordia a Firenze: società che hanno una tradizione di lavoro, e fanno opera altamente meritoria, ma che potrebbero meglio agire se fossero coordinate tra loro. Il Governatorato di Roma ha nel 1926 stipulato una convenzione con la Croce rossa italiana per avere sempre a sua disposizione rapide autoambulanze per il trasporto dei feriti e dei malati gravi.

L'assistenza domiciliare all'estero, e in molte città d'Italia, è svolta dalle assistenti sanitarie, infermiere specializzate negli studî igienico-sociali-sanitarî dopo avere seguito un corso biennale teorico-pratico in scuola-convitto. In varie città d'Italia come Roma, Firenze, Torino le assistenti sanitarie sono stipendiate dal comune, e coadiuvano l'opera del medico condotto al domicilio dei malati e negli ambulatorî. In altre città, a dette assistenti sanitarie provvedono appositi comitati di beneficenza dai quali sempre dipendono per la parte disciplinare, anche se stipendiate dal comune o da altri enti. Alcune assistenti sanitarie, dopo avere seguito il corso di malariologia alla R. Scuola di Nettuno, compiono la loro missione nelle campagne più abbandonate.