ASSOCIAZIONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

ASSOCIAZIONE (V, p. 47)

Domenico SIMONCELLI
Massimo Severo GIANNINI

Diritto privato (p. 51). - A differenza del cod. civ. italiano del 1865, il codice 1942 ha dato alle associazioni (il termine "corporazione" è rimasto solo per indicare gli organismi dell'ordinamento sindacale fascista) una trattazione particolare. Per la distinzione tradizionale tra le associazioni (corporazioni) costituite da una pluralità di persone (universitates personarum) organizzate per il perseguimento di uno scopo, e le fondazioni costituite da un complesso autonomo di beni destinati a uno scopo (universitates bonorum), e le discussioni cui ha dato luogo v. corporazione (XI, p. 459).

Elementi costitutivi. - Gli elementi costitutivi delle associazioni - a norma della disciplina del cod. civ. 1942 - sono:

a) Organizzazione. - La pluralità delle persone nelle associazioni, ovverosia nelle universitates personarum, fa d'uopo che si unifichi per far posto a una nuova personalità. Non è necessario, però, per l'esistenza dell'ente, la costante identità delle persone: essa è indipendente dal mutamento dei suoi componenti. La nuova personalità giuridica dell'ente unitario è perfettamente distinta dalla personalità dei singoli componenti. Così, pure, i rapporti giuridici patrimoniali dell'ente sono nettamente separati da quelli dei singoli membri, e, viceversa, nettamente separati dai rapporti patrimoniali dei singoli sono i rapporti del primo.

b) Patrimonio. - Il patrimonio non suole mancare nelle associazioni; ma esso non ha quella funzione essenziale che ha normalmente nelle fondazioni delle quali costituisce il substrato necessario.

c) Scopo. - Lo scopo deve avere i seguenti requisiti essenziali: liceità; determinatezza; continuità; non individualità.

d) Atto costitutivo e statuto. - Data la particolare importanza dell'atto col quale si dà vita a un'associazione, per la costituzione di questa si richiede la garanzia dell'atto pubblico (art. 14). L'atto costitutivo dell'associazione, come pure il suo statuto, disciplinano la vita del nuovo ente.

e) Riconoscimento. - Le associazioni acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento. Il riconoscimento è concesso con decreto del capo dello stato; e questo atto ha un valore creativo o costitutivo della persona giuridica (art. 12). Il riconoscimento, inoltre, opera indefinitamente nel tempo e quindi, fino a quando non sia revocato, è titolo idoneo per la vita giuridica dell'ente.

f) Registrazione. - Il nuovo codice prescrive che in ogni provincia venga istituito un pubblico registro delle persone giuridiche, nel quale, su richiesta degli interessati o anche d'ufficio, devono essere indicati: la data dell'atto costitutivo e quella del decreto di riconoscimento, la denominazione, lo scopo, il patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata, la sede dell'ente e il nome degli amministratori e dei legali rappresentanti (art. 33). La registrazione, però, non è elemento integrante per l'acquisto della personalità; essa provvede a una mera funzione di pubblicità, attua cioè solo un fine di certificazione dell'esistenza dell'ente, di cui è presupposto il riconoscimento (art. 33 e 35).

Categorie. - Le universitates personarum comprendono lo stato, le provincie, i comuni e in generale le organizzazioni di persone riconosciute dalla legge come subbietti di diritto. E in quanto in talune di queste si ha l'esercizio di funzioni di autorità e d'imperio, o anche in quanto talune di esse adempiono a scopi generali di utilità pubblica, gli enti si distinguono in pubblici e privati.

V'è chi parla anche di enti parastatali; ma l'introduzione di questo terzo tipo interposto fra enti pubblici ed enti privati, non è pacifico, tanto più che in dottrina ne è ancora incerta la nozione. Più importante, invece, è la distinzione che si fa tra enti pubblici ed enti ecclesiastici, la quale è presupposta anche dal diritto civile. Il criterio di distinzione è lo scopo religioso e di culto che le associazioni si propongono.

Molto si è disputato in dottrina circa il criterio da assumere per la distinzione fra enti pubblici ed enti privati. Per alcuni, è l'origine quella che determina la formazione dell'ente, e cioè secondo che sia la volontà privata o la volontà dello stato. Per altri, è lo scopo, nel senso che occorre stabilire se le necessità che l'ente si ripromette di soddisfare siano d' interesse sociale o d'interesse particolare. Per altri ancora è alla funzione che l'ente adempie che si deve badare: e quindi sono pubblici gli enti che o sono già di per sé organi dello stato o assumono la funzione di organi di questo, attuandone o integrandone i fini; sono privati, gli enti che tali funzioni non assumono. Per altri, infine, è il modo in cui è regolata la posizione dell'ente di fronte allo stato che ne determina il carattere pubblico o privato. È preferibile, però, la teoria che, come si è detto, desume il carattere pubblico dell'ente dall'esercizio di un diritto d'imperio che gli fa acquistare la figura di organo dello stato, oppure dalla natura di pubblica utilità dello scopo.

Fine. - Per le associazioni, tre sono i modi di estinzione, a seconda cioè che venga meno l'elemento personale (e in alcuni casi anche quello patrimoniale), lo scopo, il riconoscimento dello stato. Lo scioglimento di un'associazione non si verifica sempre in modo istantaneo: quando occorra provvedere alla liquidazione del suo patrimonio si richiede tutta una procedura preparatoria; e durante tale stadio la personalità dell'ente è come ridotta, essendo rivolta solo al fine di realizzare e ripartire il patrimonio sociale.

Associazioni non riconosciute. - Il codice 1942 disciplina anche, sia pure in un numero limitatissimo di norme, la materia delle associazioni di fatto o associazioni non riconosciute. Queste associazioni sono unioni stabili di persone legate tra loro da un vincolo associativo, miranti a perseguire uno scopo comune, lecito, determinato, duraturo, ma prive del riconoscimento dello stato.

Si tratta di enti che sono qualche cosa di intermedio fra la società semplice e la persona giuridica. Gli elementi e i fattori sostanziali, infatti, per dar vita a una persona giuridica non difettano: pur mancando il riconoscimento dello stato, vi è un aggregato di persone che si sono organizzate collettivamente per il perseguimento di uno scopo comune; per questo scopo hanno conferito contributi o acquistato beni, i quali hanno finito col formare il fondo comune dell'associazione; si sono date regole in precedenza concordemente stabilite, che disciplinano l'ordinamento interno ed economico dell'associazione. Si sono creati, insomma, dei legami giuridici fra gli associati, che sono fonte di obbligazioni nei rapporti interni nonché origine di riflessi giuridici per le relazioni con i terzi. Tali legami, giustamente definiti "rapporti giuridici di associazione", hanno carattere di un accordo, in base al quale gli associati, stando in una stessa posizione livellatrice, concordano nel comune interesse l'ordinamento dell'associazione in regime di autonomia, ma senza dimenticare o disconoscere le necessarie esigenze della finalità collettiva da perseguire. Ora, per la mancanza di riconoscimento, queste associazioni non possono essere considerate persone giuridiche; ma esse lo sono in fatto. Ne consegue che a questi enti di fatto debbano applicarsi, nei limiti del possibile, le norme giuridiche che vigono per le associazioni dotate di personalità giuridica, specie quando si tratta dei rapporti che si costituiscono coi terzi (obbligazioni dell'associazione verso i terzi e viceversa) e quando si tratta di sostenere giudizialmente i diritti sorgenti da questi rapporti.

Associazione in partecipazione.

Come per il cod. di comm. del 1882, così per il cod. civile del 1942, l'associazione in partecipazione, pur presentando delle analogie con la funzione economica delle società commerciali, si differenzia da queste perché non tende a costituire un ente giuridico distinto dalle persone degli interessati, ma esaurisce la sua finalità nei rapporti reciproci dei contraenti. Essa è un contratto, in forza del quale una persona (associante) mette un'altra persona (associato) a parte dei profitti e delle perdite di una o più operazioni o anche di tutte le sue operazioni commerciali.

I contraenti possono essere sia persone fisiche sia società, sia persone fisiche e società e quindi il contratto può essere concluso fra una società e un individuo o un'altra società di qualsiasi specie, oppure fra un individuo e un'altra persona fisica o società. Né è necessario che i contraenti siano commercianti. L'associazione non ha una denominazione sociale né un domicilio, né un proprio fondo. Il nome che si spende per la trattazione degli affari comuni all'associante e all'associato è soltanto quello dell'associante, il quale figura come se trattasse e agisse per suo conto e nel proprio interesse.

Le cose apportate dall'associato all'associante per il conseguimento degli scopi per cui l'associazione viene stipulata passano di regola in proprietà dell'associante, il quale in tal modo accresce il suo credito e allarga la sfera dei proprî affari.

L'associante e l'associato non contraggono obbligazioni solidali verso i terzi. L'associante non obbliga che il suo patrimonio aumentato dai conferimenti dell'associato. E ancora di più: il vincolo che lega l'associante all'associato non appare giuridicamente ai terzi i quali perciò contrattano col solo associante e solo verso questo assumono diritti e obblighi.

Il dominus negotii nelle operazioni che formano oggetto dell'associazione è l'associante; ed egli generalmente ne è anche l'amministratore (art. 2552). L'associato non ha il diritto di partecipare all'amministrazione; egli ha però quello di avere il conto delle cose conferite nell'associazione e il conto dei profitti e delle perdite.

A meno che non sia stato diversamente stabilito, l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili. La sua partecipazione alle perdite, però, non può superare il valore del suo apporto (art. 2553).

L'associazione in partecipazione, salvo patto contrario, si scioglie per il decorso del tempo stabilito, per la mancanza o per la cessazione dell'oggetto di essa o per l'impossibilità di conseguirlo, per la morte, l'interdizione, l'inabilitazione o il fallimento dell'associante. Se non fu determinata la durata dell'associazione, qualsiasi dei contraenti potrà rinunciarvi, purché tale rinuncia sia fatta non fuori tempo e, in ogni caso, in buona fede. Quale che sia il periodo di tempo, infine, per cui l'associazione fu contratta, qualsiasi dei contraenti potrà domandare giudizialmente lo scioglimento quando vi siano giusti motivi.

I diritti dell'associato in caso di fallimento dell'associante si limitano alla possibilità di ammettere nel passivo del fallimento il suo credito, il quale sarà costituito dalla somma che egli avrebbe potuto esigere dall'associante se questi non fosse fallito. Correlativamente, se viene dichiarato il fallimento dell'associato, l'associante avrà diritto di essere ammesso al passivo per le quote di cui il fallito fosse eventualmente ancora in debito verso di esso.

Diritto di associazione. - Diritto italiano (V, p. 50). - Secondo i più recenti studî, è necessario distinguere il diritto di associazione dalla libertà di associazione. Questa è una "libertà garantita" dalla costituzione, mediante misure giuridiche che tutelano la formazione di associazioni o la partecipazione ad esse. Il diritto di associazione è invece uno dei diritti personali fondamentali, e ha per oggetto la messa in comune di forze con altri soggetti, onde costituire o mantenere un'organizzazione durevole, e per funzione il raggiungere un fine comune. La libertà di associazione gode tutte le misure di tutela delle libertà civili. Il diritto di associazione ha discipline diverse secondo il campo: politico, professionale, culturale, religioso.

In Italia, nello statuto del 1848 non era nominata la libertà di associazione; si riteneva che essa fosse garantita, interpretandosi in senso lato l'art. 32, relativo alla libertà di riunione; più correttamente, si era introdotto, nella pratica della costituzione liberale, un principio istituzionale non scritto.

Nel regime fascista la garanzia costituzionale della libertà di associazione subì invece vicende varie: nel campo religioso se ne ebbe un ampliamento, in seguito al concordato, per il regime patrimoniale, e una compressione per la parte educativa. Nel campo culturale si ebbero scarse restrizioni formali, ma una forte compressione di fatto. Nel campo professionale sorse la complicata costruzione sindacale-corporativa, nella quale le associazioni professionali divenivano enti di diritto pubblico. Nel campo politico, tale garanzia scomparve del tutto: con la formula dell'art. 210 t. u. leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, di "associazioni.... che svolgono un'attività contraria agli ordinamenti politici costituiti nello Stato", furono soppresse tutte le associazioni politiche. Il cod. pen. (articoli 270 e 271) colpì in modo particolare quelle di sinistra.

Nella costituzione del 1948 vi sono articoli che garantiscono la libertà di associazione e insieme fissano direttive per la disciplina del diritto di associazione in varie sue estrinsecazioni: si è seguito qui, come in altri casi, il criterio misto di tutela della libertà e del diritto congiuntamente. La libertà di associazione è regolata dall'art. 18, il quale dà garanzia alle associazioni aventi dei fini che non siano vietati ai singoli dalla legge penale. Oltre a questo generale, il diritto di associazione è limitato dal divieto delle associazioni segrete e delle associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare; un ulteriore limite è nel divieto di ricostituzione in qualsiasi forma del partito fascista (art. 12, disp. fin.). Non è necessaria autorizzazione per costituire associazioni. In altri articoli sono garantite le estrinsecazioni specifiche della libertà e del diritto di associazione: associazioni religiose (art. 20); culturali e scientifiche (art. 33); professionali (art. 39); politiche (art. 49).

Bibl.: G. Salemi, Concetto e contenuto giuridico dell'associazione, in Circolo giurid., 1909; F. v. Calker, Der Begriff des Vereins, in Zeitschr. für Politik, 1910; P. Galeazzi, Sul fondamento della libertà di associazione nel diritto costituzionale italiano, in Riv. dir. pubbl., 1911; G. Miele, Associazione, diritto di, in Nuovo Digesto; P. Virga, Il partito nell'ordinamento giuridico, Milano 1948.

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