DALL'ACQUA, Aurelio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

DALL'ACQUA, Aurelio

Raffaella Zaccaria

Nacque a Vicenza, quasi sicuramente nel 1476, da Daniele e Angela de' Calderari. Il padre era un valente giurista e di lui ci rimane un prezioso inventario di opere di diritto civile ed ecclesiastico, che facevano parte della sua biblioteca.

Il D. seguì le orme del padre: studiò, infatti, diritto prima a Vicenza, come risulta da un atto del 19 sett. 1495, e si trasferì poi a Padova, dove si laureò il 27 genn. 1501 in diritto civile; fra i testimoni della laurea compare anche uno zio paterno, Girolamo, professore in quella università. Il D. fu iscritto al Collegio dei giuristi il 12 marzo dello stesso anno. Intorno al 1500 aveva sposato Lucia Da Schio, figlia di Francesco, professore di diritto all'università di Padova, che gli portò in dote 1.900 ducati d'oro.

A Vicenza, dove abitava nella casa paterna nella contrada di Ponte Foro, il D. fu un personaggio di primo piano: fece parte, infatti, del solenne corteo d'ingresso nella città dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo, assieme agli altri dottori del Collegio dei giuristi. Poco dopo, nel 1509, si rifugiò a Venezia insieme alla moglie, in seguito alla partenza del provveditore Andrea Gritti e dei rettori, che abbandonarono il territorio a causa delle disastrose conseguenze del trattato di Cambrai. Di tali vicende parla lo stesso D. in una lettera del 13 sett. 1510 indirizzata alle sorelle Emerenziana e Bianca, monache nel convento di S. Chiara a Vicenza, in cui già da tempo erano entrate con i nomi rispettivamente di Giuditta e Aurelia. A Venezia, dove abitava nella contrada di S. Giustina, il D. rimase ben poco, anche se fu proprio in questo periodo di esilio che iniziò la composizione della Catena evangelica, cioè della narrazione unitaria dei quattro Vangeli, lavoro che lo tenne occupato, fra alterne vicende, per circa trent'anni, fino alla morte. Tornato a Vicenza, già nello stesso 1509 fu eletto deputato alle Cose utili della città, carica confermata nel 1510, 1511 e 1512. Nel 1510 fu nominato anche conservatore del Monte di pietà di Vicenza insieme con il cognato Ludovico Da Schio. Il D. passò anche buona parte di quell'anno a Venezia, dove era rimasta la moglie che sarebbe morta l'11 nov. 1513, dopo aver fatto testamento il 20 ottobre di quell'anno, disponendo, fra l'altro, di essere sepolta nel convento di S. Francesco, fino a che non potesse essere trasportata a Vicenza nel convento dei francescani a S. Biagio.

Qualche anno dopo, a Vicenza, il D. si risposò con Franceschina di Girolamo Sangiovanni, appartenente ad un'antica famiglia che aveva ottenuto la cittadinanza vicentina per concessione del governo veneziano. Il D. non ebbe figli da nessuna delle due mogli. Nel 1517 lo troviamo ancora deputato alle Cose utili, e così anche nel 1518: nel corso di quest'anno fu sostituito nella carica da Angelo Caldogno, perché inviato a Verona come vicario. Nel 1520 fu eletto governatore dell'Istituto Proti a Vicenza insieme con il Caldogno e Antonio Maria Angiolello. Nel 1521 fu di nuovo deputato alle Cose utili e sempre nello stesso anno nominato vicario a Padova, dove venne riconfermato nel 1523. Sempre nel 1523 fu creata una deputazione di nobili cittadini che avrebbero dovuto recarsi a Venezia a rendere omaggio al nuovo doge Andrea Gritti. In un primo tempo fu scelto il D. insieme con Pietro Valmarano e Giangiorgio Trissino; successivamente però i primi due vennero sostituiti da Enrico de' Godi, Alessandro del Nievo e Francesco Loschi. Ancora deputato alle Cose utili nel 1525-26, il D. fu nominato nel 1526 anche conservatore del Monte di pietà. Fu eletto di nuovo vicario a Verona nel 1529, e, in quella occasione, entrò in rapporto col cardinale Pietro Bembo offrendogli numerosi servigi, di cui lo stesso Bembo lo ringrazia nelle sue lettere.

Da questa corrispondenza risulta anche che il D. aveva inviato al cardinale un suo sonetto, molto apprezzato, come testimonia una lettera del 18 febbr. 1529scrittagli dal Bembo mentre si trovava a Verona (Venezia 1562, p. 210).

Nel 1530 e 1531 il D. fu rieletto deputato alle Cose utili e in questa carica prese parte al processo di autenticazione dei miracoli della Madonna di Monte Berico, svoltosi nel 1531. Sempre nel 1531 fu di nuovo conservatore del Monte di pietà.

Il D. fece testamento il 1° ag. 1531, fondando, fra l'altro, la famosa Mensa aureliana, un'istituzione benefica a favore delle fanciulle da marito, che non avevano la possibilità di portare la dote di nozze.

In questi anni continuò a ricoprire numerosi incarichi politici e ad essere al centro di tutte le vicende riguardanti la vita vicentina. Sempre nel 1531 fu chiamato come giudice a comporre le controversie tra i Comuni di Chiampo e Guà. Nel 1533 fu eletto oratore a Trento per difendere i diritti di Vicenza su Marcesina contro le pretese del Comune di Grigno, ma vi rinunciò a causa di problemi di salute. Numerosi furono anche i viaggi che il D. fece a Venezia per pubblici affari per conto del suo governo. Vi si era già recato nel 1518 e vi ritornò nel 1533 con il Valmarano, come ambasciatore, per trattare il problema delle esazioni imposte dal governo veneziano e a cui molti vicentini cercavano di sfuggire. Sempre in quella veste, nel 1533, difese i diritti giurisdizionali di Vicenza contro il podestà di Marostica. Nel 1534 compì un'altra missione a Venezia con il Valmarano e il Trissino per opporsi alle istanze della Comunità di Schio di avere un rettore veneziano anziché un vicario nominato daVicenza.

La fama del D. è anche legata alla costruzione dell'altare maggiore nella cattedrale di Vicenza, che porta appunto il nome di altare Dall'Acqua. In un "instrumento" notarile del 7 marzo 1534rogato dal notaio Bartolomeo Piacentini si dice infatti che il D., desiderando un ricchissimo altare in onore dei Corpo di Gesù, aveva deciso di farlo costruire nella cattedrale che ne era priva. Il 7 marzo stesso, il capitolo dei canonici concesse l'autorizzazione all'opera, e il 17 marzo venne stipulato il contratto tra il D. e gli scultori Girolamo Pittoni e Giovanni di Giacomo da Porlezza. L'altare, costruito con marmi e pietre pregiate alla fine della navata maggiore, fu terminato nel 1535.

In quell'anno il D., come deputato alle Cose utili, fu nominato con Giovanni Trento e Francesco di Stefano Gualdo a soprintendere i lavori di restauro del palazzo della Ragione a Vicenza. Sempre in quell'anno assunse la difesa di Vicenza insieme con Girolamo Scrofa, in una controversia tra questa città e il suo territorio, riguardante il divieto imposto a Vicenza di esportare le proprie sete filate a Venezia. In quell'ambito egli svolse tre ambascierie a Venezia: dal 15 gennaio al 18 marzo e dal 19 aprile al 21 maggio, con lo Scrofa, dal 20 giugno al 16 luglio da solo. Il D. fu rieletto per l'ultima volta deputato alle Cose utili nel 1537; il 9 aprile dello stesso anno compare insieme ai notabili della città tra i fondatori del monastero di S. Francesco.

Il D. morì il 13 marzo 1539 e fu sepolto nella cattedrale di Vicenza ai piedi dell'altare maggiore da lui fatto costruire anni prima. In suo onore vennero coniate due medaglie, opera di Giulio di Girolamo Della Torre, giudice e avvocato a Verona, che si dilettava anche nell'arte del fondere. Le due medaglie raffigurano il D. ed entrambe recano incisa un'epigrafe celebrativa.

La produzione letteraria del D. è limitata ad uno scritto di carattere religioso, la Catena evangelica, conservato manoscritto nella Biblioteca civica di Vicenza, alla quale fu donato dal Comune nel 1765. Quest'opera è una riduzione unitaria dei quattro Vangeli, attuata sull'esempio del Diatessaron di Taziano (che tuttavia non sappiamo se effettivamente conosciuto dal D.), col proposito di armonizzare i testi evangelici secondo uno sviluppo narrativo omogeneo ed accurato anche per quanto riguarda l'uso della lingua latina. L'idea di comporre la Catena evangelica - cheappare anche come un completamento dei due capitoli del De Consensu evangelistarum di s. Agostino - venne al D. sulla base di una lettera delle sue due sorelle monache, Giuditta e Aurelia, scrittagli il 1° ag. 1510, nella quale esprimevano il desiderio di avere a disposizione un'edizione unificata dei testi evangelici per meglio diffonderli e propagarli. Questa idea era stata accolta con entusiasmo dal D. come dimostra la risposta inviata alle sorelle da Venezia il 13 settembre dello stesso 1510, tanto che subito si dedicò con fervore al lavoro, terminato però soltanto nel 1530. Infatti l'11 luglio di quell'anno papa Clemente VII pregava il patriarca di Venezia, Girolamo Quirini, di verificare il reale valore della Catena evangelica del D., ormai conclusa. L'autore aveva in precedenza chiesto al pontefice i diritti esclusivi di edizione e vendita dell'opera per dieci anni; tali privilegi, anche in seguito alla relazione favorevole del patriarca, erano stati concessi e poi rinnovati il 14 febbr. 1533. Positivo, anche se non entusiasta, era stato pure il giudizio del veneziano Consiglio dei dieci, espresso dal teologo ufficiale della Repubblica di Venezia Giovan Francesco Marino dei frati minori. Lo stesso doge Andrea Gritti concesse al D., con decreto dell'8 nov. 1532. il diritto esclusivo di stampare e vendere la Catena evangelica per quindici anni. L'imperatore Carlo V confermò tali privilegi con decreto del 23 febbr. 1533. Tuttavia, nonostante queste positive disposizioni, l'opera del D. rimase manoscritta (cfr. Mantese) e non venne pubblicata; solo negli ultimi mesi della sua vita, nel 1539, il D. poté iniziarne la stampa, che però rimase interrotta per la sua morte avvenuta poco dopo.

Fonti e Bibl.: La documentazione relativa alla famiglia e alla vita del D. è per lo più conservata presso l'Arch. di Stato di Vicenza, Arch. di Torre, reg. 24 e bb. 49-50; Provvisioni II, cc. 198-199; Arch. di Stato di Venezia, Arch. notarile, notaio Girolamo De Bossis 20 ott. 1513; Arch. di Stato di Verona, Atti civili del podestà, 26 sett. 1518; e presso l'Arch. vescovile di Padova, Diversorum 47, cc. 142v-144 (cfr. Acta graduum Academicorum, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 1969, pp. 3, 5); Arch. di Stato di Padova, Santa Giustina, Proc. Miotti III, c. 11; Archivio notarile, Servi, N, doc. 11 B, c. 1; G. Marzari, La Historia di Vicenza, Vicenza 1604, p, 163; T. Faccioli, Musaeum Lapidarum Vicentinum, I, Vicentiae 1776, p. 24; F. A. Disconzi, Notizie sul santuario di Monte Berico, Vicenza 1820, p. 141; A. Magrini, Notizie del cav. Giampietro de' Proti e dell'Ospitale di S. M. della Misericordia..., Padova 1847, p. 54; Id., Notizie storico-descrittive della chiesa cattedrale di Vicenza, I, Vicenza 1848, pp. 64-71; A. Gloria, I podestà e capitani di Padova..., Padova 1861, p. 15; A. Magrini, Il palazzo della Ragione in Vicenza: Vicenza 1875, p. 39; F. Lampertico, A. D. e l'istituz. dotale detta Mensa Aureliana, in Archivio veneto, XX (1880), pp. 255-73; B. Morsolin, Giangiorgio Trissino, Firenze 1894, pp. 113 s.; G. G. Zorzi, Contr. alla storia dell'arte vicentina nei secc. XV e XVI, Vicenza 1937, pp. 153-56, 159-62; F. Barbieri, Il duomo di Vicenza, Vicenza 1956, p. 134; G. Mantese, A. D. cavaliere vicentino e la sua Catena Evangelica, in Studi in onore di A. Bardella, Vicenza 1964, pp. 85-107 (pubblica fra l'altro tutti i documenti premessi alla Catena evangelica e già a suo luogo citati).

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