SALICETI, Aurelio

Enciclopedia Italiana (1936)

SALICETI, Aurelio

Mario Menghini

Uomo politico, nato a Ripattoni, in provincia di Teramo, il 14 maggio 1804, morto a Torino il 22 gennaio 1862. Avvocato a Teramo nel 1825, cinque anni dopo otteneva la cattedra di giurisprudenza nel Collegio reale di quella città. Quando la Giovine Italia ebbe affiliati nel Mezzogiorno, il S. fu dei primi a parteciparvi, ponendosi in relazione diretta col Mazzini. Nel 1835 vinse il concorso per la cattedra di diritto all'università di Napoli, da lui occupata fino al 1848, nel quale anno, concessa la costituzione, fu nominato (8 febbraio) intendente a Salerno, quindi (6 marzo) ministro di Grazia e Giustizia nel secondo gabinetto Serracapriola, carica che occupò per non più d'una settimana, non essendo state approvate le riforme da lui proposte. Sebbene estraneo al potere, godette di molta autorità, ma si appagò dell'ufficio di consigliere della corte suprema. A lui si attribuì un programma di riforme che fu dato a luce prima del 15 maggio. Non sembra prendesse parte ai fatti di quel giorno; rimase a Napoli fino al 28 maggio, poi fu costretto all'esilio, mentre contro di lui correva l'accusa di cospirazione in senso repubblicano. Andato a Roma, dove convennero molti fuorusciti napoletani, il 10 febbraio 1849 fu con C. Armellini e M. Montecchi chiamato a far parte del primo triumvirato della Repubblica Romana, e il 24 dello stesso mese eletto rappresentante del popolo all'assemblea costituente, nella stessa lista in cui era pure il Mazzini. Durò in carica fino al 29 marzo, quando fu creato un nuovo triumvirato (Mazzini, A. Saffi, C. Armellini), che alla fine di giugno si dimise, e il S. tornò a far parte di un altro effimero comitato esecutivo insieme con A. Calandrelli e L. Mariani. Caduta la repubblica, andò in esilio a Londra, vivendo in grande miseria. Aderì al Comitato nazionale italiano, fondato colà dal Mazzini; ma, trasferitosi a Parigi (1851), dove entrò come precettore nella famiglia Murat, si divise dall'agitatore genovese e più tardi si fece il più strenuo campione dei diritti dei Murat sul trono di Napoli. Tornò in Italia nel 1859; e liberata Napoli dai Borboni, andò colà nel settembre del 1860. Sembra che persuaso dal Cavour abbandonasse qualunque velleità di restaurazione muratiana; certo è che ottenne una cattedra universitaria, quindi titolo e stipendio di presidente di Corte di cassazione, con facoltà di risiedere a Torino.

A. Mezucelli, A. S. e i suoi tempi, Teramo 1880; O. Albi, A. S., ivi 1880; G. Paladino, Il quindici maggio del 1848 in Napoli, Roma 1920.