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Diritto

A. del giudice Soggetto che svolge attività complementari a quelle del giudice nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Talvolta si tratta di un professionista che, avendo ricevuto un formale atto di incarico, esegue operazioni necessarie al processo quando queste esorbitino dalla competenza tecnica dell’ufficio giudiziario. L’a. può dunque essere un organo occasionale e temporaneo dell’ufficio giudiziario, giacché entra nel processo per svolgere l’attività affidatagli e ne esce dopo averla portata a termine. In quanto privato incaricato di una pubblica funzione, ha diritto al compenso per l’attività svolta ed è responsabile della stessa. Sono a. il cancelliere, il consulente tecnico, il custode e gli «esperti in una determinata arte o professione» (art. 68 c.p.c.).

A. dell’imprenditore Lo svolgimento di un’attività imprenditoriale può richiedere il coinvolgimento di alcuni collaboratori dell’imprenditore, distinti in a. interni o subordinati, e in a. esterni o autonomi. Gli a. interni sono stabilmente inseriti nell’organizzazione aziendale, in quanto lavoratori subordinati dell’imprenditore; gli a. esterni i autonomi sono legati all’imprenditore da rapporti contrattuali di diversa natura: agenzia, mandato, mediazione ecc. Considerate le innumerevoli occasioni in cui gli a. interni possono venire a contatto con i terzi nell’adempimento delle loro funzioni, e magari agire in nome e per conto dell’imprenditore, il legislatore ha stabilito negli artt. 2203-2213 c.c. regole speciali per la rappresentanza da essi esercitata.

L’ institore è colui che è preposto dall’imprenditore all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un ramo particolare della stessa. Nell’esperienza comune coincide con il direttore generale o con un dirigente dell’impresa, di una filiale o di un settore produttivo. È dotato, per effetto naturale del suo ruolo, di un potere di gestione generale, modificabile solo per mezzo di procura appositamente pubblicizzata, per cui può compiere in nome dell’imprenditore tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa o della sede o ramo cui è preposto, fuorché alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non a ciò autorizzato. È tenuto, congiuntamente con l’imprenditore, all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili dell’impresa o della sede o ramo cui è preposto. Dal punto di vista della rappresentanza processuale, può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto per le obbligazioni derivanti da atti da chiunque compiuti nell’esercizio dell’attività di sua competenza. In caso di fallimento, si applicheranno all’institore le sanzioni penali a carico del fallito. Se l’institore tace al terzo che sta trattando per il preponente, si obbliga personalmente, e obbligato solidale sarà anche il preponente, laddove si tratti di atti pertinenti l’esercizio dell’impresa.

Il commesso è adibito a mansioni tecniche limitate. Ha il potere di rappresentare l’imprenditore nel compimento degli atti che ordinariamente comporta la specie delle operazioni di cui è incaricato, tuttavia non può esigere il prezzo delle merci delle quali non faccia la consegna, né concedere dilazioni o sconti se non d’uso, salvo espressa autorizzazione. Non può derogare al contratto preposto dall’imprenditore o alle clausole stampate sui moduli dell’impresa; è inoltre legittimato a ricevere, per conto dell’imprenditore, le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti e i reclami relativi alle inadempienze e chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.

Linguistica

In grammatica, verbo sussidiario usato per esprimere modalità, tempo, diatesi o aspetto di un altro verbo con le cui forme nominali (participio, infinito, gerundio) viene collegato. In italiano, sono a. i verbi essere e avere, che si aggiungono al part. pass. degli altri verbi per formare i tempi composti; anche il verbo venire, nelle forme semplici, può sostituire essere per la formazione dei tempi del passivo. I verbi transitivi si coniugano nell’attivo sempre con avere, nel passivo sempre con essere (o venire). Dei verbi intransitivi, alcuni richiedono essere, come, per es., i verbi copulativi (parere, sembrare, rimanere ecc.), i verbi che indicano moto (andare, giungere, entrare ecc.) e alcuni altri (nascere, morire, crescere ecc.); talvolta è possibile l’uso di entrambi gli a., con sensibili differenze di significato (per es.: sono corso a casa e ho corso per tre ore). I verbi riflessivi, o con coniugazione pronominale, hanno sempre l’a. essere; e con essere si coniugano quasi sempre i verbi impersonali. I verbi servili (volere, potere, dovere ecc.), se adoperati come tali, prendono l’a. richiesto dal verbo a cui si legano (la regola tuttavia ammette eccezioni); se si uniscono con un verbo riflessivo, la scelta dipende dalla posizione della particella pronominale (per es.: si sarebbe dovuto pentire o avrebbe dovuto pentirsi).

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