AUSTRIA

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

AUSTRIA (V, p. 458)

Clarice EMILIANI
Luchino FRANCIOSA
Ugo FISCHETTI
Anna Maria RATTI

Con legge 13 marzo 1938, in seguito agli avvenimenti che narreremo brevemente qui sotto, la Repubblica Austriaca ha deciso la sua fusione col Reich germanico, di cui è così diventata un Land. Ci limitiamo pertanto ad aggiornare qui i dati che sono aggiornabili, cioè quelli che non presuppongono un'entità statale ormai inesistente. Daremo altresì alcune notizie sull'andamento delle finanze austriache dal 1929 all'Anschluss, che conservano un interesse retrospettivo.

Popolazione (p. 474). - Al censimento del 22 marzo 1934 la repubblica austriaca contava 6.762.687 abitanti con un aumento assoluto sul precedente censimento (1923) di 227.945 ab., pari cioè a 20.722 ab. per anno. L'aumento medio percentuale risultò così del 0,3% con notevoli variazioni da una provincia a un'altra. Infatti ebbero un incremento notevolmente superiore alla media i distretti montuosi alpini del Vorarlberg (1,2%), del Tirolo (1,2%) e di Salisburgo (1,0%); seguono la Carinzia col 0,9% e il Burgenland (0,4). Un aumento inferiore a quello medio si verificò invece nella Bassa Austria (0,2%) e nel distretto dl Vienna che segnò anzi una diminuzione. La capitale, che nel 1900 contava 1.728.738 ab. e nel 1910 aveva superato i due milioni (2.031.498), è infatti diminuita ancora rispetto al 1923 (contava nel 1934 1.860.308 ab.). Tra gli altri centri importanti, Graz è stazionaria (153.849 ab.); Linz (108.884), Innsbruck (61.010) e Salisburgo (40.834) in lieve aumento. Come si vede, l'aumento di popolazione risulta assai basso e ciò è dovuto a un incremento naturale molto scarso. Infatti il numero delle nascite dal 22,7 per mille del 1922 si è progressivamente ridotto al 13,5 nel 1934, con tendenza a decrescere ancora (13,2 per mille nel 1935). Anche la mortalità, essendo passata da 17,2 per mille (1922) a 12,7 per mille (1934), segna un regresso notevole, ma non sufficiente a compensare la troppo scarsa natalità, tra le più basse d'Europa. Dal punto di vista etnico il censimento del 1934 trova una maggiore omogeneità poiché i Tedeschi rappresentano ormai il 97,4%; del rimanente 2,6% sono al primo posto i Cecoslovacchi con 0,8%, però in forte diminuzione rispetto al precedente censimento; seguono i Croati (0,6%) e gli Sloveni (0,5%).

Per quanto riguarda la composizione sociale, si nota una graduale diminuzione nelle persone dedite all'agricoltura e alle foreste: la loro percentuale è scesa al 31,9% (43% nel 1923), mentre sono in aumento le persone occupate nelle industrie (36,4%) e nelle professioni libere. Dalla seguente tabella delle occupazioni si nota che il maggior numero di ab. dediti all'agricoltura e alle foreste si riscontra nel Burgenland; mentre Vienna è al primo posto per quanto riguarda le industrie, seguita dal Vorarlberg.

Condizioni economiche (p. 467). - Per quanto riguarda la distribuzione e la produzione delle colture, i cambiamenti verificatisi dal 1923 al 1930 furono minimi. A partire da questa data, in seguito ai varî provvedimenti presi dallo stato per aumentare la produzione agricola e diminuire le importazioni di viveri che troppo gravavano sul bilancio con l'estero, si nota in sensibile e costante aumento nella produzione agricola. È infatti un notevole aumento la produzione delle patate (23.000 migliaia di q. nel 1935;24.994 nel 1936), del grano (3678 migliaia di q. nel 1936), dell'orzo (2331 nel 1936) e delle barbabietole da zucchero (11.500 nel 1935).

Differenze sensibili si riscontrano anche nell'allevamento, poiché il patrimonio zootecnico ha subito negli ultimi anni una contrazione assai notevole. In particolare i bovini che da 3.137.000 nel 1923 sono diminuiti a 2.348.000 e gli ovini ridotti a 589.000 contro 979.559 (1923). Anche gli equini accusano una leggiera diminuzione; in forte aumento sono invece i suini che hanno raggiunto i 2.822.000 capi (1.473.000 nel 1923).

La crisi mondiale colpì duramente l'Austria il cui commercio sia interno sia con l'estero cominciava appena allora a ritrovare un equilibrio. Le importazioni da 3.306.492 (migliaia di scellini) del 1928 diminuirono fino a 1.152.802 nel 1934. Seguì però una leggiera ripresa e nel 1936 le importazioni, provenienti soprattutto dalla Germania e dalla Cecoslovacchia, furono di 1.247.199. Così le esportazioni si abbassarono da 2.241.123 (1928; anno in cui si toccarono le cifre più alte) a 773.000 nel 1933, per risalire a 952.554 nel 1934. La bilancia commerciale accusava perciò nel 1934 un deficit di 294.645 migliaia di scellini.

Comunicazioni (p. 472). - Mentre le ferrovie e le vie d'acqua sono rimaste pressoché invariate, la rete stradale da 31.252 km. è salita a 34.203, cifra notevolissima data la natura prevalentemente montuosa del territorio. Tra le nuove arterie di recente costruzione va ricordata la strada alpina del Grossglockner che, aperta nel 1935, unisce la regione della Salzach a quella della Drava. Di grande interesse commerciale e turistico, la nuova arteria si svolge con opere grandiose per 57 km. raggiungendo la quota massima di 2571 m.

Aviazione civile (p. 474). - La rete aerea austriaca comprendeva, nel marzo 1938, le seguenti linee: Vienna-Salisburgo-Monaco-Zurigo, gestita dalla Osterreichische Luftverkehrs AG. in collaborazione con la Luft-Hansa e la Compagnia di trasporti aerei ungherese; Vienna-Zurigo, gestita dalla società svizzera "Swissair"; Berlino-Vienna-Budapest-Belgrado-Sofia-Salonicco, gestita dalla Österr. Luftverkehrs AG. in collaborazione con la Luft-Hansa; Vienna-Praga-Dresda-Berlino, gestita dalla Österr. Luftverk. in collaborazione con la Luft-Hansa e la Compagnia cecoslovacca di trasporti aerei; Vienna-Praga-Norimberga-Strasburgo-Parigi, gestita dall'Air France; Vienna-Salisburgo-Monaco-Francoforte sul Meno-Bruxelles-Londra, gestita dalla Luft-Hansa; Budapest-Vienna-Praga-Rotterdam-Amsterdam, gestita dalla K.L.M.; Vienna-Praga-Amsterdam, gestita dalla Compagnia cecoslovacca di trasporti aerei; Vienna-Budapest-Belgrado-Bucarest, gestita dall'Air France; Vienna-Budapest, gestita dalla Compagnia di trasporti aerei ungherese; Vienna- (Graz)-Klagenfurt-Venezia, gestita dalla Österr. Luftverk.; Budapest-Vienna-Venezia, gestita dall'Ala Littoria; Vienna-Graz-Klagenfurt-Lubiana-Sušak, gestita dalla Österr. Luftverk.; Vienna-Zagabria, gestita dalla società iugoslava "Aeroput"; Linz-Salisburgo-Innsbruck, gestita dalla Österr. Luftverk.; Praga-Bratislava-Klagenfurt - (Trieste) - Venezia, gestita dalla Compagnia cecoslovacca di trasporti aerei, in collaborazione con l'Ala Littoria.

Detta rete dispone delle seguenti basi aeree: aeroporti di Graz, Innsbruck, Klagenfurt, Kottingbrunn, Linz, Salisburgo, Vienna (Aspern), Wiener Neustadt; idroscali del Wörther Zee, nonché dei seguenti campi di fortuna: Admont, Haidkirchen, Knittelfeld, Nötsch, St. Martin a. d. Sulm, Stadl a. d. Mur, Stockerau, Weitenfeld, Wels, Wolfsberg.

I cantieri industriali sono rappresentati dai tre consorzî: Hirtenberger Patronen, Zündhütchen-und Metallwarenfabrik, A. G. (fondata nel 1935, costruisce apparecchi del tipo civile e militare); Wiener Neustadter Flughafenbetriebs G. m. b. H. (costruisce apparecchi del tipo civile e da turismo); Pintsch-Officine di Vienna (costruisce apparecchi del tipo scuola e militare).

Bibl.: Landwirtschaftliche Betriebszählung in der Republik Österreich vom 14 Juni 1930, Vienna 1932; A. König, Die Lokalisation der Österreichischen Papierindustrie, Berlino 1934; J. Ancel, La Nation autrichienne, in Affaires étrangères, n. 5, Parigi 1935; Ständestaat Österreich im neuen Wirtschaftseuropa, Baden e Vienna 1935; F. Krug, Das österreichische Verkehrsnetz, in Geogr. Anz., 1935; Statistisches Handbuch für den Bundesstaat Österreich, 1928-1936.

Finanze (p. 478). - Come risulta dalle seguenti cifre, il deficit riapparve nel bilancio ordinario nel 1930 e si aggravò nel 1931 (anno del crollo della Creditanstalt) tanto da indurre a severe ripetute misure di aumento dei tributi e di compressione delle spese (ottobre 1931 ed estate 1932). La crisi neutralizzò però in gran parte tali sforzi, così che le spese d'investimento dovettero prima pressoché essere eliminate e quindi passate ad un bilancio straordinario alimentato da prestiti (1933). Nonostante ciò, e nonostante la nuova revisione del bilancio fatta nello stesso 1933, il deficit, per quanto attenuato, non è scomparso. Il 1937 tuttavia, in seguito alla più favorevole congiuntura, nonostante le crescenti spese militari, ha segnato un miglioramento (milioni di scellini):

Essendosi la sterlina e il dollaro svalutati più dello scellino, il debito estero, nonostante i nuovi prestiti internazionali 1930, 1933 e 1935, in complesso diminuì; il debito totale invece dopo il 1929 aumentò fin quasi del doppio non solo per effetto dei prestiti interni (1933 e 1937) ma anche per l'assunzione di parte del passivo della Creditanstalt e per l'iscrizione dei debiti prebellici. Al 31 dicembre 1937 il totale era di 3,9 miliardi di cui 2, 2 di debito interno (1,1 consolidato) e 1,7 di debito estero.

Nel settembre 1931 ebbe inizio un nuovo deprezzamento della moneta austriaca e solo nell'aprile 1932, fu possibile stabilizzarla di fatto sulla base di una svalutazione di circa il 21%.

Da allora lo scellino non fu più svalutato e il suo contenuto aureo fu indirettamente calcolato in base a un conteggio che la Banca Nazionale operava ogni sei mesi per la valutazione della propria riserva aurea.

Il controllo dei cambî fu introdotto nell'ottobre 1931 e nell'ottobre 1936 si decise poi una sistematica sorveglianza sui prezzi. Al 31 dicembre 1937 i biglietti in circolazione ammontavano a 944 milioni e le riserve in oro e divise estere a 404.

Oltre la Banca Nazionale (1923) i principali istituti di credito della Repubblica Austriaca erano la Creditanstalt-Wienerbankverein (risultante dalla fusione del 1934 tra la Creditanstalt del 1855 e il Wienerbankverein), l'Österreichische Industrie Kredit-Actiengesellschaft (del 1853), la Merkurbank (del 1887) e l'Österreichisches Creditinstitut für öffentliche Unternehmung und Arbeiten (del 1896).

Storia (V, p. 481).

La Repubblica Austriaca dal 1930 al 1938. - La riforma della costituzione, giunta in porto il 7 dicembre 1929, non accontentò nessuno: permaneva invece uu senso di delusione, di disagio, che era essenzialmente di ordine morale. Nel campo economico, l'Austria aveva fatto, dal 1923, notevoli progressi, sia pure con l'aiuto del capitale straniero; nel campo morale, invece, non aveva fede in sé stessa, nel suo avvenire come individualità storica e statale. Qui era la genesi psicologica del favore accordato da molti all'idea dell'Anschluss: in primo luogo, dai tedesco-nazionali, schiettamente pangermanisti; poi dai socialdemocratici, il cui atteggiamento al riguardo subiva alti e bassi, a seconda del variare delle fortune dei socialdemocratici nel vicino Reich. Lo stesso partito cristiano-sociale, che pure era rimasto il partito più schiettamente austriaco, non si elevava ancora fino all'univoca affermazione di un patriottismo austriaco, e anch'esso finiva, anche se non pienamente convinto, con il lasciarsi rimorchiare nella scia dell'Anschluss. Nelle Heimwehren che, all'opposto dello Schutzbund repubblicano, reclutato principalmente fra il proletariato socialista e la piccola borghesia urbana, non hanno una tipica fisionomia classista e sono, genericamente, per i principî dell'ordine e dell'autorità e praticamente affiancano l'azione del partito cristiano-sociale, c'è la possibilità, in germe, che si sviluppi un'alquanto più chiara coscienza dell'individualità, non solo statale, ma nazionale, dell'Austria. Infatti l'Austria, che si riconosceva come entità distinta, con una propria tradizione e una propria missione, sotto l'egida asburgica, trova ora difficoltà, caduta quella dinastia, a rifarsi un'individualità, una vita, un avvenire; occorrerebbe un altro tessuto di tradizioni, di lotte, di affermazioni, che la giovane repubblica non aveva.

Ma le Heimwehren attraversano un periodo di crisi derivante principalmente dalla duplicità delle tendenze e della direzione di questo movimento: da un lato Steidle con le Heimwehren del Tirolo, dall'altro Pfrimer, con quelle della Stiria; e l'uno e l'altro dovranno, nell'autunno del 1930, cedere il passo al nuovo capo unico, il giovane principe di Starhemberg (v. App.). E intanto, il cancelliere Schober deve destreggiarsi, all'interno contro la lotta sorda mossagli da mons. Seipel, e nei rapporti con l'estero. Qui però egli poteva vantare reali successi: nel gennaio 1930, nella conferenza per le riparazioni dell'Aia, egli ottenne che fossero dichiarati estinti tutti gli obblighi finanziarî derivanti dal trattato di Saint-Germain; il 6 febbraio 1930 firmò col governo italiano un trattato di amicizia e conciliazione e un regolamento giudiziario. Ma il 25 settembre 1930, Schober dovette dimettersi, e lasciare il posto a una combinazione di cristiano-sociali e Heimwehren, con esclusione degli agrarî e dei tedesco-nazionali; Vaugoin cancelliere con Seipel (Esteri) e Starhemberg.

Nelle elezioni del novembre 1930 i partiti mantennero in complesso le loro posizioni: ma apparvero allora sulla scena della vita politica austriaca i nazionalsocialisti. Veramente, sparsi nuclei di seguaci e di simpatizzanti esistevano già da tempo: ma soltanto ora, in relazione con lo sviluppo del nazismo in Germania, anche il nazismo austriaco prende una più precisa configurazione e tattica di partito e comincia a irrobustire i suoi quadri. Esso doveva necessariamente interferire con le tendenze dei tedesco-nazionali e delle Heimwehren. Con i primi aveva in comune il programma pangermanistico e razzistico che implicava l'Anschluss: ma i tedesco-nazionali lo concepivano come l'unione di tutti i Tedeschi in uno stato retto secondo i principî e gl'ideali dei liberali e democratici del 1848. Con le Heimwehren i nazisti dividevano i principî antimarxisti: ma mentre quelli, in sostanza, si arrestavano a una forma di conservatorismo borghese cattolico, i nazisti austriaci erano impregnati di rivoluzionarismo.

In seguito all'esito delle elezioni, nel dicembre 1930 si formò un gabinetto Ender, cancelliere, Schober (Esteri) e Winkler; ossia, dopo soli tre mesi, si tornò al punto dell'ultimo gabinetto Schober, il quale ora si presentava come esponente di un blocco che comprendeva gli agrarî, i tedesco-nazionali e gruppi minori di organizzazioni economiche e professionali del medio ceto; la partecipazione e la benevola assistenza dei cristiano-sociali era assicurata dalla presenza del cancelliere Ender. Sconfitte si sentirono le Heimwehren; Starhemberg si vide abbandonato da molti seguaci, e nel maggio 1931 si ritirò dalla direzione delle Heimwehren cedendo il posto a Pfrimer, in un momento difficile anche nella posizione internazionale dell'Austria. Dopo segrete trattative, il 19 marzo 1931 Schober aveva infatti firmato col governo tedesco un protocollo che prevedeva un'unione doganale (Zollunion) fra l'Austria e la Germania. Quando, pochi giorni dopo, il protocollo fu noto, i circoli politici internazionali ne menarono grande scalpore, perché era chiaro che l'unione doganale sarebbe stata il preludio dell'unione politica. La questione fu deferita all'esame della Società delle nazioni; poi, per l'esame giuridico, alla corte dell'Aia, che il 5 settembre 1931 dichiarò incompatibile il progetto d'unione doganale con gl'impegni internazionali assunti dall'Austria. Pochi giorni più tardi, il 13 settembre 1931, una parte delle Heimwehren, guidate da Pfrimer, tentò un colpo di stato, fallito; Starhemberg riprese nel novembre la direzione del movimento, escludendo ogni collaborazione con i nazisti. Invece i tedesco-nazionali, finora sostegno del governo, inclinavano verso i nazionalsocialisti; Schober, naufragato il suo piano di Zollunion, usciva dal governo e Buresch rimpastava il gabinetto (gennaio 1932). Ma questo secondo gabinetto Buresch ebbe breve vita e dopo una difficile crisi, durata ben due settimane E. Dolfuss (v. App.) riusciva (maggio 1932) a comporre il ministero, con l'appoggio del Haimatblock (cioè delle Heimwehren legalitarie e collaborazionistiche del principe di Starhemberg) e del Landbund (cioè degli agrarî, per i quali Winkler assumeva il vicecancellierato). Di fronte alla difficilissima situazione dell'ora - cominciavano gli scontri sanguinosi delle Heimwehren non solo con i socialdemocratici, ma anche con i nazionalsocialisti - Dollfuss si richiamò a una vecchia legge della monarchia, emanata nel tempo della guerra mondiale e poi caduta in desuetudine; in forza di essa, cominciò a emanare ordinanze non solo in materie economiche - a queste, a rigor di termini, si riferiva la legge riesumata - ma anche in materia di ordine pubblico, gravissimamente turbato dalla faziosità bellicosa dei partiti. Il parlamento era ancora aperto, ma Dollfuss procedeva energicamente sulla via intrapresa, quando l'ascesa al potere dei nazisti in Germania e la grande voglia di seguirne l'esempio che prese i nazisti d'Austria, lo spinse ad andare oltre, forse, il suo primitivo programma. Urgendo da un lato il movimento nazista, dall'altro il pericolo che i socialdemocratici e gli altri partiti di sinistra volessero, con un loro colpo di stato, prevenire i nazisti, diveniva ragione di vita per i partiti medî sui quali, in sostanza, si appoggiava Dollfuss, di fare concessioni al programma delle Heimwehren e di attuare con esse, ma senza capitolare davanti ad esse, il governo forte al difuori dei partiti. Le successive dimissioni dei tre presidenti del Nationalrat, per ragioni di procedura durante una discussione, diedero l'occasione a Dollfuss di sospendere a tempo indeterminato i lavori parlamentari. Il 4 marzo 1933 segnò la fine del governo parlamentare in Austria. Il 31 marzo 1933, fu sciolto lo Schutzbund repubblicano, organismo in mano dei socialdemocratici. Colpiti i socialdemocratici, restavano i nazisti: a Roma, fra il 9 e il 12 aprile 1933, convennero Dollfuss, il vicecancelliere tedesco von Papen e il presidente del governo prussiano Göring e si cercò di smussare le punte, mettendo a diretto contatto - auspice Mussolini - i dirigenti della politica tedesca e austriaca. Approfittando del momento psicologico favorevole, Dollfuss cercava di rianimare un sentimento patriottico austriaco: il 13 maggio 1933, giorno in cui si celebrava il 250° anniversario della liberazione di Vienna dai Turchi, Dollfuss costituiva la Vaterländische Front, nuovo movimento piuttosto che nuovo partito, aperto a quanti avessero fede nell'indipendenza dell'Austria. Poi, di fronte all'intensificata offensiva nazista, il 19 giugno 1933 Dollfuss faceva sciogliere il partito nazista. E intanto poteva portare a buon punto gli accordi economici con l'Ungheria; riconfermare l'amicizia e la collaborazione italiana (incontro di Riccione 19-20 agosto 1933); ottenere che per le necessità interne fosse aumentato il contingente delle forze armate regolari. Ma dopo qualche mese gli agrarî, sospettosi delle tendenze autoritarie delle Heimwehren, uscivano dal movimento e davano vita a un altro fronte: la Nationalständische Front (17 settembre). Era, in sostanza, la resurrezione del blocco di Schober, capo Winkler. Di fronte a questo principio di scissione, Dollfuss ricomponeva il ministero e, per metterne in rilievo l'indipendenza dai partiti ne escludeva i capi come appunto Winkler e Vaugoin, assumeva anche il delicato dicastero della Sicurezza nazionale e affidava il vicencancellierato a Fey. Pochi mesi appresso, nel febbraio . 1934, si veniva all'urto violento fra il governo di Dollfuss e i socialdemocratici: per quattro giorni (12-15 febbraio 1934) l'Austria fu insanguinata da una vera guerra civile: alla fine l'insurrezione fu vinta e i capi più gravemente compromessi ripararono in Cecoslovacchia. Ma, piegata con la forza la socialdemocrazia, restavano i nazisti, che riprendevano con maggior intensità la loro azione: attentati a persone, a linee ferroviarie, a ponti, a centrali elettriche. L'Italia, la Francia e l'Inghilterra pubblicarono (17 febbraio) una dichiarazione nella quale riaffermavano la necessità di mantenere l'indipendenza e l'integrità dell'Austria in conformità dei trattati. Il 17 marzo 1934 Mussolini, Dollfuss e Gömbös firmavano a Roma tre protocolli; i governi italiano, austriaco e ungherese stabilivano nel primo protocollo di svolgere una politica concorde, e di consultarsi a tale scopo qualora almeno uno di essi lo ritenesse necessario; negli altri due protocolli venivano regolati i rapporti economici fra i due paesi.

Il governo di Dolfuss, rimaneggiato (11 luglio) per concentrare nelle mani del capo del governo i maggiori poteri, si preparò a difendersi istituendo la pena di morte contro i terroristi e i detentori di esplosivi. I nazisti risposero con altre minacce e con la preparazione di un vero colpo di stato che avrebbe dovuto portare all'arresto simultaneo di tutti i ministri e alla proclamazione di un governo nazista o di un governo di transizione che fosse il preludio di un governo nazista e dell'unione di fatto dell'Austria alla Germania. Il 25 luglio, un gruppo di rivoltosi si impadronì di una stazione radio viennese e diffuse la notizia che il governo Dollfuss si era dimesso; un altro gruppo penetrò nella cancelleria, vi fece prigionieri i pochi ministri che vi erano presenti - non tutti come si era sperato: il cancelliere Dollfuss rimase ucciso a colpi di rivoltella. I ministri non prigionieri organizzarono la repressione del moto che sul momento parve localizzato a Vienna; ma presto si vide che l'azione viennese non doveva essere che il segnale di un'insurrezione nelle provincie. In questo momento, gravissimo di complicazioni internazionali, il governo italiano mobilitò alcune divisioni e le pose ai confini del Brennero e della Carinzia. Il governo austriaco, la cui direzione fu assunta dall'ex ministro dell'istruzione Schuschnigg, ebbe modo di organizzare la repressione. Le truppe regolari e le Heimwehren, a prezzo di cruenti sacrifici, ebbero ragione dei rivoltosi e dopo alcuni giorni la rivolta, che aveva avuto i suoi focolai più accesi nella Carinzia e nella Siria, si andò spegnendo. Nella sessione della Società delle nazioni immediatamente successiva (27 settembre), Italia, Francia e Inghilterra confermavano la loro dichiarazione del 17 febbraio.

Poco appresso, Mussolini e Laval, nel loro incontro del gennaio 1935 a Roma, progettavano un patto di non ingerenza degli stati confinanti. Il 2 febbraio veniva firmato a Roma un accordo culturale italo-austriaco e negli ultimi giorni dello stesso mese il cancelliere otteneva a Parigi e a Londra ulteriori garanzie d'appoggio. Fallito il tentativo del ministro inglese Simon a Berlino di far accettare dalla Germania il patto danubiano di non ingerenza accanto a tutta una serie di altri patti, l'11 aprile si riuniva a Stresa una conferenza in cui Italia, Francia e Gran Bretagna riconfermavano la necessità di mantenere l'indipendenza e l'integrità dell'Austria.

Il cosiddetto "fronte di Stresa" doveva però sfasciarsi all'atto dell'impresa d'Etiopia. Ad esso subentrò un più stretto accordo tra l'Austria, l'Ungheria e l'Italia. L'Austria, che si rifiutò di associarsi alle sanzioni, firmò il 23 marzo 1936, con l'Italia e l'Ungheria, tre protocolli addizionali ai protocolli di Roma, con cui si stipulavano la costituzione d'un organo permanente di consultazione reciproca e l'impegno di non intraprendere negoziati con terzi attinenti alla questione danubiana, senza prevî contatti tra i firmatarî. Il 1° aprile 1936 l'Austria ripristinava il servizio militare obbligatorio. Il governo tedesco, che a sua volta non aveva aderito alle sanzioni, concludeva con l'Austria - che era in ciò pienamente d'accordo col governo italiano - l'accordo dell'11 luglio 1936 inteso a stabilire rapporti amichevoli tra i due stati tedeschi ed a garantire la reciproca non ingerenza negli affari interni.

Le misure prese dal governo contro la disoccupazione, l'apertura di nuove grandi vie di comunicazione (v. sopra), l'elettrificazione delle ferrovie, i lavori edilizî nella capitale, lo sviluppo del turismo, e una serie di trattati commerciali, andavano risollevando le condizioni economiche del paese. Però l'accenno del cancelliere Schuschnigg alla possibilità d'una restaurazione monarchica sollevò vivaci proteste da parte tedesca e minacciò di porre a repentaglio l'accordo: il governo italiano (25 febbraio 1937) dichiarò inattuale e pericoloso il problema dellà restaurazione. Inoltre, nell'incontro tra Mussolini e Schuschnigg a Venezia, il 22 aprile, si riconobbe esplicitamente che la soluzione del problema danubiano non poteva esser raggiuma senza la partecipazione della Germania.

Intanto la situazione interna austriaca evolveva rapidamente. Nonostante l'accordo austro-tedesco dell'11 luglio 1936 i rapporti tra Vienna e Berlino diventavano sempre più difficili fino a giungere nei primi mesi del 1938 ad uno stato di crisi, alla base della quale era il contrasto tra l'atteggiamento che la popolazione austriaca veniva assumendo nei riguardi del Reich nazionalsocialista e dell'Anschluss, e l'azione del Governo intesa a contrastare tale movimento. Fu tentato un chiarimento della situazione e a questo scopo venne deciso un incontro Hitler-Schuschnigg. Il Governo italiano ebbe di tale incontro preventiva conoscenza. Il cancelliere austriaco si recò il 12 febbraio 1938, su invito del Führer, a Berchtesgaden; e quivi i due uomini di stato, per cercare di eliminare le difficoltà sorte nell'applicazione dell'accordo dell'11 luglio 1936, e constatando la loro decisione di "tener fede ai principî dell'accordo" stesso; decisero l'"immediata applicazione di misure dirette ad assicurare fra i due stati relazioni reciproche strette ed amichevoli". In conseguenza di ciò il gabinetto Schuschnigg venne profondamente rimaneggiato, affidando il Ministero dell'interno al dott. Seyss-Inquart, rappresentante dei nazisti; fu elargita in Austria un'amnistia politica, con l'immediata liberazione di tutti i detenuti politici; riconosciuto ai nazisti austriaci il diritto di esplicare una attività legale, entro il quadro del Fronte patriottico e delle altre istituzioni austriache, e nell'ambito dellacostituzione federale. Da parte tedesca, si annunciarono misure atte a escludere qualsiasi ingerenza del partito nazista nelle faccende interne dell'Austria.

Ma il 9 marzo, improvvisamente il cancelliere Schuschnigg indiceva per il 13 dello stesso mese un plebiscito, sulla base della formula "Austria libera e tedesca, indipendente e sociale, cristiana e unita". I nazisti reagivano, e l'11 marzo veniva presentato un ultimatim con cui si chiedeva a Schuschnigg l'aggiornamento del plebiscito, e al presidente federale Miklas la sostituzione del Gabinetto Schuschnigg con un Gabinetto Seyss-Inquart. Nella serata il cancelliere Schuschnigg si dimetteva; Seyss-Inquart veniva prima incaricato di reggere il governo, e assumeva poi il cancellierato, e, a sua richiesta, all'alba del 12 marzo truppe tedesche passavano la frontiera. La sera dello stesso giorno Hitler si recava a Linz; e il 14 entrava a Vienna. Il 13 marzo sera una legge costituzionale austriaca proclamava l'unione dell'Austria al Reich tedesco, unione che veniva solennemente confermata dal plebiscito del 10 aprile. L'Austria indipendente cessava così di esistere.

In Italia gli avvenimenti austriaci furono seguiti con profondo interesse ma con giusta comprensione. L'11 marzo Hitler inviava al Duce - per mezzo del principe d'Assia - una lettera nella quale esponeva i motivi che lo avevano costretto a intervenire nella questione austriaca. Nella lettera, a proposito della nuova frontiera italo-tedesca, è detto: "Ho tracciato una netta frontiera tedesca verso la Francia e ne traccio ora una, altrettanto netta, verso l'Italia. È il Brennero. Questa decisione non verrà mai messa in dubbio né intaccata".

Il Gran consiglio del fascismo nella seduta del 12 marzo, prendendo atto della lettera del Führer, riconosceva che gli avvenimenti austriaci erano il risultato di uno stato di fatto preesistente e l'aperta espressione dei sentimenti e della volontà del popolo austriaco. Il 13 marzo Hitler inviava al Duce lo storico telegramma "Mussolini, non lo dimenticherò mai", sintetizzando i sentimenti di gratitudine della Germania per la comprensione dimostrata dall'Italia. Il Duce rispose: "Mio atteggiamento è determinato dall'amicizia dei nostri due paesi consacrata dall'asse".

In uno storico discorso pronunciato il 16 marzo, il Duce illustrava la continuità e la logicità dell'azione italiana, e dava al mondo un quadro completo ed esatto delle varie fasi della questione austriaca dai trattati di pace in poi.

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